mercoledì 15 maggio 2019

TUTTO SU (VIA) GRADOLI - parte 1

La "giocosa" seduta spiritica 
(integrato e modificato il 19 maggio 2019 , vedi nota [1]  e nota [2] )

(a cura di: Franco Martines)

Immagine a puro scopo illustrativo  tratta dal sito:
https://www.youtube.com/watch?v=DKfjinCrqBE
Iniziamo questo tentativo (speriamo non  troppo ambizioso ) di mettere ordine, ordine cronologico, tra i fatti relativi  a Gradoli e via Gradoli. 
Come sempre  utilizzeremo soprattutto i documenti, collegandoli fra loro con brevi spiegazioni. 
Il lavoro è complesso e proprio per partire dobbiamo iniziare da un documento  posteriore di tre anni ai fatti cui si riferisce. 

Ma entriamo con i piedi nel piatto, anzi,  forse dovremmo dire nel piattino!


E' il 2 aprile del 1978, Moro è nelle mani dei rapitori da due settimane (solo tre giorni prima il terzo comunicato delle BR con la lettera di Moro a Cossiga ) e in una domenica piovosa - a detta almeno dei partecipanti -  a Zappolino (18 km in linea d'aria da Bologna) nella casa di campagna dell'economista prof. Clò (futuro Ministro) vengono ospitati a passare il pomeriggio vari personaggi fra i quali l'economista Mario Baldassarri (futuro vice Ministro) e  Romano Prodi (che sarà ministro dell'Industria di lì a pochi mesi nell' Andreotti IV). Tutti con le loro famiglie.

Qui si svolse quel giorno la famosa seduta spiritica e venne fuori per la prima volta, nell'ambito della vicenda Moro, il nome Gradoli.

La commissione Moro 1 (che audirà poi Prodi nel giugno successivo, CM1 Vol. 8 pag. 295  qui ) il 27 gennaio 1981 lo invita a fornire intanto una memoria scritta su quanto effettivamente accaduto in quella riunione. 
Un po' irritualmente Prodi fece redigere una memoria collettiva da Baldassarri che raccolse in essa tutte le firme dei presenti (Prodi compreso ovviamente) accompagnandola con due righe autografe (datate Bologna 4 febbraio 1981) a spiegazione/giustificazione della  modalità della risposta, a nostro giudizio,  un po' impropria nella forma. (Vedi sotto).


Ed ecco quindi la memoria collettiva di quella domenica, in cui per la prima volta emerge il nome Gradoli, redatta da Baldassarri per conto di Prodi (tratta sempre da CM1 Vol. 110) che, datata 3 febbraio, impiega 15 giorni per giungere al protocollo.






Foto 11 dal sito "Le strade del caso Moro" di Luca Dammicco
Quindi il 2 aprile 1978 si svolge questa "giocosa" seduta spiritica con gli esiti che sappiamo. 
 Un "gioco" fatto per ingannare il tempo dato che quello metereologico non si era rivelato favorevole (tuttavia questo aspetto - la pioggia - non è affatto confermato da quanto riportato da questo sito per quella giornata, vedi qui, né per Bologna né per il vicinissimo - 8 km - comune di Valsamoggia. Vedi anche in proposito la nota [1]).


Vediamo comunque cosa succede subito dopo, in parte già sinteticamente anticipato dalla missiva di Baldassarri.

A quanto risulta dagli atti Prodi , prima di recarsi a Roma il 5 aprile, parla dello strano evento della domenica con il criminologo Prof. Balloni il quale riferirà la cosa informalmente ad un magistrato suo amico.
Risulta così quantomeno imprecisa l'affermazione finale di Baldassarri nel precedente documento: "...agli uffici di polizia di Bologna furono fornite tutte le indicazioni...".  E' da sottolineare che se la richiesta di chiarimenti a Prodi è del 1981 la questione era emersa molto prima tant'è  che la risposta alla richiesta dell' A.G.di Roma da parte della Questura di Bologna, se avessero ricevuto o meno tale informativa,  è  addirittura del dicembre 1978.


E questa è la parte riguardante Balloni del lungo telecopier (reperibile da pag. 289 stesso Vol. 118) che in precedenza riassume tutta la vicenda della seduta spiritica.


Tornando a Prodi, egli il 5 aprile 1978 si reca a Roma e si presenta dal Dott. Cavina, capo dell' Ufficio Stampa di Zaccagnini, a cui rivela - dirà poi, non senza imbarazzo - il contenuto della seduta spiritica.

Ecco quanto Cavina dichiarava al magistrato (dal Vol. 110 pag. 143) già il 21 dicembre 1978.


Quindi, non sappiamo se recependo da Prodi una nota scritta o una semplice comunicazione orale, Cavina trasmette telefonicamente questa informazione (unitamente ad un'altra relativa ad una certa casa Giovoni a Milano di cui poi non ricorderà più la fonte) al suo omologo, capo Ufficio Stampa di Cossiga, Luigi Zanda (N.B. Per la cronaca si tratta dello stesso Luigi Zanda oggi ancora politicamente attivo ).

Zanda, dopo averglielo presumibilmente anticipato telefonicamente,  scrive un appunto su un foglietto  che trasmette al capo della Polizia Parlato che poi lo esibirà al magistrato quando verrà richiesto di chiarire i termini della questione. L'appunto inizia così:" Caro dottore le invio le indicazioni di cui si è detto".

Ma vediamolo dunque quest'appunto sul quale poi Parlato annoterà anche l'esito negativo  trasmessogli successivamente. (Sta in CM1 Vol. 110 pag. 148).






L'appunto di Zanda, comunque, salvo errori nei vari passa parola, smentisce illazioni e asserzioni, fatte anche da persone serissime come la Anselmi, in cui si diceva che fossero presenti i numeri 96 e 11 (il civico e l'interno di via Gradoli) e altre cose varie originate probabilmente da falsi ricordi dei presenti alla seduta quando furono ascoltati a distanza di decenni. ( Per la nota della Anselmi vedi CM1 Vol. 110 pag. 153).

In pratica si diceva di verificare una casa colonica con cantina posta sulla Statale 74 (oggi StradaRegionale 74 Maremmana) nel piccolo tratto di questa che ricade nel comune di Gradoli (questo il senso a prescindere da quanto letteralmente scritto). E null'altro.

Nella nota di Parlato sull'appunto di Zanda  possiamo leggere:


"ore 10 del 6-4-78 Intervento del questore di Viterbo che alle  ore 13 ha comunicato che il sopralluogo ha dato esito negativo"



Mentre le verifiche a Milano vengono fatte in giornata, quelle  sulla  Statale    74-Gradoli avvengono, come abbiamo appena visto, l'indomani il 6 aprile, come testimoniato anche dal rapporto del Vice Questore aggiunto Fabrizio Arelli di cui è traccia in CM1 Vol. 110 pag. 150. L'esito, a Milano come a Gradoli è negativo.


Insomma qui si chiude la prima fase della vicenda e il nome Gradoli, via Gradoli per l'esattezza, tornerà ad interessare gli inquirenti e salirà alla ribalta del pubblico solo a partire dal successivo 18 aprile. [2]

Note: Oltre all'audizione di Prodi sul tema (sopra citata e linkata e a cui  seguono quelle di molti altri partecipanti fino a apg. 330) segnaliamo, per chi ne avesse curiosità, le successive audizioni in Commissione Stragi (siamo nel 1998) di Baldassarri e Clò.

http://www.parlamento.it/service/PDF/PDFServer/DF/16186.pdf   (Baldassarri)

http://www.parlamento.it/service/PDF/PDFServer/DF/16183.pdf    (Clò)

Note:
[1] Gabriele Paradisi, in proposito, ci sottolinea quanto segue: "• I dati meteorologici dell’area di Zappolino (con la quasi totale assenza di precipitazioni piovose) erano già stati indagati da Antonio Selvatici che aveva recuperato i dati forniti dal Ministero dei Lavori pubblici – servizio idrografico, relativi alle stazioni pluviometriche dei paesi che circondano Zappolino, vale a dire Montepastore (due chilometri a sud-est), Monte San Pietro (appena ad un chilometro e duecento metri dal casolare di Clò) e Montombraro (cinque chilometri a sud-est). Selvatici ha pubblicato queste sue ricerche nel 2000 in “Prodeide”, l’introvabile “biografia non autorizzata di Romano Prodi”, presto diventata un “samizdat” dell’editoria contemporanea (libro pubblicato dalla defunta casa editrice Il Fenicottero, di cui sopravvivono solo 9 copie in biblioteche di pubblico accesso)."

[2]  Il testo originale recitava " Insomma qui si chiude la prima fase della vicenda e il nome Gradoli, a parte qualche strascico sui giornali ancora per qualche giorno, verrà dimenticato fino al 18 aprile."
Ma sempre Gabriele Paradisi aveva poi osservato quanto segue": Dalle ricerche da me svolte, non ho trovato informazioni di tipo giornalistico (o di agenzie di stampa) emerse il 6 aprile 1978 e nei giorni immediatamente successivi. Ho invece trovato (e si tratta di una piccola scoperta, seppure modesta) che le prime informazioni sulla perquisizione delle forze dell’ordine nel comune di Gradoli (ma ancora senza accenni alla “seduta spiritica”) furono pubblicate il 22 aprile (“l’Unità”, p. 3) e il 23 aprile (“Il Messaggero”, p. 4; “il Resto del Carlino”, p. 2; “la Repubblica”, p. 6), dopo la scoperta del covo br di via Gradoli 96. Da notare che gran parte della pubblicistica che ha trattato questa vicenda (con alcune eccezione), ritiene che sia stato perquisito il paesino di Gradoli (compreso il film di Giuseppe Ferrara, “Il caso Moro”, del 1986). Dalle informazioni che si possono trarre dai giornali sopracitati si desume, invece, che la perquisizione avvenne in un’area di quattro chilometri quadrati dalla frazione di Cantoniera fino ad un gruppo di casali isolati situati a sud-ovest del paese di Gradoli.
Ritengo perciò utile aggiungere qui di seguito alcuni link a miei scritti, che credo di interesse per i “cultori” di questa a dir poco bizzarra vicenda. Nel primo si trovano le trascrizioni dei testi giornalistici sopracitati. In 2c. segnalo, tra le altre cose, un articolo poco noto, ma a mio avviso di notevole interesse, del settimanale “Avvenimenti” (datato 24 ottobre 1999), con alcune considerazioni critiche.

1. Gradoli, 6 aprile 1978: cosa accadde veramente? (2009, riedito nel 2011)
https://www.segretidistato.it/?p=64

2a. Prodi e i «fantasmi» al Colle? (2013)
http://www.liberoreporter.it/2013/04/inchieste/prodi-e-i-fantasmi-al-colle.html

2b. Fantasmi al Colle? – 1ª puntata: la casa degli spiriti (2013)
https://www.segretidistato.it/?p=803

2c. Fantasmi al colle? – 2ª puntata: liaisons dangereuses (2013)
https://www.segretidistato.it/?p=808"


(Fine parte 1)













10 commenti:

  1. Mi sono occupato, da una decina di anni a questa parte, delle vicende della sconcertante “seduta spiritica”, che vide coinvolti 12 improvvisati “spiritisti” (tra i quali i professori universitari bolognesi Prodi, Clò e Baldassarri e i loro famigliari). Ho perciò apprezzato il metodo di lavoro di questo articolo: infatti, solo ricorrendo alle fonti originali è possibile provare a districare l’intricato garbuglio e a dissipare il campo dai molti equivoci, errori e fraintendimenti tuttora presenti nella vasta pubblicistica che si è occupata di questo strano e singolare episodio. Purtroppo a più di 40 anni dagli eventi di quella tragica primavera del 1978, la vera fonte dell’informazione su «Gradoli», quale possibile luogo nel quale era detenuto Aldo Moro, rimane un segreto inviolato della Repubblica, che rischia di rimanere tale anche nel prossimo futuro.
    Qui di seguito alcune brevi osservazioni marginali sull’articolo.
    • I dati meteorologici dell’area di Zappolino (con la quasi totale assenza di precipitazioni piovose) erano già stati indagati da Antonio Selvatici che aveva recuperato i dati forniti dal Ministero dei Lavori pubblici – servizio idrografico, relativi alle stazioni pluviometriche dei paesi che circondano Zappolino, vale a dire Montepastore (due chilometri a sud-est), Monte San Pietro (appena ad un chilometro e duecento metri dal casolare di Clò) e Montombraro (cinque chilometri a sud-est). Selvatici ha pubblicato queste sue ricerche nel 2000 in “Prodeide”, l’introvabile “biografia non autorizzata di Romano Prodi”, presto diventata un “samizdat” dell’editoria contemporanea (libro pubblicato dalla defunta casa editrice Il Fenicottero, di cui sopravvivono solo 9 copie in biblioteche di pubblico accesso).
    • Si legge in chiusura dell’articolo: “Insomma qui si chiude la prima fase della vicenda e il nome Gradoli, a parte qualche strascico sui giornali ancora per qualche giorno, verrà dimenticato fino al 18 aprile.”
    Dalle ricerche da me svolte, non ho trovato informazioni di tipo giornalistico (o di agenzie di stampa) emerse il 6 aprile 1978 e nei giorni immediatamente successivi. Ho invece trovato (e si tratta di una piccola scoperta, seppure modesta) che le prime informazioni sulla perquisizione delle forze dell’ordine nel comune di Gradoli (ma ancora senza accenni alla “seduta spiritica”) furono pubblicate il 22 aprile (“l’Unità”, p. 3) e il 23 aprile (“Il Messaggero”, p. 4; “il Resto del Carlino”, p. 2; “la Repubblica”, p. 6), dopo la scoperta del covo br di via Gradoli 96. Da notare che gran parte della pubblicistica che ha trattato questa vicenda (con alcune eccezione), ritiene che sia stato perquisito il paesino di Gradoli (compreso il film di Giuseppe Ferrara, “Il caso Moro”, del 1986). Dalle informazioni che si possono trarre dai giornali sopracitati si desume, invece, che la perquisizione avvenne in un’area di quattro chilometri quadrati dalla frazione di Cantoniera fino ad un gruppo di casali isolati situati a sud-ovest del paese di Gradoli.
    Ritengo perciò utile aggiungere qui di seguito alcuni link a miei scritti, che credo di interesse per i “cultori” di questa a dir poco bizzarra vicenda. Nel primo si trovano le trascrizioni dei testi giornalistici sopracitati. In 2c. segnalo, tra le altre cose, un articolo poco noto, ma a mio avviso di notevole interesse, del settimanale “Avvenimenti” (datato 24 ottobre 1999), con alcune considerazioni critiche.

    1. Gradoli, 6 aprile 1978: cosa accadde veramente? (2009, riedito nel 2011)
    https://www.segretidistato.it/?p=64

    2a. Prodi e i «fantasmi» al Colle? (2013)
    http://www.liberoreporter.it/2013/04/inchieste/prodi-e-i-fantasmi-al-colle.html

    2b. Fantasmi al Colle? – 1ª puntata: la casa degli spiriti (2013)
    https://www.segretidistato.it/?p=803

    2c. Fantasmi al colle? – 2ª puntata: liaisons dangereuses (2013)
    https://www.segretidistato.it/?p=808

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  2. Alcune ulteriori precisazioni riguardanti l’asserita “seduta spiritica” dei professori bolognesi domenica 2 aprile 1978 a Zappolino

    1. Le precipitazioni piovose nel pomeriggio di domenica 2 aprile 1978 nell’area di Zappolino
    Secondo le convergenti dichiarazioni di alcuni dei professori bolognesi improvvisatisi “spiritisti”, il pomeriggio di domenica 2 aprile 1978, dalle parti di Zappolino (prov. di Bologna), fu piovoso.
    • Il prof. Alberto Clò dichiarò il 22 dicembre 1978 al giudice istruttore Alessandro Amato: «Nel pomeriggio [del 2 aprile 1978] qualcuno di noi ebbe l’idea (pioveva e si doveva passare il tempo) di fare il c. “piattino” che per me come anche per gli altri doveva essere un semplice passatempo.» (Commissione Moro-1, vol. 42, p. 443).
    • Nella lettera collettiva, datata 3 febbraio 1981, firmata da 11 dei 12 asseriti partecipanti alla “seduta spiritica” o “seduta para-psicologica”, con l’assenso anche della dodicesima partecipante, inviata alla Commissione Moro-1, si legge: «Nel pomeriggio [del 2 aprile 1978], dopo aver pranzato, ed a causa del sopravvenuto maltempo, lo stesso Clò suggerì di fare il cosiddetto “gioco del piattino” […] (CM-1, vol. 110, p. 86).
    • Nel giorno più difficile della sua vita – mercoledì 10 giugno 1981, giorno dell’audizione davanti alla prima Commissione Moro di tutti e 12 gli improvvisati “spiritisti” – Romano Prodi (che dichiarò in quell’occasione di sentirsi «estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo», CM-1, vol. 8, p. 303) ribadì che quella domenica 2 aprile 1978 era «un giorno di pioggia in campagna» (CM-1, vol. 8, p. 295) e precisò anche la durata del maltempo: «ma dovete pensare che tutto questo è avvenuto in campagna, durante tre o quattro ore di pioggia, mentre i bambini andavano e venivano.» (CM-1, vol. 8, p. 299).
    • Sempre in quella audizione, il prof. Alberto Clò specificò anche l’orario di inizio della fatidica seduta spiritica: «cominciammo verso le tre e mezzo, le quattro del pomeriggio» (CM-1, vol. 8, p. 305). Orario sostanzialmente coincidente con quanto affermò, molti anni dopo, il 17 giugno 1998, il prof. Mario Baldassarri, in un’audizione della Commissione stragi: «Arrivai lì [a Zappolino, prov. di Bologna] attorno alle quattro del pomeriggio [del 2 aprile 1978] […] quando arrivai, dicevo, stava piovendo e tutti insieme stavano già facendo questo gioco» (Commissione stragi, XIII Legislatura, 35ª seduta, 17 giugno 1998, p. 223).

    Ma tre stazioni pluviometriche, situate nelle immediate vicinanze di Zappolino, registrarono dei dati meteorologici del tutto discordanti rispetto a quanto dichiarato dai tre professori alla magistratura e a due commissioni parlamentari bicamerali. Il servizio idrografico del Ministero del Lavori pubblici, per la giornata di domenica 2 aprile 1978, riporta infatti quanto segue:
    – Monteombraro: intorno alle due del pomeriggio: 0,2 mm di pioggia;
    – Monte San Pietro: nessuna precipitazione;
    – Montepastore: nessuna precipitazione.
    (È quanto si trova scritto nel libro di Antonio Selvatici, “Prodeide. Biografia non autorizzata di Romano Prodi”, Il Fenicottero, 2000, pp. 20-21; un vero e proprio “samizdat” dell’editoria contemporanea, come si diceva nel commento precedente datato 18 maggio 2019).

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  3. 2. Il silenzio su Gradoli dell’Ansa e dei telegiornali il 6 aprile 1978 e nei giorni seguenti
    2a) L’Ansa, il 5 aprile 2008 (“Moro/30”), si sorprende per l’assenza di notizie della stessa Ansa del 6 aprile 1978 sulla perquisizione nel comune di Gradoli
    Nel 2008, in occasione del trentennale del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, l’agenzia Ansa rievocò il susseguirsi degli avvenimenti di trent’anni prima utilizzando le notizie che la stessa agenzia aveva diffuso all’epoca (“Moro/30”). È interessante notare quanto l’Ansa scrisse il 5 aprile 2008 a proposito degli avvenimenti del 6 aprile 1978: «6 aprile 1978, Moro è nella “prigione del popolo” da 22 giorni. […] Inoltre, tutte le ricostruzioni riportano il 6 aprile come il giorno della grande retata nel paese di Gradoli, dopo le informazioni provenienti dalla pseudo seduta spiritica. All’ANSA però risultano molte operazioni, ma nessuna in quella zona.»
    Evidentemente i redattori dell’agenzia, nel 2008, si aspettavano di trovare notizie delle operazioni di polizia in quel di Gradoli proprio cercando tra i comunicati della stessa agenzia di 30 anni prima, ma non ne trovarono, da qui il senso di sorpresa e di perplessità. È una conferma che sul fronte della principale agenzia di stampa italiana, la notizia sulle ricerche di Moro nell’area di Gradoli non emerse pubblicamente quel giorno (né nei giorni immediatamente successivi).
    Da notare infine che l’Ansa stessa riteneva – erroneamente – che il 6 aprile 1978 ci fosse stata una «grande retata nel paese di Gradoli» e che ci fossero delle «informazioni provenienti dalla pseudo seduta spiritica». Ma, come si è visto nel commento del 18 maggio 2019, le operazioni di polizia alla ricerca di Moro non interessarono direttamente il paese di Gradoli, ma le campagne circostanti nei pressi delle località di Cantoniera e della seduta spiritica si venne a sapere solo molti mesi dopo, in un articolo del “Corriere della Sera” del 17 ottobre 1978 (Roberto Martinelli e Antonio Padellaro, «Dov’è il leader dc?», chiesero allo spirito di La Pira. E la risposta arrivò col posacenere: «Gradoli… 095», p. 7) nel quale però i nomi dei partecipanti erano ancora celati. Il nome di Romano Prodi verrà poi svelato nel libro che gli stessi Martinelli e Padellaro pubblicheranno nel marzo 1979 (“Il delitto Moro”, Rizzoli, cap. VIII, pp. 114-118).
    Per i lanci dell’agenzia Ansa del 2008 (Moro/30) si veda il sito “Vuoto a perdere” curato da Manlio Castronuovo http://www.vuotoaperdere.org/news/LanciAgenzia.asp

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  4. 2b) I telegiornali del 6 aprile 1978 tacciono a riguardo dell’area di Gradoli. Spunta solo una foto in un “Intervallo” la sera del 7 aprile 1978
    Ad ulteriore conferma della mancanza di notizie riguardanti le operazioni di ricerca di Moro nell’area di Gradoli è interessante quanto scrive Ilenia Imperi in un libro pubblicato nel 2016: «Tutta la vicenda infatti si svolse esclusivamente con comunicazioni interne tra gli inquirenti e le forze dell’ordine: la stampa e l’opinione pubblica ne rimasero totalmente all’oscuro. Ho avuto modo di controllare personalmente i principali quotidiani nazionali usciti tra il 4 e il 9 aprile [1978], le principali edizioni dei Tg della Rai e la stampa locale di Viterbo e provincia degli stessi giorni: non c’è traccia di nessuna notizia che riguardi l’irruzione militare a Gradoli (né per altro se ne trova il minimo accenno nelle monografie che hanno trattato il comportamento della stampa e dei media in generale durante il caso Moro).
    È quindi davvero poco probabile che i brigatisti possano essere stati a conoscenza delle perquisizioni nel viterbese e che quindi l’operazione Gradoli sia stata un messaggio rivolto a loro.» (Ilenia Imperi, “Il caso Moro: cronaca di un evento mediale”, Franco Angeli 2016, p. 81).
    L’autrice del libro riferisce poi di una curiosa coincidenza che aveva notato la sera del 7 aprile 1978: poco prima del Tg2 Studio aperto delle ore 19:45 e del Tg1 delle 20.00 nell’intermezzo musicale intitolato “Intervallo” come ultima immagine viene mandata in onda una cartolina con la didascalia
    “Gradoli – Viterbo”.
    Mario Moretti e Barbara Balzerani non avevano quindi motivi di allarmarsi e rimasero nel covo di via Gradoli 96, interno 11, scala A, situato al secondo piano dell’edificio a destra del cancello d’entrata (lo stesso civico 96 dava accesso anche ad un edificio posto sulla sinistra rispetto al cancello d’entrata) fino alla mattina dello stesso 18 aprile 1978.
    Infatti, la Scientifica della Questura di Roma, nei rilievi tecnici effettuati nel covo di via Gradoli il 18 aprile 1978, scriveva: «[…] Sul bidet poggia il quotidiano [il] “Corriere della Sera” datat[o] 17/4/1978. […]» (Commissione Moro-1, vol. 110, p. 170).
    Inoltre, nel “Verbale di inventario e sequestro di quanto rinvenuto nel covo di via Gradoli”, rapporto della Digos completato il 2 maggio 1978, si trovano elencati altri giornali successivi al 6 aprile 1978: «460) – n.3 copie del quotidiano “Il Messaggero” rispettivamente datati 30 marzo – 9 aprile e 17 aprile 1978. 461) – n.5 copie del quotidiano “Corriere della Sera” edizione romana, rispettivamente datati: 30 marzo; 7 aprile; 12 aprile, 13 aprile e 17 aprile 1978. Al giornale del 30 detto mancano due articoli rispettivamente pagina 1 e 3. […] 465) – n.6 copie del quotidiano “La Repubblica” datate rispettivamente: 30 marzo 1978 – 7 aprile – 8 aprile – 9 aprile – 12 aprile e 13 aprile. – […] 470) – Copia de “L’Espresso” n. [1]5 del 16 aprile 1978». (CM-1, vol. 111, pp. 89-90).
    Insieme di reperti che attestano la frequentazione del covo almeno fino al 17 aprile 1978.

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    1. Quindi, si deve pensare che il passaggio di una immagine di Gradoli appena prima dei due Tg di maggiore ascolto sia un caso?
      Avrebbe dell'incredibile e pertanto non lo si può credere.
      E' una scoperta a mio modo di vedere sensazionale e mi meraviglio che non sia stata ritenuta tale dall'autrice del libro.

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    2. Quindi, si deve pensare che il passaggio di una immagine di Gradoli appena prima dei due Tg di maggiore ascolto sia un caso?
      Avrebbe dell'incredibile e pertanto non lo si può credere.
      E' una scoperta a mio modo di vedere sensazionale e mi meraviglio che non sia stata ritenuta tale dall'autrice del libro.

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    3. No, è appunto un caso. Il "caso" è proprio questo.
      Anche perché vige il rasoio di Occam. Infatti se non fosse il caso quale spiegazione dovremmo dare? Qualcuno in RAI dà ordine di mettere nella pausa "intervallo" una foto di Gradoli alla sera per ottenere cosa? E sperando che l'eventuale destinatario sia davanti alla tv in quel momento. Per capire cosa? Che messaggio è?
      Appare evidente che tutto ha un senso "ex post". Quella sera milioni di spettatori hanno visto la tv e come tutte le ricostruzioni hanno documentato, nessuno sapeva della cosa tranne Prodi, la sua fonte e i vertici della DC e del Viminale.

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    4. No, scusa anonimo, ma questo non è un caso manco per niente, altrimenti equivale a credere alla seduta spiritica.
      Questa di Imperia è stata una grande scoperta, e confermo anche io, che lessi il libro appena uscito, che non mi capacitai fin da subito del perchè l'autrice la derubricò, sia pure in fora condizionale, a una mera coincidenza.
      Il 18 marzo la polizia era già stata in Via Gradoli; entro il 4 aprile c'erano statianche i carabinieri, sia pure a civici diversi ma perquisendo, in uno di questi altri civici, l'abitazione personale proprio del portiere dello stabile del civico 96 signor Scipioni; nella notte del 5 aprile una condomina sente i rumori di uno spostamento notturno; il 7 aprile nell'ora di massimo ascolto la RAI manda in onda, come ultimo fermo immagine, il paese di Gradoli; se fossi stato l'inquilino di quell'appartamento me la sarei data a gambe la sera stessa. Invece no; c'è dunque piuttosto da chiedersi come mai ciò non sia avvenuto, neppure davanti a quelle immagini e visti i precedenti (che ho citato).

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  5. 3. “L’Espresso” del 30 aprile 1978 e l’equivoco tra via Gradoli e il paese di Gradoli
    Nel commento precedente – quello del 18 maggio 2019 – si segnalava che le prime informazioni emerse su una operazione di polizia nel territorio del comune di Gradoli, alla ricerca della prigione di Moro, erano emerse dopo la scoperta del covo di via Gradoli 96 (avvenuta il 18 aprile 1978), precisamente il 22 aprile 1978 (“l’Unità”, p. 3) e il 23 aprile (“Il Messaggero”, p. 4; “il Resto del Carlino”, p. 2; “la Repubblica”, p. 6), senza accenni però alla “seduta spiritica” di Zappolino.
    Alle precedenti informazioni giornalistiche si può aggiungere anche un articolo di Gianluigi Melega pubblicato sul settimanale “L’Espresso” datato 30 aprile 1978, in edicola la settimana precedente, pertanto coevo con gli articoli dei giornali. A prescindere da qualche confusione cronologica, va notato che viene citato un «dirigente democristiano», di cui non viene fatto il nome, e si evidenzia l’«“equivoco”» tra «via Gradoli» e «il paese di Gradoli» (un fraintendimento non chiarito neppure dopo oltre 40 anni da quegli avvenimenti).
    Ecco cosa scriveva Melega: «2) Nell’ultima decade di marzo [1978] un dirigente democristiano raccoglie una soffiata precisa e urgente, e la passa al ministero dell’Interno. «Cercate Moro in via Gradoli». Per un “equivoco” ancora da chiarire (chi ha “equivocato”?, chi esattamente ha dato gli ordini?) un reparto di polizia va a perquisire a fondo il paese di Gradoli, in provincia di Viterbo, naturalmente senza risultati.
    3) La soffiata viene ripetuta, con insistenza. Stavolta i poliziotti vanno in via Gradoli, ma davanti alla porta chiusa dei brigatisti passano oltre. Secondo l’ex deputato comunista Davide Lajolo, molto bene informato a Botteghe Oscure, essi avevano l’ordine di non insistere.» (Gianluigi Melega, Intanto al Viminale fanno il gioco degli errori, “L’Espresso”, n. 17, 30 aprile 1978, p. 10).
    Per l’originale dell’articolo si veda al seguente link, a p. 500 del pdf
    http://www.gerograssi.it/cms2/file/casomoro/B174175/B175/0557_031.pdf

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  6. 4. Il silenzio di Mino Pecorelli sulla vicenda della seduta spiritica
    È strano che Mino Pecorelli non abbia trattato di una vicenda così peculiare come la seduta spiritica dei professori bolognesi negli articoli del suo settimanale “OP”, né durante i 55 giorni del sequestro di Moro, né – cosa ancora più strana – dopo l’articolo di Martinelli e Padellaro del 17 ottobre 1978 sul “Corriere della Sera” (l’articolo fu forse “oscurato” dall’elezione del nuovo pontefice, Giovanni Paolo II, avvenuta il giorno precedente).
    Ho trovato un solo accenno all’equivoco Gradoli paese/Gradoli via di Roma in un articolo di “OP” datato 20 marzo 1979, dove si legge: «E, a proposito di via Gradoli, è stato ammesso ufficialmente che, alla segnalazione, la polizia si precipitò a Gradoli e non a via Gradoli a Roma. Basta questo per mettere sotto processo gli inetti ai quali era stata affidata la vita di un uomo?» (Terrorismo. Aldo Moro un anno dopo, “OP”, n. 11, 20 marzo 1979, p. 12).

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