In particolare sottolineiamo un passo di questi documenti (meglio e più compiutamente riportati nel testo) dal quale si evince uno degli elementi centrali. E cioè che la Braghetti , pur "tenuta d'occhio" dagli inquirenti, poté fare il trasloco da via Montalcini indisturbata nonostante la precedente paventata irruzione notturna (paventata agli altri condomini dai funzionari dell' Ucigos) che però in realtà non ebbe mai luogo.
Né valse la telefonata all' Ucigos di qualcuno dei condomini a trasloco in atto. La Braghetti poi se ne andrà tranquillamente via portando le sue cose in parte nella casa paterna in via Laurentina e in parte in casa della zia e poté rendersi protagonista, un paio di anni dopo, dell'assassinio di Bachelet.
Questo, comunque, un passaggio della relazione dell'Ucigos che ritroverete più interamente all'interno del documento.
“Sono
stati effettuati servizi di pedinamento e di appostamento nelle
ore più svariate della giornata, in Via Laurentina n. 501, in Via Montalcini
n.8 e al Viale dell’Umanesimo n. 308. Durante
tali servizi, la Braghetti è stata vista
entrare in via Montalcini n. 8 solo due volte: la prima il 29
settembre u.s., quando a bordo della propria auto Citroen Ami 8
….accompagnata da una donna…(poi identificata per la zia materna) e da un uomo
di 25-30 anni, ha provveduto a prelevare alcuni pacchi e 4-5 quadri per
trasportarli in via Rosa Raimondi Garibaldi n. 119; la seconda volta per
effettuare l’intero trasloco, il 4 corrente (ndr: ottobre 1978), con
il camion targato….Il mobilio è stato trasportato parte in via
Laurentina n. 501, e parte in via Rosa Raimondi Garibaldi n. 119 dove
risulta abitare la predetta zia materna Cambi Gabriella…”
L'ENIGMA DI VIA MONTALCINI ( a cura di: Andrea Guidi )
PARTE
III) – CRONOLGIA DEGLI EVENTI E GLI”APPUNTI” DELL'UCIGOS
1) LA
“SCOPERTA” DELL'APPARTAMENTO-COVO DI VIA MONTALCINI 8.
Dopo la digressione
svolta nella seconda parte sull'ipotesi di indagini svolte già in pieno
sequestro, torniamo ora all'esame delle
indagini ufficialmente note del 1978, ripercorrendo, per comodità del
lettore, nel modo più sintetico possibile, la cronistoria dei fatti. Si farà di necessità anche incidentale riferimento ad un aspetto rilevante della vicenda, cioè l'acquisto dell'appartamento da parte della Braghetti, sul quale tuttavia si tornerà successivamente.
lettore, nel modo più sintetico possibile, la cronistoria dei fatti. Si farà di necessità anche incidentale riferimento ad un aspetto rilevante della vicenda, cioè l'acquisto dell'appartamento da parte della Braghetti, sul quale tuttavia si tornerà successivamente.
Anna Laura
Braghetti, la “carceriera” di Aldo Moro secondo la versione divenuta
"ufficiale" in Via Montalcini 8, viene arrestata a Roma il 27 maggio
1980.
L'appartamento,
circostanza che come abbiamo visto emergerà solo nel 1980, era stato acquistato
dalla Braghetti, all'epoca ufficialmente incensurata e insospettabile impiegata
di una ditta privata di costruzioni, per il tramite della mediazione
dell'agenzia immobiliare “Urbana Insieme srl” di Roma,
previa la sottoscrizione
di un contratto preliminare databile
all'incirca al giugno 1977 (la data esatta è imprecisata, nè risulta agli atti
alcuna copia del documento), ottenendone comunque la materiale detenzione.
Il
rogito notarile di acquisto venne stipulato invece il 3 agosto 1978 (con atto
trascritto tempestivamente dal notaio nella Conservatoria dei Registri
Immobiliari di Roma il 10 agosto successivo), dopo l'omicidio di Aldo
Moro. La tempestività della trascrizione dell'atto notarile nei Registri
Immobiliari, come si vedrà nella parte specifica, potrebbe avere la sua
importanza in sede di ricostruzione complessiva della vicenda delle indagini
dell'Ucigos (e, va detto, anche di quelle dei Carabinieri).
Tre
giorni dopo l'arresto della Braghetti, un articolo a firma di Luca Villoresi
apparso su “La Repubblica” (cfr. Sergio Flamigni, “Il covo di Stato e la
prigione fantasma”, ed. Kaos, giugno 2016, pagg. 239 e segg.), lascia
chiaramente intendere che la brigatista appena arrestata fosse proprietaria non
solo dell’appartamento di famiglia in Via Laurentina 501, ma anche di un
appartamento nella zona della Magliana, acquistato “nell'agosto 1977”, nel
quale la Braghetti risultava convivere con tale “Maurizio” Altobelli (in
realtà, risulterà, anche in virtù dell'intestazione dei contratti della
corrente elettrica e del gas, che il convivente della Braghetti era conosciuto
con il nome di “Luigi” Altobelli, e non “Maurizio”).
Il
titolo dell'articolo in questione non ha bisogno di interpretazioni: “Moro
prigioniero nell'appartamento della brigatista arrestata a Roma?”. (cfr.
S.Flamigni, op. Cit., pag. 239).
A
prescindere da altre affermazioni, l'articolo ipotizza quindi chiaramente sin
dal titolo che l'alloggio in zona Magliana (cioè quello di Via Montalcini ) – e
non quello di Via Laurentina 501 - sia stato la prigione di Moro. Questa
possibilità rimarrà tuttavia allo stadio
di mera ipotesi, sena alcuna particolare convinzione neppure da parte
della magistratura, almeno fino al 1982.
Comunque
sia, ciò che emerge con chiarezza nel giugno 1980 è dunque che in Via
Montalcini 8 era stata installata una base delle BR durante il sequestro di
Aldo Moro, e che questo appartamento era stato oggetto di indagini da parte
dell'Ucigos, ufficialmente fin da poco tempo dopo l'omicidio di Aldo Moro.
A
seguito della deposizione testimoniale della cognata della brigatista
arrestata, resa il 3 giugno 1980 al giudice Imposimato (S.Flamigni, op. Cit. Pag.
241), il 25 giugno 1980 depone la zia della brigatista, Gabriella Cambi, che
conferma allo stesso giudice di avere agito a suo tempo quale procuratrice
della Braghetti per la rivendita dell'appartamento in Via Montalcini (nel
frattempo rivenduto nel marzo 1979).
E’
dunque solo a questa data – giugno 1980- che può farsi risalire la notorietà
del fatto che la Braghetti prima, durante e fino a qualche mese dopo il
sequestro Moro era stata in effetti la proprietaria di un appartamento-covo
delle BR, con una cantina e il “famoso” box auto di pertinenza, in Via
Montalcini n. 8.
Ai
primi di luglio 1980 vennero chiamati a deporre a quel punto innanzi il giudice
istruttore, dott. Imposimato, anche alcuni condomini dell'edificio in
questione, per quanto, come abbiamo già rilevato, non vennero invece ascoltati in quel momento i
già citati coniugi Piazza-Ciccotti, che
risulteranno essere stati (lo si scoprirà solo nel 1988) ufficialmente i principali autori della
segnalazione originaria.
Dalle
prime deposizioni dei condomini, coniugi Manfredi-De Seta e Signore, emerse,
come ormai noto, che l'Ucigos aveva svolto indagini reiterate nel corso
dell'estate-autunno 1978, organizzando anche la riunione condominiale in casa
dei coniugi Manfredi; in esito a queste deposizioni, il 5 luglio 1980 il
giudice Imposimato richiese all'Ucigos dettagliate informazioni sulle indagini
svolte due anni prima.
Il
30 luglio quell'ufficio di Polizia rispose inviando al magistrato un “unito
appunto”, non firmato, datato 16 ottobre 1978, recante in sostanza una mera
sintesi delle operazioni svolte e dell'esito, come noto ufficialmente negativo,
raggiunto dalle indagini.
Dopo
quasi due anni di apparente "sonnolenza" della vicenda, nel 1982 a
seguito di richiesta della prima
Commissione parlamentare di inchiesta veniva inviata all'Organismo parlamentare
un'altra sommaria relazione, a firma (a quanto si legge dalla sottoscrizione)
De Francisci, Capo dell'Ucigos, con la quale si reiterava la sintetica
descrizione di ciò che era avvenuto due anni prima, tuttavia precisandosi
per la prima volta in questo documento che l'indicazione della “Renault rossa” costituiva “l'oggetto
principale della segnalazione” a suo tempo ricevuta da quell'Ufficio
tramite il ministro Rognoni.
Nel
1987 erano intervenute altre deposizioni istruttorie dei condomini di Via
Montalcini, non solo di coloro che erano già stati ascoltati da Imposimato nel
1980, bensì anche dei coniugi Piazza e
Ciccotti, che avevano tuttavia avevano riguardato essenzialmente i rapporti di
vicinato con la coppia Braghetti-"Altobelli" e, soprattutto, il
contenuto della riunione intervenuta in casa Manfredi con i due funzionari
dell'Ucigos tenutasi presumibilmente verso la fine di settembre del 1978, senza
che cioè emergesse ancora nulla né in merito alla segnalazione resa all'avvocato
Martignetti.
Come
abbiamo visto, è' in sostanza solo nel maggio 1988 che, a seguito della
pubblicazione del libro-inchiesta del Sen. Sergio Flamigni “La tela del
ragno” emergerà la storia della segnalazione da parte dei coniugi Piazza –
Ciccotti nonché la storia della successiva trafila seguita dalla trasmissione
dell'informativa e i nomi dei protagonisti coinvolti (si veda la prima parte di
questo lavoro).
2)
UN'INDAGINE COMPIUTA ALL'INSAPUTA DELLA MAGISTRATURA E RIMASTA IGNOTA PER DUE
ANNI.
Che
l'indagine compiuta dall'Ucigos subito dopo la conclusione dei tragici fatti su
Via Montalcini non sia stato oggetto di comunicazione all'Autorità Giudiziaria
fino al luglio 1980 non è un'illazione, bensì risulta espressamente da un “Appunto” del Ministero dell'Interno
datato 16 maggio 1988, non firmato almeno nell'esemplare disponibile (cfr.
archivio dell'On. Gero Grassi, vice presidente della Commissione parlamentare
attualmente in carica, faldone n. 318_002, pag. 64-65 del formato “pdf”) , nel
quale si legge, tra l'altro (le sottolineature sono nostre): “ L'episodio
investigativo di via Montalcini non formò oggetto di rapporto all'A. G. e di
riferimento alla Questura di Roma, in quanto non aveva fornito dati meritevoli di
particolari richieste per un prosieguo di indagini di competenza diretta
dell'Autorità Giudiziaria, così come del resto era stato più volte raccomandato
dalla Procura di Roma”.
Questo
“appunto” richiama l'attenzione, per la loro potenziale rilevanza, sulle
affermazioni in esso contenute:
a)
il fatto che “L'episodio investigativo di via Montalcini” non fosse
stato ritenuto meritevole di particolari supplementi di indagine; cosa, questa,
poi ampiamente smentita dai fatti, a cominciare dalle concordi testimonianze
dei condomini partecipanti alla riunione in casa Manfredi sui sospetti loro
manifestati dagli stessi funzionari dell'Ucigos
nonché, come si vedrà in una parte specifica, dal perdurante interessamento dell'Ucigos per
quell'appartamento anche ben dopo il trasloco della Braghetti;
b)
il fatto che nella valutazione dell'importanza o meno di un episodio del genere
l'autorità di Polizia si sia ritenuta munita del potere di sostituirsi di fatto
all'Autorità Giudiziaria, lasciata peraltro - nel 1978 - all'oscuro dei fatti;
c)
il fatto che l'investigazione compiuta dall'Ucigos non fu oggetto “di
riferimento” (detto in altri termini, di comunicazione e di collaborazione)
neppure con la Questura di Roma.
Quest’ultima
circostanza appare indirettamente confermata da una nota della Questura di
Roma, del 19 febbraio 1982, indirizzata al Ministero dell’Interno a seguito
della richiesta della documentazione inerente le indagini esperite nel 1978 su
Via Montalcini avanzata dalla prima Commissione parlamentare di inchiesta, e
firmata dal Questore in carica e che, sul punto, così recita (le sottolineature
sono nostre; faldone dell’archivio dell’On. Gero Grassi 318_002, pag. 45):
“Con
riferimento alla nota sopradistinta, si comunica che, dall'esame degli atti, non
risulta che questo ufficio ebbe mai a svolgere indagini sul "covo di via
Montalcini” in Roma, nè risultano inoltrati all'A.G. rapporti sia pure
meramente informativi sull'argomento o sulla nota Laura BRAGHETTI….
Non
mancano tuttavia le incongruenze.
Infatti,
la nota del Questore appena riportata
sembra smentire una nota della Digos del precedente 2 febbraio, che così recita
(le sottolineature, come sempre, sono nostre; faldone On. Gero Grassi 318_002,
pag. 113) :
“In
relazione alla notizia diffusa dagli organi di informazione, secondo la quale
la "prigione" in cui le Brigate Rosse tennero sequestrato l'On. Aldo
Moro sarebbe stata localizzata in questa via Laurentina n.501, si precisa
quanto sègue:
-
tale notizia proviene dalle confessioni formalmente rese davanti al magistrato
dal noto Antonio SAVASTA, il quale ha riferito che, secondo quanto da lui
acquisito indirettamente da altri militanti delle B.R. implicati nella vicenda,
la "prigione" dell'On. Moro sarebbe stata ubicata in questa via Laurentina,
in un vano appositamente allestito in un appartamento sito al piano terra di
una palazzina con giardino, ereditato dai fratelli Alessandro e Laura BRAGHETTI
ed attualmente abitato dall'Alessandro. A detta del SAVASTA, all'epoca del
sequestro Moro, tale appartamento era suddiviso in maniera tale da consentire
ai due fratelli Braghetti completa indipendenza.
Si
precisa che nel 1978 Laura BRAGHETTI era proprietaria anche di altro
appartamento sito in questa via Montalcini n.8,(zona Villa Bonelli Portuensa)
di cui aveva la disponibilità e che ha venduto, circa due anni or sono, ad
altra persona. Anche questo appartamento é sito al
piano terra di una palazzina con giardino.”
In
particolare, di quest'ultima informazione della nota della Digos si stenta a
cogliere con precisione l'utilità, essendo appunto ormai noto dal 1980 che la
Braghetti era proprietaria anche dell'appartamento di Via Montalcini.
Non
si può quindi escludere l'ipotesi alternativa che questa affermazione abbia
voluto forse rivestire una funzione in qualche modo, per così dire, di impulso
o di indirizzo investigativo – di per sé del tutto legittimi, peraltro - nella precisa direzione di Via Montalcini
quale ipotetica prigione di Moro (eventualità che, ricordiamo, all'inizio del
1982 era ancora nulla più che un'ipotesi come un'altra).
Restando
a questo specifico aspetto del mancato coordinamento tra gli uffici di Polizia,
dalle nostre analisi è emerso soprattutto un elemento importante e del tutto
nuovo, e forse mai adeguatamente rilevato, che lega Via Montalcini con un'altra
vicenda analoga. Infatti dai documenti pubblicamente disponibili risulta
chiaramente che in esito alla scoperta della tipografia di Pio Foà e
all'arresto di alcuni brigatisti, tra cui Enrico Triaca, Antonio Marini e
Gabriella Mariani, avvenuto già nel maggio 1978 solo una settimana dopo
l'omicidio di Aldo Moro, venne accertato che anche l'appartamento-covo di Via
Giuseppe Palombini acquistato dalla Mariani nel gennaio 1978 era stato
acquistato con l'intermediazione dell'agenzia “Urbana Insieme srl”, la stessa
agenzia cioè che aveva mediato per l'acquisto dell'appartamento di Via
Montalcini.
La
circostanza dell'acquisto del covo di Via Palombini per il tramite di questa
stessa agenzia immobiliare, come emerge chiaramente dai documenti, era infatti
nota alla Digos, cioè alla Questura di Roma, come
minimo dal 15 giugno 1978. cioè in epoca – stando alle date ufficiali -
antecedente l'inizio degli accertamenti su Via Montalcini da parte dell'Ucigos(vol.
32, pag. 138 e segg, CM-1), a seguito della testimonianza resa nell'ambito
delle indagini compiute sulla brigatista Gabriella Mariani da tale Canio
Cataldo (personaggio in qualche modo entrato nelle trattative per l'appartamento di Via Palombini).
Escluso,
ovviamente, qualsiasi coinvolgimento dell'agenzia immobiliare in questione (non
è questo il punto), ciò che ci preme rilevare è che il coordinamento, che non
ci fu, tra i due uffici di Polizia, avrebbe potuto condurre già nel 1978 quanto
meno a un ulteriore elemento di sospetto sull'appartamento di Via Montalcini,
in ragione del fatto che l'Ucigos stava indagando su un appartamento (Via
Montalcini) acquistato in sostanza con modalità e tempistica analoghe a quello
acquistato in Via Palombini, già ampiamente accertato come covo Br da almeno un
mese o due prima che l'Ucigos attivasse le indagini, almeno quelle
ufficialmente note, su Via Montalcini.
A
prescindere allora dall'evidente debolezza delle affermazioni dell'appunto del
Ministero dell'Interno del 1988 citato all'inizio di questo paragrafo, che
peraltro si limitava a riportare la giustificazione essenziale dell'operato
dell'Ucigos già manifestata nei vari appunti degli uffici di Polizia datati dal
1978 in poi (e cioè, in sintesi, l'asserito mancato riscontro in sede
investigativa di elementi di sospetto), si pone l'interrogativo del perchè,
realmente, di quelle indagini dell'estate 1978, non furono informati nè
l'Autorità Giudiziaria né – a quanto parrebbe - la Questura.
In
proposito, va comunque rilevato che non risulta dai documenti disponibili se
ulteriori spiegazioni in merito siano state richieste dalla magistratura romana
all'Ucigos o al Ministero dell'Interno a caldo, nel 1980, sulla segretezza di
quelle indagini, e si riscontra unicamente la richiesta avanzata finalmente dal
giudice Priore, ormai nel maggio del 1988, al Ministero dell'Interno, di
trasmettere all'ufficio istruzione del Tribunale di Roma ulteriore
documentazione sulle indagini svolte dieci anni prima dall'Ucigos. Non si può
tuttavia sottacere che nel frattempo si erano avute svariate interrogazioni
parlamentari negli anni precedenti, nonché soprattutto la pubblicazione in
quegli stessi giorni del citato libro del senatore Flamigni che aveva ridestato
l'attenzione sulla vicenda.
Per
quanto esuli dal tema di queste note, rileviamo che una simile disfunzione di
coordinamento tra Ucigos e Digos non era nuova, essendosi già riscontrata, con
fatale tardività nella tempistica delle comunicazioni da un ufficio all'altro,
in merito alla segnalazione rivelatasi fondamentale sui sospetti brigatisti sopra
menzionati quali gestori della tipografia di Via Pio Foà, “centro” realizzativo
dei comunicati brigatisti durante il sequestro di Aldo Moro. Non si capisce
cioè se per avventura questo corto circuito comunicativo tra i due uffici di Polizia
in occasione del sequestro e dell'omicidio dell'On. Moro si sia stata solo una
disfunzione reiteratasi in queste due occasioni per una pura e sfortunata coincidenza, o se queste due
occasioni costituissero l'indizio di qualcosa di sistematico.
Tornando
al merito della questione centrale di questo nostro lavoro, cioè gli
accertamenti dell'Ucigos dell'estate 1978, può in conclusione affermarsi che la
loro origine ebbe in buona sostanza una matrice fortemente politica, in quanto
gli ordini decisivi che disposero l'attivazione delle indagini promanarono alla fin fine non già
dall'Autorità Giudiziaria, bensì direttamente dal nuovo Ministro dell'Interno
On. Virginio Rognoni appena succeduto a Cossiga. Si deve altresì tenere in
adeguato conto la sostanziale mutazione avuta a quanto pare dal contenuto della
segnalazione, nel corso delle sue successive trasmissioni ai vari organi
operativi di polizia rispetto a quanto costantemente affermato dai coniugi
Piazza-Ciccotti, di cui si è trattato nella prima parte.
Se
è vero che – come verrà loro contestato- stando alla versione acquisita i
coniugi Piazza-Ciccotti si rivolsero senza troppa ortodossia al loro cognato
(Martignetti) anziché alle forze dell'ordine o alla magistratura, rimane pur
sempre un dato oggettivo il fatto che neppure le autorità politiche e di
polizia ritennero di dovere informare "a caldo", nel 1978, l'autorità
giudiziaria.
3)
IL 1980: DALLE PRIME DEPOSIZIONI ISTRUTTORIE ALLA “SCOPERTA” DEGLI “APPUNTI”
DELL'UCIGOS.
Torniamo
dunque alle prime fasi successive all'arresto della Braghetti, in esito al
quale la magistratura finalmente viene a conoscenza, almeno sommariamente, dei
fatti relativi a Via Montalcini e segnatamente del fatto che si era già
indagato nel 1978.
Il
28 giugno 1980 il giudice Priore interroga la signora Ilda Capraro, già
comproprietaria assieme al marito Giorgio Raggi dell'appartamento venduto alla
Braghetti.
La
signora, confermate le dichiarazioni rese dal marito (peraltro non agli atti
della CM-1), afferma in particolare che, poco prima di un incontro da lei avuto
nel luglio 1978 con la Braghetti, nell'imminenza del rogito notarile, aveva
ricevuto una telefonata dall'”Ufficio politico” della Questura, con la
quale le si chiedevano notizie sulla Braghetti e sulle sue frequentazioni (Vol.
126, pagg. 852-853 del “pdf”, CM-1).
La
deposizione della signora Capraro sollecita una prima domanda, e cioè se sia o
meno verosimile che almeno
incidentalmente, nel corso della telefonata, dato il suo specifico
contenuto, non si sia fatto in alcun modo riferimento al fatto che la signora
stesse per stipulare il rogito con la Braghetti.
Il
mancato riscontro, da parte degli agenti, della stipula del rogito costituisce infatti
un elemento costantemente ricorrente nelle relazioni sullo stato delle indagini
prodotte via via dall'Ucigos almeno fino al 14 ottobre 1978 che tra breve si
analizzeranno, e rappresenta uno degli elementi cardine sui quali l'Ucigos
fonda la propria tesi del mancato riscontro di elementi di sospetto sufficienti
per agire subito.
E'
evidente infatti che, al contrario, l'eventuale verifica con esito positivo
della stipula del rogito vero e proprio di acquisto in data 3 agosto 1978, in
un momento cioè nel quale la Braghetti risultava venire avvistata dagli agenti
in Via Montalcini sempre più di rado, unita alla rapidità del suo trasloco proprio
poco dopo aver acquistato l'alloggio, avrebbe dovuto invece indurre gli
investigatori ad ulteriori e consistenti elementi di sospetto.
Tornando
alle parole della signora Capraro, si può comunque stabilire al più tardi nel corso del luglio 1978 la
rivelazione “pubblica” dell'attenzione
riposta dall'Ucigos verso l'appartamento di Via Montalcini e verso la sua
inquilina; anche se peraltro alcune dichiarazioni del dissociato Morucci,
recepite nella sentenza-ordinanza di Priore nel 1990, parrebbero dover fare
anticipare questa tempistica almeno al mese di giugno.
Poco
dopo quella della signora Capraro, il 5 luglio 1980 il giudice Imposimato
riceve le deposizioni di altri due condomini dell'edificio, i coniugi Manfredo
Manfredi e Stefania De Seta.
Manfredo
Manfredi riferisce che la moglie, qualche giorno prima (ma questo termine non è
sicuro) del trasloco della Braghetti, fu avvicinata da due uomini dell'Ucigos,
i quali le chiesero informazioni sulla coppia abitante l'alloggio in questione,
proponendo un incontro anche con altri condomini.
Nell'incontro,
cui abbiamo già fatto cenno, tenutosi qualche giorno dopo a casa degli stessi
coniugi Manfredi con le coppie di coniugi Piazza e Signore, i funzionari
presenti, dopo avere chiesto e parlato della coppia Braghetti-
"Altobelli", fecero presente, lasciando anche i loro recapiti per
ogni evenienza, che di lì a breve sarebbe stata eseguita una perquisizione
nell'alloggio della Braghetti.
Dopo
qualche giorno invece la Braghetti traslocò senza che fosse avvenuta alcuna
perquisizione (per la precisione la Braghetti traslocò il 4 ottobre 1978, sotto gli occhi degli agenti dell'Ucigos).
Manfredi
stesso avrebbe quindi telefonato durante il trasloco della Braghetti anche al
funzionario chiedendo notizie, ma costui lo rassicurò dicendo che era tutto a
posto e che non c'erano stati sviluppi interessanti (faldone On. Grassi,
320_001, pag. 5 e segg.).
Già
all'epoca, dunque, la posizione dell'Ucigos, successiva al tranquillo trasloco
della Braghetti, è chiara: in estrema
sintesi, si affermava già, con un percepibile e improvviso cambio di rotta
rispetto a quanto invece palesato poco prima ai condomini, la non necessità di
alcun intervento in virtù della supposta mancanza di elementi di sospetto
meritevoli di approfondimento.
Tuttavia,
nessuno parla ancora di “Renault rossa”.
La
moglie di Manfredi, signora De Seta, nella sua deposizione conferma in sostanza
le dichiarazioni del marito, precisando, tra l'altro, che nel corso di quella
riunione furono mostrate le foto di Moretti (foto nelle quali, per inciso, non
venne riconosciuto da nessuno dei presenti il sedicente Altobelli, convivente della Braghetti), ma soprattutto
riporta due affermazioni contraddittorie da parte dei funzionari dell'Ucigos, e
cioè che a dire della testimone gli agenti avrebbero detto ai presenti, da un
lato, che non c'erano motivi di sospetto sulla Braghetti, ma, per altro verso che sarebbe stata
eseguita una perquisizione a suo carico nel suo alloggio interno 1.
La
signora De Seta afferma poi, tra le altre, una cosa di particolare importanza:
tra le varie foto di persone sospette mostrate ai presenti, furono mostrate anche le fotografie della Braghetti.
Ferma
la richiesta di documentazione avanzata nel frattempo dallo stesso Giudice
Imposimato in quello stesso 5 luglio 1980 all'Ucigos, su cui torneremo tra
poco, il giorno 8 luglio il giudice riceve poi la deposizione di uno degli
altri condomini partecipanti alla riunione con i funzionari dell'Ucigos,
Vincenzo Signore (ibidem, pag. 12 e segg.)
Signore
sposta a uno o due mesi prima ( e non a pochi giorni prima) del trasloco della
Braghetti, in sostanza, la riunione in esame, e conferma che non fu
riconosciuto con certezza nelle foto mostrate il sedicente Altobelli, salvo il
riscontro di una certa somiglianza con due o tre delle persone raffigurate (senza
che purtroppo, peraltro, come vedremo in seguito, il giudice istruttore stesso abbia
ritenuto opportuno ripetere innanzi a sé, con i condomini, il confronto
fotografico).
Signore
afferma poi che fu prefigurata una “irruzione notturna”, che per
l'appunto non avvenne.
Aggiunge
poi una circostanza curiosa, e probabilmente scarsamente compatibile con le
normali regole di sicurezza di un covo brigatista, specie per “quel” covo,
tanto più se fosse stato la prigione di Aldo Moro: “In un'altra occasione e
precisamente alla fine della partita Italia Brasile che si disputò nel
luglio del 1978 io e mia moglie notammo diverse persone che uscivano
dall'appartamento della Braghetti” (per la storia: la partita si disputò in
realtà il 24 giugno 1978).
Incomprensibilmente,
come già accennato, quale che ne sia stata la causa, in quei giorni non vanno
invece a deporre i coniugi Piazza-Ciccotti, latori della segnalazione
originaria, pur chiaramente indicati dai testi sopra citati come
compartecipanti alla riunione in casa Manfredi.
Nell'intermezzo
tra queste varie deposizioni, il 5 luglio 1980 il giudice Imposimato, chiede
ufficialmente, per la prima volta, all'Ucigos quanto segue (le sottolineature
sono nostre): “Nel corso dell'istruttoria formale a carico di BRAGHETTI Anna
Laura ed altri, è emerso che codesto Ufficio ha svolte nell'estate del 1978
e comunque prima del 19 settembre 1978, indagini nei confronti di BRAGHETTI
Anna Laura e della persona con lei convivente in Via Camillo Montalcini n.8.
Ciò premesso, prego voler fornire allo scrivente le risultanze delle
indagini svolte, indicando tra l'altro, i nomi degli investigatori e
gli elementi che diedero origine alle indagini. “ (faldone On.
Grassi n. 318_002, pag. 56).
La risposta a Imposimato del Direttore dell’Ucigos, De
Francisci, arriva (o meglio è datata) il
30 luglio 1980 (tra i vari, cfr. CM-1, Vol. 126, pag. 830):
4)
LE INDAGINI SVOLTE DALL'UCIGOS E GLI “APPUNTI” DISPONIBILI.
Le
richieste appena riportate del giudice Imposimato del 5 luglio 1980 all’Ucigos
erano chiare e dettagliate, poiché il giudice richiedeva all'Ucigos: “…le
risultanze delle indagini svolte, indicando tra l'altro, i nomi
degli investigatori e gli elementi che diedero origine alle indagini…”.
L’”unito
appunto”, non firmato e datato 16 ottobre 1978,
invece, non rispondeva affatto alle ultime due domande (autori e fonti delle
indagini); quanto alla prima (esito dell’indagine), in esso si riportava in sostanza (faldone On. Grassi 318_002, pag.
7 e segg.):
- l'identità della Braghetti (generalità,
ecc), e dove lavora;
-
l’acquisto dell’appartamento di Via Montalcini sarebbe avvenuto nel giugno 1977
tramite l’agenzia “Urbana Insieme” per Lire 45 milioni, pagati “asseritamente”(non
è chiaro “asseritamente” da chi) con proventi di eredità paterna;
- la Braghetti avrebbe convissuto nell’appartamento fino al
giugno 1978 con tale "Altobelli", che si sarebbe poi trasferito in
Turchia per lavoro;
- in data 4 ottobre la Braghetti ha traslocato (n.b.: è
l’Ucigos ad attestarlo) trasferendo il mobilio in parte dal fratello in Via
Laurentina, e in parte presso la zia Gabriella Cambi;
- i contratti di luce e gas erano stati stipulati da tale
"Altobelli Luigi", convivente, non meglio identificato;
- “Nulla è emerso in ordine ad un’auto Renault R/4 di
colore rosso” ;
- il sedicente Altobelli non è stato riconosciuto nelle foto
di appartenenti a organizzazioni eversive mostrate “riservatamente” a
persone che lo avevano conosciuto (evidentemente altri condomini: nda);
- si individua inoltre, nell'appunto in questione, un
elemento ipoteticamente idoneo ad escludere sospetti nell’episodio della lite che la Braghetti
aveva avuto, con “clamore nel caseggiato”, con il precedente occupante
dell’appartamento, tale Ottaviani Gianfranco, per lo sgombero della cantina di
pertinenza (lite che in base ad un altro “appunto” sarebbe collocabile in epoca
successiva alla fine del sequestro e in particolare verso l'estate 1978), nel
corso della quale l’Ottaviani aveva fatto intervenire una volante; lite- si
afferma - che “sarebbe stata certamente evitata. …qualora fossimo di
fronte ad una persona legata ad ambienti del terrorismo”;
- Ottaviani, sempre stando all'appunto in esame, avrebbe
confermato i fatti: tuttavia non ci consta alcun verbale di queste sue
dichiarazioni di conferma, pertanto non si conoscono né la data delle
dichiarazioni, nè l'effettivo contenuto.
In
estrema sintesi: le risultanze delle indagini sono in apparenza, a dire
dell'Ucigos, totalmente negative e
scevre da sospetti.
Nonostante
le precise richieste rivolte all’Ucigos dal magistrato, non vi saranno
ulteriori approfondimenti in merito alla mancata risposta da parte dell’ufficio
circa “ i nomi degli investigatori e gli elementi che diedero
origine alle indagini…”.I quali, come si è già visto, emergeranno solo nel corso degli anni
successivi.
Da questo “appunto” dell'Ucigos, si evince comunque il
ruolo, che rimarrà costantemente presente
in tutta la documentazione riferibile alle Autorità politiche e di
Polizia, di questi elementi:
a) il riferimento alla “Renault 4 rossa” e all’assenza di
riscontri in merito;
b) il mancato riconoscimento fotografico dell'”Altobelli”;
c) la lite tra Braghetti e Ottaviani, con l'intervento della
volante, quale elemento fuorviante da qualsivoglia sospetto sulla persona.
Oltre a questi, c'è un altro elemento, che si riscontrerà
costantemente nello stesso complesso documentale, che è meritevole di specifica
attenzione in quanto rivelatore della
costante attenzione dell'Ucigos nei confronti della Braghetti e, al contempo,
dell'inazione dell'ufficio di Polizia: l’attestazione da parte dell'Ucigos delle esatte modalità
e tempistica del trasloco della
Braghetti.
Ci
limitiamo per ora a proseguire il filo cronologico di questa disamina,
rinviando ad una successiva specifica pubblicazione conclusiva le analisi ed i
commenti su tutti gli “appunti” che vengono qui esaminati.
L’appunto
innanzi compendiato datato 16 ottobre 1978 e in seguito attribuito
materialmente al dr. Schiavone, non è altro, pertanto, che unicamente una
sintesi finale e riorganizzata delle indagini e degli accertamenti svolti
dall'Ucigos compiuti fino a quella data, i quali trovano in effetti dei
riscontri maggiormente articolati e dettagliati in una sequela di ulteriori
“appunti” antecedenti (faldone On. Grassi 318_002).
Nei
documenti disponibili, infatti, si rinviene, procedendo in ordine cronologico,
prima di tutto un appunto non firmato, redatto su carta priva di una qualsiasi
intestazione e senza destinatario, datato 8 agosto 1978 (faldone On. Grassi
318_002, pag. 123) , nel quale si dà conto di quanto segue:
- lo stabile (di Via Montalcini) è munito di un’area box al
civico 10, con probabile accesso diretto interno anche dagli appartamenti;
- la Braghetti risulta avere acquistato l’appartamento per 45
milioni di Lire e di avere poi sostenuto “considerevoli spese “per la
recinzione del giardino di pertinenza;
- la Braghetti fu identificata e denunciata nel 1971 per
aggressione ad altre studentesse dell’Istituto scolastico di appartenenza per
motivi politici, nell’ultimo anno scolastico;
- nonostante reiterati appostamenti, non si era riusciti ad
individuare né la Braghetti, né le “auto da lei usate”;
- "Non è stato possibile, peraltro, identificare lo
Altobelli con cui la Braghetti evidentemente convive.” (l’appunto precisa
infatti che l’appartamento interno 1 dello stabile “è occupato dalla coppia
Braghetti-Altobelli”): dunque già in data 8 agosto era chiara
l'impossibilità di accertare la reale identità di costui.
Alla
data di questo primo appunto, va rilevato subito che allorchè esso riferisce
dell’”acquisto” dell’appartamento, si deve di necessità ritenere che
esso si riferisca ancora al mero contratto preliminare dell’estate 1977, in quanto all'8 agosto non
era ancora stato trascritto nei registri immobiliari il rogito definitivo stipulato
il 3 dello stesso mese.
Si
rinviene poi, agli atti (faldone On. Grassi 318_002, pagg. 120 e segg.), un
secondo appunto intermedio, sempre redatto su carta non intestata e non
sottoscritto, datato in apparenza 28 settembre 1978, che costituisce in
sostanza uno sviluppo di quello precedente.
Vi
si legge: che la Braghetti non è mai stata vista in Via Montalcini nel periodo
degli appostamenti; che da informazioni assunte sul posto la stessa sarebbe
stata vista in Via Montalcini negli ultimi tempi più raramente; e che - questa
è la notazione meno comprensibile - “non è mai stata vista”, durante
gli appostamenti, un’auto Renault 4 di colore rosso; ovviamente, se
oggetto degli appostamenti fosse stato, tra l'altro, l'eventuale accertamento
in concomitanza alle indagini stesse (in epoca cioè posteriore al 9
maggio 1978) della perdurante presenza in loco della Renault rossa di Via
Caetani, gli appostamenti, sotto questo aspetto, sarebbero stati totalmente
privi di senso, essendo stata naturalmente sequestrata l'auto il precedente 9
maggio, in seguito alla scoperta del cadavere dell'On. Moro.
Lo
stesso appunto del 28 settembre aggiunge ancora un'informazione tanto
importante quanto non compiutamente
precisata, come si vedrà nel successivo paragrafo.
Infatti,
l’appunto del 28 settembre, rispetto a quello datato 8 agosto, aggiunge anche
che dagli accertamenti effettuati presso la conservatoria dei registri
immobiliari di Roma, è risultato che dal 1973 “ad oggi” (deve quindi
presumersi alla data dell’appunto stesso, cioè al 28 settembre 1978) “nessun
atto di compravendita, di eredità o di successione è stato
registrato a nome della Braghetti”.
Sempre
questo appunto, inoltre, ripetuto che la Braghetti aveva “acquistato”
l’appartamento (circa un anno prima) con
mero contratto preliminare, per circa 45 milioni di Lire, somma che
evidentemente qualcuno (non emerge chi) aveva “asserito” pervenuti a costei da
eredità paterna, dà conto del fatto che dagli accertamenti effettuati presso l’ufficio
“successioni” dell’Ufficio del Registro di Roma risultava che l’eredità
paterna della Braghetti constava solo di somme di denaro complessivamente
ammontanti a poco più di un milione di Lire .
L’appunto
conferma infine che i contratti per le utenze vennero stipulati da tale “Altobelli
Luigi, abitante in Via Montalcini 8, non meglio indicato”: ed in
effetti, le copie disponibili dei contratti non recano alcuna generalità
anagrafica di "Altobelli Luigi". Rinviando ad un esame successivo
delle questioni poste dall'intestazione dei contratti delle utenze, vale
tuttavia la pena di rilevare sin d'ora che è inspiegabile la necessità di fare
ricorso ad una persona di identità falsa, sostanzialmente clandestina, per la
mera sottoscrizione di questi contratti nel momento in cui ufficialmente
risultava che la Braghetti, in quei frangenti, era ancora persona insospettata
e il cui nome era a quanto pare chiaramente spendibile, come dimostrato dal suo
impiego quale prestanome per l'acquisto dell'appartamento. Perché allora non
fu lei a sottoscrivere anche i contratti delle utenze?
Agli
atti risultano poi altri due appunti intermedi coevi, datati entrambi 14
ottobre 1978, di cui uno (faldone On. Grassi, 318_002, pagg. 104 e segg.)
indirizzato “Al Signor Direttore Ucigos-Sede” a firma del “Dirigente
IV Divisione Dr. Pasquale Schiavone”, presente nelle fonti per noi
disponibili in due versioni
sostanzialmente identiche nel contenuto; mentre l’altro appunto coevo (faldone
On. Grassi, 318_002, pagg. 110 e segg.), risulta invece senza alcuna
intestazione né destinatario, e non firmato.
Di
questi due appunti, quello in duplice versione a firma del Dott.
Schiavone, e che, con alcune differenze,
verrà calato e sintetizzato nell’appunto finale datato 16 ottobre 1978 sopra riassunto, menziona per la prima volta il fatto
che “il rogito notarile di acquisto è stato stipulato solo
ai primi di agosto”. L'affermazione pone l'interrogativo in merito a quando,
questa circostanza, sia stata appurata, visto che ancora nell'appunto del
28 settembre si affermava che “nessun atto di compravendita……è
stato registrato a nome della Braghetti”.
Per
il resto, questo stesso appunto (nella duplice versione firmata) riporta prima
di tutto le altre circostanze già emerse dagli altri appunti sopra esaminati, e
in particolare: l’acquisto per 45 milioni con somme “che ha asserito (nda:
si ripete, chi è che “ha asserito”?) provenienti da eredità paterna; la
convivenza con Altobelli fino a giugno 1978; la stipulazione a nome di costui
dei contratti di fornitura; la lite con Ottaviani per la cantina; gli
accertamenti sulla successione paterna recante nell'attivo ereditario la sola modesta somma sopra detta; la
circostanza, ancora una volta, che “nulla è emerso in ordine ad un’auto
Renault R/4 di colore rosso”; il fatto che sia stato possibile mostrare
riservatamente le foto di appartenenti ad organizzazioni eversive a condomini
che avevano incontrato il “sedicente Altobelli”, senza alcun riscontro
positivo.
L’altro
appunto sempre del 14 ottobre, cioè quello non intestato e non firmato, reca
alcune variazioni sul tema.
Vi
si legge anche, infatti: il fatto che la Braghetti ha provveduto a munire di
inferriate le finestre; l’affermazione, da ritenersi contraddittoria con quanto
poco prima affermato sull'avvenuta stipula del rogito, che “dal 1973, nessun
atto di compravendita… è stato registrato” a nome della Braghetti; la
circostanza che i condomini non riconoscono l'evanescente “Altobelli” né in
alcune delle foto mostrate ai condomini reperite in vari uffici anagrafici
(ufficio passaporti, ecc.) raffiguranti persone realmente registrate ed
esistenti a questo nome, né in alcuna delle fotografie di “alcuni noti
brigatisti”; il fatto che anche a detta del venditore Giorgio
Raggi, Altobelli avrebbe convissuto con la Braghetti solo fino al mese di
giugno 1978, essendosi poi trasferito in Turchia; il fatto che la cantina di
pertinenza– sempre secondo l'appunto stesso- sarebbe rimasta in possesso di
Gianfranco Ottaviani fino ad agosto: ne era scaturita una lita con intervento
della volante, a seguito del quale la Braghetti, piangendo, avrebbe pregato
costui di non sporgere querela (suggeritagli
dall’equipaggio della volante) ripristinando poi la porta, da lei
scardinata, con l’intervento di un fabbro; inoltre, come già l'appunto del 28
settembre, il fatto che “nel corso
dei servizi (nda: i soggetti agenti sono proprio i membri dell'Ucigos) non è mai
stata notata un’auto Renautl R4 di colore rosso, né nei pressi dello
stabile né all’interno di esso”.
Ma
la fondamentale differenza che questo appunto reca rispetto a tutti gli altri
sin qui esaminati, concerne il trasloco della Braghetti.
In
precedenza, infatti, la data del trasloco al 4 ottobre è affermata dall’Ucigos
in via incidentale, dandolo cioè come fatto compiuto e senza altre
precisazioni.
Invece,
al punto 4) (pag. 2) di questo appunto del 14 ottobre si legge:
“Sono
stati effettuati servizi di pedinamento e di appostamento nelle
ore più svariate della giornata, in Via Laurentina n. 501, in Via Montalcini
n.8 e al Viale dell’Umanesimo n. 308.
Durante
tali servizi, la Braghetti è stata vista
entrare in via Montalcini n. 8 solo due volte: la prima il 29
settembre u.s., quando a bordo della propria auto Citroen Ami 8
….accompagnata da una donna…(poi identificata per la zia materna) e da un uomo
di 25-30 anni, ha provveduto a prelevare alcuni pacchi e 4-5 quadri per
trasportarli in via Rosa Raimondi Garibaldi n. 119; la seconda volta per
effettuare l’intero trasloco, il 4 corrente (nda: ottobre), con
il camion targato….Il mobilio è stato trasportato parte in via
Laurentina n. 501, e parte in via Rosa Raimondi Garibaldi n. 119 dove
risulta abitare la predetta zia materna Cambi Gabriella…”
Riservandoci
anche quanto a questo appunto la disamina dei suoi riflessi alla parte
conclusiva del lavoro, riteniamo di dovere evidenziare immediatamente che è la
stessa Ucigos ad attestare, senza possibilità di dubbi, che il trasloco
della Braghetti avviene sotto la costante osservazione diretta da parte degli
agenti di quell'ufficio di polizia, i quali con tutta evidenza seguono il
trasloco fino al punto di verificare anche la destinazione finale del mobilio.
Successivamente
all'”unito appunto” trasmesso a Imposimato nel luglio 1980 e datato
16 ottobre 1978 (elemento conclusivo di questa prima sequenza documentale
partita con l'appunto datato 8 agosto), la sequenza documentale di appunti o
note riferibili agli Organi di Polizia o allo stesso Ministero dell'Interno
prosegue di pari passo con le richieste di documentazione in merito- ormai
rivelatasi appieno la vicenda- avanzate negli anni successivi sia dall'autorità
giudiziaria che dalla prima Commissione
parlamentare di inchiesta.
Su
richiesta di quest'ultima Istituzione a firma del Presidente Sen. Valiante,
datata 5 febbraio 1982, rivolta al “Capo della Polizia”, Giovanni Coronas,
volta ad acquisire in sostanza la documentazione inerente Via Montalcini e le
operazioni svolte, giunge infatti la già più volte menzionata risposta su carta
intestata “Ministero dell'Interno- Ufficio Centrale Investigazioni Generali
Operazioni Speciali” (cioè l'Ucigos), a firma, per quanto leggibile, De
Francisci, in data 2 marzo 1982 (CM-1, Vol. 126, pag. 820-821).
La
richiesta della Commissione non pare giungere per caso, poiché si inserisce
temporalmente nell'ambito della scansione di alcuni eventi che si riepilogano a
beneficio del lettore.
Nei
giorni immediatamente precedenti a questa richiesta della Commissione
parlamentare si erano infatti avuti: il 1° febbraio, la dichiarazione del
Ministro Rognoni alla Camera, concernente la generica affermazione della
conoscenza della prigione di Moro a seguito delle dichiarazioni di uno dei
terroristi, appena arrestato, coinvolto nel sequestro Dozier (nda: Antonio
Savasta); il 2 febbraio, un articolo di “Repubblica” che indica già nel titolo,
senza troppi giri di parole, nell'altro appartamento della Braghetti,
cioè quello della Magliana, la prigione di Moro; sempre il 2 febbraio, la nota
della Digos sopra vista che contiene la precisazione finale- foriera, come si è
visto, di qualche interrogativo- in
merito alla possidenza in capo alla Braghetti anche dell'appartamento in Via
Montalcini.
La
missiva di risposta dell'Ucigos alla Commissione parlamentare, verosimilmente
come si è detto a firma De Francisci, e
che accompagna la "documentazione" inviata (quest'ultima consistente,
in sostanza, solo nell'”appunto” del 16 ottobre 1978 già inviato a Imposimato),
ripercorre quindi la cronistoria dei fatti, che emergerà poi definitivamente in
sede processuale solo nel 1988.
La
risposta dell'Ucigos alla Commissione datata 2 marzo 1982 in sintesi espone,
tra l'altro:
-
nel luglio 1978 era giunto all'Ucigos, dal Gabinetto del Ministro Rognoni (nda:
come sappiamo, precisamente dal Prefetto Coronas), una segnalazione verbale secondo
cui in Via Montalcini 8, dov'era l'abitazione della Braghetti, era stata
notata in precedenza un'auto “Renault
R/4” rossa uguale a quella di Via Caetani;
-
disposti “riservati accertamenti” sul conto della Braghetti e del suo
convivente, risultò che costui era nel frattempo scomparso, in quanto “asseritamente”
trasferitosi in Turchia, e che non era stato possibile identificarlo; il
tentativo di riconoscimento fotografico di costui, esperito mediante
l'esibizione ai condomini di fotografie di persone ritenute facenti parte di
organizzazioni eversive, aveva dato esito negativo;
-“nulla
risultò, anche, in ordine alla Renault rossa, oggetto principale
della segnalazione, come risulta dalla relazione in data 16 ottobre 1978”
(cioè quella già inviata al magistrato nel 1980).
La
Renault rossa, dunque, a detta del Capo dell'Ucigos, definita
espressamente uguale a quella di Via Caetani, era considerata a questo punto (e
lo sarà da questo momento in poi), come si è già sottolineato, l'oggetto
principale della segnalazione.
Infine,
risulta poi agli atti anche l'appunto cui si è già sopra accennato, datato 16
maggio 1988, su carta intestata “Ministero dell'Interno- Dipartimento della
Pubblica Sicurezza” (di cui al faldone On. Grassi 318_002, pag. 64 e segg.),
non firmato. Questo appunto del Ministero, espone tra l'altro:
-
nel luglio 1978, comunque in data anteriore al giorno 24, il capo dell'Ucigos
De Francisci affidò al vice questore dott. Noce, l'incarico di svolgere
accertamenti in merito ad una notizia che egli aveva avuto poco prima, oralmente,
dal Capo di Gabinetto, Coronas (il quale in quegli stessi giorni però
affermerà l'opposto, innanzi il magistrato in sede istruttoria, dichiarando di
avere consegnato a De Francisci lo stesso appunto (quindi, in forma
scritta) ricevuto dal Ministro Rognoni);
-
la notizia, per come ricevuta, avrebbe affermato in sostanza che nel box di
pertinenza dell'appartamento interno n. 1 della Braghetti era stata notata una “Renault
4 rossa”, mai più vista dopo l'omicidio dell'On. Moro;
-
il dr. Noce aveva affidato il primo incarico al maresciallo Leonardo Scarlino,
andato poi in ferie il 24 luglio dello steso anno, il quale, effettuato il
primo sopralluogo, rilevò i nomi “Braghetti-Altobelli” sul campanello
dell'interno 1 all'ingresso dello stabile;
-
dai “successivi accertamenti” era stato possibile stabilire l'identità della
Braghetti, mentre nulla era stato possibile accertare in ordine all'Altobelli,
se non che costui era stato notato fino al giugno precedente. Nessuno degli
abitanti aveva notato la presenza dell'auto indicata;
-
tuttavia, siccome la Braghetti risultava segnalata dal 1971 come appartenente
all'area dell'estrema sinistra, fu disposta una più intensa attività
investigativa, anche mediante pedinamenti, sotto la direzione del dr. Pasquale
Schiavone;
-
le indagini, durate fino a metà ottobre 1978, “non consentirono di acquisire
utili elementi, nonostante gli atti investigativi compiuti e di cui alla
relazione del 16.10.1978.”;
-
si dà poi conto della mancata comunicazione delle indagini all'Autorità
Giudiziaria e alla Questura, nel passaggio che si è già sopra esaminato;
nelle
conclusioni, in particolare si afferma che gli accertamenti espletati solo
per la Braghetti per la quale l'ufficio disponeva delle generalità anagrafiche,
furono espletati, con esito negativo”, presso il PRA, l'ACI e la
motorizzazione;
-
analoghi accertamenti furono fatti presso l'Ufficio Successioni e presso le
Conservatorie dei registri Immobiliari (con le risultanze sopra viste; in
sostanza, emerse solo l'eredità paterna pari a poco più di 1.000.000 di Lire);
-
dalle ricognizioni fotografiche esperite con i condomini, si conferma che
“Altobelli” non venne riconosciuto in nessuna delle fotografie di sospetti
terroristi loro mostrate, neppure in quella di Gallinari;
-
gli appostamenti e i pedinamenti furono numerosi, nei confronti della
Braghetti, senza che però sia mai emerso alcun dato utile per stabilire un suo
collegamento con le Brigate Rosse, “anche a livello di sospetto”.
-
una volta appreso che l'appartamento era stato messo in vendita dalla
Braghetti (nda: che, lo ricordiamo, lo aveva appena acquistato il 3 agosto
precedente), tramite la zia, esso fu visitato (ovviamente dopo il trasloco, quindi come minimo a
ottobre inoltrato) anche da uno degli investigatori che finse interesse
all'acquisto, “senza ovviamente raccogliere elementi utili
all'indagine”;
-
all'Ucigos e alla Digos (nda: quest'ultima non si sa quando attivatasi) non è
risultato niente circa l'interessamento, per la stessa segnalazione, dei
Carabinieri di Roma (i quali si erano a loro volta attivati, secondo quanto
riportato dal libro del Sen. del PCI Sergio Flamigni “La tela del ragno”,
nell'agosto dello stesso 1978);
-
a parte questa notizia proveniente dal Capo di Gabinetto del Ministro
dell'Interno, “nessun'altra informazione pervenne agli uffici di Polizia in
ordine a sospetti su edifici e persone di Via Montalcini”.
Le
molteplici affermazioni di tutti questi documenti, per quanto in gran parte
ripetitive, costituiscono con tutta evidenza l'architrave di un preciso iter
logico e argomentativo, che, ad onta della sua apparente linearità, merita
invece analisi e commenti più dettagliati. E' nostra convinzione,
tuttavia, che queste analisi e commenti debbano riguardare in modo sistematico tutta
la mole dei dati desumibili anche dalle varie deposizioni e dichiarazioni
disponibili; ragion per cui si ritiene opportuno differirli all'esito della
completa disamina di questi ulteriori dati documentali.
Per
iniziare, è il caso di riportare per prima cosa, nelle parti che seguiranno di
questo lavoro, le varie deposizioni e dichiarazioni dei protagonisti a vario
titolo della vicenda, che, lo anticipiamo, abbiamo ritenuto per comodità
espositiva e di migliore comprensione, anche da parte del lettore, dei vari
aspetti suddividere secondo due principali criteri guida: un gruppo di dati
riferibili al presunto "nucleo" della segnalazione originaria,
cioè imperniati o comunque discriminati sulla questione della “Renault rossa;
un altro gruppo che invece ruota attorno ad altri due aspetti, cioè
quello della riunione in casa Manfredi con i due membri dell'Ucigos – e in
quanto da essa emerso- e quello del trasloco immediato di Anna Laura
Braghetti dall'appartamento-covo di Via Montalcini 8.
In
questa sede, possiamo iniziare ad esaminare, partendo come appena detto dalla
questione della “Renault rossa”, la prima deposizione del Ministro Rognoni,
quella già accennata nella prima parte, avvenuta innanzi la Commissione
parlamentare di inchiesta nel 1983.
5)
LA PRIMA DEPOSIZIONE SULLA “RENAULT ROSSA” : IL MINISTRO VIRGINIO ROGNONI
INNANZI LA PRIMA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL “CASO MORO”.
Il
filo conduttore del ragionamento è che, scorrendo i vari documenti e le varie
dichiarazioni dei protagonisti, in essi si scorge a nostro avviso una sorta di
"rumore di fondo" crescente nella direzione di far acquisire progressiva
forza, da parte delle autorità delle forze di Polizia e dello stesso Ministro
dell'Interno, alla presunta "centralità" che la “Renault rossa” avrebbe
avuto nella segnalazione originariamente ricevuta.
Come
abbiamo illustrato poco sopra, non sfugge che questa centralità sia stata
espressamente affermata per la prima volta nel menzionato documento del 1982 a
firma De Francisci trasmesso alla prima Commissione parlamentare di inchiesta.
Infatti, si può dire con certezza che in tutti gli originari “appunti”
dell'Ucigos sopra esaminati databili tra agosto e ottobre del 1978, compaia anche
la “Renault rossa” quale costante elemento di riferimento delle indagini svolte
(con esito negativo), ma che in nessuno di essi il ruolo di quest'auto fosse
stato ancora espressamente qualificato come decisivo al fine di attestare infine, come fu
attestata, la carenza di sufficienti elementi di sospetto sulla Braghetti e
sull'appartamento di Via Montalcini.
Ci
sembra quindi che tra i documenti del 1978 e il documento del 1982 si appalesi uno iato, un discrimine, non solo
terminologico, ma qualitativo, tale che è indubbio l'improvviso "cambio di
marcia" avuto dal ruolo della Renault rossa a partire da questo documento
del 1982 in poi.
Ed
è verosimile (anche se non del tutto certo) ipotizzare che a questo salto
qualitativo della "Renault
rossa" non sia forse del tutto estranea la circostanza che, venuta
nel frattempo (precisamente nel 1980) alla luce la storia delle indagini
dell'Ucigos del 1978 e della loro improvvisa interruzione senza esito, la
Magistratura e la Commissione parlamentare di inchiesta stessero iniziando a
chiedere alle autorità coinvolte, come si è visto, chiarimenti sulla storia e
la sorte negativa di quell'azione investigativa in Via Montalcini.
In
quest'ottica, è chiaro - volendo formulare un'ipotesi– che una volta che si
fosse focalizzata con successo, da parte dell'Ucigos, l'attenzione degli interlocutori
istituzionali (e non solo) sul fatto che la segnalazione ricevuta a suo tempo
concernesse proprio principalmente una "Renault rossa", di riflesso
la mancanza di riscontri testimoniali (affermata negli "appunti"
sopra esaminati) in merito alla presenza sui luoghi di quest'auto rendeva
sicuramente più agevole per la stessa Ucigos e per le autorità (Ministro
compreso) sostenere, al dunque, che non erano emersi motivi di sospetto e che
"pertanto" non vi fu necessità di irrompere nell'appartamento-covo né
vi fu motivo di arrestare la Braghetti.
Si
rileva in sostanza, da parte della autorità ed uffici di polizia, l'affermazione del seguente sillogismo: posto
che la segnalazione che abbiamo ricevuto ci indicava di verificare la presenza
di una “Renault rossa” in Via Montalcini; posto che in merito alla
presenza di quest'auto non abbiamo avuto riscontri; ciò posto, non abbiamo
avuto elementi di sospetto sufficienti per irrompere nell'appartamento e
procedere all'arresto della Braghetti.
Peccato
che, a nostro parere, come illustreremo, la premessa maggiore di questo
sillogismo appaia infondata, in quanto prima di tutto la “Renault rossa” non
fu l'oggetto cardine della segnalazione e secondo poi vari e diversi
furono, o avrebbero potuto essere, gli elementi di sospetto per procedere
immediatamente contro la Braghetti.
Se
peraltro le possibili ragioni da noi poc'anzi ventilate sottese a quel salto
qualitativo avuto dalla "Renault rossa" nei documenti prodotti a
partire dal 1982 restano una mera ipotesi, per quanto verosimile, è invece un
fatto che per l'appunto già il ministro Rognoni, innanzi alla prima Commissione
parlamentare di inchiesta, si era oggettivamente uniformato al documento di De
Francisci del 1982 inviato alla Commissione; il ministro infatti aveva espresso
chiaramente nella sua audizione di fronte all'organismo parlamentare – e quindi
con 5 anni di anticipo rispetto alla sua stessa deposizione istruttoria del
1988 (in parte già esaminata nella prima parte di questo lavoro) - il concetto
della (presunta) assoluta centralità della "Renault rossa" nella
segnalazione ricevuta e nell'oggetto delle successive indagini scaturite nel
luglio 1978, tra l'altro proprio con l'esplicito fine di escludere qualsiasi
elemento di sospetto e giustificare, anche innanzi alla Commissione, l'operato
delle forze di Polizia che avevano soprasseduto a qualsiasi ulteriore indagine
e soprattutto all'annunciata perquisizione.
Infatti,
ascoltato dalla Commissione il 19 aprile 1983 (quindi un anno dopo quella
missiva di De Francisci alla stessa Commissione, che per prima affermava la
“centralità” della “Renault rossa”), il ministro Rognoni,
sosttiene che nei pressi di Via Montalcini era stata vista un'altra
"Renault rossa" diversa da quella di via Caetani, e che questo fatto non poteva dunque che
essere valutato come idoneo e sufficiente a sviare sospetti sull'appartamento e
sui suoi occupanti, e precisamente dichiara quanto segue (CM-1, Vol. 11, pag.
159):
Al
di là quindi della nostra ipotesi, sono proprio le affermazioni del ministro,
in virtù delle sue stesse parole, che conducono prima di tutto
all'interrogativo sull'eventuale ma verosimile influenza avuta sul Ministro
stesso da quella missiva del 1982 di De Francisci, in quanto appare un fatto
indiscutibile, ad un'attenta analisi anche terminologica, che il ministro si
sia espresso esattamente negli stessi termini di quel documento dell'anno
precedente, avendo infatti egli affermato, tra l'altro, che “l'oggetto della
segnalazione..” era “..soprattutto incentrato su questo punto..” (nda: cioè sulla presunta presenza nei luoghi
della “Renault” “di Moro”).
E'
in sostanza questa stessa ricostruzione dei fatti data dal ministro Rognoni nel
1983 che consacra espressamente e senza adito a tanti dubbi l'evidente iter
logico che sarà seguito sempre dalle autorità di polizia dal 1982 in poi, nei
termini ben sintetizzabili con le parole del ministro stesso: "secondo i segnalanti"
quella "Renault" "doveva
essere la Renault di Moro"; non solo, "l'oggetto della segnalazione" era "soprattutto centrato su questo
punto"; ergo, non avendo avuto riscontri, (nda: l'indagine)
"non ha avuto seguito".
Il
sillogismo da noi ipotizzato trova manifesta affermazione nella stessa
ricostruzione del ministro dell'interno in carica.
Come
vedremo e in parte abbiamo anticipato, inoltre, a nostro parere ben più
diversificati e articolati avrebbero potuto e dovuto essere gli elementi di
sospetto, anche a prescindere del tutto dalla presenza o meno sui luoghi di una
"Renault rossa", finita invece con il diventare in modo del tutto
evidente, oggettivamente, elemento strumentale di quell'iter logico appena
descritto con le stesse parole del ministro di polizia funzionale a
giustificare il mancato intervento immediato avverso la Braghetti e a deviare
l'attenzione da altri pur presenti elementi di sospetto.
Resta poi da osservare, nel merito di questa prima
deposizione di Rognoni, che la giustificazione specificamente addotta dal ministro in questa occasione
innanzi la Commissione parlamentare, e cioè la supposta presenza di un'altra
e diversa “Renault rossa”
quale elemento fuorviante rispetto alla presunta segnalazione della presenza
della “Renault di Moro”, è circostanza totalmente priva di riscontro,
in quanto nei vari appunti dell'Ucigos sopra esaminati (ad esempio, sia in
quello del 14 ottobre 1978, che in quello del 16 ottobre) si legge solo che era
stata vista "invece una Renault 5
targata…": quindi un'auto di modello diverso e soprattutto senza
alcun minimo riferimento al colore. A
questa specifica affermazione quanto meno azzardata del ministro Rognoni, i
Commissari parlamentari non fecero seguire purtroppo alcuna obiezione.
In pratica è evidente che non si può porre completa fiducia nell'operato degli inquirenti sia di allora che anche dei tempi successivi.
RispondiEliminaInoltre si sembra che le due abitazioni di Via Montalcini 8 e Via Laurentina 501 siano di caratteristiche molto simili: zona Sud di Roma, quartiere borghese, primo piano (in realtà piano terra rialzato), giardinetto, vicine ai due capolinea del bus urbano linea 293.
Grazie, come sempre, dell'intervento.
RispondiEliminaIn sostanza, a parte l'avallo dato dalla sentenza ordinanza di Priore del 1990 al mancato intervento immediato dell'Ucigos nell'estate - inizio autunno 1978 nei confronti della Braghetti e di quel covo, non è che appaia granchè giustificata questa inerzia per la presunta mancanza di sospetti nel corso di quelle indagini, in un'epoca in cui a Roma si sfondavano porte e si fermavano persone per molto meno. Se non avevano sospetti,tra l'altro, perché mai andarono a visitare l'alloggio dopo il trasloco della Braghetti fingendosi interessati all'acquisto?
Imposimato ha trascorso gli ultimi anni di vita scrivendo libri e tenendo conferenze sul caso Moro mediante le quali ha radicalmente cambiato la sua versione dei fatti. Quando era in servizio si è sempre dichiarato sostenitore della versione ufficiale. Negli ultimi tempi invece si era schierato all'opposto facendo ricerche e pubblicando argomentazioni meritevoli. Quello che mi chiedo è come sia stato possibile compiere gli errori macroscopici che fece quando aveva la responsabilità diretta delle indagini. Tardiva crisi di coscienza?
RispondiEliminaL'operato di Imposimato nel caso Moro non è da noi apprezzato né durante la fase istituzionale né in quella successiva. In medio stat virtus.
RispondiEliminaLe indagini sono state impostate nei primissimi giorni da Luciano Infelisi, il magistrato di turno quel giorno, con metodi investigativi tipici da ex-pretore d'assalto; poi l'indagine è stata avocata dalla Procura.
RispondiEliminaE' mia opinione che non solo non ci sia stato un coordinamento positivo delle forze in campo (Magistratura,Polizia,CC,Servizi), ma ci sia stato un efficace coordinamento negativo affinché le indagini si disperdessero in mille rivoli.
Un punto evidente è la ristrutturazione dei Servizi, attuata da Cossiga, nei mesi precedenti ai fatti.
Scusate per "l'off topic".
Sui difetti di coordinamento, mi viene in mente un contrasto durissimo tra guardia di finanza e polizia (mi pare proprio ucigos) su un avvistamento di persone sospette verso Fiumicino e fregene, con tanto di identikit di una ragazza bionda che la polizia definì poi insospettabile, invitando in sostanza la GDF a togliersi di mezzo. Precisiamo che qui non esistono buoni o cattivi, esistono purtroppo solo pessimi risultati complessivi, come dimostrano la morte di Moro e il fatto che la braghetti, a piede libero, fece anche in tempo ad uccidere Bachelet.
RispondiEliminaDalla pregevolissima ricostruzione del collettivo possono emergere due interpretazioni edei fatti: o la polizia, in particolare digos e ucigos, hanno sottovalutato le indicazioni e gli spunti che provenivano dai condomini e da eventuali altre segnalazioni, o meglio hanno fatto qualche accertamento ma non hanno indagato più a fondo, mantenendo una vigilanza anche durante e dopo il trasloco ma senza valutare forti i sospetti presenti; e poi, una volta che i sospetti sua via montalcini e sulla braghetti sono diventate certezze, ha cercato di giustificare la mancata conclusione positiva della vigilanza mettendo quella che dalle mie parti si chiama "la pezza a colori" (il rattoppo). Oppure la polizia aveva ben chiaro che si trattava di elementi appartenenti alle BR, e non ha fatto nulla per qualche insondabile motivo; poi ha messo la pezza a colori La questione sul caso Moro è sempre questa: incapacità o complicità? E non ci smuoviamo da questa palude, purtroppo.
RispondiEliminaGrazie dell'intervento. Aggiungiamo solo che, a parte il fatto che non ci risulta sia mai stato ascoltato di persona il capo dell'Ucigso DE Francisci (subentrato a Fariello appunto nel giugno 1978), uno dei punti forse più significativi, per quanto all'apparenza sfuggente (nel senso che è sfuggito, appunto) è il rimpallo di versioni sulla natura, orale oppure scritta, del passaggio di mano da Gaspari in poi, fino a Noce e De Francisci, del famoso "appunto", che di sicuro in origine era scritto. Alla fine della catena, tutti i terminali insistono che fosse "orale" (l'abbiamo apposta sottolienato nella terza parte, ma forse anche nella prima).
RispondiEliminaSparito l'appunto originario di Rognoni, è ovviamente impossibile stabilire con certezza cosa ci fosse scritto e dunque è impossibile definire il contenuto della segnalazione riferito da Gaspari al suo collega..e di lì a cascata.
Mi chiedo se sia stata presa in considerazione l'ipotesi che Moro non abbia messo piede in via Montalcini ma che sia stato scambiato con altre entità prima di arrivare in quella via, quando chi lo trasportava era rimasto da solo; se sia stata presa in considerazione l'ipotesi che al suo posto fosse presente in via Montalcini un sosia "professionista" capace di assumere aspetto e voce simili al presidente della dc.
RispondiEliminaNoi ci basiamo esclusivamente sui dati disponibili. Che Moro a Via Montalcini ci sia stato poco o nulla, ne siamo quasi del tutto convinti (manca la "pistola fumante" della scoperta effettiva, per quanto tardiva mai troppo, della probabile vera prigione). Ci è francamente impossibile invece sostenere l'eventualità del "sosia" che lei prospetta. Se poi ci fosse sfuggito qualcosa e viceversa lei avesse disponibilità di altre fonti oggettive da segnalarci, oltre ad esserle grati non mancheremo ovviamente di fare le dovute analisi sulla base di questi ad oggi ipotetici nuovi dati.
RispondiEliminaCondivido in pieno,io sempre stato dell' idea che il punto centrale della base era Palazzo Orsini..per vari riscontri che tutti ben sappiamo..la territorietà,la posizione,la comunicazione..e via dicendo...
RispondiEliminaTutto il resto lascia iltempo che trova,comp penso che il Presidente non fosse ristretto in un loculo ma ibero di muoversi,cme penso che il suo non era un interrogatorio ma bensi una conversazione ...con Igor??..o con qualcun altro..no certamente Moretti & company..come penso che la base "cervello" fosse a Firenze...come penso che la strage,opera di qualche cellula di Gladio,da qui il dovere di uccidere tutti e assicurarsi che nessuno parlasse.........
Caro anonimo, le prigioni ipotizzate sono diverse, non necessariamente incompatibili se divise per tempi diversi di prigionia.
RispondiEliminaForse le ipotesi sono perfino incomplete, qualcun'altra se ne potrà fare...
Sulla violenza dell'agguato, contro la scorta ,siamo d'accordo.
Vorremmo solo smentire una volta per tutte la storia dei presunti colpi di grazia, di sicuro nei confronti di Iozzino : forse non si sono lette bene le autopsie, quella ferita sul sopracciglio del povero agente è in sostanza di striscio, e di sicuro non ha giovato alla causa della chiarezza aver argomentato, ancora ai giorni nostri, da quella ferita, per affermare la tesi dei colpi di grazia.
Ho letto attentamente ma non mi è chiara una cosa: durante indagini svolte nell'estate-autunno 1978 si aspettavano di vedere la R4 abbandonata in via Caetani il 9 maggio 1978?
RispondiEliminaInfatti questa perfetta assurdità è quanto si evince dai vari rapporti di polizia: il non senso di aspettarsi di trovare un'auto, sequestrata ovviamente come copro di reato il 9 maggio, ancora nell'estate o nell'ottobre successivi!
RispondiEliminaQuei rapporti sono stati strutturati ad arte a partire dal 1982, perchè per quelli del 1978 (due anni prima dell'arresto della Braghetti e del pentimento di Savasta) la Renault rossa NON ERA IN ALCUN MODO "L'OGGETTO DELLA PRINCIPALE SEGNALAZIONE!"
Ennesimo esercizio di narcisismo autoreferenziale. Non tiene in conto in quanto non ne ha conoscenza della compartimentazione attiva regola numero uno . Non tiene conto per esercizio di narcisismo tutte le audizioni disponibili e in faldoni e su radio radicale e non tiene conto sempre per narcisista della tecnica non prendere uno per vedere dove porta
RispondiEliminaAnonimo, lei non tiene conto invece che di tutto ciò ho tenuto conto. Eccome. E poi, ancora con questo paravento della compartimentazione! Ma come, la sbiadita fotografia di Via Montalcini come prigione di Moro si deve a Morucci, che neppure c'è mai stato per sua ammissione! E ancora mi parla di compartimentazione?
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