martedì 28 maggio 2019

TUTTO SU (VIA) GRADOLI - parte 2

L'ALLAGAMENTO


(a cura di: Franco Martines)


Il 18 aprile, una giornata tiepida e soleggiata, sarà un giorno in cui avvengono,
più o meno in contemporanea, due fatti eclatanti che alcuni studiosi  ritengono  anche connessi.
Vedi ad es. Gotor nel suo recente "Io ci sarò ancora" a pag. 169 edizione digitale [... Perché quella catena che unisce il sequestro di persona alla sua dimensione spionistico-informativa, proprio come la poesia di Eugenio Montale, ha «un anello che non tiene. Il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità». L’anello è via Gradoli, il filo è il falso comunicato del lago della Duchessa di pochi minuti successivo...]

Tanto per contestualizzare, solo tre giorni prima era stato fatto ritrovare, con le solite modalità, il comunicato n. 6 riportante la condanna a morte di Moro. [vedi nota  (1) ]


Questo comunicato, pur nella sua contraddittorietà ( Moro non ha detto nulla che non sapessimo... e poi invece poco dopo dopo...Moro ha indicato i nomi dei responsabili delle pagine più sanguinose...) preannunciava un netto cambio di rotta sulle modalità di comunicazione al popolo (utilizzo della stampa clandestina).  Qui di seguito alcuni stralci del n. 6  (Qui se vuoi il testo completo di tutti i comunicati) [vedi nota (2 ) ]

L'interrogatorio al prigioniero Aldo Moro e' terminato. Rivedere trenta anni di regime democristiano (...) non ha fatto altro che confermare delle verità e delle certezze che non da oggi sono nella coscienza di tutti i proletari. Non ci sono segreti che riguardano la DC, il suo ruolo di cane da guardia della borghesia, il suo compito di pilastro dello Stato delle Multinazionali, che siano sconosciuti al proletariato. (...)
Quali misteri ci possono essere del regime DC da De Gasperi a Moro che i proletari non abbiano già conosciuto e pagato con il loro sangue? (...) Non ci sono quindi "clamorose rivelazioni" da fare, ma nostro compito e quello di tutti i rivoluzionari è di organizzare il proletariato, di costruire la forza che eseguirà in modo definitivo la condanna della borghesia e dei suoi servi.
 Certo, l’interrogatorio ad Aldo Moro ha rivelato le turpi complicità del regime, ha additato con fatti e nomi i veri e nascosti responsabili delle pagine più sanguinose della storia degli ultimi anni, ha messo a nudo gli intrighi di potere(...) 
Comunque, come abbiamo già detto, tutto sarà reso noto al popolo, e a questo punto facciamo una scelta. (...)
Le informazioni in nostro possesso quindi, verranno diffuse attraverso la stampa e i mezzi di divulgazione clandestini delle Organizzazioni Combattenti, e soprattutto verranno utilizzate per proseguire con altre battaglie il processo al regime ed allo Stato.                                                                                                 
Per quel che ci riguarda il processo ad Aldo Moro finisce qui. (...)
ALDO MORO E' COLPEVOLE E VIENE PERTANTO CONDANNATO A MORTE. (...)                                                                                                      


Dicevamo due fatti eclatanti e - più o meno - in contemporanea. Che sono quelli accennati nel brano estratto dal libro di Gotor citato all'inizio.

Il primo che, almeno tecnicamente, non riguarda via Gradoli, è quello del falso comunicato n. 7, quello del lago della Duchessa.  Nel sito sopra linkato e dove è riportato anche il testo  di questo comunicato falso, in premessa si dice giustamente:

Poco prima delle 9,30 del 18 aprile, una telefonata al Messaggero annuncia che in piazza Belli a Roma ci sono due messaggi delle Br. Il messaggio in realtà è uno solo, contenuto in una busta arancione e, contrariamente al solito, è una fotocopia di un comunicato numero 7, che annuncia l'avvenuta esecuzione di Moro, il cui corpo si troverebbe nel lago della Duchessa. Il messaggio si presenta subito con altre caratteristiche completamente diverse dai precedenti: è molto breve, è scritto con uno stile satirico, nonostante la brevità contiene diversi errori di ortografia che non c'erano nei lunghi comunicati precedenti, non ci sono gli slogan conclusivi, il foglio è più corto del solito, nel testo al posto del numero 1 viene usata la lettera "l" minuscola. Inoltre l'intestazione "Brigate rosse" e' scritta a mano.
Nonostante ciò (e qui sta l’assurdo) la relazione degli esperti garantisce l’autenticità del comunicato che di autentico invece ha solo il significato provocatorio, quasi il voler sondare la reazione dell’opinione pubblica alla morte di Moro.

Dunque, come abbiamo visto, la scena ritorna a Roma e il "beneficiario" torna ad essere il Messaggero! Vediamo il verbale relativo alle modalità di  rinvenimento.



Più o meno negli stessi minuti in cui veniva redatto questo verbale venivano inviate comunicazioni alla Sala Operativa della Questura e solo più tardi giungeva notizia alla analoga struttura dei Carabinieri.
In queste comunicazioni alla Questura si riferiva la richiesta di ausilio della Polizia da parte dei Vigili del Fuoco a seguito di un intervento da loro fatto in via Gradoli 94 (sic).

Nel cartellino relativo alla richiesta giunta sulla linea del 113 e all'ordine di servizio al 2do Distretto  Flaminio di inviare un'autopattuglia  leggiamo l'orario delle 10:08:


mentre nel brogliaccio si legge l'orario delle 10:15 che  è quello della effettiva comunicazione inviata, in realtà, non a una ma a due pattuglie: B4 e V5 (Beta 4 e Volante 5).


Più dettagliate le informazioni del brogliaccio della Centrale Operativa dei Carabinieri cui però la prima informazione sembra giungere in notevole  ritardo (10:40) e da fonte anonima. Però qui ora il civico è quello giusto.



Cosa era successo è noto ma facciamocelo raccontare dalle carte dettate dai protagonisti.  La signora Nunzia Damiano che viveva insieme al marito (Vittorio Conti di cui  riparleremo più avanti) nell'interno 7 e cioè nell'appartamento immediatamente sottostante l'interno 11 (la base BR) intorno alle 8 si accorge di una consistente infiltrazione d'acqua dal soffitto. Spiegherà bene le circostanze quando sarà ascoltata dai magistrati il successivo 13 novembre, essendosi intanto trasferita, a luglio, in via Due Ponti.


Notiamo qui una piccola discrepanza: la signora si accorge dell'infiltrazione in un orario in cui di solito era già uscita, come dice dopo. Per non dire poi che dal verbale dei pompieri la chiamata risulta essere avvenuta alle 9:47 (circa un'ora dopo il presunto loro intervento - 8:45 -  a detta della Damiano!)
Comunque sia, la signora si rivolge all'amministratore Domenico Catracchia che casualmente è già da quelle parti insieme all'idraulico per valutare l'esecuzione di un lavoro condominiale.
In realtà Catracchia non erà più da qualche tempo l'amministratore condominiale, limitandosi ormai solo a riscuotere le quote del riscaldamento (il nuovo amministratore si chiamava Piedipalumbo) e tuttavia quel giorno, probabilmente in forza della sua pregressa conoscenza dello stabile, si era sostituito all'amministratore ufficiale per questo sopralluogo con l'idraulico.  Ma sentiamo  lui, Catracchia.

In precedenza, a caldo, la Damiano aveva dichiarato: (vedi verbale manoscritto, comunque leggibile, delle ore12:00  dello stesso 18 aprile e che sta  in CM1 Vol. 111 pag. 31)


....aggiungendo poi che tale persona, incontrata sempre e solo all'esterno e che vedeva allontanarsi con una Ford di grossa cilindrata, aveva un modo di camminare che le aveva fatto pensare potesse essere "l'uomo anziano" dell'appartamento di sopra.
In definitiva lei udiva rumori di passi intorno alle 7 del mattino e poi dopo le 20:00. Orari che però corrispondevano anche a quelli della sua presenza in casa, come da lei stessa dichiarato.
In sostanza se anche vi fosse stato qualcuno in orari diversi lei non avrebbe potuto accorgersene.
In ogni caso all'ANSA (che ne tace prudenzialmente il nome) dichiarerà, più o meno in contemporanea al verbale di cui sopra, di aver udito quella mattina dei passi insolitamente svelti e frettolosi intorno alle 7:30 e poi silenzio. E poi l'acqua.















Ma vediamo ora cosa dichiara a caldo un altro attore, l'idraulico ginevrino.



Nel confermare nel complesso la dinamica dei fatti come già descritti, in realtà dice due cose notevolmente difformi dagli altri.

1) Dichiara di essere stato in zona autonomamente e non per un appuntamento per fare un sopralluogo col Catracchia stesso.

2) Dichiara di aver incontrato l' amministratore Catracchia alle 9:30! Se si tiene conto che la chiamata ai VV.FF. è delle 9:47 (lo vedremo nei documenti dopo) appare inverosimile che l'incontro con la Damiano e l'amministratore e tutto l'andirivieni  prima descritto sia avvenuto nell'arco di poco più di un quarto d'ora.
D'altro canto se il tutto inizia, come dicono la Damiano e Catracchia alle 8:10 appare eccessivo il tempo di più di un'ora e mezzo per decidersi a chiamare i Vigili del Fuoco.  La verità sarà nel mezzo o queste discrepanze devono avere spiegazioni diverse?

Ad ogni buon conto ora è il turno dei Vigili del Fuoco di recitare la parte dei protagonisti e in particolare del Capo Squadra Giuseppe Leonardi.

Qui di seguito un modulo riempito a mo' di primo rapportino che negli atti della CM1 è scomposto in due parti  (quindi la parte finale del primo pezzo è ripetuta in quella iniziale del secondo).



Non sappiamo se fosse di prassi o se dovuta all'eccezionalità del caso nella stessa giornata il Leonardi , spontaneamente o richiestone, stende una breve relazione a parte e, libero dai binari del modulo prestampato, meno schematica. (Sempre CM1 Vol. 30 a pag. 979)


Qui apprendiamo dunque che il telefono della doccia , rimasta aperta, era rivolto contro il muro ed in tal modo l'acqua aveva modo di infiltrarsi dietro la vasca da bagno. Non viene precisato soltanto  come il telefono della doccia fosse disposto per rivolgere il getto contro il muro. La spiegazione dettagliata Leonardi la fornirà, come vedremo, in dibattimento.

Apprendiamo da questo verbale anche da chi era composta la squadra e chi tra i VV. FF.  ebbe accesso all'appartamento oltre, ovviamente, lo stesso Leonardi.
E' quindi destituita di ogni fondamento - a meno che non si voglia dire che questo verbale è falso -  la "testimonianza" di un sedicente testimone oculare dei Vigili del Fuoco (il cui cognome non rientra tra i tre di sopra) che in una  trasmissione televisiva dell'anno scorso sostenne di essere entrato insieme a Leonardi e descrisse una situazione diversa da quella qui sopra delineata.

Il giorno successivo Giuseppe Leonardi verrà sentito dalla Digos. In questo verbale, per la parte che qui riguarda (modalità dell'allagamento) non aggiunge nulla di nuovo salvo spiegare che lui avvisò la Polizia per il tramite del suo Comando. Ci torneremo invece  per il capitolo sulle prime indagini.

Per quanto riguarda la posizione precisa del telefono della doccia e il fatto di averlo riagganciato, in contemporanea alla chiusura del rubinetto, ne racconta sotto giuramento nella seduta del  22 novembre 1982 del Moro-bis.

Di seguito alcuni stralci relativi alle  parti che qui interessano dell'intera deposizione. ( Sta in CM1 Vol. 77 da pag. 460)

(...)
LEONARDI. La doccia era messa in modo  che l'acqua andava ver­so il muro  e vi  si  infiltrava.
PRESIDENTE.  Questa doccia come  era tenuta?
LEONARDI.  Su un manico di  scopa.
PRESIDENTE.  Il rubinetto  era aperto  o guasto? 
LEONARDI.  Era aperto.  Noi  lo abbiamo  chiuso.
Siamo stati  chiamati  dall'appartamento di  sotto 
perchè  quest'acqua filtrava nel muro.
(...)
PRESIDENTE.  Nella vasca da bagno,  di  solito,  la doc­cia è agganciata.  Questo gancio  c'era?
LEONARDI.  La doccia,  praticamente,  era appoggiata su 
un manico di  scopa messo di  traverso dentro la vasca. 
PRESIDENTE.  Era possibile appenderla al muro,  al posto  suo?
LEONARDI.  Certo.
(...)
PRESIDENTE.  Come si  reggeva la doccia senza girarsi 
con la pressione dell'acqua?
LEONARDI.  Questo non lo  so.  Se ci provassi  cento vol­te non ci  riuscirei.
PRESIDENTE.  Quindi  lei non capisce come la doccia potesse reggersi  in quella posizione.  Era normale  che si  rovesciasse.  Lo  scarico  del  bagno  era normale.
In altre parole,  questa benedetta fessura dove  si  tro­vava?
LEONARDI.  Sul bordo  della vasca.
(...)
PRESIDENTE.  Fu lei  a rimettere la doccia al suo po­sto  e  a chiudere il rubinetto?
LEONARDI.  Si.
PRESIDENTE.  Poi  cosa vide?
LEONARDI.  Stavo uscendo quando  su un tavolino vidi 
dei  fogli  dattiloscritti  con le tre punte delle bri­gate rosse. 
(...)

Ad onor del vero il Presidente sembra essere poco convinto della descrizione di Leonardi e insiste con domande, dando l'impressione di cercare una contraddizione; che però non vien fuori.

Si chiude comunque  qui questa parte della ricostruzione delle modalità in cui venne scoperto l'allagamento e quanto ne seguì subito dopo.

Prossimamente vedremo come si svolse la perquisizione, i verbali conseguenti, le prime indagini, i sospetti, i testimoni, gli identikit. Tutto sempre attraverso gli atti disponibili.

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Contenuti aggiuntivi:

Filmati su via Gradoli  reperiti da Γεωργια Γκαρδαλινου (grazie) su internet.Nel secondo interviste a Catracchia, Damiano e ad altra teste dall'accento straniero non identificata.

https://www.youtube.com/watch?v=bE3elsYbQiY&feature=youtu.be&t=3613&fbclid=IwAR2CVY4_kHFEagvKsnoGCQgNGNMbzQG3MB59-OR1lUympMrQSPdoiwrkwv4

https://www.youtube.com/watch?v=jZA-SNqhLYo&feature=youtu.be&fbclid=IwAR0K4-VJxjkVQ-DT0Bn4R8H5Oe5rtGI5EnmMehjWjAU_PqVTlQylncgTy8o


NOTE

Nota (1)
Il testo originale "...Tanto per contestualizzare, solo tre giorni prima era stato fatto ritrovare il comunicato n. 6 (la condanna a morte) nel "solito" cestino dei rifiuti. Anche questa volta però (come per il n. 4 e il n. 5 ) solo a Milano  e ancora informandone solo la redazione de La Repubblica ..." è stato modificato a seguito delle osservazioni di Gabriele Paradisi che riportiamo  di seguito:


All’inizio dell’articolo si legge quanto segue: «Tanto per contestualizzare, solo tre giorni prima [il 15 aprile 1978] era stato fatto ritrovare il comunicato n. 6 (la condanna a morte [di Moro]) nel “solito” cestino dei rifiuti. Anche questa volta però (come per il n. 4 e il n. 5) solo a Milano e ancora informandone solo la redazione de La Repubblica.»

Anche in un saggio pubblicato nel 2017 (Ettore Marchetti, “Boia imperialisti, spie di regime e corrotti buffoni”. La lingua dei comunicati delle brigate rosse durante il Sequestro Moro, “L’analisi linguistica e letteraria” 25 (2), pp. 51-70, consultabile online) si sostiene che il comunicato n. 6 fu diffuso solo a Milano (si veda la sezione dal titolo «2.6 Comunicato n. 6. Diffuso a Milano il 15 aprile 1978», p. 57).
In realtà, oltre che a Milano – come si desume dalla prima pagina del numero del 16/17 aprile 1978 della stessa “Repubblica”: «un comunicato (il numero 6, datato 15 aprile) spedito ieri sera, fra le 20 e le 20,30, alla redazione milanese della «Repubblica» e ad altri giornali.» (si veda anche Commissione Moro-1, vol. 104, p. 30) – quel sabato sera 15 aprile, le Brigate rosse fecero ritrovare altre copie di quel comunicato anche a Roma, Genova e Torino.
• A Roma, furono diffuse quattro copie di quel comunicato. Due furono recuperate da un redattore del “Messaggero”, avvisato da una telefonata ricevuta alle 20,05. Le copie del comunicato furono effettivamente ritrovate «dinanzi ad un negozio sito alla fine del traforo, verso via Nazionale». Altre due copie furono trovate alle ore 20,35 da un redattore di “Radio Onda Rossa”, in seguito ad una telefonata, in un cestino dei rifiuti in via dei Volsci, angolo piazza dei Sanniti (Commissione Moro-1, vol. 30, Questura di Roma, Rapporto della Digos del 15 aprile 1978, pp. 730-731; copia del comunicato originale è riprodotta alle pp. 733-734).
• A Genova furono rinvenute due copie in un cestino dei rifiuti lungo la scalinata che unisce Borgo Incrociati e Corso Monte Grappa a seguito di una telefonata delle ore 19,45 al “Secolo XIX”. (Commissione Moro-1, Questura di Genova, Rapporto della Digos del 16 aprile 1978, vol. 113, p. 420) 
• A Torino furono rinvenute due copie da un redattore dell’Ansa, in un cestino in via Busca (Commissione Moro-1, Questura di Torino, Fonogramma della Digos del 15 aprile 1978, vol. 109, p. 1127).

[Inoltre] le stesse considerazioni riguardanti il comunicato n. 6 valgono anche per i comunicati delle Br n. 4 (del 4 aprile 1978) e n. 5 (del 10 aprile 1978), che furono diffusi oltre che a Milano anche Roma, Genova e Torino come si desume dal libro di Miguel Gotor (a cura di), “Aldo Moro. Lettere dalla prigionia” (Einaudi 2008, nota 1, pp. 14-15, che rimanda a CM-1, vol. 27, p. 338 e a CM-1, vol. 30, p. 831 (per il comunicato n. 4 del 4 aprile 1978). Si veda inoltre, nella stessa opera, la nota 1, pp. 43-44, con i rimandi a CM-1, vol. 29, pp. 362-363 e vol. 50, p. 532 (per il comunicato n. 5 del 10 aprile 1978).
[NDA] Ad ulteriore riprova a conferma di quanto sopra detto da Paradisi si veda anche il riepilogo dei fatti e delle operazioni redatto a cura del Ministero dell' Interno ad uso della Commissione Moro 1 in vol. 104 pagg. 29 e 30 in relazione appunto al comunicato n. 6 ( ma alle pagine precedenti simile situazione per i comunicati 4 e 5)


Nota (2)
Come osserva ancora Gabriele Paradisi il comunicato n. 1 - così come riportato nel sito da noi linkato - è incompleto e lo è, inspiegabilmente,  in tutti i siti poi consultati che riportavano il testo dei vari comunicati BR.  Di seguito le sue osservazioni con l'indicazione per reperire il testo completo del comunicato n. 1 e con una interessante considerazione (in blu) sulle differenze tra il  primo e i comunicati successivi.

Sempre all’inizio dell’articolo è inserito un link che rimanda al testo trascritto dei nove comunicati br diffusi durante il periodo del sequestro di Aldo Moro, più il falso comunicato del 18 aprile 1978. È utile precisare che la trascrizione del testo del comunicato br n. 1, rinvenuto a Roma il 18 marzo 1978, è parziale, come si può notare dal riscontro della copia dell’originale che si può consultare in Commissione Moro-1, vol. 37, pp. 546-547. Dopo la data («16/3/78») e la “firma” («Per il Comunismo / Brigate Rosse») sono aggiunti due testi numerati («1-»; «2-»).
È interessante notare quanto è scritto nell’ultima riga: «I comunicati verranno battutti tutti con la stessa macchina: questa». Nella perizia della Scientifica, redatta il 21 marzo 1978, si legge che questo comunicato «è stato scritto con macchina elettrica della IBM, “passo 12”, con caratteri dattiloscriventi “LIGHT ITALIC” normalmente montati sui modelli 72 e 82 “a passo fisso”, nonché modello 82 “a passo variabile”.» (Commissione Moro-1, vol. 112, p. 271). Tuttavia, il secondo comunicato (del 25 marzo 1978; CM-1, vol. 37, p. 630) e tutti i rimanenti fino al nono (del 5 maggio 1978) furono battuti con caratteri “a passo 10” (CM-1, vol. 113, p. 801). Il «passo» si riferisce alla spaziatura tra i caratteri. C’è da chiedersi quale sia il motivo di questa variazione dattilografica. Si tratta di una delle numerose “peculiarità” che differenziano il comunicato n. 1 da tutti i rimanenti otto.
Da ricordare infine che solo il comunicato n. 1 fu diffuso esclusivamente a Roma, mentre tutti gli altri otto furono diffusi, oltre che a Roma, anche a Milano, Genova e Torino (sintesi in «Cronologia delle telefonate e del rinvenimento dei documenti delle “Brigate rosse”», CM-1, vol. 104, pp. 22-33).



Fine parte 2, L'ALLAGAMENTO


La parte 1,  UNA "GIOCOSA" SEDUTA SPIRITICA per chi volesse, è disponibile qui:
http://www.sedicidimarzo.org/2019/05/tutto-su-via-gradoli-parte-1.html


(Continua)

7 commenti:

  1. 1. Alcune precisazioni sulle località dove fu rinvenuto il comunicato br n. 6 del 15 aprile 1978
    All’inizio dell’articolo si legge quanto segue: «Tanto per contestualizzare, solo tre giorni prima [il 15 aprile 1978] era stato fatto ritrovare il comunicato n. 6 (la condanna a morte [di Moro]) nel “solito” cestino dei rifiuti. Anche questa volta però (come per il n. 4 e il n. 5) solo a Milano e ancora informandone solo la redazione de La Repubblica.»
    Anche in un saggio pubblicato nel 2017 (Ettore Marchetti, “Boia imperialisti, spie di regime e corrotti buffoni”. La lingua dei comunicati delle brigate rosse durante il Sequestro Moro, “L’analisi linguistica e letteraria” 25 (2), pp. 51-70, consultabile online) si sostiene che il comunicato n. 6 fu diffuso solo a Milano (si veda la sezione dal titolo «2.6 Comunicato n. 6. Diffuso a Milano il 15 aprile 1978», p. 57).
    In realtà, oltre che a Milano – come si desume dalla prima pagina del numero del 16/17 aprile 1978 della stessa “Repubblica”: «un comunicato (il numero 6, datato 15 aprile) spedito ieri sera, fra le 20 e le 20,30, alla redazione milanese della «Repubblica» e ad altri giornali.» (si veda anche Commissione Moro-1, vol. 104, p. 30) – quel sabato sera 15 aprile, le Brigate rosse fecero ritrovare altre copie di quel comunicato anche a Roma, Genova e Torino.
    • A Roma, furono diffuse quattro copie di quel comunicato. Due furono recuperate da un redattore del “Messaggero”, avvisato da una telefonata ricevuta alle 20,05. Le copie del comunicato furono effettivamente ritrovate «dinanzi ad un negozio sito alla fine del traforo, verso via Nazionale». Altre due copie furono trovate alle ore 20,35 da un redattore di “Radio Onda Rossa”, in seguito ad una telefonata, in un cestino dei rifiuti in via dei Volsci, angolo piazza dei Sanniti (Commissione Moro-1, vol. 30, Questura di Roma, Rapporto della Digos del 15 aprile 1978, pp. 730-731; copia del comunicato originale è riprodotta alle pp. 733-734).
    • A Genova furono rinvenute due copie in un cestino dei rifiuti lungo la scalinata che unisce Borgo Incrociati e Corso Monte Grappa a seguito di una telefonata delle ore 19,45 al “Secolo XIX”. (Commissione Moro-1, Questura di Genova, Rapporto della Digos del 16 aprile 1978, vol. 113, p. 420)
    • A Torino furono rinvenute due copie da un redattore dell’Ansa, in un cestino in via Busca (Commissione Moro-1, Questura di Torino, Fonogramma della Digos del 15 aprile 1978, vol. 109, p. 1127).

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  2. 2. Altre precisazioni sulle località dove furono rinvenuti i comunicati br n. 4 (4 aprile 1978) e n. 5 (10 aprile 1978)
    Le stesse considerazioni riguardanti il comunicato n. 6 valgono anche per i comunicati delle Br n. 4 (del 4 aprile 1978) e n. 5 (del 10 aprile 1978), che furono diffusi oltre che a Milano anche Roma, Genova e Torino come si desume dal libro di Miguel Gotor (a cura di), “Aldo Moro. Lettere dalla prigionia” (Einaudi 2008, nota 1, pp. 14-15, che rimanda a CM-1, vol. 27, p. 338 e a CM-1, vol. 30, p. 831 (per il comunicato n. 4 del 4 aprile 1978). Si veda inoltre, nella stessa opera, la nota 1, pp. 43-44, con i rimandi a CM-1, vol. 29, pp. 362-363 e vol. 50, p. 532 (per il comunicato n. 5 del 10 aprile 1978).

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  3. 3. Sul testo del comunicato br n. 1, datato 16 marzo 1978, ritrovato a Roma il 18 marzo
    Sempre all’inizio dell’articolo è inserito un link che rimanda al testo trascritto dei nove comunicati br diffusi durante il periodo del sequestro di Aldo Moro, più il falso comunicato del 18 aprile 1978. È utile precisare che la trascrizione del testo del comunicato br n. 1, rinvenuto a Roma il 18 marzo 1978, è parziale, come si può notare dal riscontro della copia dell’originale che si può consultare in Commissione Moro-1, vol. 37, pp. 546-547. Dopo la data («16/3/78») e la “firma” («Per il Comunismo / Brigate Rosse») sono aggiunti due testi numerati («1-»; «2-»).
    È interessante notare quanto è scritto nell’ultima riga: «I comunicati verranno battutti tutti con la stessa macchina: questa». Nella perizia della Scientifica, redatta il 21 marzo 1978, si legge che questo comunicato «è stato scritto con macchina elettrica della IBM, “passo 12”, con caratteri dattiloscriventi “LIGHT ITALIC” normalmente montati sui modelli 72 e 82 “a passo fisso”, nonché modello 82 “a passo variabile”.» (Commissione Moro-1, vol. 112, p. 271). Tuttavia, il secondo comunicato (del 25 marzo 1978; CM-1, vol. 37, p. 630) e tutti i rimanenti fino al nono (del 5 maggio 1978) furono battuti con caratteri “a passo 10” (CM-1, vol. 113, p. 801). Il «passo» si riferisce alla spaziatura tra i caratteri. C’è da chiedersi quale sia il motivo di questa variazione dattilografica. Si tratta di una delle numerose “peculiarità” che differenziano il comunicato n. 1 da tutti i rimanenti otto.
    Da ricordare infine che solo il comunicato n. 1 fu diffuso esclusivamente a Roma, mentre tutti gli altri otto furono diffusi, oltre che a Roma, anche a Milano, Genova e Torino (sintesi in «Cronologia delle telefonate e del rinvenimento dei documenti delle “Brigate rosse”», CM-1, vol. 104, pp. 22-33).

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  4. Grazie Cieli Limpidi delle tue precisazioni inappuntabili. Pur se luogo e ritrovamento del comunicato n. 6 era elemento di contorno al tema qui trattato è bene fermare inesattezze che poi rischiano di riprodursi confondendo le idee. In effetti in rete (tra cui la fonte dalla quale avevamo attinto) è molto diffusa la falsa notizia che i comunicati 4, 5 e 6 siano stati recapitati solo a Milano. Altrettanto dicasi per la versione incompleta del comunicato n.1 che ho riscontrato in tantissimi siti. Interessanti poi le tue osservazioni sulla diversità di spaziatura tra il n, 1 e i successivi. Modificherò dove occorre l'articolo inserendo le tue osservazioni come note.

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  5. Con riferimento all’ottimo articolo di Franco Martines, frutto di un lavoro meticoloso e giustamente intitolato “Tutto su (via) Gradoli”, offro alcuni spunti di riflessione basati sull’interpretazione dei documenti della “questione idraulica”.


    A)La versione proposta dal caposquadra dei Vigili del Fuoco, sig. Leonardi, nell’imminenza dei fatti, all’interno del (a) rapporto redatto per il suo Comandante, nel (b) verbale di rilevamento dei dati concernenti l’intervento per soccorso (atti del 18 aprile 1978) e nelle (c) dichiarazioni a verbale dinanzi alla Questura di Roma del 19 aprile, fornisce tutti gli elementi per comprendere che il doccino della vasca da bagno fu ritrovato al suo posto, cioè inserito nel relativo supporto a parete. Il getto d’acqua era rivolto verso il basso e colpiva le mattonelle del muro d’appoggio della vasca, ricadendo sulla giuntura del bordo vasca, laddove erano presenti alcune fessure (tre fessure, come riferirono i giornalisti Padellaro e Martinelli sul Corriere della Sera del 15 ottobre 1978, dopo aver ispezionato attentamente la vasca da bagno dell’immobile in fase di dissequestro ed in occasione di un tentativo di furto), donde la grave infiltrazione che raggiunse l’appartamento sottostante.

    Infatti:

    A.1 Leonardi descrisse in modo coerente il suo intervento facendo sempre riferimento alla sola operazione della chiusura del rubinetto, senza minimamente accennare al riposizionamento del doccino;

    A.2 nel verbale di rilevamento, com’è evidenziato nell’articolo in commento, la causa dell’infiltrazione è descritta come “Dimenticanza chiusura rubinetto della doccia del bagno”;

    A.3 nel rapporto inviato al Comandante, Leonardi afferma che i tre componenti della squadra dei Vigili erano entrati (dalla finestra sul balcone) nell’appartamento per operare e che “…il danno era semplicemente provocato dalla doccia, del tipo telefono, rimasta aperta e rivolta contro il muro…”: dunque la posizione del doccino era quella solita, inserito nel supporto a parete e rivolto verso la parete medesima, non essendo stata indicata alcuna collocazione anomala;

    A.4 va da sé che, se il Vigile del Fuoco, persona esperta in questo genere d’interventi, avesse effettivamente trovato la doccia poggiata sul manico di una scopa in modo da dirigere il getto d’acqua proprio verso le fessure del bordo della vasca (versione saldamente incardinata nell’immaginario collettivo), non avrebbe certamente qualificato l’episodio come mera “dimenticanza”, né come evento scaturito “semplicemente” dalla doccia aperta, bensì quale danno architettato e cagionato volontariamente; né avrebbe potuto modificare, senza motivo, lo stato dei luoghi, riponendo il doccino nel suo supporto, visto che soltanto il ritrovamento del doccino sulla scopa avrebbe dimostrato la volontarietà del danno e l’intento di renderla palese;

    A.5 c’è, infine, un fatto oggettivo: per direzionare il getto d’acqua del doccino verso un obiettivo preciso, non ha alcun senso utilizzare una scopa poggiata sui bordi laterali della vasca, in posizione trasversale, perché si tratta di una collocazione instabile che non consente di ottenere un getto d’acqua costante e preciso (salva la presenza di un sistema di ancoraggio che, in questo caso, pacificamente non sussisteva).

    A.6 Sul posizionamento della scopa e del doccino, in disparte il disordine cosmico del piccolo bagno del covo di via Gradoli 96, si vedano le fotografie della Polizia, scattate nella stessa mattinata, che ritraggono la vasca da bagno https://www.memoria.san.beniculturali.it/documenti-online/-/doc/detail/156/Commissione%20Moro, Volume 44, pagg. 161-166.






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  6. B) Trascorsi circa sei mesi dai fatti, il 19 ottobre 1978, il Leonardi rese testimonianza scritta (a seguito dell’interrogatorio dell’8 ottobre) dinanzi al Giudice Istruttore, dott. Rosario Priore, nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria per il caso Moro, affermando, per la prima volta ed in modo impreciso, che il “rubinetto” della doccia era aperto e che “esso” era appoggiato alla scopa che si trovava all’interno della vasca, mentre il getto d’acqua era direzionato verso il bordo della vasca e le mattonelle del muro, provocando l’infiltrazione; rilevò, inoltre, che la scopa era posizionata come risulta dalle fotografie della Polizia.

    C) Infine il Leonardi, chiamato a testimoniare dinanzi alla Prima Corte d’Assise di Roma all’udienza del 22 settembre 1982, affermò, in modo più chiaro, che il doccino era appoggiato sul manico della scopa, posizionata come si vede nelle fotografie della Polizia, e che il getto d’acqua era diretto verso il muro; egli pertanto, oltre a chiudere il rubinetto, avrebbe anche riposizionato il telefono della doccia nella sede propria, cioè all’interno dell’apposito supporto (cfr. Vol. 77, pagg. 460-469).

    Tuttavia, il Presidente della Corte dott. Severino Santiapichi che, come ben rilevato nell’articolo in esame, era un osso duro, rivolse a questo punto al Leonardi, tra gli altri, alcuni determinanti quesiti, ricevendo le risposte significative di seguito sintetizzate con piccoli commenti tra parentesi.

    (a) In che modo il telefono della doccia si reggeva sulla scopa, considerando che, in assenza di una base stabile, la pressione del getto d’acqua avrebbe modificato la posizione del medesimo doccino? Risposta: Non ne ho idea e io stesso non ci riuscirei anche se provassi cento volte. (?)

    (b) Lei ha quindi riposto il doccino sul supporto? Risposta: Sì, ho chiuso il rubinetto e rimesso a posto la doccia (ciò tuttavia non collima con il contenuto dei primi verbali, laddove si fa riferimento soltanto alla chiusura del rubinetto).

    (c) C’erano altri suoi colleghi in quel momento? Risposta: Nessuno, l’altro Vigile era rimasto all’esterno della finestra, sul balcone. (E’ palese che “la versione della scopa” non ha convinto il Presidente che ha chiesto se fossero presenti ulteriori testimoni dell’accaduto da interrogare. La risposta del Leonardi nel senso di essere l’unico testimone oculare della presunta posizione originaria del doccino nonché autore dell‘iniziativa di ricollocarlo immediatamente all’interno del supporto, sembra in contrasto con il contenuto del rapporto al Capo dei Vigili del 18 aprile 1978, dove si legge che erano entrati in casa per operare tutti e tre i componenti della squadra).

    (d) Se il doccino fosse stato lasciato sul sostegno e direzionato in basso verso il muro, l’effetto sarebbe stato lo stesso (cioè si sarebbe prodotta comunque l’infiltrazione)? Risposta: Sì. (Ed allora, quand’anche si volesse ipotizzare un intervento volontario, perché affidarsi all’incerto appoggio della scopa che il solo Leonardi ricorda di aver visto?)


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  7. Va da sé che la testimonianza di Leonardi non fece breccia nella Corte di Assise di Roma: nella sentenza del 24 gennaio 1983 (Vol. 138, pag. 843) si legge che il Collegio, dopo aver esaminato partitamente tutte le possibili ipotesi emerse sulla volontarietà dell’allagamento, si determinò per l’accidentalità dell’episodio.

    D) In conclusione, del pregevole articolo di Franco Martines, ritengo non condivisibile l’affermazione per la quale la testimonianza del Leonardi fornita dinanzi alla Corte d’Assise di Roma in data 23 settembre 1982 contenesse la specificazione di quanto egli stesso aveva più sinteticamente dichiarato nei rapporti e verbalizzazioni del 18 e 19 aprile 1978. Mi sembra di poter sostenere, invece, che il caposquadra dei Vigili abbia modificato nel tempo la versione originaria -e veridica- dei fatti, ferma restando la sua buona fede, probabilmente per via dello sbiadirsi del ricordo dell’evento nel corso dei mesi e degli anni, nonché per la suggestione dovuta all’incessante campagna mediatica, già attiva all’epoca dei fatti, sui misteri del covo di via Gradoli.

    Pertanto, a mio avviso, sarebbe da scartare l’ipotesi che l’episodio dell’infiltrazione sia stato provocato ad arte e in modo beffardo, volendo rendere manifesta l’intenzione, con il posizionamento del doccino della vasca da bagno sul manico della scopa, mentre restano illesi i dubbi sulla casualità, vera e propria o simulata, dell’evento. Per quel che vale, propendo per la prima ipotesi, astenendomi dall’approfondire questo aspetto come quelli riguardanti le ulteriori dichiarazioni del Leonardi e, più in generale, i fatti del 18 aprile 1978 come riscostruiti nel corso degli ultimi decenni.

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