giovedì 7 novembre 2024

LA DIGOS SAPEVA ESATTAMENTE “DOVE” CERCARE GIA’ IL 20 MARZO ?

 

LA STORICA LIBRERIA “L’USCITA” DI ROMA.

LA FAMIGLIA GAGGIO-GIULIANI, GIORGIO CONFORTO, FRANCO ALUNNI.

E CORRADO SIMIONI.

LA DIGOS SAPEVA ESATTAMENTE “DOVE” CERCARE GIA’ IL 20 MARZO 1978?

 

(di Andrea Guidi )

 

I)  IL QUADRO GENERALE. ANTEFATTO.   

LA STORICA LIBRERIA “L’USCITA” DI ROMA ED ALCUNE RELAZIONI PERSONALI .

Mercoledì 2 settembre 1970, nella Atene del regime fascista dei colonnelli greci, fallisce tragicamente un attentato- ispirato idealisticamente alle istanze della resistenza greca contro il regime - contro l’ambasciata americana.

I due attentatori, morti nell’esplosione prematura della Volskwagen azzurra con targa svedese che doveva fungere da autobomba, vengono identificati in:

Maria Elena Angeloni, milanese di 31 anni, e Giorgios Tsikouris, 25 anni, studente greco-cipriota residente a Milano.

Alberto Franceschini, ex leader BR, ha avanzato l’ipotesi che il mandante dell’attentato sia stata la Hyperion, guidata da Corrado Simioni (riproduciamo sinteticamente quanto qui riportato, sopra e in seguito, salvo diverse indicazioni, come esposto nel saggio “Untold- La veria storia di Giangiacomo Feltrinelli”, di Ferruccio Pinotti, ed. Fuori Rotta-Inchiesta, 2022, pagg. 325 e segg.).

A quell’attentato, organizzato, a quanto si evince dal testo citato, dal gruppo di Simioni (che gli ex leader brigatisti chiamavano dispregiativamente “le zie rosse”), sarebbe emerso che a detta di Franceschini, Curcio e Buonavita, avrebbe dovuto partecipare, in origine, Mara Cagol, moglie di Curcio, cosa che mandò su tutte le furie Curcio stesso e compagni, e li indusse a diffidare, più di quanto già non facessero, del gruppo di Simioni (“Untold”, cit. pagg. 326 e segg.).

Per uno dei tragici ricorsi della Storia, il nipote acquisito di Maria Elena Angeloni (cioè la vittima dell’attentato di Atene del 1970), Carlo Giuliani, verrà ucciso a Genova durante i noti disordini durante il G8 del 2001 tenutosi in quella città.

La famiglia acquisita di Maria Elena Angeloni era infatti quella delle sorelle Anna Gaggio e Haidi Gaggio in Giuliani (al secolo Adelaide Cristina Gaggio Giuliani), titolari ed animatrici tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 della storica libreria “L’Uscita”, di Via dei Banchi Vecchi 45, a Roma: Haidi Gaggio in Giuliani, madre di Carlo ucciso a Genova nel 2001, era, tra l’altro, la sorella minore di Veniero Gaggio, ex marito dell’attentatrice di Atene (la “sostituta” di Mara Cagol).

Sicuramente una famiglia cui i gravi lutti non sono mancati.

In merito all’attentato di Atene - non costituente specifico oggetto di queste note - si rinvengono alcuni documenti con annesse brevi note biografiche di Maria Elena Angeloni, nei lavori della prima Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro (di seguito, ove citata, CM-1), e precisamente in Vol. 100, pagg. 565 e segg. (interrogatorio di Michele Galati da parte della Procura di Venezia del 4 marzo 1982), ed in particolare Vol. 126, pagg. 497 e segg, documenti ai quali rinvio il lettore.

La libreria “L’Uscita” fu senza ombra di dubbio un emblema della cultura della sinistra e della intellettualità extraparlamentare e “terzomondista” romana (ma non solo) in quegli anni, una fucina di incontri letterari, cinematografici, artistici, meta di personaggi di alto livello culturale gravitanti attorno a quell’ambiente in quegli anni.

Ho avuto la fortuna di acquistare alcuni anni or sono, presso la libreria “Fahrenheit 451” in Campo de Fiori, a Roma, che in qualche modo ne è l’erede culturale, l’ormai raro libello “La Cultura brucia- Anna e la libreria L’Uscita nella Roma degli anni ‘70” (ed. Bibliosofica, 2010, a cura di Giovanni Feliciani, Catia Gabrielli, Gianni Peg), che racconta la storia e le vicissitudini (inclusi un paio di incendi subiti dai fascisti) di quella libreria. Libello – che ha anche il raro pregio della brevità - al quale rimando per una più ampia visione della storia della libreria, e che restituisce alla perfezione il clima sociale e politico di quegli anni, oltre che per alcuni utili cenni alla storia familiare dei titolari.

Sulla storia della libreria “l’Uscita” (poi “Odradek”) unisco qui un paio di links:

https://www.machina-deriveapprodi.com/post/anna-gaggio-e-la-libreria-uscita-di-roma

https://ilmanifesto.it/dopo-25-anni-chiude-a-roma-la-storica-libreria-odradek-

Gli eventi che affronterò nel prosieguo di questo scritto riguardano il sequestro di Aldo Moro, ed è dunque bene chiarire sin d’ora che né la famiglia Gaggio-Giuliani, nè la storica libreria “L’Uscita” sono minimamente coinvolte attivamente nella vicenda.

Come si vedrà, la libreria “L’Uscita” e le famiglie Gaggio-Giuliani fungono esclusivamente da cornice entro la quale si collocano i fatti che intendo trattare.

Il figlio di Maria Elena Angeloni (l’attentatrice di Atene perita nel fallito attentato) e di Veniero Gaggio, Federico Gaggio, classe 1962, ha comprensibilmente compiuto personali ricerche nel tentativo di individuare le responsabilità della morte della madre, in particolare con riferimento all’origine della fornitura dell’esplosivo risultato “difettoso” (“Untold”, op. cit., pagg. 332 e segg.).

A prescindere dai ricordi riportati a Ferruccio Pinotti da Federico Gaggio in merito agli stretti rapporti di affetto e di comune militanza politica iniziale tra la madre e la ex cognata Haidi Gaggio Giuliani (entrambe iscritte per un periodo alla stessa sezione milanese del P.C.I.,  e la cui amicizia si rafforza a dispetto della separazione tra la Angeloni e il marito, fratello di Haidi Gaggio, fino a quando poi la prima percorrerà una strada diversa che la condurrà alla morte, ad Atene), per quanto ci interessa in questa sede occorre riportare quanto riferito dallo stesso Federico Gaggio a Ferruccio Pinotti in ordine alla figura di Corrado Simioni e ai rapporti dei suoi familiari con costui.

Riferisce Pinotti, in merito (op. cit., pag. 337), che a Federico Gaggio “non constano contatti (di Simioni) con sua madre, ma segnala: “Mio padre invece lo incontrò attraverso la sua nuova compagna di allora, Carla (Veniero Gaggio e la Angeloni erano già separati quando costei perì a Atene). Simioni frequentava una ragazza di nome Gabriella, che poi diventò sua moglie, che viveva con Carla nel pensionato universitario femminile. Di Simioni ricordano poco, solo che era un tipo equivoco e che su di lui giravano voci inquietanti: che forse era un infiltrato della polizia, o dei servizi segreti italiani o stranieri”.

L’Autore in nota in calce n. 93 precisa, quanto alla menzionata “Gabriella”, compagna e poi moglie di Simioni, che “si tratta di Gabriella Giuliani”.

Questo ermetico riferimento dell’Autore alle succinte generalità della compagna e futura moglie di Simioni, non mi consente di stabilire se la citazione di Gabriella Giuliani sia riportata per stabilire un ponte di collegamento tra costei, la famiglia Gaggio/Angeloni/Giuliani (inteso quest’ultimo cognome quale quello del marito di Haidi Gaggio) e Corrado Simioni: collegamento che, come si vedrà tra poco, appare tracciato senza però anche in tal caso alcuna ulteriore precisazione- quasi fosse un’illazione, ma data la fonte, appare improbabile che lo sia -  da una testimonianza resa all’Autore stesso da Oreste Scalzone.

Pertanto, se ci riferiamo alla ricostruzione della anagrafica personale e familiare di Gabriella Giuliani, al momento in cui scrivo, non mi è dato sapere di chi si tratti, a parte l’acclarato rapporto (anche) sentimentale e poi coniugale con Corrado Simioni.

Viceversa, se volgiamo lo sguardo alla storia della sua militanza politica, i pur brevi cenni rintracciabili nei volumi della CM-1, di cui riferirò tra poco, sono ampiamente sufficienti per accertare e delineare la collocazione e l’attività di Gabriella Giuliani. Lo vedremo tra breve.

Tornando ai possibili dati anagrafici personali e ad una eventuale indagine storica sulla famiglia di origine, posso solo limitarmi ad annotare la ricorrenza – mel complessivo contesto di cui sto trattando - del cognome Giuliani, ed il fatto che Gabriella Giuliani risulta nata a Gorizia il 13 marzo 1933, senza che tuttavia io possa, per l’appunto, stabilire attualmente eventuali parentele con il resto della famiglia Gaggio/Giuliani.

Ho scritto in proposito, per avere eventuali altre informazioni, una mail all’Autore del citato saggio su Feltrinelli in data 6 ottobre 2024 al suo indirizzo editoriale, rimasta ad oggi senza risposta; peraltro, fermo restando che l’Autore non era (non è) tenuto a rispondermi, non posso neppure escludere che quell’indirizzo editoriale – segnalatomi da amici e colleghi di ricerca - sia per ipotesi ormai inattivo. La speranza è quindi che Ferruccio Pinotti abbia modo di leggere queste righe.

Mi limito a rilevare comunque, come ho fatto nella mia mail all’Autore, che resta il fatto che il rinvio nella citata nota in calce al nominativo completo della Giuliani, da parte di Pinotti, che ho testualmente sopra riportato in corsivo, ha un tono estremamente assertivo, tranchant direbbero i francesi: come se il lettore dovesse quasi sapere di necessità chi fosse Gabriella Giuliani ovvero, se si preferisce, come se di costei risultassero trattate nel testo, precedentemente, altre note biografiche: che in realtà non risultano, e che, per quanto inerente la sua storia politica, come ho accennato, ho invece rintracciato- con la collaborazione degli amici del gruppo di studio “Sedicidimarzo” (ed in particolare di Franco Martines, che ringrazio) , in alcuni documenti presenti nei volumi della CM-1.

La questione di chi fosse, nel suddetto senso di origine familiare personale,  Gabriella Giuliani, compagna e poi moglie di Corrado Simioni, potrebbe non essere esattamente irrilevante, in quanto, come evidenzierò solo alla fine di questo scritto (per mia opzione narrativa volta a non diluire l’oggetto essenziale di queste note), non solo il cognome Giuliani è prima di tutto quanto mai ricorrente nel milieu che stiamo affrontando, ma secondo poi è strettamente collegato, per quanto ovviamente potrebbe essere per mera omonimia,  a un personaggio non di secondo momento, emerso- suo malgrado o meno - nella vicenda Moro successivamente alla tragica conclusione del sequestro. Per meglio dire, forse: emerso, a quanto risulta ufficialmente fino ad oggi, solo successivamente.

Come accennavo, gli scarni ma chiari riferimenti documentali che – con la citata collaborazione di Franco Martines e del gruppo di studio cui appartengo - sono riuscito a rintracciare sulla persona di Gabriella Giuliani, consistono in alcune tracce, presenti nei volumi della CM-1, che attestano senza ombra di dubbio la collocazione di Gabriella Giuliani nel contesto extraparlamentare della sinistra della fine degli anni 60 e degli anni ’70; tracce, tra le quali mi paiono  particolarmente riepilogative: a)  quella che si riferisce alla sua partecipazione al noto convegno di Chiavari presso il centro “Stella Maris” del novembre 1969 (con lo stesso Simioni, Curcio, Cagol, Moretti, ecc.), ritenuto una tappa fondamentale nella nascita delle BR (alle quali peraltro non aderirono comunque tutti i partecipanti a quel convegno, e di sicuro non risulta avere aderito la Giuliani); b) e quella  contenuta in un documento concernente – tra l’altro - gli esiti di una relazione di indagine di inizio anni ’80 sulla nota “scuola di lingue” parigine Hyperion, che vede la Giuliani menzionata tra le persone aventi in qualche modo come referente quel “centro” parigino (di nuovo, tra gli altri, con l’ormai ex marito Corrado Simioni, che a quanto pare in quegli anni aveva ormai una nuova compagna, parimenti identificata come partecipante di quella struttura).

Specificamente, la partecipazione della Giuliani al convegno di Chiavari “Stella Maris” del 1969 è attestata nel documento in CM-1, Vol. 27, pag. 176:




Mentre gli esiti degli accertamenti concernenti la “Hyperion” si rinvengono in CM-1, Vol. 103, pagg. 509-510:


Da quest’ultimo documento, si ricava, se non altro, anche la paternità, ovvero “Giuliani Gabriella di Giuseppe”; tuttavia non sono riuscito a risalire oltre ad ulteriori parentele.

Premesso che non mi è chiaro perché Ferruccio Pinotti – data la storia personale della Giuliani, a mala pena citata in nota con nome e cognome solo in quanto moglie di Simioni- non abbia riportato almeno brevi cenni sulla storia politica di Gabriella Giuliani, osservo che, tornando all’aspetto topico della causa, dell’origine, dei rapporti tra la Angeloni in Gaggio, i Gaggio-Giuliani stessi e Corrado Simioni, occorre, al momento, restare a quanto registrato e riportato con certezza da Pinotti nella sua ricerca; in merito, è significativo trascrivere qui la testimonianza resagli da Oreste Scalzone (op. cit. pag. 484), alla quale ho già fatto cenno poc’anzi, in risposta ad una domanda dell’Autore inerente l’eventualità che la latitanza di Feltrinelli “autoimpostasi”- a quanto pare -  dall’editore poco prima della strage di Piazza Fontana potesse implicare una sua conoscenza dell’imminenza di “qualcosa di grosso” e quindi volersi precostituire un alibi.

Riferisce, in merito, Pinotti:

“ Scalzone (alla domanda di cui sopra) non risponde in modo diretto, ma significativamente sposta il discorso su un altro attentato: ”Permettimi di dirti la mia ipotesi: prima o poi dovremo toccare un nodo complesso che tocca Pinelli (nda: ovviamente non ho alcun modo né interesse, in questa sede, di comprendere od affrontare il riferimento fatto da Scalzone a Pinelli): è quello dell’autobomba di Atene (dove morirono Angeloni e Giorgos Christou Tsikouris nel 1970…), la persona che era morta lì era praticamente la sorella in spiritu di Haidi Giuliani (Adelaide Cristina Gaggio, cognata di Maria Elena Angeloni…) e lì c’è l’intreccio con Corrado Simioni…”     (la sottolineatura è mia).

Purtroppo non seguono ulteriori dettagli sul collegamento fatto da Scalzone tra la Angeloni, Haidi Gaggio in Giuliani e Corrado Simioni.

Tuttavia in questa sede possiamo possiamo accontentarci, e ritenere autosufficiente, il fatto in sé che quel collegamento sia stato tracciato, dall’ex leader di Potere Operaio.

Conclusivamente sul punto: come ho scritto a Ferruccio Pinotti chiedendogli eventuali ulteriori dettagli nella mail di cui ho fatto cenno poc’anzi,  è evidente che se Scalzone stabilisce un nesso tra la Angeloni, Haidi Gaggio-Giuliani e Corrado Simioni, ciò deve essere fondato su un qualche rapporto tra i Gaggio-Giuliani e Simioni stesso, visto che il figlio della Angeloni (Federico Gaggio), come ho evidenziato sopra, ha affermato che non gli constavano rapporti diretti tra Simioni e la madre, morta ad Atene. Non solo: stando al testo di Pinotti (pagg. 334-335 e soprattutto nota in calce n. 90), Federico Gaggio gli ha precisato che “la loro (dei suoi genitori, Maria Elena Angeloni e Veniero Gaggio) maturazione politica è avvenuta in parallelo e contemporaneamente, a partire dal 1966-67…..Tuttavia Veniero (il padre) non sapeva del coinvolgimento di Elena con la Resistenza greca  fino all’annuncio della sua morte, ricevuto in maniera scioccante e brutale il giorno stesso da un giornalista cinico a caccia di indiscrezioni”. E nella citata nota in calce n. 90, l’Autore segnala che “in merito all’impegno politico del padre (Veniero), Federico Gaggio precisa:” So che mio padre andò solo una volta ad una riunione del Cpm (il collettivo politico metropolitano, il primo nucleo delle future Brigate Rosse, nda), dove mi raccontò di avere avuto l’impressione che fossero un po' cialtroni e non attendibili”.

Se aggiungiamo che, per l’appunto, all’epoca dell’attentato di Atene la Angeloni e Veniero Gaggio erano già separati da alcuni anni, mi sembra si possa concludere che “l’intreccio” interpersonale di cui Oreste Scalzone ha parlato a Pinotti , non discendesse neppure dalla mera conoscenza attestata, come ho riportato poc’anzi,  da Federico Gaggio, tra il padre Veniero e Corrado Simioni.

Come detto, non ho al momento avuto ancora attendendo risposta da parte dell’Autore alla mia richiesta di eventuali ulteriori dettagli in merito all’”intreccio” riferito da Scalzone; mi limito però immodestamente ad osservare che la logica sottesa all’impostazione della mia richiesta di cui sopra mi appare onestamente ineccepibile. Ripropongo quindi – sempre per logico corollario-  la domanda, non solo a beneficio del lettore, ma anche nella speranza che qualcuno che conosca altri dettagli in merito possa e voglia contribuire:

qual era il nesso che, a detta di Scalzone, legava le persone, e le famiglie, di Maria Elena Angeloni, i Gaggio-Giuliani e Corrado Simioni?

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II) ROMA, 20 MARZO 1978. IL SEQUESTRO DI ALDO MORO E LA ASSAI TEMPESTIVA PERQUISIZIONE DELLA DIGOS ALLA LIBRERIA “L’USCITA” .

Un breve chiarimento preliminare riguardo al sottotitolo di questo scritto, cioè “La Digos sapeva esattamente dove cercare già il 18 marzo 1978?”.

Se ci riferiamo a coloro che gli investigatori dell’epoca ipotizzarono a caldo poter essere tra gli esecutori/organizzatori diretti del sequestro, la risposta affermativa è evidente, in quanto è fatto assodato che fin dalle prime ore dopo la strage di Via Fani vennero esperiti accertamenti presso i domicili noti, tra gli altri, di Valerio Morucci e Lanfranco Pace.

Già il 17 marzo, infatti, venivano eseguite perquisizioni degli ex appartenenti a Potere Operaio “e dal quale molti transitarono successivamente nelle file della cosidetta “Autonomia Operaia””, tra i quali, appunto, Lanfranco Pece, Valerio Morucci, Rossini Stefania (moglie di Pace); CM-1, vol. 30, pag. 138 e seguenti.

I domicili, compreso quello materno, di Adriana Faranda erano stati perquisiti invece già prima del sequestro Moro a seguito dell’arresto dell’ex marito Luigi Rosati (CM-1, vol. 30, pagg, 434 e segg.).

Adriana Faranda è quindi addirittura, ai nostri fini, “fuori tema”, essendo stata sospettata di appartenenza alle BR già da prima del sequestro Moro.

Il punto che intendo brevemente trattare riguarda invece l’individuazione, per quanto mi interessa, nell’ottica investigativa, dello “spazio” collaterale, che in effetti sarebbe emerso in seguito, sia durante il sequestro (rapporti ex Potere Operaio come Piperno tanto con Morucci e Faranda che con il PSI) che successivamente alla sua tragica conclusione (arresto di Morucci e Faranda in casa di Giuliana Conforto, figlia del noto Giorgio), “spazio” che si rivelò essenziale tanto durante il sequestro per i contatti - all’epoca in sostanza clandestini, almeno per l’opinione pubblica- con il mondo politico, che dopo la sua conclusione, con la pur precaria offerta di un transitorio e inutile rifugio a Morucci e Faranda, resisi nel 1979 fuggiaschi dalle BR.

Si tratta di un aspetto di primaria importanza, che arrivo  - buon ultimo - a ricordare, in quanto coinvolgente la notoria questione degli incontri di Morucci e Faranda con Piperno e Pace, e di questi con alcuni qualificati esponenti socialisti, durante il sequestro, svoltisi costantemente (ed incredibilmente) in modo indisturbato in luoghi pubblici (ristoranti romani) , senza che gli investigatori siano mai riusciti ad intercettare e seguire questi movimenti per risalire alla prigione (e ai carcerieri) di Aldo Moro.

Molte e molte pagine sono state scritte, tanto nella pubblicistica che nelle sedi istituzionali (atti giudiziari, atti delle Commissioni parlamentari di inchiesta sul caso Moro e sulle Stragi, ecc.) su questo aspetto della vicenda; pagine alle quali rinvio volentieri.

La mia attenzione in questa sede, infatti, è rivolta esclusivamente ad evidenziare, con un rapido esame, un piccolo, singolo ma a mio avviso significativo episodio che si iscrive, a mio avviso, di pieno diritto in questo filone della vexata quaestio della mancata individuazione – almeno a quanto risulta ufficialmente- del sottobosco che si agitava attorno e dentro il sequestro e nel quale avvenivano incontri “indicibili” e si smistavano messaggi e missive, anche del prigioniero, senza che nessun protagonista venisse mai intercettato. Salvo arrivare, a fine maggio 1979, all’”insperato” arresto di Valerio Morucci e Adriana Faranda in casa di Giuliana Conforto in Viale Giulio Cesare, nel quartiere Prati di Roma.

Sintetizzando quello che è alla fin fine lo scopo centrale di questo breve articolo, voglio dire che, in aggiunta agli elementi desumibili dalle immediate perquisizioni di cui sopra a carico di elementi come Valerio Morucci e Lanfranco Pace, nonché, addirittura prima del sequestro, di Adriana Faranda, occorre chiedersi se la perquisizione alla libreria “L’Uscita” del 20 marzo 1978 concorra ad attestare, peraltro con contorni più sfuggenti e non immediatamente percepibili (probabilmente neppure da parte della magistratura inquirente) , che la Digos, già nei primi giorni del sequestro, sapesse esattamente dove e chi cercare, non solo nel potenziale ambito di coloro che potevano presumersi direttamente coinvolti nel sequestro, ma anche con riferimento a persone che potessero far parte di quell’ambiente, l’humus, direi, di contorno, che avrebbe poi funzionato tanto da spazio vitale per lo svolgimento di indefettibili attività collaterali al sequestro stesso e ai tentativi -variamente posti in essere- di una sua soluzione positiva, quanto da “zona franca”, rivelatasi quanto mai fragile e permeabile, per Morucci e Faranda in fuga dai loro stessi ex compagni.

Vengo al dunque.

Il 20 marzo 1978, solo quattro giorni dopo il sequestro, su richiesta del commissario della Digos Mario Fabbri (poi capocentro Sisde a Roma) , il Sostituto Procuratore Infelisi autorizzava la perquisizione della libreria “L’Uscita” in Via dei Banchi Vecchi (tralasciamo l’erronea indicazione del numero civico); la richiesta era stata attivata da imprecisate notizie giunte alla DIGOS in merito alla presunta presenza, nella libreria, di “fiancheggiatori” delle Brigate Rosse (CM-1, vol 112, pagg. 242):




Quello stesso giorno, a seguito dell’autorizzazione del magistrato, veniva effettuata la perquisizione, della durata di circa 45 minuti, tra le 18.55 e le 19.40, ora di inizio di stesura del verbale, chiuso alle 19.55 (CM-1, Vol. 112, pag. 240), alla presenza della titolare Anna (Annamaria) Gaggio, la quale nominava come legale di fiducia l’Avv. Lagostena di Genova, che a sua volta delegava anche l’Avv. Eduardo Di Giovanni di Roma (costante presenza, quest’ultimo, nell’assistenza legale  a persone coinvolte, a vario titolo, nella vicenda Moro).

Attestato, nel verbale, l’esito negativo della perquisizione, il verbalizzante proseguiva curiosamente, e senza particolari spiegazioni, con l’individuazione, tra le varie schede degli associati (si trattava ovviamente di un circolo culturale con iscrizioni aperte, e quindi con numerosi aderenti, a quanto risulta dalla storia della libreria prima sintetizzata), di un unico nominativo, “per ogni futura ed ulteriore indagine”:

Franco Alunni (seguiva il numero di telefono):




 

Questa perquisizione pone almeno due ordini di interrogativi,

Il primo: in base a quale “notizia” la Digos ritenne di doversi attivare per perquisire la libreria?

Il secondo: perché, specie a fronte del palesato esito negativo della perquisizione, si ritenne di segnalare, pur nell’intuibile presenza di numerosi iscritti, proprio il nome di Franco Alunni?

Quanto al primo interrogativo, occorre anzitutto distinguere il concetto di “notizia”, intesa come origine o causa dell’informazione, dalla notizia come “fatto”, cioè ipotesi reato: la prima è ignota; la seconda è palese, parlandosi nella richiesta al magistrato di un’ipotesi di fiancheggiamento di un’organizzazione terroristica.

E’ quindi la prima nozione di “notizia” che resta oscura.

Va qui ribadito che la libreria “L’uscita” (la sua dirigenza ed i suoi iscritti) rimase, infatti, di per sé sempre estranea alla vicenda del sequestro Moro.

Qual era quindi la fonte, cioè l’origine, la causa, della “notizia” della presenza di possibili fiancheggiatori delle BR nella libreria?

Visto che non risulta, almeno per quanto reso sin qui pubblico, alcun seguito di indagine, quanto meno nel contesto del sequestro Moro, sulla persona di Franco Alunni – l’unico nominativo segnalato – si può solo ipotizzare – ripeto: ipotizzare – che:

a)    la libreria fu sottoposta ad attenzione genericamente, in quanto era nota ormai da anni per l’indirizzo della propria attività politico-culturale; e allora la perquisizione fu nulla più che uno dei velleitari ed inutili tentativi possibili nell’ambito di ambienti genericamente simpatizzanti per la sinistra extra istituzionale;

b)    oppure la libreria fu oggetto di attenzione perché- forse: ma non c’è certezza alcuna nelle fonti- erano noti i rapporti di parentela o comunque di legami di conoscenza pregressi, delle proprietarie con la defunta attentatrice di Atene e, ancora, proseguendo nel percorso delle relazioni personali, erano – forse – noti eventuali rapporti, fossero anche indiretti, con il già noto Corrado Simioni.

In mancanza di una compiuta allegazione dei registri integrali con tutti i nominativi degli iscritti, ed in mancanza in ogni caso di qualunque seguito di indagine od altro riferimento, non posso andare oltre le due mere ipotesi poc’anzi formulate.

C’è in realtà una terza possibilità che si lega direttamente al secondo quesito; e cioè che si andò a cercare lì proprio per la presenza di Franco Alunni, ma questa eventualità appare debole, perché le indagini sui singoli individui potevano ben essere fatte, e venivano fatte, direttamente nei domicili noti di costoro.

Tuttavia- e vengo appunto al secondo quesito – resta il fatto che stranamente si mise in rilievo proprio ed esclusivamente quel nome; e ciò è strano a maggior ragione a fronte dell’attestato esito negativo della perquisizione.

Perché, infatti, nell’ambito di una perquisizione senza esito, avrebbe dovuto attirare l’attenzione degli investigatori della Digos un solo nome in particolare?

A questo secondo quesito, una risposta, come dirò tra breve, può essere data.

Escludo prima di tutto che quel nome possa avere “colpito” gli agenti della Digos per un eventuale rapporto di parentela con Corrado Alunni. A me personalmente non risulta nulla del genere, e, ripeto, nel contesto del sequestro Moro non risulta alcun seguito di indagine nei confronti di Franco Alunni, tanto meno quale parente del noto Corrado.

La Digos aveva poi di certo gli strumenti per verificare preventivamente le parentele dei sospettati di partecipazione all’agguato (come acclarato dal fatto che, con riguardo a Morucci, Faranda e Pace, vennero fatti oggetto di perquisizione anche i domicili di genitori e coniuge), e quindi anche, a posteriori, le parentele dello stesso Franco Alunni, il quale però non fu mai oggetto di alcun supplemento di indagine per la vicenda Moro, almeno a quanto risulta dagli atti disponibili.

Il punto, piuttosto – ed è la risposta cui mi riferivo – è che Franco Alunni risultava in stretti rapporti con il ben noto (già da anni addietro per il SID) Giorgio Conforto, l’agente del KGB “Dario”, ma in odore di doppiogiochismo (per una utile ed efficace sintesi sulla figura di Conforto rinvio alla citata opera di Pinotti, pagine 169-170).

Di questo stretto contatto tra Conforto e Franco Alunni, classe 1927, vi è già sintetica ma più che sufficiente traccia nel saggio “Cuore di Stato” (ed. Mondadori, 2017, pag. 253) dell’ex magistrato Carlo Mastelloni (che ebbe modo di studiare la documentazione in materia nella sua attività di consulente della Commissione “Mitrokhin”).

Franco Alunni sarebbe stato in sostanza una sorta di mandatario di Conforto per l’osservazione, nell’interesse del KGB, dell’attività di Potere Operaio (gruppo storico della sinistra extraparlamentare al quale tra l’altro erano appartenuti- oltre a Valerio Morucci ed altri poi transitati nelle BR- la stessa figlia di Conforto, Giuliana, e il di lei marito, Massimo Corbò).

Notizie più estese e dettagliate dei rapporti tra i due, emergono senza tema di smentita e con piena consistenza, nel documento, di cui al link seguente, acquisto dalla seconda Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro (CM-2), declassificato nel 2018 (in particolare pagg. 15 e seguenti del pdf), alla lettura del quale mi limito a fare rinvio:

https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/B171/0875_002.pdf

Il documento reca rapporti di indagine del 1979 scaturiti dall’arresto dei due ex BR Morucci e Faranda in casa della figlia di Conforto (che fu transitoriamente ma assai brevemente sottoposta ad indagine, uscendone assai presto immune); tuttavia, dal loro tenore si deduce chiaramente che le notizie sui due risalivano ad indagini assai antecedenti.

Per inciso, da questo documento emerge come entrambi -Conforto e Franco Alunni - avessero aderito al movimento di “libero pensiero” Giordano Bruno, che il documento stesso definisce di “ispirazione radicale”; il che getta ampi dubbi su una loro profonda adesione agli ideali marxisti-leninisti. Un analogo percorso verso movimenti definibili qui, per esigenze di sintesi, come “new age”, pare abbia sia stato poi seguito dalla figlia di Conforto, Giuliana, in anni successivi a quei fatti.

In altre parole: è del tutto verosimile che il nome di Franco Alunni, durante la perquisizione nella libreria “L’Uscita”, fu rilevato, non a caso con la precisazione “per ogni futura ed ulteriore indagine”, proprio in quanto alla Digos erano noti i suoi rapporti con Giorgio Conforto, a casa della cui figlia Giuliana furono poi arrestati nel maggio 1979 Morucci e Faranda, in un’operazione dai contorni oscuri che hanno occupato non poco la seconda Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro di Aldo Moro negli anni scorsi.

In conclusione, anche con riferimento all’ambiente “collaterale” al sequestro di Aldo Moro, che riconduceva in sintesi agli ex appartenenti di Potere Operaio, quell’ambiente nel quale si svolsero incontri e trattative prima, e nel quale trovarono effimero rifugio poi Morucci e Faranda, la risposta alla domanda iniziale a mio parere non può che essere positiva:

già il 20 marzo 1978 la Digos sapeva esattamente chi, cosa e in quale ambito cercare.

La domanda successiva è necessariamente perché – almeno apparentemente – non si utilizzò questa conoscenza per arrivare ai sequestratori di Moro.

III) POST SCRIPTUM: ANCORA SUL NOME GIULIANI.

In precedenza, paragrafo I), ho posto e lasciato in sospeso la questione della possibile rilevanza di comprendere chi fosse- sul piano dell’origine familiare/parentale -  la menzionata Gabriella Giuliani, come abbiamo visto compagna e poi moglie di Corrado Simioni ed impegnata nella sinistra extraparlamentare; in quanto, come ho osservato, il cognome Giuliani è quanto mai ricorrente nel milieu che abbiamo analizzato.

Per la precisione, ho anticipato che questo cognome trova riscontro in uno specifico legame, fosse anche per una possibile se non probabile omonimia, con un personaggio che, come ho riferito, non è di secondo momento- suo malgrado o meno - nella vicenda Moro successivamente alla tragica conclusione del sequestro.

Costui è proprio Giorgio Conforto.

La moglie di Conforto si chiamava infatti Elda Giuliani, classe 1911.

Il dato risulta pubblicamente, precisamente dalla Relazione finale della CM-2 dell’anno 2016, pag. 139 al link seguente:

https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD047123/20161220_sten116.pdf

Come ho più volte sottolineato, potrebbe trattarsi naturalmente -e probabilmente lo è - di un’omonimia, rispetto al nucleo familiare Gaggio-Giuliani.

Al momento, personalmente, non ho dati specifici, e devo pertanto adagiarmi sul terreno della ricorrenza di una mera coincidenza anagrafica.

La qual cosa, tuttavia, rende forse a maggior ragione fondata la necessità di conoscere più in dettaglio, se possibile, quale fosse allora il nesso cui si riferiva Oreste Scalzone, nel colloquio con Ferruccio Pinotti, tra il nucleo familiare Gaggio-Giuliani/Angeloni, da un lato, e Corrado Simioni, dall’altro.

 

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2 commenti:

  1. Grazie per il vostro incredibile lavoro.

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  2. Per quanto sia antipatico commentare un proprio articolo, nella fattispecie vale la pena farlo, in quanto si tratta di una precisazione che, a scanso di equivoci, è di carattere strettamente oggettivo. A sgombrare il campo da possibili dubbi capziosi (ed inutili) sulla coincidenza di persona tra il Franco Alunni della perquisizione alla libreria "L'Uscita", ed il Franco Alunni oggetto- ex multiis- nei documenti di indagine presenti nei documenti uniti nel file che ho citato esistente sul sito dell'On. Gero Grassi, c'è il numero di telefono, che, al netto di un banale errore di trascrizione in uno dei due testi citati (non so, ovviamente, quale),è il medesimo: 552618, nel documento presente a pag. 20 del file sul sito dell'On. Grassi, e 555 (così pare la terza cifra) 2618, nel verbale di perquisizione della libreria "L'Uscita. E' quindi consigliabile per chiunque astenersi, tanto per iniziare, da dubbi sull'identità di persona, con grande giovamento per l'eventuale sviluppo della ricerca sulla questione.

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