L’abito del monaco
ovvero
lo
strano caso del fumetto su Aldo Moro
Una parola.
Non sono in grado di fare questa ricerca da sola, e quindi mi serve l’aiuto della vostra intelligenza,
sensibilità e competenza.
Infatti, ho idea che la vera
spiegazione delle « stranezze » del fumetto di Metropoli sia
ascrivibile a tensioni interne alla sinistra di quegli anni, che però io non
conosco per ragioni di età e non capisco per ragioni di cultura di provenienza.
La mia ipotesi è che ci sia stato un
ricatto ai danni delle Brigate rosse, con l’implicita minaccia di rendere noti
particolari del sequestro che non erano noti ai tempi, da parte di un gruppo
che aveva sia accesso ad informazioni dettagliate, sia a documenti - lettere o dichiarazioni di Moro - che noi
non conosciamo ancora oggi.
Cosa è successo, allora? Come è andato
veramente il sequestro?
Ma, soprattutto : dove sono le ultime lettere di Aldo Moro?
Mi colloco rispetto a questo caso come
una straniera che nota delle cose, e poi le ripropone per
approfondimento ; a naso, direi che solo il lavoro di squadra potrà portarci
lontano.
Aspetto quindi la vostra
collaborazione.
Cominciamo.
Le ipotesi sul tavolo e la
metodologia.
Avete presente quando un’anima pia dice
: « l’abito non fa il monaco » e voi annuite contriti, ma in
cuor vostro ridete di quella dabbenaggine?
Ecco.
Perché l’abito fa il monaco o,
per lo meno, impone lo sforzo di un doppio livello di lettura - quello dell’ apparenza
e quello della sostanza - con la conseguenza che una buona parte degli
osservatori si ferma al primo : se questo accade, l’abito ha fatto
parzialmente il monaco.
In questa ambiguità dell’essere e dell’apparire
si gioca anche il rapporto con la verità.
Il buffone di corte dice al Re cose
gravissime, ma le dice ridendo e quindi gli sono scusate, perché travestite da
facezie; la satira scrimina la diffamazione; il motto di spirito confonde l’offesa;
e tutto questo avviene perché l’abito del non serio lascia
intendere che il vero contenuto del messaggio potrebbe non essere voluto.
Il lettore entra nel dubbio, vittima
della dissonanza cognitiva fra ciò che gli appare e ciò che comprende come
implicito nascosto ; e, anche quando riesce a distinguere i due piani, non si
libera completamente dal dubbio.
Questa ambivalenza è ben chiara se si
utilizza il fumetto come mezzo per veicolare informazioni serie, perché nella
cultura italiana è associato a qualcosa di infantile, di primitivo.
Facciamoci caso.
In prima battuta l’informazione è presa
per fantastica, perché « l’abito » del disegno mal si concilia
con la serietà del tema; poi si riconosce che il tema è serissimo, ma si resta
con il dubbio che sia un errore credere « serio » qualcosa di
rappresentato in un fumetto.
Secondo me è proprio in questo - cioè in
un problema di dissonanza cognitiva - che è concentrato l’interesse del caso,
su cui molto si è detto, ma senza arrivare mai ad una conclusione.
Questa piccola graphic novel confonde
l’osservatore non perché racconta la vicenda Moro, ma perché aggiunge
particolari precisissimi (orari, volti, e addirittura pezzi di scritti
inediti) di cui ci si chiede se siano veri o falsi, senza poter mai arrivare ad
un giudizio definitivo.
Se sono falsi, pace; ma, se sono veri,
la dinamica del caso va riscritta, perché non è quella che si è affermata dal
Memoriale Morucci in poi.
Come uscire da questa impasse?
Io suggerisco di trattare il fumento
come se fosse un testo qualsiasi, e di provare ad applicare la teoria degli atti
linguistici tanto ai contenuti scritti che a quelli disegnati. Questo
esercizio su Metropoli è il secondo di una serie, per cui consiglio : a) di
leggere il primo paper in cui è spiegato il metodo (quello su Laura
Braghetti) ; 2) il fumetto stesso ; 3) le considerazioni di Miguel Gotor e 4) possibilmente anche i numeri della rivista.
« Metropoli » infatti nasce
come pubblicazione di critica sociale, ed ha dei contenuti interessanti. Ha
anche una storia particolare, nel senso che fu messa sotto sequestro quasi subito
perché si riteneva che veicolasse contenuti vicini alla lotta armata.
Verificati gli articoli, la
magistratura fece ritirare dalla circolazione il primo numero (su sette) della
rivista, già in edicola : era quello che conteneva la storia su Moro, e questa
coincidenza ha contribuito a creare la leggenda, viva ancora oggi, che il
provvedimento fosse stato preso per il fumetto. In realtà no : era per gli
articoli.
Il processo contro gli organizzatori
di « Metropoli » , in particolare Lanfranco Pace e Franco Piperno, fu
iscritto a ruolo nel 1981 e si concluse nel 1987 con alcune condanne legate all’attività
sovversiva, ma senza che si potesse provare il legame fra la rivista e le
Brigate rosse.
Durante il dibattimento venne
ascoltato anche Beppe Madaudo, il disegnatore, che spiegò come « casuali »,
oppure « legati alla sua esperienza » certi particolari, fra
cui la rappresentazione, molto precisa, del furgone su cui sarebbe stato
trasferito il prigioniero (disse che copiò uno che conosceva e, apparentemente,
produsse anche una foto).
Succede spesso che, quando un
argomento è smentito, si abbandoni l’interesse per tutti gli altri. Così,
risolto il caso del furgone, non si insistette molto sugli altri particolari.
Fu un errore?
Quando si esamina la dinamica della
cosa, effettivamente ci sono punti che rimangono oscuri.
I particolari « di realtà » -
intesi come elementi sovrabbondanti e particolarmente qualificanti del testo -
sono molti e non sono chiariti. Li vedremo insieme ; per ora valga fare
osservazioni ed ipotesi di carattere più generale.
La prima è di ordine temporale.
Il primo numero di Metropoli esce il 1
giugno 1979 e questa data non è anodina perché, il 29 maggio, sono stati
arrestati Morucci e Faranda, da sempre vicini ai redattori di « Metropoli ».
I due militanti avevano lasciato le Brigate rosse qualche mese prima, per una
serie di disaccordi che riguardavano anche l’uccisione di Moro, e furono
presentati a Giuliana Conforto, che li ospitò fino all’arresto, come « facenti
parte del gruppo di Metropoli ».
Quindi verrebbe da pensare che, a
rivelare le notizie sull’operazione siano stati loro; però attenzione : la
versione del rapimento e della sua conclusione è diversa da quella che Morucci
darà nel memoriale; se ne deduce che o « la fonte » è qualcun altro, che sa cose diverse, o è successo
qualcosa (che va indagato) e Morucci ha cambiato versione rispetto a quella
data a caldo. Questo cambiamento potrebbe riguardare anche gli attori
principali.
La seconda riguarda la scelta di
rappresentare certi volti.
Al momento in cui esce il fumetto non
si sa ancora chi ha partecipato all’azione Moro e per questo - dice il
disegnatore - i volti sono tutti casuali.
Come vedremo questo è possibile, ma
non è probabile, almeno per alcuni personaggi.
Uno, per esempio, assomiglia
fortemente a Senzani.
Un altro ha una somiglianza con
Morucci, sebbene meno marcata, e questo è un fatto ancor più strano: che fosse
o no « la talpa », era noto nell’ambiente e la sua inclusione
nel fumetto sarebbe stata letta come un atto di accusa.
Se non è lui, perché scegliere proprio
il suo fra tutti i fenotipi possibili sulla terra? E se è lui, perché la scelta
di rappresentarlo? E perché fare uscire il suo volto proprio nel momento in cui
viene arrestato, e quindi è più vulnerabile?
Si ha un bel dire che il personaggio
non è Morucci ; nelle condizioni in cui si trovava, il gruppo di Metropoli
avrebbe dovuto impedire anche solo il sospetto del suo coinvolgimento,
specialmente sapendo che qualunque accento sarebbe stato colto dalla
magistratura ed utilizzato come prova.
Perciò, o si tratta di « un
omaggio » guascone e totalmente idiota, oppure è un atto concreto di
minaccia.
Un atto che si può sempre ritrattare :
« non si tratta che di un fumetto » ; ma un atto che si può anche confermare, secondo il bisogno e che, nel
frattempo, resta lì come una spada di Damocle sospesa sulla testa del compagno.
Un altro personaggio assomiglia a
« Seghetti ».
Ecco allora che entra in campo un
secondo elemento temporale da considerare: il processo 7 aprile.
All’inizio di giugno, compiuti e
convalidati gli arresti di 22 persone fra cui Oreste Scalzone e Toni Negri, si
aspettava il rinvio a giudizio per decine di militanti dell’autonomia.
Era un momento processualmente
delicatissimo, che avrebbe deciso il futuro prossimo di molte persone.
Il processo 7 aprile rappresenta
effettivamente un caso inspiegabile per la coscienza giuridica di oggi - una
sorta di manuale delle cose da non fare che dovrebbe essere insegnato
nelle Università - ed è comprensibile solo alla luce dell’emergenza del
momento. Ma le tensioni che passavano fra magistratura e militanti, dovevano
essere presenti anche fra militanti stessi, e fra le varie organizzazioni e
correnti ; si può ipotizzare allora che quel fumetto, così come concepito,
fosse un memento ai Brigatisti : sappiamo chi siete, conosciamo la storia fin
nei dettagli , siamo in possesso persino di alcune lettere di Moro.
Vedete di stare zitti.
Vignette 1- 4 : e la « manina » dei
Servizi (che non c’è).
Proviamo ora ad esaminare nel
dettaglio.
Le prime vignette del fumetto
rappresentano Moro in Parlamento che tiene il famoso discorso su « la
DC non si farà processare nelle piazze » seguito allo scandalo
Lockheed.
Non è un incipit anodino.
Fra le tante narrazioni possibili - la
trattativa per l’apertura al partito comunista, le stragi, il malcostume
comunque declinato - gli sceneggiatori scelgono un avvenimento preciso,
fortemente simbolico, che serve a sottolineare che quel segue è principalmente
la conseguenza di un rovesciamento del giudizio : il popolo processerà lo
Stato nella persona di Aldo Moro, proprio perché si è dichiarato improcessabile
; e lo farà nello stesso momento in cui lo Stato processa le Brigate rosse.
Questa scelta ha una conseguenza non
voluta, nel senso che rema contro un’ipotesi complottista.
Infatti, sul fumetto di Metropoli si
sono dette tante cose, fra cui che fosse un prodotto del SISMI per minacciare
le Brigate rosse sul silenzio da mantenere sulla verità indicibile,
oppure un modo per orientare le indagini.
Ma, a parte l’ovvia considerazione che
i Servizi avrebbero avuto mezzi molto più diretti ed efficaci per raggiungere
lo scopo, è poco probabile che un’operazione di intelligence scegliesse di « aprire »
sullo scandalo Lockheed, punto sensibile anche per il Presidente del Consiglio
in carica, Giulio Andreotti, quando avrebbe potuto piuttosto accreditare la
retorica di Moro martire
della sua visione politica,
molto più neutra, se non più funzionale.
Se la « manina » non c’è, la
questione è tutta interna alla sinistra.
Vignette 5-7: i personaggi Blasco, Anna, Marco.
Le tre vignette seguenti ci presentano
i personaggi principali.
« 8 febbraio 1978. L’uomo sceso
dal treno ha molti nomi. Per i suoi compagni è « Blasco ». Si vede un uomo apparentemente
sulla trentina, con la barba, castano.
« Un’esistenza ordinaria quella
di « Anna ». La scuola dove insegna, il sindacato e… » Si vede una bella ragazza
bionda, con i capelli lunghi, che esce di casa con una scusa mentre il marito,
indifferente, legge il giornale, evidentemente ignaro della doppia vita di lei.
« « Marco » ha
appena terminato il suo lavoro come chimico. Anche lui ha una riunione… »
si vede un giovane senza barba, capelli corti, sulla ventina, con aria assorta.
Cosa vogliono dire queste cose?
Possiamo pensare almeno tre cose.
Ipotesi A : si tratta di persone vere.
Una prima ipotesi è che Metropoli stia
parlando di persone concrete, di compagni che si chiamano « Blasco », « Anna »
e « Marco » e che abbiano determinate caratteristiche fisiche
(rappresentazioni grafiche) o personali, come « venire da lontano »,
« fare il chimico », « fare l’insegnante ».
Dove li troviamo?
Dalle deposizioni di Marco
Donat-Cattin sappiamo di un « Blasco » in Lombardia , di cui
non conosciamo la reale identità, sparito dalla circolazione nel 1976 forse in direzione dell’America Latina.
Dal SISDE sappiamo di un « Marco
» , nome di battaglia riferito a Viero Di Matteo entrato nella colonna romana
subito prima di Moro.
Questa informazione però non collima
con le dichiarazioni di Toto Savasta, secondo cui Di Matteo fece parte della
tornata di entusiasti entrati nella colonna « dopo » Moro ed
in conseguenza di quello, e che il suo nome di battaglia era « Nando »
e non Marco. Non sappiamo se « Marco »
facesse il chimico (o il perito chimico).
Di « Anna » sappiamo
ancor meno, nel senso che la bella bionda è uno dei topoi della
narrativa sull’azione Moro, ma nessuno l’ha mai individuata. Abbiamo una Anna
Laura Braghetti, che non è bionda e non fa l’insegnante ; abbiamo un’ Annamaria
Ludmann, che è bionda, lavora in una scuola, ma non ha certo ragione di
ingannare il compagno (il brigatista Dura) ; « Anna » è il
nome di battaglia dell’avvocato Giovanna Lombardi, che però sarebbe molto
audace voler ricondurre ad un fatto del genere ; abbiamo una « Anna »
di cui non conosciamo la vera identità né altri elementi, riferita da Elfino
Mortati mentre porta a spasso i magistrati nel ghetto (ma Elfino Mortati non
era un brigatista: sul punto si veda Paolo Persichetti) ; abbiamo una bionda
« di Fregene » di cui si sospetta una nazionalità straniera ( si
veda lo studio di Gion Mamon) ; abbiamo una bionda della Renault4 in via
Caetani il 9 maggio, di cui si sa ancor meno.
E’ però altamente improbabile che
Metropoli desse così tante indicazioni insieme : sarebbe stata una meta-delazione
degna di un’operazione di intelligence cosa che, come abbiamo visto, è improbabile,
oppure un atto di denuncia talmente esplicito che tanto valeva andare
direttamente alle Forze dell’Ordine.
Ipotesi B : è tutta fantasia.
Alternativamente, si può ritenere che
nulla sia vero e che la sceneggiatrice e il disegnatore di Metropoli abbiano
costruito la storia utilizzando elementi orecchiati e nomi di fantasia ; in
questo caso, ogni ricerca ulteriore è una perdita di tempo.
Questa tesi si scontra però con l’impressione
che ci siano particolari nel testo iperprecisi e sovrabbondanti che sembrano
utilizzati apposta per far passare dei messaggi.
Si tratta di elementi che non
aggiungono nulla alla storia in sé, e che però la caratterizzano in modo molto
particolare : sono gli « elementi di realtà » di cui parla
Brennan, e che meritano quindi di essere approfonditi per vedere se portano a
riscontri.
Ipotesi C : il solito mix di elementi
veri e falsi.
La terza ipotesi quindi è che il testo
sia quindi un insieme di elementi veri e falsi.
Ma quali sono veri e quali falsi?
Probabilmente i nomi sono inventati, perché il nome è
la cosa più fortemente caratterizzante ; un’ipotesi sussidiaria è che si stiano
tirando in ballo sei persone e non tre : e quindi l’autore stia raccontando la
storia di qualcuno che viene da lontano, ma non si chiama Blasco, di un’insegnante
che non si chiama Anna, e di un chimico che non si chiama Marco ; e poi di un
Blasco che non viene da lontano, di un’ Anna che non fa l’insegnante, e di un
Marco che non fa il chimico.
Considerando però che siamo di fronte
ad un fumetto, possiamo dare per scontato che la maggior parte dei particolari
sia « scenica » e quindi frutto di fantasia, mentre quelli veri siano
pochi e siano quelli che sono volutamente inseriti nel testo per mandare un
messaggio solo alle poche persone a cui è destinato.
Ma come riconoscerli?
Si può provare a condurre l’indagine
sui due livelli, quello grafico e quello linguistico, vignetta per vignetta.
Proviamo con i personaggi.
« Blasco »
A livello grafico notiamo che « Blasco » è un uomo con la barba e i capelli
castani.
Apparentemente il disegnatore, fra
tutti i fenotipi possibili, ne sceglie proprio uno che rispecchia Giovanni
Senzani, ma possiamo anche accettare l’idea che si tratti di una coincidenza.
Annotiamo però che, nel gruppetto dei tre, uno almeno è adulto.
Se applichiamo la teoria degli atti
linguistici al testo, viene fuori che :
a)
i
motivi, li lasciamo in sospeso;
b)
atto
locutorio: 1) c’è un
data precisa : 8 febbraio ; 2) sceso dal treno ; 3) ha molti
nomi ;
c)
intenzione
illocutoria : segnalare
che in un giorno preciso succede qualche cosa ; che Blasco arriva da fuori Roma
; che ha una pluralità di identità e quindi potrebbe essere conosciuto con un
nome diverso da Blasco. Anche il particolare del treno potrebbe essere anodino
(le B.R. si spostavano in prevalenza con mezzi pubblici) oppure no (segnalare
che Blasco non guida, oppure che si sa con precisione da dove viene).
d)
effetto
perlocutorio : il
lettore capisce che Blasco ha un ruolo importante, perché vive in clandestinità.
Il particolare di realtà più evidente è
l’uso della data precisa. La sceneggiatrice avrebbe potuto scrivere « Febbraio »
o « inverno » o non scrivere nulla.
Che cosa succede esattamente l’8
febbraio?
Secondo il Messaggero di quel giorno,
non succede niente di importante. Andreotti continua le consultazioni per
trovare la fiducia al suo governo; l’Italia gioca una partita di calcio con la
Francia; « Ecce Bombo » di Nanni Moretti è uno dei film più visti
della capitale.
Non risulta dal giornale - e non
sappiamo se proprio l’ 8 - ma sicuramente nel febbraio 1978, si riunisce a
Velletri (Roma) la Direzione Strategica che produrrà una lunga risoluzione. Il
senso di indicare il giorno preciso potrebbe essere di far sapere che è noto
che « Blasco » partecipa ad una riunione direttiva.
Il particolare - se è autentico - ci dice però che « la fonte » di
metropoli ha partecipato alla direzione strategica, cosa che accredita ancor più
Morucci in quel ruolo.
Alternativamente, di far sapere che il
controllo è talmente stretto che si sa persino in che giorno arriva qualcuno
dalla stazione.
« Anna »
La vignetta di Anna è meno
significativa di quella di Blasco : da un punto di vista grafico, Anna è giovane,
bionda, bella ; sempre dalla rappresentazione grafica sappiamo che è in coppia
ed inganna il marito, perché conduce una doppia vita di cui lui sembra ignaro.
Per quello che riguarda il testo,
possiamo dire che:
a) Motivi, li lasciamo in sospeso;
b) atto locutorio : si insiste sull’esistenza
normale ;
c) effetto perlocutorio : « Anna »
è una militante irregolare - quindi non è in clandestinità, ed è ricattabile
perché ha un marito ignaro.
Non sappiamo se il fatto di essere « insegnante »
e « impegnata nel sindacato » siano elementi di realtà o
soltanto delle caratterizzazioni del personaggio, per cui la sceneggiatrice
potrebbe voler dire solo che partecipano alle azioni persone diverse fra loro,
in apparenza dalle vite normali ; prendiamo atto invece che Anna è una donna,
e che quindi c’è almeno un personaggio chiave femminile nella rappresentazione
del caso Moro.
« Marco »
Di Marco sappiamo ancor meno che di
Anna, a meno che la rappresentazione grafica non rispecchi una persona
esistente. Di lui sappiamo solo che è giovane, anonimo.
a) Motivi, li lasciamo in sospeso;
b) atto locutorio : si insiste sul
lavoro come chimico. Questo sembrerebbe o un particolare di realtà o un’indicazione,
vista la rarità della professione (al contrario dell’insegnante Anna);
c) effetto perlocutorio: anche Marco è
un irregolare, perché mantiene un normale lavoro.
Vignette 8-15 : la riunione
Nelle vignette successive, è rappresentata
una riunione in cui emergono delle linee diverse e delle posizioni più scettiche
rispetto al rapimento: una parte dei sequestratori non crede che i tempi siano
maturi.
Marco cita Schleyer ; è Anna che
convince che, anche se non si dovesse arrivare ad uno scambio di prigionieri,
lo Stato « dovrà riconoscere la realtà della lotta armata ».
Si tratta però di frasi contestualizzanti, senza nessuna indicazione che sembra
sovrabbondante rispetto al testo.
I partecipanti potrebbero raffigurare
persone esistenti; potrebbero però anche essere totalmente di fantasia.
Non sembrano esserci perciò degli
elementi particolarmente interessanti.
Vignette 16-27 : il vecchio
Le vignette del rapimento
rappresentano l’azione per come noi la conosciamo.
Ci sono però degli elementi degni di
essere notati.
Ad esempio, la bella Anna fa parte del
gruppo di fuoco, mentre noi sappiamo che nessuna donna partecipò nell’aggressione
alla scorta. E’ un particolare di realtà o solo una drammatizzazione per
ammiccare al pubblico femminile?
Fra gli avieri c’è anche Blasco :
anche questa potrebbe essere solo una drammatizzazione, perché se Blasco fosse
Senzani è improbabile che un accademico di 36 anni, ignaro dell’uso delle armi,
si metta in mezzo ad un’azione militare.
Nell’ultima, però, c’è una scena
davvero stupefacente : Moro viene portato via da due uomini, uno vestito
effettivamente da aviere, ed uno anziano.
Si tratta di un volto non ancora
rappresentato, visibilmente diverso rispetto ai ragazzi e a Blasco ;
apparentemente è un uomo sulla cinquantina, molto istituzionale.
Dal momento che è curiosa una scelta
grafica di questo tipo, bisogna almeno chiedersi perché, se non chi è il
« vecchio » rappresentato nella vignetta.
Una risposta però non c’è.
Nella vignetta 27, viene scritto
espressamente che Moro venne caricato sul furgone a via Igea. E’ anche questo
un particolare di realtà, per cui l’autore vuole probabilmente significare che
conosce lo svolgimento dell’azione piuttosto bene.
Non abbiamo motivo di dubitare; però secondo
il Memoriale Morucci, di parecchio successivo, il prigioniero venne caricato a
piazza Madonna del Cenacolo : il disegnatore Madudo fu interrogato sulla rappresentazione
grafica del furgone, mentre non si approfondì perché, nella narrazione, via
Igea era diventata Piazza Madonna del Cenacolo.
Sarebbe stato interessante saperlo.
Vignette 28 - 34 : depistare per
sineddoche?
Vale la pena riportare il testo delle
vignette successive, tanto è pieno di particolari di realtà.
Vignetta 28. Qualcuno sul furgone dice : « ci
siamo, ecco il garage »
Vignetta 29. « ore 10.30 » ; « è pronta
la mia macchina? » dice qualcuno al garagista, in un modo che
sembrerebbe quello di una parola d’ordine.
Vignetta 30. il garagista
risponde « certo venga a
prenderla » e viene rappresentato un viso che sembrerebbe assomigliare
a quello di Valerio Morucci (che, in questa rappresentazione, avrebbe avuto un
ruolo di supporto logistico e non di azione).
Vignetta 31 -32 « mentre a via Fani cominciano le
indagini » …. « nella stanza interna di un garage del
quartiere prati comincia l’interrogatorio di Aldo Moro »
Vignetta 33. Silente, Moro
interrogato.
Da un punto di vista grafico, oltre al
« personaggio Morucci », si nota che nell’interrogatorio di Moro e al
suo interrogante, il cui volto è oscurato, c’è, sullo sfondo, una donna in
piedi, con i capelli corti, bionda, a volto scoperto, dietro una sorta di
strano leggio, che potrebbe però anche essere un vassoio o un modo per prendere
appunti.
Il particolare della donna in piedi - che peraltro guarda altrove - non
ha un senso estetico e quindi deve averne uno narrativo.
Ma quale? Chi è?
« Vecchio » e « Donna
in piedi » sono i personaggi che sarebbe più interessante ricostruire.
Da un punto di vista del testo, è veramente
difficile sostenere che le indicazioni
siano inventate.
Ad esempio, le 10.30 sono un
particolare di realtà innecessario ai fini della narrazione e molto
significativo.
L’intenzione illocutoria dietro questo
particolare è probabilmente di mostrare che si hanno particolari molto
precisi rispetto all’azione, e l’effetto perlocutorio di validare che il
garage era non distante da via Fani , lasciata appena un’ora e mezzo prima
(8.55).
In questo senso potrebbe essere letta
anche l’indicazione del « stanza interna del garage di Prati ».
Sappiamo dai riscontri di indagine che un garage compiacente era a Balduina
(quindi vicino Prati) e questo confermerebbe le informazioni.
C’è però qualcosa di stonato, di
non congruente in una storia che sembra,
invece, perfettamente coerente.
Infatti, nessun problema a credere che
si fosse scelta una base nell’area più o meno del luogo della strage per
portarci Moro nell’immediatezza del fatto così togliendolo dalla circolazione
velocemente ; e però quella doveva essere una base di lungo termine, perché sarebbe
stato impensabile fare uscire il prigioniero dopo qualche ora per
trasportarlo ancora, in una città ormai completamente militarizzata.
Quindi il pit-stop nel garage non
ha senso, mentre l’informazione del garage compiacente è corretta.
Se questa è la situazione, chi
sceneggia il fumetto o ha delle informazioni sbagliate, o sta cercando di
confondere le acque, per esempio attirando l’attenzione sul garage, per
distoglierla da altri luoghi.
Vignette 35- 56 : it sounds
like him.
Ma il vero cuore, il vero mistero, del
fumetto Metropoli è nelle vignette che riportano stralci di lettere di Aldo
Moro.
Come ha notato Miguel Gotor, il
linguaggio è inconfondibile ed è improbabile che la sceneggiatrice stesse
imitando quello del prigioniero, cosa per cui avrebbe dovuto avere una maîtrise
della sintassi morotea quasi perfetta ed una capacità di scrittura che non si
nota negli altri testi, tutti scarni, telegrafici.
Se non sono dei falsi sono degli
autentici ; però non vengono dalle
lettere a noi conosciute.
Da dove, allora? E dove sono ora?
Secondo lo storico, il destinatario
avrebbe potuto voler mantenere il riserbo. Può essere; così come può essere che
quelle lettere non siano mai state recapitate.
Ma sia che abbiano raggiunto il
destinatario, sia che non lo abbiano raggiunto, la domanda rimane la medesima:
come ha fatto la sceneggiatrice a leggerle?
La prima lettera data 7 maggio.
Il fumetto compie un balzo temporale,
e dal primo interrogatorio porta il lettore direttamente agli ultimi giorni. La
vignetta 35 è composta solo di un brano di Moro.
7 maggio. « Sarebbe insensato
nutrire ormai una qualsiasi speranza. I partiti sono uniti in fittizia unione e
solidarietà, e per questo sordi ad ogni richiamo umanitario. Non sanno
comprendere che la mia fine manderà in frantumi quel patto politico alla cui
effimera stabilità sono fieri di sacrificarmi. I fautori dalla iniziativa
umanitaria si scontrano anche con la pavidità di quanti nella mia parte
politica sarebbero favorevoli a un mutamento di linea. »
Seguono alcune vignette sulle discussioni
interne alla Dc, che riprendono una discussione effettivamente avvenuta intorno
al 6 maggio, ma di dominio pubblico.
Nella vignetta 41, è nuovamente Moro
che scrive:
« A quelli che disputano
astiosamente sulla verità dei miei scritti sfugge il nocciolo della questione.
E’ ben meschina ambizione un compromesso istituzionale che non si allarghi alle
forse politiche che oggi si collocano al di fuori della dialettica dei partiti. »
Nelle vignette 42 - 44 i brigatisti
discutono sulle sorti del prigioniero. Una figura curiosamente somigliante a
Bruno Seghetti si dice contraria all’esecuzione, ma Blasco, Anna e Marco
insistono. Alla fine, la decisione è presa.
Con riferimento all’aspetto grafico, l’intenzione
illocutiva sembra quella di mostrare un dibattito, una decisione non unanime ma
voluta piuttosto a maggioranza, secondo quello che è poi il racconto dei
Brigatisti. L’effetto perlocutorio è però anche di far pensare che il gruppo
che guida il gioco è quello « originario » della narrazione, e quindi
quello di Blasco, Anna e Marco.
In una logica per gruppi - e se Blasco
fosse Senzani - il fumetto vorrebbe intendere che la vera « anima » della
gestione del sequestro era fra Firenze e Genova, e la colonna romana aveva poca
voce in capitolo?
Il testo scritto mostra un altro
particolare di realtà: la decisione è presa alle 15.
Qual è intenzione illocutoria di
questa indicazione ? Possiamo immaginare che ce ne siano due : mostrare al
lettore che c’era stato tempo per un’apertura quasi fino alla fine e che, chi
scrive, è molto ben informato sui fatti - al punto di poter essere preciso
persino negli orari. L’effetto sul lettore è di fargli comprendere che i
particolari possono essere stati rivelati solo da qualcuno che partecipava alla
riunione.
Nelle vignette 45-48 la decisione
viene comunicata.
L’ 8 maggio, alle ore 20 « Blasco »
avverte « Presidente, la situazione è precipitata ».
Si tratta di una scelta stilistica
interessante, perché è in contrasto con la narrazione fatta dai Brigatisti del
gruppo di Mario Moretti, che hanno sempre affermato che a Moro non fu detto che
stava per essere ucciso per risparmiargli una crudeltà gratuita.
Al contrario, Moro credette fino all’ultimo
di essere rilasciato, se entrò vivo e spontaneamente nella « cesta delle
scarpe » con cui, secondo il curioso racconto, fu portato fino al garage
di via Montalcini per poi essere fatto sdraiare nel bagagliaio della Renault
Rossa e ucciso in un locale comune, con la serranda mezzo sollevata, in un’ora
in cui le persone cominciavano ad andare a lavorare.
Questa versione non ha mai convinto,
mentre quella del fumetto appare molto più lineare : Moro, avvertito, accetta
tristemente la sua sorte.
Ma vorrebbe dire anche e soprattutto
un’altra cosa: non è stato il gruppo di Moretti ad uccidere il prigioniero e a
gestirlo nell’ultima fase, perché è impensabile che Moro, conscio della sorte
imminente, portato fuori dall’appartamento non si sia messo a gridare,
soprattutto sentendo la voce della signora Ciccotti.
Chi ha ragione?
Non ci sono elementi specifici per
affermare che il fumetto racconti il vero ed i brigatisti il falso, ma sarebbe
bizzarro che uno scritto tanto « informato » andasse a fantasia
proprio su una questione così importante.
Da notare che nel fumetto Moro viene
chiamato « Presidente » , cosa che probabilmente è vera, e fa
trasparire un certo rispetto per il prigioniero - peraltro mai negato dai suoi
carcerieri.
Nelle vignette successive si svolge un
colloquio drammatico fra « Blasco » e Aldo Moro.
Dice il politico : « è difficile accettare la morte. Non
solo per gli affetti a cui sono legato, ma anche per il peso delle cose che
vorrei ancora fare….contro gli schematismi inumani dei partiti, contro i falsi
amici »
Risponde il brigatista: « E’ difficile anche darla la morte,
ma sono le leggi della guerra ».
Pur se si tratta di un dialogo
plausibile e ben pensato, non si tratta necessariamente di uno scambio vero.
Va notato, però, che le parole di Moro
suonano, anche questa volta, …molto Moro, e sono forse riprese anch’esse
da una lettera.
Alle ore 23 dell’8 maggio, secondo il
fumetto, Moro scrive le sue ultime parole :
« Ho immaginato molte volte come si muore. Non è cosi. Ora resta
il lucido sgomento di che è rimasto solo. Mi è insopportabile pensare di morire
essendo sacrificato non alla mia causa ma a quella di tutti coloro che mi hanno
condannato. »
Il fumetto si chiude con i funerali « tutto
il resto è silenzio » ed una
carrellata sui volti dei veri assassini, da Berlinguer a Cossiga, che il
lettore capisce essere i veri assassini.
Conclusioni.
I punti su cui possiamo riflettere
insieme mi sembrano tanti, e probabilmente voi ne troverete altri ancora.
Però c’è una persona in particolare
con cui mi piacerebbe parlare, che è la sceneggiatrice Rosalinda Socrate.
Se il disegnatore fu interrogato, lei
apparentemente no.
Sembra che fosse la sorella dell’ex
moglie di Paolo Mieli ; se fosse impossibile parlare con lei, andrebbe bene
almeno l’ex moglie di Paolo Mieli.
Anche perché c’ è un ultimo
particolare che, secondo me, è interessante : Metropoli non usava comunemente
il fumetto come mezzo di divulgazione.
Quello su Moro fu il primo e fu l’ultimo.
Perché?
Ci fu una lite con Melville e Madaudo
che li spinse a lasciare la rivista?
Oppure perché, per raccontare quella
vicenda, si scelse di utilizzare un mezzo speciale, che veicolasse dei
contenuti a chi doveva capirli, ma permette in ogni momento una marcia
indietro?
Se è così, chi ebbe l’idea?
E cosa ci vogliono dire tutti quei
particolari?
Forse, chi pensò al fumetto credette
che la faccenda - raggiunto lo scopo, avrebbe perso rapidamente di interesse,
proprio perché si trattava di un fumetto.
Ironia della sorte, dopo 45 anni
quelle vignette parlano ancora, molto più di quello che non si vorrebbe.
P.S.
Per comodità di lettura e consultazione si riporta di seguito il link al fumetto di Metropoli con le vignette numerate.
Link al fumetto con vignette numerate , fare click QUI
complimenti anche per questo articolo, non conoscevo inoltre la scansione temporale tra l'uscita di metropoli e l'arresto di morucci e faranda avvenuto pochi giorni prima .
RispondiEliminauna piccola questione collaterale a questo scritto ma anche al famoso "oroscopone" della maga ester uscito su un altro numero di metropoli è l'esistenza di un altro testo uscito precedentemente sulla rivista satirica "il Male" e anche questo mi pare subito sequestrato..
Con il tipico stile allusivo si parlava del sequestro moro e veniva accostato il nome mi pare di Vittorio Vidali, famoso comandante partigiano triestino.
Un riferimento allo scritto viene effettuato nel libro "Operazione Moro. I fili ancora coperti di una trama politica criminale" di Vincenzo Marini Recchia e Giuseppe Zupo ma non sono mai riuscito a reperire il testo completo dell'articolo.
Comunque il milieu di provenienza dei redattori è lo stesso di Metroppoli cioè l'area di Autonomia Operaia
Allora quando Piperno parlò di "geometrica potenza" pensei automaticamente alla massoneria.
Eliminasenzani santo subito.
RispondiEliminap.s. persichetti sempre più contento.
Gentile Mario Rossi, saresti così cortese di dettagliare in quali passaggi di questo post Senzani verrebbe santificato? e quindi quali di questi farebbero contento Persichetti? Perché -comunque altri la pensi- qui si accetta tutto, tranne le offese ad personam. Quindi ben vengano le critiche; sarebbe gradito però che esse siano circostanziate e motivate, altrimenti rimangono sterili parole. Grazie
EliminaIntervengo per collegarmi, onestamente, anche al precedente articolo di Benedetta, e quindi non intendo sembrare fuori luogo. Premetto che anche questo articolo è meritevole della massima attenzione. Ciò detto, vorrei solo agganciarmi alla tesi che spesso viene, e lo è stata autorevolmente sostenuta anche in passato, asserita come fatto scontato (non mi riferisco all'autrice, dunque) in ordine alla presunta chiara matrice marxista-leninista delle BR.
RispondiEliminaMi sembra di poter dire che quell'organizzazione fu tutto meno che un'emanazione del pensiero e dell'azione leninista.
Sarebbe fin troppo banale richiamare il noto saggio di Lenin sull'"estremismo come malattia infantile del comunismo".
Sarebbe, forse.
Ma non lo è.
Ci si potrebbe poi agganciare a tutta l'opera di uno dei più grandi pensatori italiani del '900, cioè Antonio Gramsci, per ribadire che nelle istanze
rivoluzionarie dell'epoca non c'è nulla che passi per una violenza fine a sè stessa nella teorizzazione della lotta delle masse proletarie (che all'epoca esistevano sul serio, ovviamente) per la presa del potere.
Il brigatismo è stato in sostanza, a mio modesto parere, nella migliore delle ipotesi, una pura e semplice versione moderna, riveduta, corretta ed adattata, del luddismo, come noto ampiamente deprecato già da Marx.
Bisogna andare cauti con l'uso di categorie teoriche, dunque, visto che lo stesso Lenin, prima ancora di Gramsci, aveva teorizzato l'opportunità contingente di un'azione comune anche con forze moderate, se funzionale all'obiettivo strategico della conquista del potere.
Credo che ogni seria analisi del brigatismo e della vicenda Moro non possa, dopo circa 50 anni dai fatti, ripercorrere il vetusto sentiero dell'"album di famiglia".
P.S. Scusate se vado in coda a me stesso, solo per aggiungere che il terrorismo degli anni '70 è stato molto probabilmente, semmai, solo un antesignano di quella generica "antipolitica" che ha portato al crollo della così detta prima Repubblica su basi qualunquistiche e velleitarie (il referendum maggioritario di Mario Segni e del suo movimento, scomparsi nel volgere di una breve stagione) che ha aperto il campo a tutto quanto abbiamo vissuto proprio noi della nostra generazione in età adulta: la fine dei partiti di massa verso un salto nel vuoto - la personalizzazione estrema della politica - di cui ancora oggi si stenta a scorgere l'utilità pur percependone per converso tutte le incognite. Non voglio e non posso parlare di Cossiga "picconatore", e poi di Craxi, tangentopoli e Berlusconi; ma la sensazione che quei movimenti, che portarono molti giovani a sparare, abbiano oggettivamente funzionato da quinta colonna di una revisione qualunquista e moderata della società e della "Costituzione materiale" , è per me personalmente molto forte e radicata.
RispondiEliminaHo molto apprezzato questi tre post di Benedetta Piola Caselli, una analisi diversa, uno sforzo di comprensione di un fenomeno prevalentemente italiano, ma non solo, di un qualcosa che a mio parere non abbiamo compreso fino in fondo e che ci porta ancora oggi a costruire ipotesi sulla mancanza di genuinità dei movimenti sovversivi di quegli anni.
RispondiEliminaIo, che mi pongo tra chi li ha vissuti appieno e chi, come la nostra autrice, ne ha appena sentito l'eco, non ho compreso all'epoca l'importanza e la realtà vera di ciò che stavo vivendo, pur subendone il fascino, e mi ritrovo ora, a sessant'anni, a studiare per capire e non per giudicare.
Concordo in parte con Andrea Guidi sul definire il terrorismo un fatto che esula dal marxismo, difatti se ci rivolgiamo a quegli anni, ripensando all'esistenza anche del terrorismo di destra, troppo spesso catalogato come forza reazionaria (ma essendo destra cos'altro avrebbe potuto essere?) a latere dei servizi e delle forze anticomuniste presenti nel nostro paese, notiamo come la degenerazione violenta, che raggiunge il suo apice con il terrorismo, della lotta politica non sia un fatto legato ad una ideologia ma alla espressione di una generazione. Per questo poi dissento da Andrea quando, rinnegando il legame con il marxismo-leninismo di fenomeni come le Brigate Rosse, non vuol sentir parlare di "album di famiglia", perché io ritengo che fosse proprio la scelta sbagliata, quella della lotta armata, di compagni che hanno idealizzato un pensiero, desiderandone l'applicazione in una società che non era né pronta né desiderosa di sperimentarlo, a portare un movimento verso la catastrofe sua e del paese. Poco importa loro, alla loro genuinità, al loro credo, ma tanto dovrebbe interessare a noi, se su quella loro scelta nefasta poi qualcuno ci ha messo le mani comportandosi da avvoltoio in questo nostro povero paese.
Laura, trovo singolare ancora oggi che l'ascesa delle BR avvenga in concomitanza di un periodo di indubbio progresso civile del Paese: lo Statuto dei Lavoratori, la Legge sul divorzio e la storica vittoria del "NO" nel referendum abrogativo, la Legge sul nuovo diritto di famiglia, il voto ai diciottenni, l'attuazione delle Regioni previste dalla Costituzione, la storica avanzata elettorale del PCI tra il 1968 e il 1976, il diffuso senso di insoddisfazione nel Paese verso la pista anarchica su Piazza Fontana, la reazione civile di massa alle stragi dell'Italicus e di Piazza della Loggia, una forte spinta trasversale per la messa fuorilegge del MSI. No, Laura, costoro non facevano parte dell'album di famiglia, costoro erano luddisti di riporto sui quali, come dici tu, è stato facile per qualcuno buttarsi come avvoltoi.
RispondiEliminaP.S. E mi dispiace che ancora si tirino in ballo figure gigantesche di "rivoluzionari nell'anima" come Vittorio Vidali e Pietro Secchia per affondarvi pretenziosamente radici su un terreno assolutamente nobile per il terrorismo di sinistra nostrano. Vittorio Vidali è stato una figura specchiata di combattente per la Libertà, dai campi di Spagna in poi: vogliamo paragonare queste figure agli omicidi di poliziotti ed agenti di custodia, magistrati e professori universitari, ecc. ecc. ecc.?
RispondiEliminaCaro Andrea, come volevasi dimostrare appena si prova a vedere oltre il mausoleo creato dalla storiografia comunista subito si alzano alte le parole gonfie di retorica e di lesa maestà.
RispondiEliminaVidali, che non è stato un partigiano come da me indicato erroneamente ma un grande rivoluzionario e agente del GRU in teatri abbastanza complicati come la guerra civile spagnola, è tirato in ballo dai redattori del Male nel 1979, non da me, e questo benedetto articolo sembra impossibile da trovare, sarà la solita sbadataggine italiana..
Per quanto riguarda Secchia è stato certo un grande partigiano, un organizzatore, però la struttura clandestina del P.C.I. l'ha creata lui, i compagni della Volante Rossa che forse sbagliavano nel dopoguerra a Milano li ha spediti a Praga lui, il mito della resistenza tradita e il rapporto con Giangiacomo Feltrinelli sono tutte cose accertate.
A differenza dei complottisti secondo cui la storia d'Italia è un sorta di mix tra 007 della Nato ed i romanzi di dan brown io però non penso che partendo da queste scarni dati si possa sostenere che da una stanza al Cremlino si sia ordinato il sequestro della "nota personalità" ma allo stesso tempo mi convinco sempre più che alcune ombre, depistaggi e misteri derivino da opacità e segreti che il consociativismo ed il governo Andreotti ha ormai cementato.
Apprezzo l articolo, e apprezzo la correttezza dell'autore nel evidenziare i suoi limiti temporali e di cultura specifica nel merito . Come l invito a un necessario lavoro di gruppo. Invito al quale aderisco attraverso un manoscritto di prossima pubblicazione, prima decade di ottobre 2023 , che per stima e rispetto verrà inviato per motivi di studio in formato digitale gratuito a Franco Martines . Per il momento vorrei solamente evidenziare dei punti , ci sarà modo poi di approfondire il tutto a tempo debito. La sensibilità dell'autore la porta a toccare con mano un punto nodale non solo del caso Moro ma di tutto il percorso degli anni 70 . Punto nodale che e'un progetto politico che nasce come avremo modo di apprezzare nel libro nel Capodanno del 1971 e che coinvolge in quella data i protagonisti presenti anche nel progetto Metropoli. Metropoli non si occupa di critica sociale ma , come evidente nei fatti che vedremo , come appare nei PREPRINT fascicoli allegati a Metropoli e'un piano programmatico politico che dal 1971 al 1979 ha seguito un percorso preciso attraverso vie diverse . Sotto mentite spoglie si potrebbe dire o meglio a mezzo di una MasQuerada i protagonisti di Metropoli appunto operativi in realtà dal 1971 hanno operato con il principio che tutto il movimento antagonista dalla parte di antagonismo di massa alla lotta armata fosse coordinato e diretto anche in modo inconsapevole se del caso da un elite , una Direzione sia Intellettuale che Operativa che piegasse , parola testuale, il movimento antagonista all'elite Direzionale. Avremo modo di apprezzare nei dettagli tutto questo, in un viaggio a gambero che dal 79 arriva al 71 . Non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale. E quindi Metropoli incluso il fumetto non e' un aspetto come dire collaterale ma e' al centro del progetto. Come avremo modo di approfondire chi e perché non ha aderito a questo progetto Complimenti a Benedetta per il suo senso investigativo . A presto. P.S. 7 aprile 60.000 indagati 25.000 con conseguenze penali , termine ramo 7 aprile Roma 1989 . P.S. le BR erano leniniste. Non erano dell'Album di famiglia erano proprio tesserati PCI più di qualcuno. Ne riparleremo.Saluti .
RispondiEliminaGentile Anonimo, forse qualcuno degli ex BR, come Franceschini, avrà sicuramente fatto parte a suo tempo in gioventù del PCI, senza dimenticare che in Regioni come Toscana e Emilia era dal momento del parto, più o meno, che si entrava nel Partito, prima nel Partito e poi forse nella famiglia naturale. Avranno forse anche aspirato, a un certo punto, ad essere "leninisti", ma si comportarono all'opposto, servendo oggettivamente la Reazione e l'antipolitica.
RispondiEliminaP.S. Aggiungo che per quanto mi riguarda, opinione personale maturata ab urbe condita e consolidatasi in anni e anni di studio della vicenda, il PCI fu la prima e più importante vittima politica del sequestro Moro: messo spalle al muro, unico tra tutti i partiti DC compresa, tra la scontata- ripeto: scontata - posizione di fermezza, e le sabbie mobili che gli vennero scavarono sotto i piedi anche con una strumentale posizione trattativista del PSI, i cui dirigenti, mi ci gioco una rata del mutuo, sapevano perfettamente che non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo. Ripeto la mia personale opinione, che vale almeno quanto tutte le altre visto che non siamo nel campo delle scienze esatte: le BR non erano leniniste, erano luddiste e fecero il gioco della Reazione aprendo unicamente il campo alla fine dei partiti di massa. Con quale vantaggio per i lavoratori, glielo possono dire le vicende e le scelte dei vari Governi succedutesi dal 1992 in qua.
RispondiEliminaP.S 2 E mi scuso infine, entrando in questioni più pertinenti e specifiche, se auguro a me stesso che qualcuno riesca a compiere anche- oltre ai meritori articoli di Benedetta, che ben possono continuare nel solco intrapreso- una bella ricerca, a mio parere mai realmente compiuta, su come fu possibile che Morucci, Faranda e Pace abbiano circolato indisturbati per 54 giorni in una Roma militarizzata senza mai essere intercettati.
RispondiEliminaQuesta è veramente una bella ricerca, un osso duro, come mi viene da dire.
Perchè, vedete, il pesce puzza dalla testa:
il 18 marzo il "buon" Mario Fabbri della Digos fa un'ispezione - apparentemente di routine in uno dei classici topos della Roma sinistroide fine anni '60 inizio anni '70 - presso la storica libreria "L'Uscita", di Via de Banchi Vecchi (siamo a Roma-Roma, dalle vestigia imperiali ai due millenni di Papato) . Ora, premesso che alcuni anni fa presso la libreria "Farheneit 451 " di Piazza Campo dè Fiori - che de "L'Uscita" ha in qualche modo raccolto il testimone- ho trovato un volumetto appunto sulla "storia della storica" libreria "L'Uscita" che conservo quasi in una teca sotto vuoto, e premesso che nel libro di Pinotti "Untold" su Feltrinelli ho trovato alcuni altri interessanti elementi, quali tra l'altro un legame personale tra una delle titolari dell'"Uscita" e Simioni (mi pare: poi ricontrollo, ma insomma intendo uno dei nomi "parigini" altisonanti della vicenda) ; premesso inoltre che un triste legame di morte lega la famiglia delle titolari a Carlo Giuliani, morto durante il G8 di Genova del 2001. Ciò premesso, cosa fa il buon Digos Mario Fabbri il 18 marzo 1978 nella libreria l'Uscita di Via dei Banchi Vecchi? Chiede, ovviamente, l'elenco degli associati.
Ma curiosamente si sofferma e verbalizza un solo nome: Franco Alunni (allo stadio delle mie conoscenze - tranquilli! - mera omonimia con l'ectoplasma di via Fani, Corrado, oggetto delle "evidenti" allucinazioni di vari testimoni), Franco Alunni, dicevo classe 1927.
Franco Alunni, vedi "Untold" citato e "Cuore di Stato" dell'ex giudice Mastelloni, vuol dire assai probabilmente - tramite Massimo Corbò, e forse neppure per questo tramite - Giorgio Conforto.
Cioè Piperno, cioè Morucci e Faranda.
Ora, come mai l'ottimo Digos e futuro Sisde Mario Fabbri - quello che due cappuccini mattutini prima, cioè il 16 marzo, verbalizza che la 132 in Via Calvo viene ritrovata alle 10.00 quando invece era stata ritrovata dai suoi sprovveduti - nel senso dell'ingenua verbalizzazione - compari della "Squalo 4" al massimo alle 9.20- come mai, dicevo, l'ottimo Digos Mario Fabbri, il 18 marzo alla libreria di cultura alternativa di "quella" Roma (senza ironia e con massimo rispetto) rileva e verbalizza, tra tanti associati, proprio il nome di Franco Alunni?
La mia ingenuità, assisa al livello chiacchiere da barbiere (quando ancora ci andavo, ora manca la materia prima), mi porta a dire che forse, ma proprio forse, tra Questura e Viminale, sapevano già esattamente dove cercare.
Però Morucci e Faranda per 54 giorni fanno indisturbati un lavoro di smistamento con un'efficienza tale che avrebbero meritato i posti di Ministro e Sottosegretario delle Poste e Telecomunicazioni Italiane; già, perchè non dimentichiamoci delle telefonate pur intercettate, e dello sberleffo della telefonata nella quale Morucci si permette perfino di dire al giovane Tritto (una delle non poche premature scomparse della vicenda, come l'allieva prediletta di Moro M.L.F., la signora dell'allagamento di via Gradoli, la testimone Cinzia Lina De Andreis, ecc.), Morucci, dicevo, si permette di dire al purtroppo non longevo Tritto che tanto "sappiamo dal Ministero che siete intercettati"
Veramente fortunate, queste integerrime e rivoluzionarie BR!
State sintonizzati, perchè prima o poi metto tutto per benino e organico.
Alla faccia dell'album di famiglia.
anche sui significati reconditi di un articolo come quello della rossanda si potrebbe scrivere un libro... io l'ho sempre interpretato come una allegoria/ messaggio in codice verso una parte precisa del P.C.I. che al manifesto conoscevano bene dagli anni '40 e '50 e cioè sono i vostri figliocci sia ideologicamente ma non solo ....ed infatti casualmente quell'articolo fa ancora schiumare di rabbia Flamigni e tutti i suoi epigoni
EliminaSi .in esatto Valerio la Rosandra critica che i comunicati e la forma degli stessi gli ricordava certi corsi da Soviet degli anni 50/60 a cui parteciparono
Elimina1. In verità l elenco degli iscritti al PCI delle BR e'più esteso della rappresentazione di baldi giovincelli che ne fa lei non solo per presenza di età, militanza , ma anche regionale, tenga nota ad esempio di Baistrocchi colonna genovese BR.
RispondiElimina2. Erano leninisti. Il curriculum vitae, solo per esempio della colonna romana, verificato e verificabile e' leninista senza alcun dubbio. Come e'leninista e non condivisibile né condiviso il modus operandi, cioè il principio dei monaci della lotta armata elite e guida della costruzione del Partito Combattente al e nel quale deve confluire unificandosi sotto la Direzione il M.P.R.O. , Movimento Proletario di Resistenza Offensiva sigla convenzionale struttura inesistente nei fatti, desiderata leninista BR. Leninisti nei fatti della piena convinzione di avere una delega in realtà autoprodotta mai data da nessun esercito che di fatto non esisteva . Leninisti e gappisti infine nei modi e nei termini delle azioni armate intraprese. Ho piacere che lei abbia letto Untold, testo nel quale troverà notevoli tracce di quanto sopra, propedeutiche al manoscritto prossimo futuro. Non si giochi la rata di mutuo visti gli sviluppi attuali Guidi. Ma si metta l anima in pace la DC e il PCI erano i Guardiani di Yalta, citazione lettera Rino Formica, . Ma le BR leniniste , ed e'quanto mai corretto scrivere BR al plurale, ci rendemmo conto grazie al servizio segreto Vaticano, citazione Steve l Americano , fossero ovunque, in tutti i settori professionali culturali e politici fino a figure istituzionali, vi era una parte del PCI che era stata la culla delle BR che non ha mai accettato il compromesso. Saluti
RispondiEliminaAndrea carissimo, sono, come al solito, d'accordo con te solo in parte. Conoscendo bene i tuoi studi e la profondità della tua ricerca, comprendo benissimo il tuo discorso e ne condivido le conclusioni ultime, permettimi però di dirti che trovo limitativo escludere, da un discorso globale su un movimento, le sue origini, il credo e le speranze di tutti i suoi partecipanti. Tutto ha un inizio ed una fine e tra questi due estremi c'è un percorso evolutivo che va considerato. E l'inizio, quello più profondo, delle BR non è stato Pecorile, ma gli ideali di un gruppo di ragazzi che si sono trovati, pur provenendo da luoghi ed esperienze diverse, e che, in un periodo particolare della vita di questo paese hanno compiuto una scelta completamente sbagliata: quella della lotta armata. Sbagliata perché il paese, la classe operaia, il proletariato, in nome del quale si muovevano, stavano lottando su piani diversi e non erano disposti a seguirli e perché, opinione quest'ultima assolutamente personale, la violenza, il furto, il sequestro...sono scelte profondamente ingiuste e di comodo, che non fanno onore a chi le usa. Considerato ciò, escludere come fai tu che le BR possano essere state mosse da ideali ispirati al leninismo mi sembra davvero esagerato e, confesso, ai miei occhi appare come una estrema idealizzazione di una teoria che non ha mai, purtroppo, portato buoni risultati nella pratica.
RispondiEliminaAnna Maria Conforto, sorella di Giorgio, possedeva una mansarda in Via di Porta Tiburtina 36, sullo stesso piano di un appartamento che fu la base brigatista in cui si nascose Luigi Rosati, ex marito della Faranda, nel 1977.
RispondiEliminaLa proprietaria dell‟appartamento di via Gradoli 96 , Luciana Bozzi, lavorava al Centro Ricerche Nucleari La Casaccia con Giuliana Conforto. Le due donne si frequentavano proprio in Via Gradoli 96.
Il 25 novembre 1978, un mese dopo l’uscita dell’articolo sulla seduta spiritica , Romano Prodi divenne ministro dell’Industria nel governo Andreotti. Il 14 dicembre 1978 la proprietaria del covo brigatista di via Gradoli, Luciana Bozzi, che conosceva Franco Piperno dai tempi in cui frequentavano insieme il Centro di ricerche nucleari di Frascati, iniziò a lavorare con un contratto di due anni proprio al ministero dell’Industria.
Il nome di Giuliana Conforto fu rinvenuto anche sull‟agenda di Laura Di Nola, la padrona di casa di Via Sant‟Elena 8, nel Ghetto di Roma.
Tutti questi fatti , oltre a tutta la questione della presenza della R.A.F., generano spesso una alzata di spalle in quanto non coincidenti con lo spartito creato a posteriori dalla storiografia militante secondo cui il sequestro fu un complotto della CIA per fermare la gioiosa macchina da guerra ante litteram dal governo del paese.
Viceversa qualunque appiglio che porti ai servizi occidentali, alla P2 e a Gladio è scandagliato e usato allo sfinimento per dimostrare la tesi del complotto di Washington.
No lo avevo letto mi era sfuggito, complimenti Valerio , notevole disamina svolta con dati reali e non la solita aria fritta impanata ufologica. Abbia un pochino di pazienza.la prima decade di ottobre un manoscritto le darà ampia documentata soddisfazione.
EliminaLaura, mi permetto di replicare che il non disconoscere una spinta ideale, sia pure male indirizzata, in giovani che si sono mossi al crimine in clandestinità, non equivale per nessuna ragione al mondo dover riconoscere una patente di omogeneità al pensiero e all'azione del leninismo.
RispondiEliminaLa lotta all'ingiustizia - ne parlo in generale- è passata non di rado tra il 19° e il 20° secolo per azioni velleitarie di stampo anarcoide: non per questo, esse hanno fatto parte, in alcun modo, della "famiglia" marxista-leninista.
Manterrei ben distinti i piani di una qualche genuina spinta "rivoltosa" per molti giovani che a quella clandestinità si volsero, al riconoscimento di una reale preparazione politica.
Se alle spalle delle forze Repubblicane in Spagna ci fossero state solo generiche istanze rivoluzionarie non guidate organicamente dai Partiti Comunisti, specie Italiano (in esilio) e Spagnolo, con l'appoggio tecnico- organizzativo di alcuni ufficiali inviati dall'URSS (penso al futuro Maresciallo Konev) o di personaggi che avrebbero assunto il ruolo pochi anni dopo di massimi esponenti mondiali di vincenti organizzatori guerriglieri e poi, a vittoria conseguita sulla Germania nazista, di uomini di Stato, come il fenomenale futuro Maresciallo Tito, il più grande capo guerrigliero della Storia (insieme a Mao), la resistenza repubblicana sarebbe durata pochi mesi invece di tre anni.
Il più madornale errore delle BR, che ne denuncia la totale distanza dal leninismo, è la mancanza di tempismo storico, per quanti di loro erano appunto in buona fede (scusate, ma dubbi su Moretti e Morucci ne conservo parecchi).
Però ora vorrei tornare alla ricerca sulle fonti.
...e ovviamente tentare di capire, tra le altre cose, come fu possibile che il Ministro delle Poste Morucci, il sottosegretario Faranda, e il primo dirigente Pace, poterono circolare liberamente per Roma per 54 giorni senza essere mai fermati.
EliminaVedete: quando le forze dell'ordine in senso lato (Carabinieri, Digos ecc.) nei primi giorni vanno, or ora lo dico in ordine sparso: a casa di Morucci, a casa di Faranda, a casa di Casimirri, a casa di Pace, alla libreria "L'Uscita" annotando proprio il nome di Franco Alunni, vedete, io ho il naso sensibile, e la puzza di marcio mi arriva, INTOLLERABILE, pure dopo 45 anni.
e per chiudere a scanso di equivoci: sono personalmente un fan accanito del valore storico generale della Rivoluzione d'Ottobre e delle vittore dell'Armata Rossa contro gli eserciti di Hitler. Ma fu, sinceramente, un'altra cosa.
RispondiEliminaMorucci e Faranda erano latitanti da anni.Andare a casa di clandestini e' identico a cercare i buoi quando la stalla e' vuota da illo tempore. Il buon giocatore di poker notturno, ancora oggi 2023 leggo su testi di giornalisti di inchiesta, saggisti , storici , commissioni e via andare che era un leader del Movimento, un leader di Autonomia Operaia, . Mai stato nulla del genere, ed e'lui stesso unitamente al suo mentore a ridersela a crepapelle , raccontando di non avere mai fatto parte di entrambi, pura invenzione giornalistica. In verità tutti questi personaggi non hanno mai smesso di essere funzionali a Potere Operaio alla fazione romana di Potere Operaio. La MasQuerada ha funzionato. Tutti loro per quanto Guidi sia legato ad un affetto per il Soviet Supremo erano e sono Leninisti. In quanto a Moretti Guidi ha i dubbi su chi e'ancora parzialmente in galera, riceve dallo stato un assegno di alcune centinaia di euro. Di certo una ottima pubblicità per essere quello che pensa Guidi , una vita meravigliosa. Magari concentrarsi sulla Internazionale Socialista aiuta. Saluti
RispondiEliminaGentile Anonimo,
RispondiEliminaLe sarei grato se Lei dicesse, come fa a conoscere l´entità dell´assegno di Moretti di cui fa menzione. La ringrazio anticipatamente dell´informazione, cordiali saluti
Ne fa cenno Persichetti, perché lei ha notizie che sia milionario e che sia in semilibertà a oltre 75 anni per hobby?
EliminaPer sua conoscenza troverà con semplicità di ricerca open source su Google che a seguito riforma un detenuto riceve tra 150/200 euro mese , qualche struttura arriva fino a 600 euro mese . Saluti
RispondiEliminaGentile Anonimo, Le avevo risposto ore fa, ma la mia risposta curiosamente, non è stata pubblicata, a differenza delle Sue. Riprovo a riinviarla, vediamo che succede, molto strano il funzionamento di questo sito :
Elimina" Gentile Anonimo,
La ringrazio delle 2 risposte. Che però non rispondono alla mia domanda, mi spiego.
Anzitutto Le sarei grato se Lei linkasse il cenno di Persichetti che Lei ha citato come fonte della Sua asserzione, in modo che io possa verificarne la lettera esatta.
Seconda cosa, spero che Persichetti fornisca fonti e prove nel suo cenno sull´entità dell´assegno di Moretti, e che Lei non mi chieda di credergli sulla parola, dato che la storiografia è, o dovrebbe essere, scienza e la scienza non va a fiducia od ipse dixit, ma a verifiche documentate.
Terzo : Lei converrà che c´è una bella differenza tra 150/200 e 600 euro al mese. Nemmeno 600 è gran cosa, ma è molto meglio di 150, specie per chi stando in carcere, non ha le spese di chi sta fuori.
Quarto ed ultimo : mie fonti dicono tutt´altro : per esempio, stando a questo articolo di repubblica :
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/23/dovete-sospendere-lo-stipendio-quel-br.html
Moretti già nel 1993, guadagnava 1,9 milioni al mese come consulente informatico per conto della società Lombardia informatica facente capo al Pirellone. Tenga conto come raffronto, che io che sono incensurato, nel 1993 guadagnavo appena 1,3 milioni al mese per una professione almeno altrettanto complessa del consulente informatico.
Cordiali saluti e grazie ancora anticipate per il link di Persichetti, che attendo con vivo interesse. "
Sergio Ruffini, nessuna stranezza. Semplicemente abbiamo dovuto introdurre, per evitare dei commenti di disturbatori, la moderazione degli stessi commenti. Il che significa che alcune volte al giorno monitoriamo e leggiamo preventivamente i messaggi per poi approvarli e metterli in linea. Vi sono giornate in cui il monitoraggio, come è ovvio nel fine settimana, è meno assiduo. Evidentemente i tuoi, di cui lamentavi la mancata pubblicazione, subito dopo l'invio del blocco precedente. Ci scusiamo ma purtroppo al momento non possiamo fare diversamente.
EliminaCorrezione: Evidentemente i tuoi, di cui lamentavi la mancata pubblicazione, SONO GIUNTI subito dopo l'invio del blocco precedente.
EliminaAnonimo, ha presente il falso comunicato n. 7, e la fine minacciata di fare la fine di quelli del carcere tedesco? Ecco.
RispondiEliminaMolto criptico per poter rispondere.Ho presente molto bene entrambi gli episodi, anche se la fine minacciata in realtà era una elucubrazione autoprodotta, peraltro comprensibile, il famoso: sono stati suicidati ,dei BR storici , diciamo così , che erano già detenuti, tra l altro comunicata all' avvocato Guiso . Al riguardo del comunicato falso n.7 , in realtà e'una tripletta, seduta spiritica per pioggia quando c era il sole, comunicato n 7 con invasione del Paese di Gradoli come da servizio tg, con i cittadini di Gradoli incluso sindaco che si affacciano sul vuoto , la pressione bassa che porta la preferita del capo a lasciare la camicia che fa tappo , Chicciarelli designer. E' ovvio che il 18 fa differenza. Ma Di Pietro direbbe: ma che c azzecca ? .
RispondiEliminaGentile Anonimo,
RispondiEliminaLa ringrazio delle 2 risposte. Che però non rispondono alla mia domanda, mi spiego.
Anzitutto Le sarei grato se Lei linkasse il cenno di Persichetti che Lei ha citato come fonte della Sua asserzione, in modo che io possa verificarne la lettera esatta.
Seconda cosa, spero che Persichetti fornisca fonti e prove nel suo cenno sull´entità dell´assegno di Moretti, e che Lei non mi chieda di credergli sulla parola, dato che la storiografia è, o dovrebbe essere, scienza e la scienza non va a fiducia od ipse dixit, ma a verifiche documentate.
Terzo : Lei converrà che c´è una bella differenza tra 150/200 e 600 euro al mese. Nemmeno 600 è gran cosa, ma è molto meglio di 150, specie per chi stando in carcere, non ha le spese di chi sta fuori.
Quarto ed ultimo : mie fonti dicono tutt´altro : per esempio, stando a questo articolo di repubblica :
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/23/dovete-sospendere-lo-stipendio-quel-br.html
Moretti già nel 1993, guadagnava 1,9 milioni al mese come consulente informatico per conto della società Lombardia informatica facente capo al Pirellone. Tenga conto come raffronto, che io che sono incensurato, nel 1993 guadagnavo appena 1,3 milioni al mese per una professione almeno altrettanto complessa del consulente informatico.
Cordiali saluti e grazie ancora anticipate per il link di Persichetti, che attendo con vivo interesse.
Sottoscrivo e applaudo.
EliminaPer inciso: come se tale persichetti possa considerarsi fonte affidabile e super partes.
Ruffini non rispondevo a lei ma a Guidi 1. Nessun link ma videoconferenza Open ai tempi della pandemia se la ritrovo volentieri.2. Stato non privati . Il Pirellone non e' lo stato a meno che lei non abbia altre informazioni. E non ho notizie nel merito della continuità del rapporto con Pirellone che e' del 1993 mentre videoconferenza direi molto più recente.4.mario rossi applaude cosa ?.potrei elencare una tonnellata di complottisti ma mi astengo , probabilmente applaude quelli .
EliminaVi suggerisco per aggiornamenti l articolo di Repubblica 11 febbraio 2023 intitolato La nuova vita di Mario Moretti dove troverete tutti i dettagli al riguardo incluso dove vive e come e dove svolge volontariato a più di 77 anni. Non risponderò oltre sull argomento Moretti grazie
EliminaE'bene rammentare che al riguardo di Moretti si sta parlando di una persona che ad oltre 75 anni e'ancora in regime di semilibertà cioè ogni sera rientra in carcere. Perché da come approcciate l argomento sembra che stia da nababbo da decenni alle Barbados. Il che come dire nel 2023 , stona. Al di là della non condivisione di tutta la storia. Saluti
RispondiEliminaGentile Anonimo,
RispondiEliminache Lei risponda a me o a Guidi, spero che ciò non mi tolga il diritto di commentare le Sue risposte e porLe domande. Mi sfugge dunque la pertinenza dell´osservazione.
Restiamo poi in attesa della videoconferenza del Persichetti contenente l´accenno su cui Lei basa la Sua asserzione, già confutata per il 1993 ma non solo (perché la mia fonte non diceva da quando il Moretti aveva iniziato a percepire il milione e nove, né fino a quando lo percepì). Devo soggiungere, che un fuggevole cenno in videoconferenza, mi pare alquanto labile come valore probatorio in generale.
Vedo poi che Lei, mi concederà amabilmente la critica, non mostra confidenza con Milano : se si fosse dato pena di semplice ricerca google, avrebbe appurato che il Pirellone, come popolarmente è noto il Grattacielo Pirelli, fu acquistato nel 1978 dalla Regione Lombardia, il cui consiglio regionale vi tenne la prima sessione nel 1980 :
https://it.wikipedia.org/wiki/Grattacielo_Pirelli
E se si fosse dato pena di leggere con cura l´articolo da me linkato sul milione e nove, che ripropongo alla Sua attenzione :
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/23/dovete-sospendere-lo-stipendio-quel-br.html
avrebbe compreso che il milione e nove veniva erogato al moretti proprio appunto dalla Regione Lombardia, anche se attraverso la società Lombardia informatica che ad essa regione faceva capo (e legittimo è anche il dubbio, della reale sostanza e scopo di detta società e delle generiche consulenze informatiche del Moretti, tutte da verificare). Era dunque il contribuente a pagare a Moretti quello stipendio ben superiore agli standard di molti dipendenti incensurati dell´epoca tra cui il sottoscritto, dotati oltretutto come nel mio caso, di qualifica ben superiore.
Lei cita poi, gentile Anonimo, articolo di repubblica senza link che per ora non trovo, ma ne trovo altro analogo della stessa epoca e tema :
RispondiEliminahttps://www.repubblica.it/cronaca/2023/02/10/news/moretti_br_esecutore_assassinio_moro_lavora_in_rsa_brescia-387345265/
Qui si dice bensì che attualmente il Moretti svolgerebbe volontariato in RSA di Brescia - ma non si dice affatto, come Lei stesso notava di non sapere, che il suo rapporto con la Regione Lombardia attraverso Lombardia informatica sia cessato, od anche nel caso di cessazione per raggiunti limiti di età ad esempio, che esso rapporto non produca ancora effetti pensionistici a beneficio del Moretti. Né Lei può dire con certezza, mi corregga se sbaglio, se il Moretti abbia anche altre fonti di reddito non note.
Non solo : ma l´articolo di Repubblica dice pure che il Moretti dal 1997 è in regime di semilibertà, e non sempre in carcere come Lei lascia intendere : semilibertà significa che esce dal carcere alle 7 e deve rientrarvi in teoria alle 22. In partica, vi dorme solo (SE davvero vi rientra sempre), e gratis, il che va a beneficio notevole del suo tenore di vita. Dico SE perché sempre l´articolo citato parla di " permessi premio, licenze straordinarie, periodi fuori dalle mure carcerarie anche di notte " : non mi pare poi un trattamento così malvagio, Lei ne vorrà amabilmente convenire. Che anzi, l´articolo dice che Moretti ha un suo appartamento a Brescia, e par di capire che dalle 22 alle 7 debba stare a casa, che sia dunque cioè non solo in semilibertà, ma anche ai domiciliari. Non male per uno condannato a 6 ergastoli, non
trova ? Cordiali saluti
Cerchi l articolo in data 10 febbraio 2023 la nuova vita di Mario Moretti redazione la Repubblica vedrà che lo trova. Ho già risposto legga che non risponderò oltre a domande su Moretti, di questo tono e genere ,non mi ripeto. Il suo tono vagamente inquisitorio non mi aggrada per nulla , ripeto Pirellone non e'lo Stato e nell articolo troverà dove presta lavoro e non e' Pirellone.Mi dispiace che lei abbia una bassa paga come consulente ma per questo si rivolga a suo datore lavoro non a Moretti viste le sue favolose competenze. In quanto alla bella vita che per lei vive Mario Moretti potrei elencarle quella che con superiori ergastoli conducono all aria aperta in numerosi.Non spetta a me una difesa di ufficio ne di parte di Moretti che anzi sin da allora ne condivisibile né condivisa ma contrastata . Questo non toglie che ufologia applicata all'aria fritta impanata non appartiene alla nostra controinformazione. Vede io stavo cercando in archivio video di accontentarla , ma i suoi toni i suoi modi non mi aggradano , se lo cerchi da solo .
EliminaPer concludere questa conversazione a cui Non darò seguito alcuno l articolo del 1993 da lei citato si riferisce alla richiesta , a seguito della confessione della Faranda che il colpo di grazia a Moro fu sparato da Moretti , di interrompere il rapporto di lavoro informatico in essere con lo stesso Moretti da parte della società da lei citata. Il file ovviamente da me rintracciato anche e' del 4/9/2020 ore 19, 02. E non ho piacere di comunicare con lei oltre. Le posso suggerire visto che Moretti svolge come da articolo 10/2/2023 Repubblica attività saltuaria di consulenza informatica presso uno studio avvocato a Milano di rivolgersi a Repubblica farsi dare gli estremi dello studio e inviare curriculum vitae delle sue alte qualifiche professionali di cui parla.in bocca al lupo
EliminaScusi anonimo, ma non capisco perché lei ritenga di dover rispondere a me, con tutte le persone che, non solo qui da decenni manifestano perplessità sulla versione ufficiale, che è poi quella dei BR.
RispondiEliminaAggiungo che il fatto che Moretti la sera ancora rientri in carcere, mi smuove poco e mi commuove poco. È una sua scelta. Perché vede, i dubbi su cosa accadde in particolare il 16 marzo e il 9 maggio in via Montalcini rimangono tutti, con il loro carico di contraddizioni nelle versioni di Moretti stesso, Gallinari, Braghetti, MACCARI e Morucci.
Se posso dirla tutta, dopo 27 ritengo tra l'altro ancora incomprensibile la confessione di MACCARI in dibattimento, del tutto a sorpresa. Ipotizzare che sia stato convinto a farlo anche oltre le sue effettive responsabilità, è il minimo sindacale per voler compiutamente porre sul tavolo ipotesi non astratte.
Caro Guidi ho risposto a lei perché lei ha sollevato la questione. Mi indichi dove ho scritto che il memoriale Barilla Cavedon Presidente solo per lei e' la mia Bibbia. Anzi , vede che fui il primo con tanto di foto a svelare che nascosti dietro siepi non esiste in quanto le fioriere erano deserte da mesi su una c'era uno zeppo sotto quel zeppo c e' scritta spray Walter Rossi vive .,Quella e' Roma nord Guidi .In quanto a Gulliver nota dolente i Viaggi di Gulliver.Ancor di più quando la signorina in preda a visione mistica rientra e mette a verbale la delazione c e' il verbale Guidi .In quanto a Moretti e'una sua scelta.Vede il numero di aprile 78 di un mensile, tra l altro consegnato al buon Vitalone , si chiedeva nel redazione ma Zaccagnini e Pecchioli sono fiancheggiatori delle BR? Di certo ufologia applicata all'aria fritta impanata non fa parte della nostra controinformazione.saluti
EliminaVolevo dire 27 ANNI, ovviamente.
RispondiEliminaCome disse Taradash in Commissione Stragi a Maccari: Maccari, il suo processo tutto sommato stava andando bene, poi improvvisamente lei confessa di essere il "quarto uomo". Bene, Maccari confessa molto di più. Maccari confessa di essere stato presente all'omicidio di Moro.
RispondiEliminaCosa del tutto estranea all'essere state accertate le sue firme sui contratti di luce e acqua di di Via Montalcini. Maccari fa questo perfino dopo avere tenuto testa al confronto con la Grande Delatrice a comando, Adriana Faranda.
Insomma, io posso avere sottoscritto in epoca non sospetta, perchè anteriore al sequestro, i contratti per le utenze di un certo appartamento, e poi, secondo voi, mi dichiaro IMPROVVISAMENTE, quando il processo neppure mi è sfavorevole, colpevole di avere partecipato al sequestro di una persona, di essere stato il quarto carceriere dell'ostaggio proprio in quell'appartamento, e, peggio ancora, di essere lì mentre lo si esecutava.
Un kamikaze.
Proprio a maggior ragione quando, DOPO LA CONDANNA, continuo a far capire che io lì non c'ero, o se c'ero dormivo, e chiedo la soluzione politica, e mi auto proclamo "l'agnello sacrificale".
Di Che cosa?
Moretti, parli, per Dio!
maccari: l'ennesima (strana) morte per infarto.
EliminaSi disse che le sue condizioni di salute erano buone e nulla lasciava presagire una fine così fulminea... il giorno prima di morire aveva visto i suoi familiari e parlato di un permesso premio che sarebbe potuto arrivare a breve...
Tornando ai legittimi quesiti posti da sig. Ruffini, secondo me l'unico a cui è andata veramente di lusso è il morucci, il super raccomandato della masnada "terroristica": una vita in corsia preferenziale.
Una esortazione al buon Notaio Guidi, io fossi in lui ascolterei attentamente l audizione citata su Radio Radicale perché ci sono argomenti che Gulliver esplicita in modo chiaro e non sottinteso
EliminaGentile Anonimo,
RispondiEliminadove mai Lei veda inquisitorietà nel mio tono, dovrebbe gentilmente spiegarlo, altrimenti rischia di accumulare asserzione non fondata su asserzione non fondata.
Aveva promesso di non intervenire più sul Moretti, ma vedo che la sua promessa è come quella della donna di Catullo - del tipo che in vento et rapida scribere oportet aqua.
Ho finalmente trovato l´articolo da Lei citato senza link, ma provvedo io ad ovviare alla Sua trascuratezza bibliografica :
https://www.repubblica.it/cronaca/2023/02/10/news/moretti_br_esecutore_assassinio_moro_lavora_in_rsa_brescia-387345265/
Esso non è altro che variante di quello del giorno dopo da me commentato sopra, comunque ripeto : vi si parla espressamente di, cito :
" permessi premio, licenze straordinarie, periodi fuori dalle mure carcerarie anche di notte " : dunque non è affatto sempre vero quel che Lei lasciava intendere, che cioè il povero anzi indigente 77enne debba rientrare dietro le sbarre ogni sera alle 22 quasi Cenerentola. Anzi, stando all´articolo da Lei citato forse non previa accurata lettura, Moretti in carcere non mette più piede nemmeno di notte :
" Dalla fine del 2022 vive, come scrive il Giornale di Brescia in un appartamento dove c'è il suo nome scritto sul citofono con un pennarello. Deve rimanere in casa dalle 22 alle 7 del giorno successivo." :
ergo : in semilibertà di giorno, a casa sua di notte (domiciliari) : con la prigione il Moretti ha chiuso. Se questo non è un trattamento di favore er un esaergastolano, allora forse Lei vorrebbe per lui, villa con piscina e maggiordomo ?
Lavora comodamente in prevalenza da casa, prosegue l´articolo, per lo più in smart working. Guida l´auto della sua compagna il nostro indigente, non deve scomodarsi coi mezzi pubblici come tanti comuni mortali anziani.
Da altre fonti che potrei citarLe, Le dirò che oltre alla compagna ha una figlia, Caterina, nata nel 1996, quindi almeno da metà anni ´90, dunque da prima della concessione ufficiale dellla semilibertà nel 1997, gli è concessa piena libertà di vita affettiva ed intima - quest´ultima dubito espletata in carcere.
L´articolo che Lei cita dunque, dà un quadro della vita del Moretti del tutto diverso da quello che, senza alcuna prova, dipinge Lei.
Se il mio tono non Le aggrada, gentile Anonimo, temo sia un problema esclusivamente Suo, un problema riguardante la Sua palese insofferenza verso il dissenso motivato. Io per quanto posso, più cortese di così nei Suoi confronti, non potrei essere, né mi permetto di giudicare la perentorietà apodittica del Suo di tono, peraltro non giustificata da argomentazioni cogenti - lascio libero chiunque di esprimersi come vuole.
RispondiEliminaVedo che Lei nega perfino l´evidenza : che cioè per Pirellone si intenda la Regione Lombardia, il cui Consiglio Regionale ha appunto sede nel Grattacielo Pirelli : e nega l´evidenza che nell´articolo da me citato sul 1993, si dica espressamente che la società Lombardia informatica che faceva capo al Pirellone cioè alla regione, pagava a Moretti il milione e nove che attingeva dai fondi regionali che la finanziavano. Ricito il tutto per la terza volta, sperando che stavolta Lei tenga fede alla Sua reiterata promessa di abbandonare la Sua narrativa sull´indigenza presunta del Moretti :
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/23/dovete-sospendere-lo-stipendio-quel-br.html
" Il consigliere regionale missino Carlo Borsani ha chiesto ieri al presidente della giunta, Fiorella Ghilardotti, che venga immediatamente sospeso lo stipendio a Moretti, che attualmente lavora all' interno del carcere di Opera dove è detenuto per conto della società Lombardia Informatica (che fa capo al Pirellone)...ritengo doveroso da parte della Regione Lombardia sospendergli l' erogazione dello stipendio mensile di un milione e novecentomila lire".
Spero Le sia ora finalmente chiaro, che quel milione e nove Moretti lo prendeva dalla Regione, cioè da soldi pubblici, cioè dal contribuente. Stato o non Stato, soldi pubblici erano (o sono). Le ricordo peraltro, che una parte non indifferente dei bilanci regionali è costituita da trasferimenti erariali, cioè da soldi dello Stato - nel 1993, in misura assai maggiore di oggi, dopo il federalismo fiscale.
Dove poi Lei, gentile Anonimo, veda "ufologia applicata all´aria fritta impanata" , nelle mie argomentazioni puntualmente documentate (a differenza delle Sue), che le si condivida o meno, è un´altra di quelle cose che Lei butta lì senza spiegazione. E che non sostituiscono la Sua mancanza di argomentazioni fondate e verificabili, temo. D´accordo, visto che Lei non fornisce né link né video né alcun´altra fonte verificabile dei Suoi postulati, prima o poi cercherò quella conferenza persichettiana, nella viva speranza che il cenno contenga le prove dell´indigenza morettiana che Lei omette.
RispondiEliminaInfine, curiosità : l´articolo 10.2.23 da Lei non linkato come Suo costume, e cioè :
https://www.repubblica.it/cronaca/2023/02/10/news/moretti_br_esecutore_assassinio_moro_lavora_in_rsa_brescia-387345265/
non menziona alcuna consulenza morettiana presso studio avvocato di Milano : da dove l´ha presa questa notizia ?
Temo proprio che la Sua critica al commentatore Andrea Guidi, che accennava a suo legittimo dubbio sulla purezza rivoluzionaria del Moretti, sua critica basata su presunta indigenza dimostrata inesistente del Moretti, quando la realtà documentata dice l´esatto contrario ; temo che tale Sua critica si sia palesata labile e vacillante. Mentre il dubbio di Guidi non fa che rafforzarsi in base a tutto quel che ho citato e che potrei ancora citare.
In bocca al lupo anche a Lei, e cordiali saluti
Provi con il Mattino 11/2/2023 articolo di Claudia Guasco lo trova di sicuro li .io lo ho appena letto e c'è eccome. Titolo Mario Moretti l uomo che uccise Moro fa il volontario in una RSA . Mi raccomando mandi il curriculum.il resto e'per me ufologia applicata all'aria fritta impanata.
EliminaGentile Anonimo,
Eliminavedo che Lei non ne vuol sapere di mantenere la Sua ormai antica promessa di lasciar stare le Sue fantasie nemmeno originali sul povero 77enne indigente. Qualcuno direbbe che, oltre che di quella argomentativa, Lei difetti di coerenza in generale. Quanto all´ ufologia, vedo che Lei ne è maestro, essendo capace di null´altro che di stanche e trite ripetizioni del vuoto spinto. Quanto al Mattino, l´ articolo è per soli abbonati. Peraltro, da quel che ne ho rubato nei pochi istanti concessimi, dice le stesse cose di Repubblica e di tutti gli altri giornali di quel periodo e ricavabili da altre fonti : Moretti è un uomo libero, de facto se non de jure, la prigione la vede solo col cannocchiale, ha casa sua, una compagna, una figlia, famiglia, macchina, e forse anche pensione della Regione Lombardia, oltre a tutte le prebende passate, il milione e nove, il gettone di mamma rai come ospite d´onore di Zavoli, i proventi del libro ben venduto con la Rossanda e la Mosca, e chissà cos´altro che Lei non sa, a meno che non abbia fatto accertamento fiscale e patrimoniale. Donde dunque Le venga la certezza catechistica sull´indigenza, ipse dixit del Persichetti a parte, resta un mistero della fede.
Desidero infine, sperando ancora di cuore Lei onori finalmente le Sue finora vane promesse, ricambiare il Suo generoso consiglio professionale : mandi il Suo di cv, a contropiano, dove La accoglieranno a braccia aperte in redazione - a meno che Lei non ne faccia già parte...Cordiali saluti
19 giugno 1996 la deposizione di Maccari al Moro Quinques Radio Radicale 6 h e 22 m de I Viaggi di Gulliver. Cosa posso aggiungere io a questo oltre a suggerire l ascolto, poche cose. Roma Sud e generazione più grande hanno impedito nei fatti di incontrarci, Potere Operaio e Lap anche BR pure. Ma era viva nel Movimento la figura di Gulliver, che al movimento da brigatista anomalo era legato al punto di infrangere le regole e la prima sera del sequestro presentarsi a un Assemblea in Università sul sequestro stesso. Era viva per le sue gesta generose operative e militanti ed lo era come compagno affidabile e determinato, in tutta Roma. Vi e'un lui quella totale dedizione e lealtà tipica non solo politicamente ma anche in parte dei principi e valori per così dire coatteschi cavallereschi che si riscontrano in quei personaggi nati e cresciuti in certi ambienti. Questo si riflette in lui nella totale fiducia in Seghetti e Morucci come nel portare a termine quanto intrapreso pur Non essendo in accordo con parecchie questioni. Come il non prendere iniziative di fuga di alcun genere ma rimanere a nuotare nel suo quartiere con la sua gente. Concludendo ho avuto modo di dialogare con chi di Roma Sud lo conosceva come Gulliver non certo come BR , e non si capacitano ne si danno pace sia dell' infamità così la chiamano dove includono i Signorini , sia della sua scelta. Una curiosità, Morucci Faranda e Maccari avevano lo stesso avvocato il quale convocò Andreotti e Prodi perché sostenne che dietro il Gradoli della seduta vi fosse stato Maccari stesso.
RispondiEliminaA conclusione di questo scambio di opinioni e per riportare al tema dell'articolo dell'autore, va detto e nel manoscritto ne avremo modo e dettagli che dal Processo Metropoli di cui all'articolo ermergono elementi sostanziali che caratterizzano le tematiche in discussione indicando una via di lettura molto interessante e precisa.
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RispondiEliminaGentile Mario Rossi Gulliver cioè Maccari non e'morto per infarto ( l ennesimo? ) Ma per Aneurisma Celebrale come da autopsia. Saluti
RispondiEliminaGentile Anonimo,
RispondiEliminae Lei che ne sa che l´autopsia sia veridica ? Vuol linkarci una volta tanto, l´autopsia di Maccari, se pubblicata, oppure è un altro dei cenni di Persichetti in videoconferenza che Lei prende per dogmi di fede ? La informo inoltre, che non si muore per aneurisma : l´aneurisma cerebrale è infatti una malformazione vascolare, non di per sé causa di morte. La morte è provocata dalla rottura dell´aneurisma - e di questo si legge in pubblicistica, sarebbe morto il Maccari : e Lei, una volta ricalibrate le Sue scarse nozioni di anatomia e patologia, come fa ad esserne certo ?
Lasci perdere, è tempo perso... questo tizio è un epigono del tale di nome persichetti. Lasci pure che de-canti le "gesta" dei suoi "eroi", sarebbe capace di scriverci sopra un romanzo.
EliminaUn omaggio all'autore a cui mando i miei saluti, delle suggestioni, solo tali . La bionda avvenente del fumetto ha delle per così dire sosia una a Focene intenta a sotterrare volantini , la stessa con auto importante e targa straniera sempre a Focene/Fregene, a Rimini a bordo della R 4 in compagnia, l altra che scende dalla R 4 sempre in compagnia ma a via Catania.
RispondiEliminaGentile Signora Pioli Caselli,
RispondiEliminagraziosamente Lei mi concederà, di esprimere dubbi motivati su di un´asserzione del Suo post, e precisamente, là dove Lei scrive, cito :
" Fra gli avieri c’è anche Blasco : anche questa potrebbe essere solo una drammatizzazione, perché se Blasco fosse Senzani è improbabile che un accademico di 36 anni, ignaro dell’uso delle armi, si metta in mezzo ad un’azione militare." :
- io Blasco tra gli avieri non lo vedo : nella tavola 20 c´è bensì un barbuto, ma di profilo, e non vi si riconosce il Blasco delle tavole 5 ed 8, perché la faccia dell´aviere barbuto non si vede proprio ;
- l´identificazione (possibile) di Blasco con Senzani è supportata da interrogatorio della brigatista Ave Maria Petricola, che racconta al giudice, che Blasco era il ndb di Senzani ;
- stando a mie fonti, il Senzani, lungi dall´essere ignaro dell´uso delle armi, ne era espertissimo, al punto da esserne stato istruttore durante il servizio militare : questo a detta di lui stesso, che aggiunge di essere stato pure capace di smontare le armi. E non di armi leggere parliamo, non solo di pistole e fucili, ma di mitra e mitragliatrici da guerra. Infatti secondo la pubblicistica a me nota, Senzani dopo la laurea, a inzio 1967 entrò nella scuola allievi ufficiali di complemento di Ascoli Piceno, per poi passare a Cesano, ed infine, col grado di sottotenente, al 28esimo reggimento fanteria "Pavia" di Pesaro. Si congedò ad aprile 1968, dunque dopo ben 16 mesi sotto le armi.
Grazie di questo commento costruttivo. Io mi riferisco alla tavola dove l'aviere barbuto porta via Moro : secondo lei non è Blasco? (Possibile). Si, anche a me risulta che "Blasco" fosse attribuito a Senzani, ma non ne ho certezza; grazie della precisazione. Si ricorda dove la Petricola fece l' attribuzione? È anche giusto dire che dopo l' istruzione militare non si è "ignari" delle armi quindi la mia espressione è impropria, però se è terminata nel 1968, dopo dieci anni è ancora valida? ... Ad ogni modo, non credo che Senzani fosse davvero nel gruppo di fuoco; mi pare più probabile che si volesse solo segnalare che c'entrava con la faccenda. Cordialmente ,BPC
RispondiEliminaVorrei segnalare - cosa sulla quale stiamo tentando di fare alcune ricerche - che una fonte a suo modo "mitica", ovvero Mino Pecorelli, in un numero di OP di ottobre 1978 parlò senza mezzi termini di una "talpa" all'interno del Ministero della Giustizia (all'epoca, di Grazia e Giustizia), facendo i nomi di tale giudice Walter Celentano e della moglie, tale Rosa Graziosi. Ora, conoscendo lo stile allusivo di Pecorelli, direi che l'affermazione è costituisce una possibile doppiezza di senso: a) Celentano era il cognome del giudice che abitava in Via Bitossi, sotto la cui abitazione il 16 marzo sostava la volante "Monte Mario" che - a quanto pare- per prima fu fatta muovere in Via Fani; b) Celentano poteva essere il cognome del giudice, noto a Pecorelli, che lo usa come cavallo di Troia per dire "guardate dentro al ministero" . Ci sarà da riflettere e ricercare, direi.
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RispondiEliminaGentile Signora Pioli Caselli,
RispondiEliminagrazie anzitutto delle cortese risposta, e profitto dell´occasione, per ringraziarLa del post, che focalizza su una delle più spinose cruces del caso Moro, il notorio fumetto, su cui spero di poterLe fornire qualche altro utile appunto, senza pretese purtroppo, di risolutiva decodifica.
Ma prima rispondo alle Sue domande.
L´aviere barbuto della tavola 26 che porta via Moro, se confrontato a quello che spara della 20, è molto diverso : ha barbetta molto meno folta, il volto è quasi pulito, l´aspetto si direbbe più giovanile. Né mi pare possibile, viste le angolazioni non frontali dei due avieri, identificare l´uno o l´altro col Blasco-Senzani della 5.
Se incrocio il fumetto con i verbali testimoniali a me noti, posso ricordare qui che stando al Peci de relato da Fiore, Moro fu preso dal Fiore stesso (chiaramente riconoscibile nel rapitore di destra della 26). Stando ad altre varianti, dal Fiore e dal Moretti. Purtroppo anche i verbali dei testi oculari di Fani a me noti, si contraddicono attestando ora un catturatore di Moro, ora due.
Notabile qui, che i verbali di Peci sono ovviamente posteriori al suo arresto del 1980. Qui siamo a giugno ´79 (anzi ben prima, come sto per proporLe), e già il Madaudo e la Socrate (sub ispirazione piperniana, come attestato dallo stesso Piperno alla Stragi, e del resto della redazione della rivista-organizzazione) sanno esattamente, chi tra gli avieri prese fisicamente Moro (Fiore non ha il cappello da aviere, ma è concordemente attestato come tale - peraltro non tutti gli avieri stando ai verbali, erano berrettati, e forse qualcuno si perse il berretto nel trambusto).
L´osmosi continua br-metropoli, ovvia per via degli ex potop Morucci, Faranda, Maccari e Seghetti almeno, spiega l´insider trading ed il prior knowledge di dettagli consimili.
Gentile Signora Pioli Caselli,
RispondiEliminaspero che la Sua cortesia mi darà venia, se tarderò alquanto a trovarLe la fonte del verbale Petricola sul Blasco - è tra i miei appunti, ma non ho in questi giorni, agio di libero otium intellettuale, causa impegni di lavoro, per cui devo trovare il tempo di scartabellare il mio caotico zibaldone sul caso Moro - ma Le prometto soddisfazione appena possibile.
Infine per ora, alla Sua ultima osservazione : senz´altro concordo con Lei, che l´esperienza militare professionale del Senzani non coimplica di per sé, eventuale partecipazione a Fani, che allo stato, è del tutto priva di qualsivoglia riscontro sia pur indiziario.
RispondiEliminaA stretto rigor di logica d´altro canto, non la esclude neppure con matematica certezza : questo perché, da 45 anni, l´identità del due famosi artiglieri attestati dal Marini sbucare tra le due macchine parcheggiate lato Olivetti, ed uccidere Iozzino a raffiche di mitra, è rimasta occulta. Moretti dirà al Brogi a Parigi (teste Brogi) che i due erano italiani - ma il loro nome, non lo ha mai fatto.
Senz´altro si tratta di gente con esperienza militare professionale - il generale Serravalle ne farà fede autorevole.
Un ´ultima cosa sul punto, posso dirLe per esperienza personale : certe cose, specie a carattere fisico, imparate presto nella vita, non si scordano più : io appresi a sparare con la pistola giovanissimo, molto prima della cartolina precetto, per via di frequentazioni con cacciatori provetti pure in arma corta : poi nella vita, non mi sono più esercitato da adulto. Però per puro caso, una volta anni fa in campagna con amici, mi sfidarono al tiro al bersaglio con pistola, senza conoscere i miei trascorsi : 9 centri perfetti su 10, il decimo solo leggermente fuori.
Gentile Signora Pioli Caselli,
RispondiEliminaLe accennavo della necessità di ricalibrare il quadro cronologico del lungo processo di gestazione, produzione e pubblicazione del fumetto di Metropoli, su cui Lei giustamente ha acceso i riflettori : per ora un primo appunto che forse Le interesserà : il 7 aprile 1979, nell´ambito della retata famosa, viene perquisita la sede della cooperativa Linea di condotta, avente a che fare con la produzione e pubblicazione della rivista Metropoli : ebbene, già 2 mesi circa prima dell´uscita del numero col fumetto, nel perquisire la sede di piazza Cesarini Sforza 28, i poliziotti repertano "Bozza sceneggiata fumetto caso Moro" alla lettera z :
https://www.memoria.san.beniculturali.it/documenti-online/-/doc/detail/229/073%20%20volume%20LXXIII?keyword=
pagina 7 della scansione digitale, corrispondente a pag. 3 del documento cartaceo originale.
Parrebbe dunque di dover dedurre, o di poterne dedurre, che il fumetto era stato ideato molto prima non solo del 7 aprile, ma pure dell´arresto di Morucci e Faranda il 29.7.79 - né peraltro il suo principale ispiratore, il Piperno, avrebbe potuto discuterne dopo il 7 aprile, quando colpito da ordine di cattura diventa latitante e lo sarà ancora a inizio giugno quando esce la rivista col fumetto. Mi perdoni la fretta, per ora è tutto ma converrà approfondire ancora ovviamente, con più agio e respiro.
Cordiali saluti
Errata corrige : l´arresto di Morucci e Faranda è ovviamente del 29.5.79, non del 29.7, mi scuso per la svista dovuta alla fretta.
EliminaRETTIFICO PARZIALMENTE il commento precedente: solo per precisione, Pecorelli parla di PIETRO Celentano; mentre il giudice di Via Bitossi era WALTERvCelentano. Il senso del commento è immutato.
RispondiEliminaGentile Guidi , lei si riferisce a l articolo di Pecorelli: La primula del ministro non si tocca. ed esattamente al citato corposo fascicolo consegnato al Ministro Bonifacio su Rosa Graziosi in Celentano Cancelliere del Ministero dove peraltro il marito Celentano magistrato lavora. La Graziosi da Pecorelli viene descritta come nota militante dell' estrema sinistra . Pecorelli si domanda come il Ministero non abbia fatto nulla al proposito. Io posso darle il mio contributo, 1. La fazione romana di Potere Operaio, che ha sempre avuto un tono di una setta elitaria distante ed elevata verso tutto e tutti, ha sempre fatto un vanto di , essere ovunque. Di questo vanto se pur generico ne ho personalmente avuto modo. Al punto che si sosteneva che , loro pensano che noi siamo infiltrati , ma siamo noi a infiltrarci.questo a valere in tutti i ruoli nessuno escluso ministeri compresi. Il cenno di riscontro e'la dichiarazione di Steve l americano che sostiene che al suo arrivo si accorse che le BR erano dapertutto anche vicino a alte cariche politiche. Nei fatti io credo che fosse la fazione romana di Potere Operaio ad essere operativa in questo senso e nel senso culturale e intellettuale i salotti buoni. Le altolocate signore a cui si riferisce per esempio Maccari. Ma anche in modo diverso a Milano non esclusi ambienti imprenditoriali. Questo credo sia un dato incontrovertibile ma mai delineato.
EliminaAve Maria Petricola , ascoltare sua deposizione a radio Radicale open e leggere disponibile Google open articolo Unità mercoledì 2 giugno 1982 depone la vivandiera dei terroristi, e'assunta alle BR con la formula o entri nelle BR o non possiamo essere più fidanzati . Non ha Mai avuto alcun compito di nessun genere se non pulizie dei covi vivandiera e ricerca appartamenti.come lei stessa riporta per motivi di compartimentazione non ha in realtà alcuna reale informazione se non per mi sembra di aver sentito parlare. A dimostrazione di ciò in audizione risponde che per facilitare i rapporti tra Autonomia e BR fu creata la struttura M.P.R.O movimento proletario resistenza offensiva. E qui si rende chiaro , non e'mai esistita una struttura M.P.R.O. se non nei desideri delle BR ne e'mai esistita un autonomia operaia che andasse verso questa desiderata. Quindi in buona fede riporta un passaparola che si modifica. Per i fautori dei link penso di avere una ottima fonte nel merito m.p.r.o / autonomia/BR
RispondiEliminaGentile Signora Pioli Caselli,
RispondiEliminapurtroppo non mi funziona il motore di ricerca interno del mio word, ragion per cui la ricerca della fonte di Petricola su Blasco mi sta riuscendo oltremodo onerosa e sinora vana. Eppure sono certissimo del mio ricordo, che per ora posso confermarLe in parte, almeno dalla pubblicistica qui :
https://obiettivoinvestigazione.it/i-casi-e-le-inchieste/rivoluzione-in-cattedra/
" Il nome del criminologo tornerà alla ribalta col sequestro D´Urso e in quel periodo emergerà la vicenda della sua identificazione da parte dei brigatisti pentiti Patrizio Peci e Ave Maria Petricola, come uno degli organizzatori del caso Moro. " : lo specifico dettaglio sul Blasco che ricordo, devo averlo letto agli atti della Moro1. Spero ancora di poter ritrovare la fonte precisa. Cordiali saluti
Continuando il discorso sulla necessità di ampliare e ricalibrare il quadro di riferimento cronologico del fumetto, gentile Signora Pioli Caselli, aggiungo che una versione sintetica del fumetto fu anticipata su L´Espresso del 20.5.79 col titolo Intanto Autonomia racconta la sua versione : siamo dunque, 9 giorni prima dell´arresto di Morucci e Faranda. Da appuntarsi qui, che uno dei redattori di Metropoli, sede milanese, era un De Feo, fratello di giornalista proprio de L´Espresso, settimanale addentro fino al collo come noto, nel caso Moro ed in generale, in un certo tipo di contiguità molto ambigua con tutta la galassia della sovversione cosiddetta rossa. Anche lo studioso Marcello Altamura, che ha scritto una monografia su Senzani anni fa, menzionava che sia la Petricola, sia Patrizio Peci indicarono Blasco come uno dei ndb di Giovanni Senzani. La Petricola aggiunge, riferisce sempre l´Altamura, che il Senzani di ndb ne aveva diversi : e questo è confermato dal fumetto tavola 5, dove la didascalia recita : " L´uomo sceso dal treno ha molti nomi...". Purtroppo Altamura non fornisce le fonti, ma Le assicuro che io almeno quella di Petricola l´ho letta agli atti della Moro1 e prima o poi salterà fuori.
RispondiEliminaÈ del tutto illogico, asserire che siccome la Petricola nelle br si occupava "solo" di logistica domestica e ricerca appartamenti (il che è del tutto falso, come risulta dai suoi verbali), allora la sua identificazione di Blasco col senzani debba essere inventata : ne sanno spesso più le vivandiere di altri, perché sentono tutti e di tutto. La Petricola faceva anche riunioni col suo ex Cacciotti e con Piccioni, non solo la donna delle pulizie brigatiste, e conobbe diversi br della sua epoca (fine ´77-1980), anche leader come Seghetti, Faranda, Morucci come appunto attestano i suoi verbali. Lecito è senz´altro ipotizzare, che la voce da lei (e da Peci, che aveva ben altro calibro nelle br !) sul Blasco=Senzani, sia scorretta : ma logico non è affatto, escludere con la solita sicurezza dogmatica da partito preso, che detta voce dall´interno delle br, sia vera. Essa è confermata, o meglio rafforzata, anche da Peci secondo Altamura, e dalle tavole stesse del fumetto, specie la 8 che come nota l´autore citato, mostra notevolissima somiglianza con foto segnaletica di Senzani. Combaciano anche i dettagli del treno, dato che Senzani risiedeva a Firenze non a Roma, e la linea politica pro-uccisione di Moro, tipica dell´oltranzismo violento del soggetto.
RispondiEliminaRingrazio tutti per gli spunti e per i commenti. Rispetto ai primi commenti del post (Mario Moretti) vorrei sotto lineare che: 1) è assolutamente normale che il detenuto in semilibertà lavori in quanto parte del percorso di risocializzazione previsto dalla Costituzione (e che dovrebbe cominciare molto prima della concessione della misura alternativa, quale è la semilibertà); 2) gli stipendi dei dipendenti sono stabiliti dai contratti collettivi nazionali e non ci sono eccezioni per i detenuti; 3) la prigione non è gratis: dallo stipendio (o dai beni) del detenuto viene prelevata una somma che serve a coprire le sue spese carcerarie, ed è anche piuttosto consistente; 4) spesso il reinserimento dei detenuti viene fatto attraverso cooperative che lavorano "nel pubblico", non perché ci sia dietro chissà quale favoritismo ma, appunto, perché il reinserimento lavorativo è DI SUO una politica pubblica.
RispondiEliminaAl 1993, il Moretti non era in semilibertà. Lo sarà solo dal 1997. Risocializzazione non può in alcun modo voler dire, offrire ad un esaergastolano mai pentito mai dissociato ed irriducibile, mai collaboratore di Giustizia, uno stipendio privilegiatissimo per l´epoca, di 1,9 milioni di lire con tutta probabilità nette e con ritenuta alla fonte trattandosi di soldi pubblici. Nessun contratto collettivo nazionale giustifica uno scandalo del genere, tenuto conto che allora, ad esempio, un professore di secondaria superiore con 35 anni di onesta carriera sulle spalle e senza mai aver concorso in stragi ed omicidi efferati, a stento toccava la stessa cifra. Una cosa poi è la teoria, circa il prelievo da stipendio e beni del detenuto di somma di copertura spese carcerarie - ben altro è provare verificabilmente, che tale norma, di cui si gradirebbero gli estremi di legge verificabili sia per il 1993 sia per oggi, fu realmente applicata rigorosamente al Moretti ed in quali entità. Idem dicasi per Lombardia informatica : non è affatto detto che essa fosse una società, cooperativa o no, normale e realmente funzionante : anche questo è tutto da verificare, e fino a verifica documentata, è illogico escludere il sospetto già sollevato da molti, che detta società fosse fittizia e creata ad hoc per giustificare premi di stato ad un possibile infiltrato : anche il pentito Fonti, che condivise per un periodo il carcere con Moretti proprio ad inizio ´90, riferì che il sedicente br si era vantato con lui di un non meglio specificato e quantificato assegno mensile che gli passava il ministero dell´interno. E che forse si andava ad aggiungere al milione e nove regionale.
EliminaCome Sempre concreta, Essenziale, niente aria fritta impanata.Io ringrazio lei Dottoressa per un coraggioso e centrato articolo.
EliminaIo piuttosto ringrazio sig. Ruffini, per la ricchezza e la precisione delle sue argomentazioni nonché per l'onestà intellettuale che a mio avviso traspare nelle conclusioni logico-deduttive a cui perviene.
EliminaDi concreto ed essenziale vi sono le informazioni puntuali e i ragionamenti di buon senso del commentatore Ruffini.
Di coraggioso vi sono state le ricerche ed i risultati (a volte parziali) degli amministratori di questo blog.
Per usare le parole di sig. Ruffini <>.
A valle di quanto sopra asserito dal Ruffini, mi permetto di aggiungere (come già affermai nel primo dei commenti al precedente articolo dell'autrice, che diede la stura a uno stillicidio di reazioni di pavloviana memoria) che è proprio tale maniera di (s)ragionare - con la solita sicurezza dogmatica da partito preso - a ridurre operazioni di "profiling" o di interpretazione di fumetti a mere opinioni personali e, in ultima analisi, a propaganda spicciola.
Da incorniciare poi le puntualizzazioni sul moretti: <>.
Ci si chiede, a questo punto, se la suddetta autrice schiacci l'occhio pure al moretti.
Con riguardo alla seconda parte dei commenti, io credo che in molti sappiamo molte cose e molto parziali, e in pochi la storia tutta intera. Ricostruirla per frammenti , è tutto quello che possiamo fare ma può essere fuorviante. Effettivamente io non so quanto ma Petricola fosse affidabile, e comunque quanto a testi ci muoviamo sulle sabbie mobili. Forse sarebbe più fertile puntare su delle cose pratiche, tipo braccare gli inediti di Moro. Da qualche parte sono ancora, e direi che "quelli di metropoli" ci farebbero un gran favore a farceli trovare.
RispondiEliminaNon trovo corretto asserire generalizzando, che coi testi ci muoviamo sulle sabbie mobili : quando Peci ad esempio, dice a Dalla Chiesa a febbraio ´80 che a via Fracchia c´è la colonna genovese, Dalla Chiesa ne riscontra la verità e sappiamo tutti com´è finita un mese dopo. Niente sabbie mobili qui. Bisogna dunque considerare i verbali testimoniali caso per caso e punto per punto, cercandone riscontri da comparare fino all´accertamento della loro eventuale veridicità e accuratezza - or the lack thereof.
EliminaQuanto alla speranza illusoria che i metropoliti ci regalino documenti inediti o in generale, la verità sul fumetto etc., temo sia tardi : il principale ispiratore e leader del gruppo, Piperno Francesco, non è più in grado di intendere e di volere, colpito da Alzheimer da 10 anni.
Gentile Signora Pioli Caselli,
RispondiEliminamortificato ma pur avendo passato la serata a frugare tra i miei appunti, la Petricola non esce ancora.
Tuttavia ho ritrovato il libro di Altamura, che a quanto ne so, è l´unica monografia uscita sinora sul Senzani, a parte l´autobiografia a 4 mani che lo stesso ex-br scrisse e filmò con tal Del Bono o qualcosa di simile, intitolata Sangue, e che ovviamente smentisce ogni sua partecipazione al caso Moro.
Quindi posso darLe almeno questa fonte secondaria per Petricola e Peci, pur priva dei link primari purtroppo :
Marcello Altamura : Il professore dei misteri, Ponte alle Grazie 2019, p.192.
Proverò a contattare l´autore per farmi dare i link, ma è difficile perché non è di facile accesso.
Un´ultima cosa per oggi, sulla maggior probabilità che Blasco sia Senzani : alla tavola 52, Blasco dice a Moro che è difficile darla la morte, " ma sono le leggi della guerra " : sarà una suggestione, ma questo è parlare da sottotenente di fanteria, da militare : è l´etica bellica. Ebbene, anche a
Delbono Senzani da vecchio darà più o meno la stessa risposta da sottottenente di Blasco a Moro : " Nella guerra, Pippo, si muore ".
Cordiali saluti
Ho l´obbligo morale di aggiungere, che l´espressione etica bellica l´ho usata solo in riferimento alla personale interpretazione datane dal Senzani : perché per le leggi di guerra, uccidere a sangue freddo un prigioniero inerme come Aldo Moro o Roberto Peci, disonorevole vigliaccheria a parte, è un crimine di guerra.
EliminaUn ultimo, per il momento, in attesa di futuri nuovi dati e scoperte, contributo tecnico al brainstorming sul fumetto : indubbiamente ci sono tavole di mero repertorio, cose verosimili ma non necessariamente vere : ad esempio la tavola 16 prende chiaramente a modello nota foto di Moro che scende le scale della sua parrocchia, con la scorta a proteggerlo, il 15.3.78 :
RispondiEliminahttps://www.facebook.com/enricomentanaLa7/photos/quarantanni-dopo-una-preziosa-immagine-dellarchivio-italfoto-ci-restituisce-lult/10155574975592545/?locale=it_IT
Nessun insider knowledge qui, nessuno scoop, anche se nel contesto narrativo, la tavola riesce fuorviante e perfino depistante, volontariamente o no : nel senso che non è affatto detto che Moro il 16, come narra il fumetto, si sia recato a Messa in parrocchia.
Ma ben diverso è il discorso per lo scoop del possibile Senzani dal treno : il fumetto mescola dunque certamente, insider info a repertorio, il vero al verosimile al falso.
Con riferimento alla risposta di "anonimo" al mio commento sull'articolo di Pecorelli, chiedo cortesemente all'Avv.Bendetta Piola Caselli, e/o ai suoi Colleghi che seguono il blog, se c'è modo di accertare a Roma quanti magistrati di cognome Celentano, ed ovviamente che prenome avessero, fossero in servizio presso gli Uffici Giudiziari e/o presso gli uffici del Ministero di Grazia e Giustizia. Grazie in ogni caso.
RispondiEliminaP.S. Aggiungo, in caso di possibile accertamento, anche se risulti il loro eventuale domicilio o numero di telefono. Parlo ovviamente limitatamente al 1978.
EliminaGentile Guidi , nello stesso ambito , lei le chiama talpe ,mi permetta di suggerire , magari di riempire spazi estivi . Vede ad un attenta disamina delle targhe sia la 128 che la R4 e'evidente che vi e'una grande regia di Selezione.Unita ad un attenta disamina del verbale di sequestro 1115 voci , escluso verbale armi , di Via Gradoli , vi era praticamente un ufficio ACI, e'evidente che nei vertici operativi ACI Motorizzazione Ora , cevn era sicuramente un altra delle sue talpe .Che alimentava il parco auto BR, nulla da invidiare a parchi auto di grandi aziende. Saluti , alla prima decade di ottobre
EliminaScusate, è tanto caldo. Mi avete intortato coi compagnucci duri e puri di Roma Sud, MACCARI un gran guerrigluero come il Maresciallo Tiro ecc
RispondiElimina. BASTA!
È vero o no che 5 ex BR danno 6 versioni diverse dell'arrivo il 16 marzo? È vero o no che MACCARI del 9 maggio e dei 55 giorni non sa di che diamine parla? E sul 9 maggio in 4 danno versioni diverse, fazzoletti si, fazzoletti no, ha inceppato lui, ho inceppato io, la bascula l'ha chiusa Moretti, no anzi l'ha chiusa la Braghetti, siamo passati per vie interne del ghetto, anzi no siamo entrati da largo Argentina.. BASTA BASTA, BASTA! NON ME NE NE FREGA NIENTE DI ROMA SUD, DI POTERE OPERAIO, DI MORETTI INDIGENTE! Sono da sempre dei FALSARI DI STATO, E CHI È ANCORA VIVO STA MERITANDO DI VIVERE COME VIVE, COL FIATO SUL COLLO DI CHI LI TAMPINA DA 45 ANNI. BASTA.
Perfettamente d'accordo con lei.
EliminaBasta, anche, col dare spazio a operazioni di revisionismo pro senzani.
Buona estate.
P. S. E ovviamente ce n'è anche per la magistratura, Imposimato prima e Priore poi. BASTA, BASTA, BASTA. Tornerò quanto prima, a questo punto, sul 9 maggio. Fatemi passare l'estate e il caldo.
RispondiEliminaUn ottima estate a tutti e all autore anche se da commenti risulta strizzare l occhio a Moretti.
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=Rx1kxSnhJYk&t=2881s
RispondiEliminaLa registrazione integrale del nostro incontro con Miguel Gotor autore del libro "Generazione Settanta. Storia del decennio piú lungo del secolo breve (1966-1982)"
- Gotor ma il tuo bilancio della commissione Moro 2 quale è?
NEGATIVO, NEGATIVO....NEGATIVO..
Lo sai che questo mi ha procurato non pochi problemi? Nel 1979 dopo che le Brigate Rosse avevano sequestrato e ucciso Aldo Moro, la redazione di Metropoli, rivista legata ai movimenti autonomisti, mi chiede di disegnare il rapimento. Alle prime dico di no, perché è un evento che mi ha toccato profondamente e su cui non me la sento di speculare (perché è comunque una speculazione anche se non in termini economici), ma poi mi convinco – alla fine mi si convince sempre. Accetto di fare questa cosa e il fumetto viene firmato con lo pseudonimo di Melville. Il giornale esce ed è immediatamente sequestrato, tutti i componenti della redazione sono arrestati. In quel periodo ero un collaboratore fisso dell’Espresso e mi chiama Mario Scialoja: “Beppe prendi il primo treno e vai a Parigi. Vengo dal Palazzo di Giustizia e Imposimato ha un mandato di cattura per banda armata nei tuoi confronti”. Anche se c’era tensione dopo gli arresti in redazione, pensavo che scherzasse. Dico: “Ma per che cosa?”. “Per il fumetto su Moro, hanno trovato quello che hai disegnato in un covo delle Brigate Rosse”. Io ho Vanessa di 10 anni, Barbara di 8, salire su un treno e andare a Parigi è impensabile. Prendo la motocicletta, mi dirigo al Palazzo di Giustizia e busso alla stanza di Imposimato. L’accusa di banda armata prevedeva fino a 7 anni di carcere preventivo.
RispondiEliminaHo guardato le foto del covo mostratemi dal giudice, ed effettivamente avevano molto in comune con quanto avevo disegnato. Dopo il sequestro, si era formato un cordone di controllo strettissimo, fermavano persino i motorini. La polizia passava a setaccio tutti e quindi avevo immaginato per i miei disegni che Moro fosse ancora a Roma, trattenuto in un garage. E avevo disegnato questo garage: c’era un tavolo, delle sedie – tre per l’esattezza – una panca su cui sedeva Moro e, alle spalle, una persona che lo interrogava. C’era poi un secchio che poteva essere scambiato per un WC chimico, ma a questo non ci avevo pensato. Nella realtà avevano individuato questo covo a Vescovio (in seguito si è saputo che le BR non c’erano mai state) in cui c’erano un tavolo, tre sedie e un WC.
Il discorso con Imposimato toccò molti argomenti, passò da Kafka al valore delle coincidenze e alla fine mi volle credere (sebbene con riserva). Ma ormai per i telegiornali ero già diventato un brigatista, pensavano che avessi disegnato il rapimento Moro dal vero. Una ricostruzione del tutto inverosimile, diffusa senza verifiche o cautele. Questo per dirti che ho sempre lavorato tantissimo sui dettagli con un occhio molto scrupoloso.
nell'ultimo post inserito da valerio (24.08.2023) viene riportato uno stralcio tratto da una recente intervista (2022) al pittore/illustratore/fumettista di Diego Ferrante
RispondiEliminaquesto il link https://www.zetaesse.org/post/intervista-madaudo
per le evidenti implicazioni relative all'analisi del fumetto pubblicato sul primo numero di Metropoli segnalo un passaggio a mio avviso molto importante, eccolo:
<< Quello del realismo è il mio limite e il mio cruccio. Ho dedicato tanto tempo della mia vita a cercare di disegnare bene e, quindi, a ricostruire una realtà attraverso degli altri mezzi – un albero non ha due linee nere
di contorno. C’è uno sforzo e un lungo lavoro per trasferire la realtà su un foglio di carta o su una tela. Ed è al tempo stesso un mio limite perché, malgrado i tentativi di liberarmi da tutto questo, sono rimasto
imprigionato in quella che è diventata la mia caratteristica: restare fedele alla realtà sebbene ci sia sempre una trasfigurazione, un certo grado di astrazione. >>
Nel fumetto sono infatti presenti diverse vignette che contengono dei particolari "realistici" (ad esempio vignette 15 e 16) che meritano degli approfondimenti
alberto