giovedì 8 marzo 2018

LA LEGGENDA METROPOLITANA DEI "FAZZOLETTINI" DEL CASO MORO

(a cura di: Franco Martines)


Chi, fra i nostri lettori, è  più addentro alle questioni del caso Moro saprà certamente che, dopo il rinvenimento in via Caetani, durante la svestizione per l’esame autoptico eseguito il giorno stesso,  risultò che alcune delle ferite dell' on. Moro erano state tamponate con dei fazzolettini di carta. 

Molti  poi sapranno che addirittura fazzolettini della stessa marca (Paloma) saranno poi rinvenuti l’anno dopo nel borsello di Chichiarelli abbandonato su un taxi a Roma insieme ad altri oggetti in qualche modo ricollegabili al caso.

Bene , diciamo subito che questa , stando agli atti, è una leggenda metropolitana perché   da nessuna parte negli atti ufficiali del tempo, a
proposito di ciò che fu usato per tamponare alcune ferite, si parla di fazzoletti di carta o di fazzolettini, bensì esclusivamente di fazzoletti (quindi di tessuto). E non solo negli atti ufficiali ma anche in tutti gli articoli di stampa del 10 maggio e immediatamente successivi  non ci si riferisce mai a fazzoletti di carta.

Poi, non si sa come, anni dopo comincia a verificarsi  sulla stampa questa distorsione dei fatti che col tempo ha preso talmente piede da essere presente, sia pure incidentalmente, in recenti documenti ufficiali ! (sic).

Un po’ come la storia del parabrezza del motorino di Marini crivellato di colpi (cosa riconosciuta da sentenze passate in giudicato) e che però a quanto pare non risponde affatto a verità.

Ma vediamo un po’ genesi e sviluppo della questione. Premettiamo al tutto una considerazione di carattere, diciamo, linguistico.
Se un oggetto è fatto del materiale che tradizionalmente si usa per la sua realizzazione , viene normalmente  indicato semplicemente col suo nome; ma se l’oggetto viene realizzato con più  materiali, di cui uno è quello tradizionale e l’altro è  innovativo  o  meno frequente, è  d’uso che, nel  secondo caso,  oltre al nome si specifichi  il  materiale di cui è  fatto, specie se entrambe le versioni convivono.

In definitiva oggi nessuno, andando in farmacia, chiederebbe delle siringhe di plastica (specificando cioè  il materiale), avendo queste del tutto soppiantato quelle in vetro. Ma riferendosi ad es. ad altri oggetti “usa e getta” e non, si specifica sempre il materiale se questo non è quello prevalente collegato alla parola: tovaglia  di carta, posate di plastica, filo di ferro, sigaretta elettronica e così via.

Ancora oggi , nonostante i fazzoletti di carta abbiano ormai quasi soppiantato nelle nostre tasche quelli di stoffa, possiamo leggere ad es. sul dizionario Treccani:

fazzolétto s. m. [der. di fazzolofazzuolo]. – 1. Quadrato di tela (per lo più di lino o cotone), bianco o colorato, variamente ricamato o rifinito, adoperato per soffiarsi il naso, asciugarsi il sudore e per altri simili usi:

Quadrato di tela, dunque. Ma vediamo i primi documenti.

Nel vol. 45  della CM1 in relazione alle perizie sul corpo di Moro , gli abiti e tutto il resto, si trovano 3 relazioni/verbali una collegiale e 2 individuali o comunque di gruppo ridotto, che descrivono quanto ritrovato.


Il verbale collegiale ( Gerin, Merli, Marracino, De Zorzi, Ugolini, Lombardi, Boragine, Giacomini) a p. 754 del vol. 45  è il seguente:


Quindi si noti bene, si tratta di n. 3 fazzoletti ( di tela). Si noti pure che viene precisato che essi, come il resto del materiale repertato sono correttamente conservati.

Bene, i fazzoletti, ad oggi, sono spariti! Non così il resto del materiale repertato, fortunatamente.

Ma vediamo di seguito gli altri due stralci di verbali dei  periti. Si fa notare che uno di questi era incaricato delle analisi merceologiche e a maggior ragione nel suo caso sarebbe stato ben strano e superficiale  utilizzare una terminologia imprecisa (fazzoletti invece di fazzoletti di carta).

 Qui il verbale di Silvio Merli a pag. 653 vol. 45:


Semplici fazzoletti dunque.

Qui invece la relazione dei soli  Merli , Gerin, Marracino a pag. 693 vol. 45


Ancora solo semplici fazzoletti.

Ma vediamo cosa scrivono i giornali il 10 maggio.


Qui Repubblica (il famoso articolo di Miriam Mafai):



La Stampa:



Il Manifesto:



Il 15 maggio Il Giorno:


A parte questa inquietante notizia dell'impronta (non smentita) e di cui non si è saputo più nulla, in tutti questi articoli si parla - come si è visto- solo e sempre di normali fazzoletti.

Ma come nasce allora il mito dei fazzoletti di carta?

Come detto, un anno dopo via Fani fu ritrovato in un taxi un borsello che conteneva oltre ad una pistola calibro 9 vari altri oggetti in qualche modo riconducibili alla vicenda Moro (tra i quali due cubo-flash di quelli in uso alle Polaroid - 2 furono le foto scattate a Moro - una testina rotante IBM come quella dei comunicati BR) nonché riferimenti a Pecorelli (ucciso il mese prima) e ad altri. Tra gli oggetti  anche un pacchetto di fazzolettini di marca Paloma (ancora prodotti a quanto pare).

Anni dopo avvenne la "rapina del secolo" alla Brinks Securmark a Roma capeggiata, come poi si scoprirà, da Toni Chichiarelli  e dove gli autori si affannarono, durante la rapina e dopo, a lasciare indizi e messaggi per far sì di essere ricollegati alle Br. E a quello che fu individuato poi come la "mente" della rapina - Chichiarelli appunto-  fu attribuita, probabilmente a ragione, la proprietà di quel borsello trovato nel '79. Ed iniziò una sorta di decrittazione del messaggio che si ritenne fosse insito in quella serie di oggetti in esso contenuti.

Il verbale di ritrovamento del borsello  si trova in CM1  vol. 122 pag. 569 e segg. e qui ne diamo la prima pagina.




Del borsello e dei fazzolettini se ne riparla, accostandoli a ciò che fu usato per tamponare le ferite di Moro, per la prima volta da parte degli avvocati di parte civile, nell'ambito del Moro-Ter a luglio 1984.  Qui il resoconto di Repubblica.





Di cui qui lo stralcio che ci interessa:


Sembra che sia questo il  momento in cui  i fazzoletti in questione  "diventano" di carta e per giunta di marca Paloma.

Nell’88 in Commissione Stragi  il Sen. Luigi Cipriani, rivolgendosi all’audito il prefetto Parisi, infatti gli dice (pag. 40):


Qui i "fazzolettini" sono diventati della marca preferita da Moro! ( Tra l'altro non erano commercializzati in Italia ma solo in Jugoslavia). In altri termini qui Cipriani , ricalcando in parte la dichiarazione degli avvocati di parte civile aggiunge un elemento (la marca preferita) e leva quello dell'essere stati usati per tamponare il sangue.

Ma, sempre Cipriani, quattro anni più tardi nel ’92, in una sua nota integrativa alla seduta del 14-15 aprile, dice a proposito di Chichiarelli, ripristinando la "versione" degli avvocati di parte civile (pag. 39):


Fin qui gli atti ufficiali ma a partire da quella data del 1984 non si contano i casi in cui è stata ripetuta nella stampa e anche nei libri questa palese inesattezza dei fazzolettini di carta posti a tamponamento delle ferite di Moro.

E lecito chiedersi se sia stata solo approssimazione o se non si sia trattato di un vero e proprio depistaggio? Può entrarci qualcosa, nella loro sparizione, l'asserito rilevamento di quella impronta, su uno di essi, di cui parlava Il Giorno il 15 maggio?

Comunque in questo tranello, volontario o no, cade anche recentemente il Col. Ripani dei RIS che insieme al Ten. Col. Fratini firma la relazione inviata alla CM2 il 16 marzo 2017 in merito agli esami effettuati sui reperti loro assegnati (indumenti di Moro e la R4).

In questa relazione in 5 occasioni si parla di questi "fantomatici" fazzoletti di carta (tanto più fantomatici quanto mai più ritrovati) e fra questi vengono elencati qui a pag. 80 nel capitolo intitolato:

 " VI.1. SINTESI DEGLI ELEMENTI OGGETTIVI (sic) UTILI AI FINI RICOSTRUTTIVI".

Questo uno stralcio di pag. 80 :



Conclusione

Questa inesattezza , ormai cristallizzatasi nel tempo, non si sa se nata originariamente per la solita sciatteria o per un vero a proprio depistaggio, giunge certamente non ultima fra le tante del caso Moro.

Di recente abbiamo, sempre carte alla mano, smascherato un'altra leggenda metropolitana e cioè che la condomina della Braghetti avrebbe visto nel famoso box la R4 la mattina del 9 maggio. Anche questo è destituito di ogni fondamento. (Per chi  volesse leggere in proposito  le tre puntate de "L'enigma di via Montalcini"  qui la prima, qui la seconda, qui la terza).









6 commenti:

  1. E' mio ricordo che i fazzoletti Paloma fossero commercializzati in Italia, con ottima percentuale di quota tra i fazzoletti di carta. Provenivano dalla Yugoslavia, e mi sembra di ricordare che l'importatore abbia avuto problemi d'importazione ed i Paloma sono usciti dal mercato

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  2. Noi avevamo notizie diverse sulla commercializzazione in Italia all'epoca. Tuttavia la questione era del tutto incidentale e secondaria in confronto alla leggenda che ci è stata costruita sopra.

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  3. Si l’ipotesi prospettata nell’articolo è molto concreta. In qualche modo ci si è trasmessi una evidenza (fazzoletti di carta), che non era tale. In letteratura succede spesso che autori anche imporanti riprendono e diffondono a loro volta notizie errate.
    Tuttavia gli elementi portati a dimostrare questa “leggenda”, sebbene validi e pertinenti, non annullano del tutto il fatto che invece i fazzoletti potevano proprio essere di carta.
    Era interessante chiedere al Ris da dove trasse questa notizia riportata nella Relazione.
    Vero invece che la marca Paloma fa parte della leggenda e non dovrebbe c’entrare niente con detti fazzoletti, carta o meno che siano.
    Ora vediamo l’ipotesi, come detto, molto concreta che i fazzoletti fossero di stoffa. Sorge una domanda: erano grandi, di medie dimensioni oppure piccoli? Comunque sia questo particolare, pone ancor più in dubbio l’esecuzione di Moro nel box auto. Dicesi infatti che fu eseguita da Moretti e Maccari, ma ci si domanda: questi due avevano in tasca un certo numero di fazzoletti, come abbiamo visto, da tre a sette addirittura?
    E perché dovevano usarli per tamponare le ferite, se Moro era nel bagagliaio sul cui fondo vi era anche una specie di telo cerato?
    Un eccesso di prudenza che dal fondo dell’auto poteva colare del sangue? Possibile, ma veramente eccessivo e in parte assurdo.
    Ergo furono probabilmente usati per tamponare la ferita ad un corpo che doveva essere spostato e chi lo ha fatto era in un luogo dove vi erano fazzoletti.
    Questo pone in dubbio anche la prima ipotesi del Ris, che come sappiamo fa tre ipotesi con diversa probabilità di essere reali: 1. Moro seduto sul pianale del portellone, ferito mortalmente da circa 3 o 4 colpi che cade dentro il bagagliaio e poi viene colpito ancora.
    2. Moro ucciso nei sedili posteriori con una dinamica più o meno simile a quella del perito Bordin.
    3. Moro ucciso in un locale attiguo all’auto.
    Contrariamente al Ris io ritengo più reale la terza ipotesi che infatti rende anche necessario l’uso dei fazzoletti tampone.
    Maurizio Barozzi

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    1. Il numero esatto (viene indicato solo nella relazione collegiale dei periti) è tre. Tre fazzoletti.Conficcati , si deve presumere, in altrettanti fori. Purtroppo non diedero alcun altro dettaglio. Sarebbe stato forse interessante sapere in quali degli 11 fori fossero stati pressati. Sulla natura del materiale di cui erano fatti non appare poterci essere dubbi. I periti non parlano altro che di fazzoletti e i giornali nei giorni successivi (al netto del numero errato) idem. Come detto "diventano" di carta solo dall'84 in poi.

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  4. L'informazione dei fazzoletti Paloma nasce dal resoconto del contenuto del borsello abbandonato trovato sul taxi.
    Questo dovrebbe essere l'elenco del contenuto: " “…una pistola Beretta calibro 9 con matricola limata; un caricatore; 11 pallottole 7,65 e una di calibro maggiore; una testina rotante Ibm di corpo 12; un mazzo di nove chiavi; due cubi flash; un pacchetto di fazzoletti di carta di marca Paloma; una cartina autostradale della zona comprendente il lago di Vico, Amatrice e il lago della Duchessa; una bustina con tre piccole pillole bianche; alcuni fogli dell’elenco telefonico di Roma con i numeri dei centralini dei ministeri; una patente di guida contraffatta intestata a Luciano Grossetti; un volantino falso-brigatista che inizia con la frase “Attuare proseguimento logica dell’annientamento”; un frammento del biglietto del traghetto Messina-Villa san Giovanni; il manoscritto di una bozza di discussione politica o di un documento teorico; quattro fotocopie di schede dattiloscritte stese in un linguaggio simile a quello della polizia riguardanti rispettivamente l’omicidio di Pecorelli (con annotazioni che indicano materiale recuperato e alcune cifre relative a parti mancanti), un’azione ai danni del Procuratore della repubblica Achille Gallucci, un progetto di rapimento dell’avvocato Prisco, il progetto dell’annientamento della scorta del presidente della Camera, Pietro Ingrao".

    Come elemento immediatamente successivo viene indicato il lago di Vico, ma non ho mai trovato resoconti di indagini o discussioni su "Lago di Vico".

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    1. Il contenuto è elencato nel verbale pubblicato sopra.
      L'abbinamento mediatico "fazzoletti nelle ferite-fazzolettini Paloma" certamente può essere iniziata a maturare a partire dal rinvenimento del borsello ma evidenze di ciò ne abbiamo rinvenute solo a partire dal 1984. C'è in verità una testimonianza (metà maggio) piuttosto fantasiosa di una persona che dichiarò di aver udito dei colpi di arma da fuoco la notte del 9 maggio (in una zona di campagna) e che poi si lancia in ipotesi di trasporto e a proposito del tamponamento delle ferite parla proprio di fazzoletti di carta...però lascia il tempo che trova.

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