ROMA-VIA FANI, 16 MARZO 1978:
IL COMSUBIN ERA IN ALLERTA AUTONOMA GIA’ IL 15 MARZO?
UN DOCUMENTO PASSATO INOSSERVATO
(a cura di SEDICidiMARZO)
documento contenuto nelle 72 pagine del fascicolo digitale n. 102_04 agli atti della Commissione Moro-2 (di seguito CM-2).
Questo
documento (per l’esattezza, l’intero fascicolo di 72 pagine) è stato a suo
tempo declassificato, e lo abbiamo ottenuto su specifica richiesta al sito
dell’Archivio della Camera dei Deputati al link:
(al quale,
per inciso, chiunque fosse interessato può richiedere del tutto gratuitamente e
con pochi passaggi i documenti declassificati inerenti i lavori della CM-2 non presenti nell'Archivio di Gero Grassi).
La vicenda della quale ci occupiamo prende le mosse da una nota e clamorosa esternazione del giugno 1991 dell’allora Presidente della Repubblica Cossiga- all’epoca del sequestro Moro, Ministro dell’Interno– che a La Spezia, in occasione della festa della Marina Militare, rivelò per la prima volta, dopo il silenzio da lui serbato anni prima davanti alla prima Commissione Parlamentare di inchiesta sul caso Moro (di seguito anche brevemente CM-1), l’avvenuta attivazione del corpo speciale degli incursori della Marina (Comsubin), di stanza appunto a La Spezia, nei primissimi giorni del sequestro, per un tentativo di liberare Aldo Moro.
Tra le tante cronache apparse in quei giorni sulla stampa, riproduciamo qui un articolo a firma di Gianni Cipriani apparso su “L’Unità” del giorno 11 giugno 1991, disponibile al link (consultato liberamente in rete da chi scrive alle ore 21.00 circa del 23 gennaio 2024)
https://archivio.unita.news/assets/derived/1991/06/11/issue_full.pdf:
Altri articoli di analogo contenuto
di quei giorni, sono liberamente disponibili nel doc. 14_008 sul sito dell’On. Gero
Grassi, già componente della CM-2, al link seguente:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD12/0014_008.pdf (che abbiamo consultato il 24 gennaio 2024
alle ore 19.00 circa).
Un comune denominatore di questi
articoli è la domanda, che gli autori, con varie formulazioni, si pongono, e
pongono, e cioè per quale motivo l’allora Presidente della Repubblica, del
tutto silente sul punto nella sua audizione in CM-1 anni prima, avesse deciso
improvvisamente proprio in quei giorni di rivelare questo episodio.
Tuttavia, non è questo pur fondato
dubbio l’oggetto specifico di questo scritto.
Maggiore adesione, se non altro per
circostanziare al meglio il punto, con la questione che ci ha colpito nel
documento richiesto alla camera dei Deputati, e che qui intendiamo discutere, rivestono
piuttosto le parole con le quali Cossiga rivelò per la prima volta, in
quell’occasione di inizio estate 1991, quel tentativo di liberare Moro con
l’intervento del Comsubin.
A questo scopo preliminare, è utile
riportare – tra i vari - l’estratto della colonna centrale dell’articolo
apparso su “Il Giorno” il 10 giugno 1991 (pag. 3 del citato doc. 14_008 dal
sito di Gero Grassi):
Sorvoliamo in questa sede anche
sulla vicenda- ormai parimenti notoria- dell’ufficiale medico- cui accennò
Cossiga - che si sarebbe offerto, durante l’azione, di fare da scudo a Moro, in
seguito indicato in Decimo Garau.
Restiamo invece sulle modalità di
quel progettato intervento del Comsubin, in merito alle quali aggiunse subito
qualche dettaglio l’ex Ammiraglio Torrisi facendo da controcanto a Cossiga,
come raccontò – ad esempio- un articolo del “Manifesto” del giorno 11 giugno
1991 (pag. 4, citato doc. 14_008 dal sito di Gero Grassi), nel quale l’autrice,
Daria Lucca, ricordando l’appartenenza alla loggia P2 di Torrisi, ed il suo
ruolo di ex membro di uno dei “comitati di crisi” istituiti da Cossiga durante
il sequestro di Aldo Moro, riportava in virgolettato le parole dell’alto
ufficiale, nell’estratto dell’articolo che qui riproduciamo (sempre dal sito di
Gero Grassi):
Il 16 marzo 2017 – per quanto
conferme sull’operazione fossero ormai variamente emerse negli anni precedenti,
anche nella pubblicistica, come ricorda l’articolo/intervista del quotidiano
“L’Avvenire” che tra poco indicheremo –
l’ex Ammiraglio Tombolini aggiunge la propria versione a quella che - era ormai
noto – era stata definita in gergo “Operazione Smeraldo”, programmata per il 21
marzo 1978:
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/eravamo-pronti-a-liberare-moro.
A seguito della sua intervista a
quel quotidiano, Tombolini venne audito dalla CM-2 l’11 aprile 2017:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD047123/20170411_sten131.pdf
L’introduzione della sua audizione
da parte del Presidente della CM-2, On. Fioroni, è quanto mai utile per un
riepilogo massimamente sintetico della vicenda, e specialmente per l’individuazione
dei luoghi, come era emerso negli anni precedenti grazie anche all’attività e
alla documentazione acquisita dalla “Commissione Stragi”, negli immediati
dintorni di Roma, nei quali il Comsubin il 21 marzo 1978 avrebbe dovuto
intervenire : ovvero sia una zona tra Forte Boccea e l’Aurelia;
dunque, non sul litorale romano,
Leggiamo un estratto delle parole
introduttive del Presidente Fioroni (le sottolineature sono nostre):
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
l’audizione dell’ammiraglio Oreste Tombolini, che ringraziamo per la sua
presenza oggi. L’audizione di oggi ha per oggetto una tematica non nuova alle
indagini sulla vicenda Moro, quella relativa alla presenza di un covo
brigatista sul litorale a nord di Roma e sulle iniziative attuate per liberare Moro.
Nello specifico, la vicenda ebbe un
momento di particolare notorietà nel giugno 1991, quando Francesco Cossiga,
allora Presidente della Repubblica, raccontò, in una cerimonia pubblica, i
preparativi di un’operazione per liberare Aldo Moro e, in particolare, la
vicenda di un ufficiale medico che si offrì volontario per soccorrere il prigioniero
ed eventualmente per fargli scudo con il proprio corpo.
Pochi giorni dopo le dichiarazioni
di Cossiga, in un’intervista al « Manifesto » (si veda sopra: nda), l’ammiraglio
Torrisi, capo dello Stato maggiore della Marina al tempo del sequestro Moro, ha
confermato nella sostanza l’attivazione del COMSUBIN, ma ha riferito l’azione
preventiva a un periodo diverso e all’area di Formello. La Commissione
stragi approfondì successivamente la questione nella relazione approvata il 22
aprile 1992, acquisendo la documentazione disponibile. La sostanza delle
informazioni acquisite è la seguente.
Sin dalla fine del 1997 (sic! Deve
leggersi 1977; nda) fu approntata un’unità di intervento speciale del
COMSUBIN (Comando subacquei e incursori) in funzione di contrasto al
terrorismo, con l’ausilio di contatti tecnici forniti da analoghi Corpi
tedeschi, inglesi e israeliani.
L’unità fu allertata sin dal 16
marzo 1978 e due giorni dopo accolse due ufficiali del SAS
(Special Air Service), corpo speciale britannico, in funzione di consiglieri
militari. Il 21 marzo l’unità fu allertata per un intervento in un
casolare nella zona Forte Boccea-Aurelia, ma l’allarme rientrò. ……
La vicenda presenta, peraltro, alcuni aspetti non chiariti. Ad esempio, non risultano tracce documentali di questa operazione presso il Ministero dell’interno, che avviò l’operazione, né presso i Servizi, ma solo presso il Ministero della difesa. ……
L’ammiraglio Tombolini ha
recentemente rievocato in un’intervista alla stampa questa vicenda (è
l’intervista a “L’Avvenire”, poc’anzi ricordata; nda)….
La conferma che l’ambito temporale e
spaziale di intervento progettato per il Comsubin fosse quello appena indicato,
si ricava espressamente dal documento fornitoci dalla Camera dei Deputati, ed a
suo tempo richiesto ed acquisito dalla Commissione Stragi (di seguito CS).
L’oggetto della richiesta che l’allora Presidente della CS, Libero Gualtieri, rivolse ai vertici delle Forze Armate e in particolare allo Stato Maggiore della Marina, di fornire ogni elemento in ordine - tra l’altro- ai tentativi di liberare Aldo Moro, e che fu originata dalle rivelazioni di Cossiga nel giugno precedente, si desume infatti chiaramente dalla trasmissione fattane agli Enti Militari interessati dal Capo di Gabinetto del Ministro della Difesa il 2 ottobre 1991, documento, quest’ultimo, che possiamo qui liberamente riprodurre in quanto presente a pag. 1 del citato doc. 14_008:
Ulteriori documenti richiesti dal
Capo di Gabinetto in ossequio alla richiesta di Libero Gualtieri rientrano poi
nel novero di quelli acclusi alla risposta degli Enti Militari e sono
collocati, appunto, nel fascicolo digitale doc. 102_04, concessoci dalla Camera
dei Deputati, e quindi non direttamente riproducibili come tali senza espressa
autorizzazione.
E’ tuttavia possibile, però, trascriverne
testualmente alcuni passaggi.
Il 5 ottobre 1991 il Comsubin,
evidentemente sollecitato dallo Stato Maggiore della Marina (destinatario della
richiesta del Capo di Gabinetto del Ministro), produce allo stesso “Maristat”
(sigla telegrafica dello Stato Maggiore Marina) una serie di documenti, e in
particolare, una sintesi dell’”attività svolta nel
campo antiterroristico da personale di comsubin durante la crisi Moro”, corredata
da vari allegati, dal cui insieme emerge
che:
-
Il 21 marzo 1978, alle ore 7.00, il Ministero
dell’Interno diramava l’ordine di tenere pronta l’unità Incursori della
Marina per immediata attivazione “operazione Smeraldo” con
schieramento a mezzo elicotteri;
-
Alle ore 7.30 e 7.39, rispettivamente il Comandante del
corpo Comsubin e il Comandante dell’Unità di intervento rispondevano che il
gruppo di intervento era già pronto “in sede per il trasferimento”;
-
“Alle ore 08,15 sempre del 21 marzo l'Ammiraglio
Comandante di Comsubin da Roma informava il Comandante dell'Unità di intervento
della situazione in atto, precisando che l'area di possibile ubicazione
dell'ostaggio era in zona Forte Boccea o Aurelia nelle vicinanze del Raccordo
Anulare. Confermava inoltre che l'Unità non doveva muovere per il
rischieramento, ma rimanere in stato di allertamento”;
-
“Alle ore 13.00 dello stesso giorno
21 l'allarme veniva abrogato (Topazio slent si abroga)“
Dunque, riepiloghiamo:
l’azione avrebbe dovuto scattare nella mattinata del 21 marzo; la
zona di intervento non era sul litorale romano ma tra Forte
Boccea e il raccordo Anulare di Roma; l’unità di intervento fu
comandata alle 8.15 esclusivamente di restare in stato di allerta ma senza
muovere; alle 13 tutto era finito, con la revoca dell’operazione.
Se abbiamo
letto bene le rivelazioni di Cossiga (e di Torrisi), è prima di tutto su
questi punti essenziali che qualcosa non torna nelle parole dell’ex Presidente
della Repubblica: ma nessuno se ne avvide e nessuno gliene ha mai chiesto
conto.
Cossiga
aveva infatti parlato di una “notte lontana” e di “sfortuna”
nell’operazione per informazioni inesatte, nonostante la generosità del gruppo
di intervento del Comsubin: ma il 21 marzo – è lampante- non vi fu
alcun intervento operativo del Comsubin, che fu comandato già alle 8.15 di
rimanere solo in stato di allerta.
Ed infatti
così è, o almeno sembra: stando sia ai documenti presenti sui volumi della
CM-1 (rapporto Carabinieri, appunti di Lettieri sulle riunioni del Comitato
Operativo al Viminale), che agli stessi “Diari” di Giulio Andreotti, il 21
marzo si svolse un’operazione interforze, ma senza il Comsubin, e non a
Forte Boccea, ma lungo il litorale romano, tra Sasso-Furbara-Cerenova;
evidentemente, neppure lo stesso Presidente del Consiglio era al corrente
della contestuale ed inutile attivazione del Comsubin.
Andiamo con
ordine, e dettagliamo in serie i documenti appena citati:
I)
Vol. 37, CM-1, pag. 810: rapporto dei Carabinieri -Compagnia
di Civitavecchia, dalle ore 7.00 alle ore 12.00 operazione nelle frazioni
Sasso e Furbara (Cerveteri) con intervento dell’8° battaglione
meccanizzato, paracadutisti, reparti della Questura di Roma, ed ausilio di
elicotteri al fine di riscontrare l’attendibilità di notizie da “fonte
confidenziale”;
II)
Vol. 27, CM-1, pag. 315, appunti dell’On. Lettieri consegnati
in audizione alla CM-1 sulle “Riunioni del gruppo politico
tecnico-operativo istituito presso il Gabinetto del Ministero dell’Interno”:
riunione del 21 marzo, ore 17.30: il Colonnello Coppola riferisce
delle operazioni di rastrellamento iniziate attorno alle ore 9 verso il Km. 47
dell’Aurelia (dunque litorale romano nord) e zone adiacenti, tutte con
esito negativo;
III)
“Diari” di
Giulio Andreotti, “I Diari degli anni di piombo”, a cura di Serena e Stefano
Andreotti (figli dello Statista), ed. Solferino, 2021, pag. 595, giornata del
21 marzo: “…Falso allarme a Furbara. Cossiga mi dice che ci sono
andati vicino (??!!)”
Perché
dunque Cossiga, nel 1991, tirò improvvisamente fuori dal cilindro l’”operazione
Smeraldo”, di fatto rimasta un semplice allerta senza
alcuna operatività del Comsubin?
Qual è il
rapporto di questa abortita operazione con quella effettiva, per quanto
infruttuosa, sul litorale romano al Km 47 della via Aurelia?
Perché
nessuno ha mai chiesto a Cossiga alcun conto di questa rivelazione su
un’operazione in realtà – a quanto sembra stando ai documenti - nata morta?
Perché egli
la ordinò, nel 1978?
Perché ne
custodì il segreto, perfino – a quanto pare - nei confronti del Presidente del
Consiglio?
Limitandoci
alla seconda delle domande poc’anzi proposte, in ossequio, se non altro, ad un
“dovere etico” di estendere il campo delle ipotesi a tutte quelle astrattamente
possibili, ad iniziare da quelle più idonee a stabilire con immediatezza un
nesso atto a ricomporre ad unità elementi apparentemente dissonanti, si
potrebbe ipotizzare che l’”operazione Smeraldo” (Comsubin) e l’operazione effettivamente
svolta il 21 marzo al Km. 47 dell’Aurelia, fossero in realtà un’unica
operazione, nell’ambito della quale il Comsubin fu attivato e “tenuto in caldo”
nell’eventualità che i corpi operanti sul luogo (carabinieri, 8° battaglione
meccanizzato, personale della questura di Roma, ecc.) avessero stabilito un
contatto con i sequestratori e intavolato con questi ultimi, come prevedibile
in casi del genere, una trattativa per la liberazione dell’ostaggio senza
spargimento di sangue, salvo consentire, nel tempo necessario e probabilmente
volutamente dilatorio, che la squadra del Comsubin giungesse con gli elicotteri
dalla base di Luni e potesse dispiegarsi a terra per l’azione.
Tuttavia
questa ipotesi si scontra frontalmente con almeno tre argomenti:
a)
sul piano logico, non si capisce perché se
l’operazione congegnata fu unitaria, Cossiga tenne il riserbo proprio sull’attivazione
del Comsubin (rispetto agli altri Corpi coinvolti) per ben 13 anni;
b)
sotto il
profilo del riscontro con i dati documentali disponibili, come si è detto, è
del tutto diversa la topografia della zona di intervento nelle due operazioni:
la zona tra “Forte Boccea e il Grande Raccordo Anulare” di Roma, infatti, è
comunque distante alcune decine di chilometri dall’area compresa tra
Fregene-Cerveteri-Furbara, che fu invece interessata dall’azione in concreto
tenutasi;
c)
infine, sempre dal riscontro con i documenti
disponibili, come abbiamo sintetizzato poc’anzi, costituisce dato pacificamente
assodato, per la stessa provenienza dal Comsubin, che la squadra di questo
Corpo che era stata attivata fu comandata semplicemente di restare in allerta
senza muoversi, e che l’operazione “Smeraldo” fu revocata dallo stesso
Ministero dell’Interno alle ore 13.00 del 21 marzo (“Topazio slent si
abroga”).
Resta il
fatto che come rilevò già la stessa “Commissione Stragi” nella propria “Relazione
sull'inchiesta condotta sugli ultimi sviluppi del caso Moro approvata dalla
Commissione nella seduta del 14-15 aprile 1992” il Ministero dell’Interno, benchè artefice,
per opera dell’ex titolare del dicastero Francesco Cossiga, di quell’operazione
abortita, aveva risposto alle richieste della Commissione, “ in
data 23 gennaio 1992 comunicando che agli atti «non risulta documentazione
relativa al contenuto delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica
concernente il periodo di prigionia dell'onorevole Moro e i tentativi di
liberarlo da parte delle Forze dell'ordine». Nella stessa risposta si fa
presente che «non sono emersi elementi di riscontro» neppure agli atti
del Sisde.”
(Cfr. Relazione citata, pag.30, disponibile al link:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD170131/env1/309-N.%2049.pdf
consultato il 27 gennaio 2024).
L’auspicio è
che con queste righe si sia riusciti a mettere un po' d’ordine su queste
operazioni del 21 marzo, essendosi generata nel corso dei decenni una grande
confusione sotto il cielo anche per effetto della formazione dispersiva di una
vera e propria costellazione di materiale disordinato sull’argomento, se è vero
che anche un osservatore attento ed esperto come il Sen. Flamigni, rispondendo
ancora in anni recenti ai quesiti postigli come consulente dalla CM-2 sul
punto, confondeva l’operazione al Km, 47 della Via Aurelia - operazione, come
si è visto, effettivamente tenutasi, ma non coincidente affatto con l’attivazione
del Comsubin – con la famigerata “operazione
Smeraldo” coinvolgente invece, questa si, il Comsubin, ma rimasta allo
stato embrionale di allerta sul luogo sede dell’unità di intervento.
Rispose,
infatti, Flamigni alla CM-2 (https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD12/0013_001.pdf):
“Pochi
giorni dopo, (la virgola è assente nel testo originale, ed stata
apposta da chi scrive, per rendere correttamente il concetto espresso dall’ex
parlamentare: egli infatti intende chiaramente riferirsi a pochi giorni dopo
il sequestro, e cioè) il 21 marzo si svolse l'operazione
"Smeraldo" per liberare Moro dalla prigione che si riteneva di avere
individuata all'altezza del km 47 dell'Aurelia, operazione tenuta
nascosta da Cossiga alla Commissione perché coinvolgeva reparti legati a
Gladio. L’informazione sulla prigione di Moro nei pressi del Km. 47
dell’Aurelia era stata fornita dal capo del Sismi generale Santovito e non
approdò a nessun risultato, come tante altre da lui fornite.”.
Annotiamo
solo, riferendoci sempre alle parole di Flamigni, che la ventilata affiliazione
di alcune squadre del Comsubin alla “Gladio” – questione qui non di nostro
specifico esame, e sulla quale ci riserviamo successivi approfondimenti –
potrebbe in effetti essere alla base del riserbo mantenuto da Cossiga sulla “operazione
Smeraldo” fino al 1991, data alla quale – anche a seguito del secondo
ritrovamento degli scritti di Moro durante il sequestro nell’ex covo di
viaMontenevoso a Milano, avvenuto nell’ottobre dell’anno precedente – l’ex
Presidente del Consiglio Andreotti, pochi mesi prima della rivelazione di
Cossiga, e precisamente nel novembre 1990, aveva ormai clamorosamente reso
pubblica l’esistenza di quella organizzazione clandestina della Nato nel nostro
Paese.
Concludendo su questo punto preliminare, ci permettiamo una notazione da cittadini, prima ancora che da ricercatori, e ci chiediamo per quale ragione la CM-2 abbia apposto originariamente il “segreto” sui documenti di cui stiamo trattando, visto che a quanto pare almeno il documento centrale recante le comunicazioni tra i comandi Comsubin che indicava l’area di intervento in quella mattina del 21 marzo, era già emerso nelle indagini del Giudice Casson su Gladio e addirittura pubblicato da “L’Europeo”, già nel 1993 (sic!), stando a questo articolo che abbiamo reperito in libera consultazione in rete il 25 gennaio 2024:
https://www.misteriditalia.it/casomoro/inchieste/MORO(ilcovosullAurelia).pdf,
come si
legge in questo stralcio, che riproduce esattamente l’allegato “A4” alla sopra
citata risposta del Comsubin del 5 ottobre 1991 a “Maristat”, ma che noi non
possiamo riprodurre per immagine stante la non molto comprensibile necessità di
autorizzazione da parte della Camera dei Deputati;
siamo pur
sempre, insomma, il Paese in cui Pulcinella fa finta di non conoscere ciò che
egli stesso pure ben conosce da decenni; ma tant’è:
“Al 50%
l'ostaggio è in un casolare abbandonato zona Forte Boccea e Aurelia, vicino
raccordo anulare. Alle 9.00 Carabinieri Legione Roma circonderanno zona.
Condurranno loro operazione. Responsabile maggiore Calcagnile. Se Br ci sono in
zona e spareranno, Carabinieri risponderanno fuoco.”
Peraltro,
stando allo stesso articolo, risulta che anche l’ufficiale dei carabinieri
menzionato in questa comunicazione, tra le varie di quel 21 marzo giunte al
Comsubin, cioè il maggiore Calcagnile, di fatto confermò unicamente
l’effettuazione dell’operazione nella zona di Furbara, avendo successivamente
dichiarato, interrogato dal giudice Ionta, “(Calcagnile)… si è limitato a dire che
«una mattina, con altri addetti del gruppo, ci recammo con un piccolo pulmino a
perlustrare la zona di Furbara, ma senza esito alcuno»”.
Fine della
storia:
-
l’attivazione del Comsubin il 21 marzo, la così detta
“operazione Smeraldo”, fu una cosa, rimasta lettera morta, ed abortita con la
parola in codice “Topazio”;
-
l’operazione effettivamente svolta nella zona di
Furbara, Km. 47 circa della Via Aurelia, per quanto infruttuosa, fu un’altra.
Quanto al
Km. 47 circa della Via Aurelia a nord di Roma, rinviamo con il link di cui
appresso a questo nostro articolo di qualche anno fa, sempre attuale (finchè
chiarezza non verrà fatta), con il proposito di tornare a parlare noi stessi di
tutto quanto abbiamo sin qui trattato (incluso l’oggetto del nostro stesso
risalente articolo):
*************************************
Possiamo
così giungere al documento che abbiamo scoperto all’interno delle pagine del
faldone n. 102_004 concessoci dalla Camera dei deputati e che ha destato la
nostra sorpresa.
Una premessa
è d’obbligo: come si evince dal timbro iniziale a pag. 1 delle 72 pagine
complessive di cui esso si compone, questo documento non solo era ovviamente
nella disponibilità della Commissione Stragi che ne aveva fatto richiesta- lo
abbiamo visto- già dall’ottobre 1991, ma è anche pervenuto alla CM-2 già nel
2015.
Eppure,
nell’audizione dell’ex ammiraglio Tombolini del 2017 in CM-2, come del resto
nel seguito dell’attività dei primi anni ‘90 della stessa CS, né nella
pubblicistica in materia, non vi è traccia del benché minimo rilievo né
approfondimento su quanto stiamo per evidenziare.
Ad esempio,
già nella cennata relazione del 1992 della CS, si legge infatti (pag. 30): “Il
Ministro della difesa al quale venne rivolta con lettera 26 settembre 1991
identica richiesta ha risposto con nota del 21 dicembre 1991 allegando un
appunto che contiene importanti informazioni. Risulta infatti che in
periodo antecedente il sequestro Moro era stata creata - d'intesa tra il
Ministro dell'interno e quello della difesa – una unità di intervento speciale
degli incursori della Marina-Consubin per contrastare azioni terroristiche ad
alto livello di rischio.
L'unità di
intervento (del Comsubin: nda) venne allertata fin dal
giorno del sequestro il 16 marzo 1978, giovandosi anche della
consulenza di due ufficiali del Sas {Special Air Service) che fornì anche
materiale specifico quale granate a gas, flash-bang, apparati radio speciali ed
altro.”
La relazione
della CS, sul punto, riprendeva di fatto - forse rimanendone fuorviata, sul
punto da noi sottolineato – la nota di accompagnamento alla risposta e inerenti
allegati da parte del Ministero della Difesa, prima citata e sulla quale
torneremo.
Ad ideale
completamento di questo pluridecennale percorso di carente analisi documentale,
sono giunte le relazioni annuali della CM-2 che, sulle operazioni del 21 marzo,
nonostante le audizioni dell’ex. Senatore Flamigni (e gli appunti da lui
forniti in risposta ai quesiti rivoltigli dallo stesso Organismo Parlamentare)
e dell’ex ammiraglio Tombolini, non spendono parole, fatta eccezione per quella
dell’anno 2017 che, alle pagine 76 e segg. si limita tuttavia a riepilogare
brevemente alcuni passaggi della inconcludente audizione del Tombolini stesso:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/B171/171-153INTERO_compressed.pdf
Nel mezzo, una
poderosa pubblicistica sul “caso Moro”, nella quale, se pure è ovviamente
evidenziata la giornata del 21 marzo (con la confusione di cui sopra tra le due
“operazioni”), non è data riscontrare la minima attenzione su quanto stiamo per
dire.
Infatti, il
punto è che la documentazione contenuta nel fascicolo della CM-2 n. 102-04
fornitoci dalla Camera dei Deputati era stato acquisito, come abbiamo detto,
già dalla CS sin dalla fine del 1991, ed è stato quindi a disposizione di inquirenti,
ricercatori, Commissari Parlamentari, ecc., per decenni, e, già dal 2015, anche
della CM-2.
Tra questi
documenti, ce n’è uno in particolare, di fatto il primo della serie, e il più
chiaramente intelligibile trattandosi di un riepilogo dell’attività del
Comsubin preparato ad hoc nel 1991 per il Gabinetto del Ministero della Difesa
e, per suo tramite, in definitiva per la CS, che a nostro avviso avrebbe dovuto
far sobbalzare sulla sedia più di un commissario parlamentare, più di un
inquirente, più di uno storico, saggista o giornalista di inchiesta.
Quanto meno,
per meritevoli e dovuti approfondimenti.
Procedendo
con ordine, come abbiamo accennato il 5 ottobre 1991 il Comsubin rispondeva a
“Maristat” con una nota di accompagnamento della trasmissione di vario
materiale, indicando in particolare:
“In aderenza
a quanto richiesto per le vie brevi, si trasmette:
-In allegato
1, una sintesi dell’attività in argomento, elaborata sulla
base della scarsa documentazione esistente e della memoria di alcuni degli
Ufficiali presenti all’epoca;…”
La “Premessa”
riferisce che:
“Alla fine
del 1977 Comsubin ha avuto incarico di costituire un gruppo di operatori pronto
per eseguire operazioni antiterroristiche ad elevato rischio.
Conseguentemente
un ufficiale incursore è stato inviato presso il GSG9 (Germania), il SAS (Gran
Bretagna) e i gruppi speciali israeliani allo scopo di acquisire informazioni
relative all’organizzazione, uomini, materiali, tecniche addestrative/operative
impiegati nel particolare settore.
Nel
frattempo a Comsubin sono stati assegnati fondi dal Ministero dell’Interno per
l’acquisto dei materiali con i quali dotare il particolare gruppo in
costituzione.”
Fin qui, si
può dire, nulla di strano (a parte forse l’assegnazione di fondi da parte del
Ministero dell’Interno, data la chiara
dipendenza del Corpo dalla Marina Militare).
La sintesi
continua al punto 2) con la “cronologia delle attività svolte durante la
crisi Moro” (pag. 15 e segg. del fascicolo in esame).
Di questa
cronologia ne abbiamo illustrato poc’anzi uno dei punti cruciali, e cioè la descrizione
dell’operazione “Smeraldo” (e della sua abrogazione), correttamente annotata
alla data del 21 marzo.
Tralasciando
le due annotazioni immediatamente antecedenti quella del 21 marzo - una
specifica del 18 marzo, l’altra riferentesi ad un’ampia finestra temporale
compresa tra il 18 ed il 30 marzo (nelle quali si dava conto dell’arrivo di
ufficiali del SAS britannico e della costituzione di un team apposito) - risalendo a ritroso si riscontra,
al 16 marzo l’annotazione:
“il gruppo
viene allertato tramite i canali ufficiali”.
Ed è, quella
del 16 marzo, la seconda annotazione del riepilogo cronologico in
esame.
Già, perché la
prima annotazione è del 15 marzo, e recita:
“il gruppo precettato
per le operazioni antiterroristiche si pone
in stato di allerta autonomamente”.
Se stiamo,
dunque, al testo letterale di questo riepilogo fornito dal Comsubin stesso,
il gruppo si era messo autonomamente (cioè senza ordine della
catena gerarchica) in stato di allerta il giorno prima del
sequestro Moro.
L’annotazione
del 15 marzo reca peraltro, tra le parentesi, la precisazione,
macroscopicamente errata “(rapimento di Moro)”, alla quale fa da pendant l’altrettanto errata annotazione finale: “8
maggio 1978- rinvenimento del cadavere di Moro”.
Al di là di
una maliziosa interpretazione di siffatti errori tanto palesi, che potrebbero
indurre ad ipotizzare una loro volontaria apposizione al fine di depotenziare
la portata dell’informazione contenuta sotto la data del 15 marzo, se vale il
noto principio del “rasoio di Occam” l’ipotesi più semplice è quella di una
umanamente possibile, per quanto pedante, ignoranza del redattore in merito
alla corretta cronologia di quegli eventi, a dispetto della loro rilevanza nella
storia della Repubblica.
Non si
riscontra, cioè, alcun valido motivo per “gettare il bambino con l’acqua
sporca”, in altre parole per concludere che questi due errori siano tali da
inficiare la sostanziale correttezza della cronologia dell’attività del gruppo
Comsubin riportata nel documento: crediamo che ognuno convenga sul fatto che la
scoperta dell’America resterebbe “quella” anche se da qualche parte si trovasse
riportata come data il 13 ottobre 1492, anziché il 12.
Sta di fatto
che di queste due fasi, auto posizionamento in stato d’allerta il 15, e messa
in stato d’allerta il 16 “tramite i canali ufficiali”, non risulta
fornito alcun riscontro documentale dei rispettivi ordini, che da qualcuno
dovranno pur essere stati impartiti.
Facciamo un
passo indietro, ricordando per un momento che la nota di accompagnamento di
questo riepilogo (e relativi allegati) da Comsubin a Maristat recitava
preliminarmente che la sintesi dell’attività del gruppo nei giorni del
sequestro Moro era stata redatta “sulla base della scarsa
documentazione esistente e della memoria di alcuni degli Ufficiali presenti
all’epoca;…”.
Inoltre, la
risposta (pag. 26 del fascicolo CM-2 n.102-04 in esame) dello Stato
Maggiore della Marina a “Difegabinetto” (cioè al Gabinetto della Difesa,
che come abbiamo visto si era attivato su richiesta della CS presso gli Enti
Militari competenti), di cui vi è traccia sostanziale nel passaggio della
relazione del CS del 1992 sopra sottolineato, e che potrebbe avere avuto
probabilmente – come pare aver avuto fino ad oggi - un effetto oggettivamente
fuorviante da una più attenta disamina dei documenti allegati inviati, recitava
appunto, al paragrafo 2, che l’unità Comsubin costituita con finalità di
antiterrorismo nel 1977, “si era attivata, in occasione del sequestro
Moro, a partire dal giorno 16.03.1978”.
Ma nel corpo
dell’effettivo riepilogo in esame, la distinzione degli eventi e delle
date, e quindi dei concetti espressi, è netta, ed è nettamente individuata
dall’uso di predicati ben precisi e per così dire opposti:
-
15 marzo, il gruppo “si pone
in stato di allerta autonomamente” ;
-
16 marzo, il gruppo “viene
allertato tramite i canali ufficiali”.
Quindi, a
quanto pare, se oltretutto l’operazione del 21 marzo è correttamente annotata e
adeguatamente dettagliata, la documentazione non dovette essere poi così “scarsa”,
né dovette essere particolarmente debole la “memoria degli ufficiali
presenti all’epoca”.
Le nostre
possibilità, purtroppo, si esauriscono arrivati a questo punto.
Restano,
inevase, tante domande, facilmente intuibili, e lasciamo ai lettori di porsi
ciascuno le proprie; tuttavia una, la più facile, abbiamo il dovere di
suggerirla:
se – e sottolineiamo
se - realmente il Comsubin si pose autonomamente in stato di allerta
già il 15 marzo, perché lo fece? In base a quali avvisaglie o informazioni?
Non possiamo
che rimetterci alle Autorità competenti e, per la Storia, ai ricercatori
professionisti, per ogni eventuale ed ulteriore approfondimento su quanto
abbiamo evidenziato, crediamo per la prima volta in quasi 46 anni da quei
tragici eventi.
In merito,
l’idea che ci balena nella mente è che forse ogni ulteriore ricerca dovrebbe
partire proprio dagli archivi del Comsubin a La Spezia, se esistono, prima
ancora che - pur senza ovviamente
escluderle- da rinnovate indagini presso quelli del Ministero dell’Interno o di
quello della Difesa.
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Appendice 1:
Da una segnalazione di Simona Zecchi apprendiamo che all'interno di un suo articolo dell'agosto 2020 aveva già citato il documento relativo al Comsubin-
Ne prendiamo atto volentieri e ne pubblichiamo di seguito gli screenshot gentilmente da lei fornitici (vedi i riquadri in rosso nella seconda pagina).
Riceviamo, in una pagina di un gruppo FB su cui quest'articolo era stato pubblicato, una precisazione di Simona Zecchi : " Ciao , ho pubblicato/citato quel documento per la prima volta nel 2020 sul Fatto nel pezzo dedicato alle dichiarazioni del collaboratore Barreca ". Ne prendiamo volentieri atto e pubblichiamo lo screenshot dell'articolo della Zecchi in appendice al nostro. Nel riconoscere giustamente la primogenitura nella "scoperta" di questo documento, evidenziamo però il differente approccio nei confronti dello stesso.
RispondiEliminaMi accodo, quale coautore dell'articolo in esame, all'ottimo commento del nostro coordinatore Franco Martines, per evidenziare ulteriormente che, ferma la presa d'atto della primogenitura della segnalazione da parte di Simona Zecchi, peraltro, a differenza di noi, ricercatrice professionista, del documento oggetto di questo articolo (declassificato solo in anni recentissimi) , la prospettiva della valida giornalista è completamente diversa e non reca la analitica disamina della struttura del documento, in particolare dell'articolazione tra le date del 15 e del 16 marzo, da noi evidenziate, e che sole, se congiuntamente analizzate, disvelano la probabile messa autonoma in stato di allerta dell'unità speciale del Comsubin già il giorno antecedente il sequestro Moro. Del tutto a prescindere, peraltro, dalle personali vicende dell'ex agente di scorta Gentiluomo, in merito alla cui "salvezza" l'attivazione anticipata del Comsubin non presenta, al momento, alcun specifico nesso oggettivo.
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