LA STORICA LIBRERIA “L’USCITA” DI ROMA.
LA FAMIGLIA GAGGIO-GIULIANI, GIORGIO
CONFORTO, FRANCO ALUNNI.
E CORRADO SIMIONI.
LA DIGOS SAPEVA
ESATTAMENTE “DOVE” CERCARE GIA’ IL 20 MARZO 1978?
(di Andrea Guidi )
I) IL QUADRO GENERALE. ANTEFATTO.
LA STORICA LIBRERIA “L’USCITA” DI ROMA ED ALCUNE RELAZIONI PERSONALI .
Mercoledì 2 settembre 1970, nella Atene
del regime fascista dei colonnelli greci, fallisce tragicamente un attentato-
ispirato idealisticamente alle istanze della resistenza greca contro il regime
- contro l’ambasciata americana.
I due attentatori, morti nell’esplosione
prematura della Volskwagen azzurra con targa svedese che doveva fungere da
autobomba, vengono identificati in:
Maria Elena Angeloni, milanese di 31 anni,
e Giorgios Tsikouris, 25 anni, studente greco-cipriota residente a Milano.
Alberto Franceschini, ex leader BR, ha
avanzato l’ipotesi che il mandante dell’attentato sia stata la Hyperion,
guidata da Corrado Simioni (riproduciamo sinteticamente quanto qui riportato,
sopra e in seguito, salvo diverse indicazioni, come esposto nel saggio “Untold-
La veria storia di Giangiacomo Feltrinelli”, di Ferruccio Pinotti, ed.
Fuori Rotta-Inchiesta, 2022, pagg. 325 e segg.).
A quell’attentato, organizzato, a quanto si evince dal testo citato, dal gruppo di Simioni (che gli ex leader brigatisti chiamavano dispregiativamente “le zie rosse”), sarebbe emerso che a detta di Franceschini, Curcio e Buonavita, avrebbe dovuto partecipare, in origine, Mara Cagol, moglie di Curcio, cosa che mandò su tutte le furie Curcio stesso e compagni, e li indusse a diffidare, più di quanto già non facessero, del gruppo di Simioni (“Untold”, cit. pagg. 326 e segg.).
Per uno dei tragici ricorsi della Storia,
il nipote acquisito di Maria Elena Angeloni (cioè la vittima dell’attentato di
Atene del 1970), Carlo Giuliani, verrà ucciso a Genova durante i noti disordini
durante il G8 del 2001 tenutosi in quella città.
La famiglia acquisita di Maria Elena
Angeloni era infatti quella delle sorelle Anna Gaggio e Haidi Gaggio in Giuliani
(al secolo Adelaide Cristina Gaggio Giuliani), titolari ed animatrici tra la
fine degli anni ’60 e gli anni ’70 della storica libreria “L’Uscita”, di Via
dei Banchi Vecchi 45, a Roma: Haidi Gaggio in Giuliani, madre di Carlo ucciso a
Genova nel 2001, era, tra l’altro, la sorella minore di Veniero Gaggio, ex
marito dell’attentatrice di Atene (la “sostituta” di Mara Cagol).
Sicuramente una famiglia cui i gravi lutti
non sono mancati.
In merito all’attentato di Atene - non
costituente specifico oggetto di queste note - si rinvengono alcuni documenti
con annesse brevi note biografiche di Maria Elena Angeloni, nei lavori della
prima Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro e l’omicidio di Aldo
Moro (di seguito, ove citata, CM-1), e precisamente in Vol. 100, pagg. 565 e
segg. (interrogatorio di Michele Galati da parte della Procura di Venezia
del 4 marzo 1982), ed in particolare Vol. 126, pagg. 497 e segg, documenti
ai quali rinvio il lettore.
La libreria “L’Uscita” fu senza ombra di
dubbio un emblema della cultura della sinistra e della intellettualità
extraparlamentare e “terzomondista” romana (ma non solo) in quegli anni, una
fucina di incontri letterari, cinematografici, artistici, meta di personaggi di
alto livello culturale gravitanti attorno a quell’ambiente in quegli anni.
Ho avuto la fortuna di acquistare alcuni
anni or sono, presso la libreria “Fahrenheit 451” in Campo de Fiori, a Roma,
che in qualche modo ne è l’erede culturale, l’ormai raro libello “La Cultura
brucia- Anna e la libreria L’Uscita nella Roma degli anni ‘70” (ed.
Bibliosofica, 2010, a cura di Giovanni Feliciani, Catia Gabrielli, Gianni Peg),
che racconta la storia e le vicissitudini (inclusi un paio di incendi subiti
dai fascisti) di quella libreria. Libello – che ha anche il raro pregio della
brevità - al quale rimando per una più ampia visione della storia della libreria, e che restituisce
alla perfezione il clima sociale e politico di quegli anni, oltre che per
alcuni utili cenni alla storia familiare dei titolari.
Sulla storia
della libreria “l’Uscita” (poi “Odradek”) unisco qui un paio di links:
https://www.machina-deriveapprodi.com/post/anna-gaggio-e-la-libreria-uscita-di-roma
https://ilmanifesto.it/dopo-25-anni-chiude-a-roma-la-storica-libreria-odradek-
Gli eventi che affronterò nel prosieguo di
questo scritto riguardano il sequestro di Aldo Moro, ed è dunque bene
chiarire sin d’ora che né la famiglia Gaggio-Giuliani, nè la storica libreria
“L’Uscita” sono minimamente coinvolte attivamente nella vicenda.
Come si vedrà, la libreria “L’Uscita” e le
famiglie Gaggio-Giuliani fungono esclusivamente da cornice entro la quale si
collocano i fatti che intendo trattare.
Il figlio di Maria Elena Angeloni
(l’attentatrice di Atene perita nel fallito attentato) e di Veniero Gaggio,
Federico Gaggio, classe 1962, ha comprensibilmente compiuto personali ricerche
nel tentativo di individuare le responsabilità della morte della madre, in
particolare con riferimento all’origine della fornitura dell’esplosivo
risultato “difettoso” (“Untold”, op. cit., pagg. 332 e segg.).
A prescindere dai ricordi riportati a Ferruccio Pinotti da Federico Gaggio in merito agli
stretti rapporti di affetto e di comune militanza politica iniziale tra la
madre e la ex cognata Haidi Gaggio Giuliani (entrambe iscritte per un periodo
alla stessa sezione milanese del P.C.I.,
e la cui amicizia si rafforza a dispetto della separazione tra la
Angeloni e il marito, fratello di Haidi Gaggio, fino a quando poi la prima
percorrerà una strada diversa che la condurrà alla morte, ad Atene), per quanto
ci interessa in questa sede occorre riportare quanto riferito dallo stesso
Federico Gaggio a Ferruccio Pinotti in ordine alla figura di Corrado Simioni e
ai rapporti dei suoi familiari con costui.
Riferisce Pinotti, in merito (op. cit.,
pag. 337), che a Federico Gaggio “non constano contatti (di Simioni) con
sua madre, ma segnala: “Mio padre invece lo incontrò attraverso la sua nuova
compagna di allora, Carla (Veniero Gaggio e la Angeloni erano già separati
quando costei perì a Atene). Simioni frequentava una ragazza di nome
Gabriella, che poi diventò sua moglie, che viveva con Carla nel pensionato
universitario femminile. Di Simioni ricordano poco, solo che era un tipo
equivoco e che su di lui giravano voci inquietanti: che forse era un infiltrato
della polizia, o dei servizi segreti italiani o stranieri”.
L’Autore in nota in calce n. 93 precisa,
quanto alla menzionata “Gabriella”, compagna e poi moglie di Simioni,
che “si tratta di Gabriella Giuliani”.
Questo ermetico riferimento dell’Autore
alle succinte generalità della compagna e futura moglie di Simioni, non mi
consente di stabilire se la citazione di Gabriella Giuliani sia riportata per
stabilire un ponte di collegamento tra costei, la famiglia Gaggio/Angeloni/Giuliani
(inteso quest’ultimo cognome quale quello del marito di Haidi Gaggio) e Corrado
Simioni: collegamento che, come si vedrà tra poco, appare tracciato senza però
anche in tal caso alcuna ulteriore precisazione- quasi fosse un’illazione, ma
data la fonte, appare improbabile che lo sia - da una testimonianza resa all’Autore stesso da
Oreste Scalzone.
Pertanto, se ci riferiamo alla
ricostruzione della anagrafica personale e familiare di Gabriella Giuliani, al
momento in cui scrivo, non mi è dato sapere di chi si tratti, a parte
l’acclarato rapporto (anche) sentimentale e poi coniugale con Corrado Simioni.
Viceversa, se volgiamo lo sguardo alla
storia della sua militanza politica, i pur brevi cenni rintracciabili nei
volumi della CM-1, di cui riferirò tra poco, sono ampiamente sufficienti per
accertare e delineare la collocazione e l’attività di Gabriella Giuliani. Lo
vedremo tra breve.
Tornando ai possibili dati anagrafici
personali e ad una eventuale indagine storica sulla famiglia di origine, posso solo
limitarmi ad annotare la ricorrenza – mel complessivo contesto di cui sto
trattando - del cognome Giuliani, ed il fatto che Gabriella Giuliani risulta
nata a Gorizia il 13 marzo 1933, senza che tuttavia io possa, per l’appunto, stabilire
attualmente eventuali parentele con il resto della famiglia Gaggio/Giuliani.
Ho scritto in proposito, per avere
eventuali altre informazioni, una mail all’Autore del citato saggio su
Feltrinelli in data 6 ottobre 2024 al suo indirizzo editoriale, rimasta ad oggi
senza risposta; peraltro, fermo restando che l’Autore non era (non è) tenuto a
rispondermi, non posso neppure escludere che quell’indirizzo editoriale –
segnalatomi da amici e colleghi di ricerca - sia per ipotesi ormai inattivo. La
speranza è quindi che Ferruccio Pinotti abbia modo di leggere queste righe.
Mi limito a rilevare comunque, come ho
fatto nella mia mail all’Autore, che resta il fatto che il rinvio nella citata
nota in calce al nominativo completo della Giuliani, da parte di Pinotti, che
ho testualmente sopra riportato in corsivo, ha un tono estremamente
assertivo, tranchant direbbero i francesi: come se il lettore dovesse
quasi sapere di necessità chi fosse Gabriella Giuliani ovvero, se si
preferisce, come se di costei risultassero trattate nel testo, precedentemente,
altre note biografiche: che in realtà non risultano, e che, per quanto inerente
la sua storia politica, come ho accennato, ho invece rintracciato- con la
collaborazione degli amici del gruppo di studio “Sedicidimarzo” (ed in
particolare di Franco Martines, che ringrazio) , in alcuni documenti presenti
nei volumi della CM-1.
La questione di chi fosse, nel suddetto
senso di origine familiare personale, Gabriella
Giuliani, compagna e poi moglie di Corrado Simioni, potrebbe non essere
esattamente irrilevante, in quanto, come evidenzierò solo alla fine di questo
scritto (per mia opzione narrativa volta a non diluire l’oggetto essenziale di
queste note), non solo il cognome Giuliani è prima di tutto quanto mai
ricorrente nel milieu che stiamo affrontando, ma secondo poi è
strettamente collegato, per quanto ovviamente potrebbe essere per mera
omonimia, a un personaggio non di
secondo momento, emerso- suo malgrado o meno - nella vicenda Moro
successivamente alla tragica conclusione del sequestro. Per meglio dire, forse:
emerso, a quanto risulta ufficialmente fino ad oggi, solo
successivamente.
Come accennavo, gli scarni ma chiari riferimenti
documentali che – con la citata collaborazione di Franco Martines e del gruppo
di studio cui appartengo - sono riuscito a rintracciare sulla persona di
Gabriella Giuliani, consistono in alcune tracce, presenti nei volumi della
CM-1, che attestano senza ombra di dubbio la collocazione di Gabriella Giuliani
nel contesto extraparlamentare della sinistra della fine degli anni 60 e degli
anni ’70; tracce, tra le quali mi paiono particolarmente riepilogative: a) quella che si riferisce alla sua
partecipazione al noto convegno di Chiavari presso il centro “Stella Maris” del
novembre 1969 (con lo stesso Simioni, Curcio, Cagol, Moretti, ecc.), ritenuto
una tappa fondamentale nella nascita delle BR (alle quali peraltro non
aderirono comunque tutti i partecipanti a quel convegno, e di sicuro non
risulta avere aderito la Giuliani); b) e quella contenuta in un documento concernente – tra
l’altro - gli esiti di una relazione di indagine di inizio anni ’80 sulla nota
“scuola di lingue” parigine Hyperion, che vede la Giuliani menzionata tra le
persone aventi in qualche modo come referente quel “centro” parigino (di nuovo,
tra gli altri, con l’ormai ex marito Corrado Simioni, che a quanto pare in
quegli anni aveva ormai una nuova compagna, parimenti identificata come
partecipante di quella struttura).
Specificamente, la partecipazione della
Giuliani al convegno di Chiavari “Stella Maris” del 1969 è attestata nel
documento in CM-1, Vol. 27, pag. 176:
Mentre gli esiti degli accertamenti concernenti la “Hyperion” si rinvengono in CM-1, Vol. 103, pagg. 509-510:
Da quest’ultimo documento, si ricava, se non altro, anche la paternità, ovvero “Giuliani Gabriella di Giuseppe”; tuttavia non sono riuscito a risalire oltre ad ulteriori parentele.
Premesso che non mi è chiaro perché
Ferruccio Pinotti – data la storia personale della Giuliani, a mala pena citata
in nota con nome e cognome solo in quanto moglie di Simioni- non abbia
riportato almeno brevi cenni sulla storia politica di Gabriella Giuliani,
osservo che, tornando all’aspetto topico della causa, dell’origine, dei
rapporti tra la Angeloni in Gaggio, i Gaggio-Giuliani stessi e Corrado Simioni,
occorre, al momento, restare a quanto registrato e riportato con certezza da
Pinotti nella sua ricerca; in merito, è significativo trascrivere qui la
testimonianza resagli da Oreste Scalzone (op. cit. pag. 484), alla quale ho già
fatto cenno poc’anzi, in risposta ad una domanda dell’Autore inerente l’eventualità
che la latitanza di Feltrinelli “autoimpostasi”- a quanto pare - dall’editore poco prima della strage di Piazza
Fontana potesse implicare una sua conoscenza dell’imminenza di “qualcosa di
grosso” e quindi volersi precostituire un alibi.
Riferisce, in merito, Pinotti:
“ Scalzone (alla domanda di cui
sopra) non risponde in modo diretto, ma significativamente sposta il
discorso su un altro attentato: ”Permettimi di dirti la mia ipotesi: prima o
poi dovremo toccare un nodo complesso che tocca Pinelli (nda: ovviamente
non ho alcun modo né interesse, in questa sede, di comprendere od affrontare il
riferimento fatto da Scalzone a Pinelli): è quello dell’autobomba di Atene
(dove morirono Angeloni e Giorgos Christou Tsikouris nel 1970…), la
persona che era morta lì era praticamente la sorella in spiritu di Haidi
Giuliani (Adelaide Cristina Gaggio, cognata di Maria Elena Angeloni…)
e lì c’è l’intreccio con Corrado Simioni…” (la sottolineatura è mia).
Purtroppo non seguono ulteriori dettagli
sul collegamento fatto da Scalzone tra la Angeloni, Haidi Gaggio in Giuliani
e Corrado Simioni.
Tuttavia in questa sede possiamo possiamo
accontentarci, e ritenere autosufficiente, il fatto in sé che quel collegamento
sia stato tracciato, dall’ex leader di Potere Operaio.
Conclusivamente sul punto: come ho scritto
a Ferruccio Pinotti chiedendogli eventuali ulteriori dettagli nella mail di cui
ho fatto cenno poc’anzi, è evidente
che se Scalzone stabilisce un nesso tra la Angeloni, Haidi Gaggio-Giuliani e
Corrado Simioni, ciò deve essere fondato su un qualche rapporto tra i
Gaggio-Giuliani e Simioni stesso, visto che il figlio della Angeloni (Federico
Gaggio), come ho evidenziato sopra, ha affermato che non gli constavano
rapporti diretti tra Simioni e la madre, morta ad Atene. Non solo: stando
al testo di Pinotti (pagg. 334-335 e soprattutto nota in calce n. 90), Federico
Gaggio gli ha precisato che “la loro (dei suoi genitori, Maria Elena
Angeloni e Veniero Gaggio) maturazione politica è avvenuta in parallelo e
contemporaneamente, a partire dal 1966-67…..Tuttavia Veniero (il padre) non
sapeva del coinvolgimento di Elena con la Resistenza greca fino all’annuncio della sua morte, ricevuto
in maniera scioccante e brutale il giorno stesso da un giornalista cinico a
caccia di indiscrezioni”. E nella citata nota in calce n. 90, l’Autore
segnala che “in merito all’impegno politico del padre (Veniero), Federico
Gaggio precisa:” So che mio padre andò solo una volta ad una riunione del Cpm
(il collettivo politico metropolitano, il primo nucleo delle future Brigate
Rosse, nda), dove mi raccontò di avere avuto l’impressione che fossero un po'
cialtroni e non attendibili”.
Se aggiungiamo che, per l’appunto,
all’epoca dell’attentato di Atene la Angeloni e Veniero Gaggio erano già
separati da alcuni anni, mi sembra si possa concludere che “l’intreccio” interpersonale di cui Oreste
Scalzone ha parlato a Pinotti , non discendesse neppure dalla mera conoscenza
attestata, come ho riportato poc’anzi, da Federico Gaggio, tra il padre Veniero e
Corrado Simioni.
Come detto, non ho al momento avuto ancora
attendendo risposta da parte dell’Autore alla mia richiesta di eventuali
ulteriori dettagli in merito all’”intreccio” riferito da Scalzone; mi
limito però immodestamente ad osservare che la logica sottesa all’impostazione
della mia richiesta di cui sopra mi appare onestamente ineccepibile. Ripropongo
quindi – sempre per logico corollario- la domanda, non solo a beneficio del lettore,
ma anche nella speranza che qualcuno che conosca altri dettagli in merito possa
e voglia contribuire:
qual era il nesso che, a detta di Scalzone,
legava le persone, e le famiglie, di Maria Elena Angeloni, i Gaggio-Giuliani e
Corrado Simioni?
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II) ROMA, 20 MARZO 1978. IL SEQUESTRO DI
ALDO MORO E LA ASSAI TEMPESTIVA PERQUISIZIONE DELLA DIGOS ALLA LIBRERIA
“L’USCITA” .
Un breve chiarimento preliminare riguardo
al sottotitolo di questo scritto, cioè “La Digos sapeva esattamente dove
cercare già il 18 marzo 1978?”.
Se ci riferiamo a coloro che gli
investigatori dell’epoca ipotizzarono a caldo poter essere tra gli esecutori/organizzatori
diretti del sequestro, la risposta affermativa è evidente, in quanto è fatto
assodato che fin dalle prime ore dopo la strage di Via Fani vennero esperiti
accertamenti presso i domicili noti, tra gli altri, di Valerio Morucci e
Lanfranco Pace.
Già il 17 marzo, infatti, venivano
eseguite perquisizioni degli ex appartenenti a Potere Operaio “e dal quale
molti transitarono successivamente nelle file della cosidetta “Autonomia Operaia””,
tra i quali, appunto, Lanfranco Pece, Valerio Morucci, Rossini Stefania
(moglie di Pace); CM-1, vol. 30, pag. 138 e seguenti.
I domicili, compreso quello materno, di
Adriana Faranda erano stati perquisiti invece già prima del sequestro Moro a
seguito dell’arresto dell’ex marito Luigi Rosati (CM-1, vol. 30, pagg, 434 e
segg.).
Adriana Faranda è quindi addirittura, ai
nostri fini, “fuori tema”, essendo stata sospettata di appartenenza alle BR già
da prima del sequestro Moro.
Il punto che intendo brevemente trattare riguarda
invece l’individuazione, per quanto mi interessa, nell’ottica investigativa,
dello “spazio” collaterale, che in effetti sarebbe emerso in seguito, sia
durante il sequestro (rapporti ex Potere Operaio come Piperno tanto con Morucci
e Faranda che con il PSI) che successivamente alla sua tragica conclusione
(arresto di Morucci e Faranda in casa di Giuliana Conforto, figlia del noto
Giorgio), “spazio” che si rivelò essenziale tanto durante il sequestro per i
contatti - all’epoca in sostanza clandestini, almeno per l’opinione pubblica-
con il mondo politico, che dopo la sua conclusione, con la pur precaria offerta
di un transitorio e inutile rifugio a Morucci e Faranda, resisi nel 1979
fuggiaschi dalle BR.
Si tratta di un aspetto di primaria importanza, che
arrivo - buon ultimo - a ricordare, in
quanto coinvolgente la notoria questione degli incontri di Morucci e Faranda
con Piperno e Pace, e di questi con alcuni qualificati esponenti socialisti,
durante il sequestro, svoltisi costantemente (ed incredibilmente) in modo
indisturbato in luoghi pubblici (ristoranti romani) , senza che gli
investigatori siano mai riusciti ad intercettare e seguire questi movimenti per
risalire alla prigione (e ai carcerieri) di Aldo Moro.
Molte e molte pagine sono state scritte, tanto nella
pubblicistica che nelle sedi istituzionali (atti giudiziari, atti delle
Commissioni parlamentari di inchiesta sul caso Moro e sulle Stragi, ecc.) su
questo aspetto della vicenda; pagine alle quali rinvio volentieri.
La mia attenzione in questa sede, infatti, è rivolta
esclusivamente ad evidenziare, con un rapido esame, un piccolo, singolo ma a
mio avviso significativo episodio che si iscrive, a mio avviso, di pieno
diritto in questo filone della vexata quaestio della mancata
individuazione – almeno a quanto risulta ufficialmente- del sottobosco che si
agitava attorno e dentro il sequestro e nel quale avvenivano incontri
“indicibili” e si smistavano messaggi e missive, anche del prigioniero, senza
che nessun protagonista venisse mai intercettato. Salvo arrivare, a fine maggio
1979, all’”insperato” arresto di Valerio Morucci e Adriana Faranda in casa di
Giuliana Conforto in Viale Giulio Cesare, nel quartiere Prati di Roma.
Sintetizzando quello che è alla fin fine lo scopo centrale
di questo breve articolo, voglio dire che, in aggiunta agli elementi desumibili
dalle immediate perquisizioni di cui sopra a carico di elementi come Valerio
Morucci e Lanfranco Pace, nonché, addirittura prima del sequestro, di Adriana
Faranda, occorre chiedersi se la perquisizione alla libreria “L’Uscita” del 20 marzo
1978 concorra ad attestare, peraltro con contorni più sfuggenti e non
immediatamente percepibili (probabilmente neppure da parte della magistratura
inquirente) , che la Digos, già nei primi giorni del sequestro, sapesse
esattamente dove e chi cercare, non solo nel potenziale ambito di coloro
che potevano presumersi direttamente coinvolti nel sequestro, ma anche con
riferimento a persone che potessero far parte di quell’ambiente, l’humus,
direi, di contorno, che avrebbe poi funzionato tanto da spazio vitale per lo
svolgimento di indefettibili attività collaterali al sequestro stesso e ai
tentativi -variamente posti in essere- di una sua soluzione positiva, quanto da
“zona franca”, rivelatasi quanto mai fragile e permeabile, per Morucci e
Faranda in fuga dai loro stessi ex compagni.
Vengo al dunque.
Il 20 marzo 1978, solo quattro giorni dopo il
sequestro, su richiesta del commissario della Digos Mario Fabbri (poi
capocentro Sisde a Roma) , il Sostituto Procuratore Infelisi autorizzava la
perquisizione della libreria “L’Uscita” in Via dei Banchi Vecchi (tralasciamo
l’erronea indicazione del numero civico); la richiesta era stata attivata da
imprecisate notizie giunte alla DIGOS in merito alla presunta presenza, nella
libreria, di “fiancheggiatori” delle Brigate Rosse (CM-1, vol 112, pagg. 242):
Quello stesso giorno, a seguito dell’autorizzazione
del magistrato, veniva effettuata la perquisizione, della durata di circa 45
minuti, tra le 18.55 e le 19.40, ora di inizio di stesura del verbale, chiuso
alle 19.55 (CM-1, Vol. 112, pag. 240), alla presenza della titolare Anna
(Annamaria) Gaggio, la quale nominava come legale di fiducia l’Avv. Lagostena
di Genova, che a sua volta delegava anche l’Avv. Eduardo Di Giovanni di Roma
(costante presenza, quest’ultimo, nell’assistenza legale a persone coinvolte, a vario titolo, nella
vicenda Moro).
Attestato, nel verbale, l’esito negativo della
perquisizione, il verbalizzante proseguiva curiosamente, e senza
particolari spiegazioni, con l’individuazione, tra le varie schede degli
associati (si trattava ovviamente di un circolo culturale con iscrizioni
aperte, e quindi con numerosi aderenti, a quanto risulta dalla storia della
libreria prima sintetizzata), di un unico nominativo, “per ogni
futura ed ulteriore indagine”:
Franco Alunni (seguiva il numero di telefono):
Questa perquisizione pone almeno due ordini di
interrogativi,
Il primo: in base a quale “notizia” la Digos
ritenne di doversi attivare per perquisire la libreria?
Il secondo: perché, specie a fronte del palesato
esito negativo della perquisizione, si ritenne di segnalare, pur
nell’intuibile presenza di numerosi iscritti, proprio il nome di Franco
Alunni?
Quanto al primo interrogativo, occorre anzitutto
distinguere il concetto di “notizia”, intesa come origine o causa
dell’informazione, dalla notizia come “fatto”, cioè ipotesi reato: la prima è
ignota; la seconda è palese, parlandosi nella richiesta al magistrato di
un’ipotesi di fiancheggiamento di un’organizzazione terroristica.
E’ quindi la prima nozione di “notizia” che resta
oscura.
Va qui ribadito che la libreria “L’uscita” (la sua
dirigenza ed i suoi iscritti) rimase, infatti, di per sé sempre estranea alla
vicenda del sequestro Moro.
Qual era quindi la fonte, cioè l’origine, la causa,
della “notizia” della presenza di possibili fiancheggiatori delle BR nella
libreria?
Visto che non risulta, almeno per quanto reso sin qui
pubblico, alcun seguito di indagine, quanto meno nel contesto del sequestro
Moro, sulla persona di Franco Alunni – l’unico nominativo segnalato – si può
solo ipotizzare – ripeto: ipotizzare – che:
a) la libreria fu sottoposta ad
attenzione genericamente, in quanto era nota ormai da anni per l’indirizzo
della propria attività politico-culturale; e allora la perquisizione fu nulla
più che uno dei velleitari ed inutili tentativi possibili nell’ambito di
ambienti genericamente simpatizzanti per la sinistra extra istituzionale;
b) oppure la libreria fu oggetto di
attenzione perché- forse: ma non c’è certezza alcuna nelle fonti- erano noti i
rapporti di parentela o comunque di legami di conoscenza pregressi, delle
proprietarie con la defunta attentatrice di Atene e, ancora, proseguendo nel
percorso delle relazioni personali, erano – forse – noti eventuali rapporti,
fossero anche indiretti, con il già noto Corrado Simioni.
In mancanza di una compiuta allegazione dei registri
integrali con tutti i nominativi degli iscritti, ed in mancanza in ogni caso di
qualunque seguito di indagine od altro riferimento, non posso andare oltre le
due mere ipotesi poc’anzi formulate.
C’è in realtà una terza possibilità che si lega
direttamente al secondo quesito; e cioè che si andò a cercare lì proprio per la
presenza di Franco Alunni, ma questa eventualità appare debole, perché le
indagini sui singoli individui potevano ben essere fatte, e venivano fatte,
direttamente nei domicili noti di costoro.
Tuttavia- e vengo appunto al secondo quesito – resta
il fatto che stranamente si mise in rilievo proprio ed esclusivamente quel
nome; e ciò è strano a maggior ragione a fronte dell’attestato esito
negativo della perquisizione.
Perché, infatti, nell’ambito di una perquisizione
senza esito, avrebbe dovuto attirare l’attenzione degli investigatori della
Digos un solo nome in particolare?
A questo secondo quesito, una risposta, come dirò tra
breve, può essere data.
Escludo prima di tutto che quel nome possa avere
“colpito” gli agenti della Digos per un eventuale rapporto di parentela con
Corrado Alunni. A me personalmente non risulta nulla del genere, e, ripeto, nel
contesto del sequestro Moro non risulta alcun seguito di indagine nei confronti
di Franco Alunni, tanto meno quale parente del noto Corrado.
La Digos aveva poi di certo gli strumenti per
verificare preventivamente le parentele dei sospettati di partecipazione
all’agguato (come acclarato dal fatto che, con riguardo a Morucci, Faranda e
Pace, vennero fatti oggetto di perquisizione anche i domicili di genitori e
coniuge), e quindi anche, a posteriori, le parentele dello stesso Franco
Alunni, il quale però non fu mai oggetto di alcun supplemento di indagine per
la vicenda Moro, almeno a quanto risulta dagli atti disponibili.
Il punto, piuttosto – ed è la risposta cui mi riferivo
– è che Franco Alunni risultava in stretti rapporti con il ben noto (già da
anni addietro per il SID) Giorgio Conforto, l’agente del KGB “Dario”,
ma in odore di doppiogiochismo (per una utile ed efficace sintesi sulla figura
di Conforto rinvio alla citata opera di Pinotti, pagine 169-170).
Di questo stretto contatto tra Conforto e Franco
Alunni, classe 1927, vi è già sintetica ma più che sufficiente traccia nel
saggio “Cuore di Stato” (ed. Mondadori, 2017, pag. 253) dell’ex
magistrato Carlo Mastelloni (che ebbe modo di studiare la documentazione in
materia nella sua attività di consulente della Commissione “Mitrokhin”).
Franco Alunni sarebbe stato in sostanza una sorta di
mandatario di Conforto per l’osservazione, nell’interesse del KGB,
dell’attività di Potere Operaio (gruppo storico della sinistra
extraparlamentare al quale tra l’altro erano appartenuti- oltre a Valerio
Morucci ed altri poi transitati nelle BR- la stessa figlia di Conforto,
Giuliana, e il di lei marito, Massimo Corbò).
Notizie più estese e dettagliate dei rapporti tra i
due, emergono senza tema di smentita e con piena consistenza, nel documento, di
cui al link seguente, acquisto dalla seconda Commissione parlamentare di
inchiesta sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro (CM-2), declassificato nel
2018 (in particolare pagg. 15 e seguenti del pdf), alla lettura del quale mi
limito a fare rinvio:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/B171/0875_002.pdf
Il documento reca rapporti di indagine del 1979
scaturiti dall’arresto dei due ex BR Morucci e Faranda in casa della figlia di
Conforto (che fu transitoriamente ma assai brevemente sottoposta ad indagine,
uscendone assai presto immune); tuttavia, dal loro tenore si deduce chiaramente
che le notizie sui due risalivano ad indagini assai antecedenti.
Per inciso, da questo documento emerge come entrambi
-Conforto e Franco Alunni - avessero aderito al movimento di “libero pensiero”
Giordano Bruno, che il documento stesso definisce di “ispirazione radicale”;
il che getta ampi dubbi su una loro profonda adesione agli ideali
marxisti-leninisti. Un analogo percorso verso movimenti definibili qui, per
esigenze di sintesi, come “new age”, pare abbia sia stato poi seguito dalla
figlia di Conforto, Giuliana, in anni successivi a quei fatti.
In altre parole: è del tutto verosimile che il nome
di Franco Alunni, durante la perquisizione nella libreria “L’Uscita”, fu rilevato,
non a caso con la precisazione “per ogni futura ed ulteriore indagine”, proprio
in quanto alla Digos erano noti i suoi rapporti con Giorgio Conforto, a
casa della cui figlia Giuliana furono poi arrestati nel maggio 1979 Morucci e
Faranda, in un’operazione dai contorni oscuri che hanno occupato non poco la
seconda Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro di Aldo Moro negli
anni scorsi.
In conclusione, anche con riferimento all’ambiente
“collaterale” al sequestro di Aldo Moro, che riconduceva in sintesi agli ex
appartenenti di Potere Operaio, quell’ambiente nel quale si svolsero incontri e
trattative prima, e nel quale trovarono effimero rifugio poi Morucci e Faranda,
la risposta alla domanda iniziale a mio parere non può che essere positiva:
già il 20 marzo 1978 la Digos sapeva esattamente chi,
cosa e in quale ambito cercare.
La domanda successiva è necessariamente perché –
almeno apparentemente – non si utilizzò questa conoscenza per arrivare ai
sequestratori di Moro.
III) POST SCRIPTUM: ANCORA SUL NOME GIULIANI.
In precedenza, paragrafo I), ho posto e
lasciato in sospeso la questione della possibile rilevanza di comprendere chi
fosse- sul piano dell’origine familiare/parentale - la menzionata Gabriella Giuliani, come
abbiamo visto compagna e poi moglie di Corrado Simioni ed impegnata nella
sinistra extraparlamentare; in quanto, come ho osservato, il cognome Giuliani è
quanto mai ricorrente nel milieu che abbiamo analizzato.
Per la precisione, ho anticipato che
questo cognome trova riscontro in uno specifico legame, fosse anche per una
possibile se non probabile omonimia, con un personaggio che, come ho riferito,
non è di secondo momento- suo malgrado o meno - nella vicenda Moro
successivamente alla tragica conclusione del sequestro.
Costui è proprio Giorgio Conforto.
La moglie di Conforto si chiamava infatti
Elda Giuliani, classe 1911.
Il dato risulta pubblicamente, precisamente
dalla Relazione finale della CM-2 dell’anno 2016, pag. 139 al link seguente:
https://gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD047123/20161220_sten116.pdf
Come ho più volte sottolineato, potrebbe
trattarsi naturalmente -e probabilmente lo è - di un’omonimia, rispetto al
nucleo familiare Gaggio-Giuliani.
Al momento, personalmente, non ho dati specifici,
e devo pertanto adagiarmi sul terreno della ricorrenza di una mera coincidenza
anagrafica.
La qual cosa, tuttavia, rende forse a
maggior ragione fondata la necessità di conoscere più in dettaglio, se
possibile, quale fosse allora il nesso cui si riferiva Oreste Scalzone, nel
colloquio con Ferruccio Pinotti, tra il nucleo familiare Gaggio-Giuliani/Angeloni,
da un lato, e Corrado Simioni, dall’altro.
.
Grazie per il vostro incredibile lavoro.
RispondiEliminaPer quanto sia antipatico commentare un proprio articolo, nella fattispecie vale la pena farlo, in quanto si tratta di una precisazione che, a scanso di equivoci, è di carattere strettamente oggettivo. A sgombrare il campo da possibili dubbi capziosi (ed inutili) sulla coincidenza di persona tra il Franco Alunni della perquisizione alla libreria "L'Uscita", ed il Franco Alunni oggetto- ex multiis- nei documenti di indagine presenti nei documenti uniti nel file che ho citato esistente sul sito dell'On. Gero Grassi, c'è il numero di telefono, che, al netto di un banale errore di trascrizione in uno dei due testi citati (non so, ovviamente, quale),è il medesimo: 552618, nel documento presente a pag. 20 del file sul sito dell'On. Grassi, e 555 (così pare la terza cifra) 2618, nel verbale di perquisizione della libreria "L'Uscita. E' quindi consigliabile per chiunque astenersi, tanto per iniziare, da dubbi sull'identità di persona, con grande giovamento per l'eventuale sviluppo della ricerca sulla questione.
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