di Domenico D'Avanzo e Francesco Velocci
La pubblicistica sul Caso Moro ha trattato ampiamente la questione dei bossoli calibro 9 mm Parabellum, del tipo italico 9M38, repertati in via Fani. I periti sin da subito riscontrarono alcune particolarità in questi bossoli che, a differenza della norma, non presentavano impressa sul fondello l'anno di fabbricazione del lotto, pur trattandosi in origine di cartucce per uso esclusivamente militare. Inoltre presentavano sull'innesco una vernice sigillante - o lacca - di un colore insolito rispetto alla produzione per le FF.AA italiane.
Queste peculiarità hanno portato, negli anni, alla formulazione delle più svariate congetture sulla provenienza di tale munizionamento. Con questo articolo ci proponiamo di mettere insieme le informazioni disponibili, evitando speculazioni indimostrabili.
Fissiamo, innanzitutto, alcuni punti fermi:
1. E` un fatto che le cartucce non riportavano impresso l'anno di produzione sul fondello: vi era imprinta la scritta "G.F.L. 9M38", dove il primo acronimo sta per Giulio Fiocchi di Lecco, il produttore, e il secondo indica il tipo di munizione.
2. La sola assenza dell'anno di produzione non dimostra che queste munizioni provenissero da un deposito occulto della Gladio - un Nasco - o che fossero state allestite per scopi speciali, come numerosi studiosi hanno ripetutamente affermato o scritto.
3. Il colore della lacca sigillante - verde malachite - ritenuto insolito dai periti per quegli anni (fine anni '70), si riscontra, non raramente, in diversi lotti fabbricati dalla ditta Fiocchi in anni precedenti.
Fondello di bossolo rinvenuto in via Talamo privo di anno di fabbricazione |
Queste peculiarità hanno portato, negli anni, alla formulazione delle più svariate congetture sulla provenienza di tale munizionamento. Con questo articolo ci proponiamo di mettere insieme le informazioni disponibili, evitando speculazioni indimostrabili.
Fissiamo, innanzitutto, alcuni punti fermi:
1. E` un fatto che le cartucce non riportavano impresso l'anno di produzione sul fondello: vi era imprinta la scritta "G.F.L. 9M38", dove il primo acronimo sta per Giulio Fiocchi di Lecco, il produttore, e il secondo indica il tipo di munizione.
2. La sola assenza dell'anno di produzione non dimostra che queste munizioni provenissero da un deposito occulto della Gladio - un Nasco - o che fossero state allestite per scopi speciali, come numerosi studiosi hanno ripetutamente affermato o scritto.
3. Il colore della lacca sigillante - verde malachite - ritenuto insolito dai periti per quegli anni (fine anni '70), si riscontra, non raramente, in diversi lotti fabbricati dalla ditta Fiocchi in anni precedenti.
Fondelli di cartucce 9M38 prodotte dalla Fiocchi. La cartuccia di sinistra e` priva di laccatura sigillante, mentre quella di destra ha una laccatura verde intorno all'innesco. |
In
via Fani del tipo 9M38 prodotto dalla Giulio Fiocchi, vennero rinvenuti n. 87 bossoli sparati dal commando, n. 22 cartucce ancora contenute in un caricatore e n. 2 cartucce integre lasciate a terra. (N.B. per il totale dei bossoli lì rinvenuti, pari a 93, bisogna sommare a questi 87 cal. 9 quattro bossoli di 7,65 e, infine, due bossoli Cal. 9 NATO della pistola dell' agente Iozzino).
Non riportavano l'anno di produzione n. 30 bossoli su n. 87 rinvenuti, n. 2 cartucce, delle n. 22 contenute nel caricatore e n. 1 cartuccia delle n. 2 cartucce integre rinvenute a terra.
Cartuccia rinvenuta in via Fani non riportante l'anno di fabbricazione - CM vol. 45 pag. 156 |
Fondello di bossolo rinvenuto in via Fani non riportante l'anno di fabbricazione - CM 1 vol. 45 pag. 160 |
Da subito i periti balistici notarono la presenza di questi particolari reperti, e tentarono di indagare sulle ragioni della assenza dell'anno di fabbricazione. Di seguito un'estratto dalla perizia Ugolini:
CM 1 vol. 45 pagg. 78 e 79 |
L'ipotesi dei periti, che spesso verrà richiamata in perizie successive, è che tali munizioni possano essere state
prodotte per l'esportazione verso paesi in cui ne fosse consentito l'uso civile. Va specificato, infatti, che in Italia l'uso era riservato ai soli scopi militari e di ordine pubblico.
Tuttavia ci sentiamo di far notare una incongruenza: i periti affermano che la Fiocchi applicasse la scritta "GFL 9mm Parabellum" sulle cartucce calibro 9 Parabellum destinate all'esportazione verso paesi europei e "G.F.L. 9 Luger" per quelle destinate agli Stati Uniti, mentre è ormai noto che le munizioni rinvenute in via Fani riportassero la scritta "G.F.L. 9M38".
Tuttavia ci sentiamo di far notare una incongruenza: i periti affermano che la Fiocchi applicasse la scritta "GFL 9mm Parabellum" sulle cartucce calibro 9 Parabellum destinate all'esportazione verso paesi europei e "G.F.L. 9 Luger" per quelle destinate agli Stati Uniti, mentre è ormai noto che le munizioni rinvenute in via Fani riportassero la scritta "G.F.L. 9M38".
I
periti, inoltre, notarono un innesco di materiale non usuale e una laccatura sigillante intorno
all'innesco di un colore verde-blu (o verde malachite) fuori standard rispetto ai colori utilizzati dalla Fiocchi:
E`
importante notare che - almeno stando alla attribuzione dei bossoli
ai gruppi di arma - le cartucce 9 mm Parabellum prive dell'anno di
fabbricazione fossero state caricate nelle armi utilizzate nella
strage assieme a cartucce 9 mm Parabellum che lo riportavano. In parole
povere non risulta che vi fosse un'arma caricata esclusivamente con
cartucce prive di data.
Queste cartucce non
vennero rinvenute solo in via Fani.
Il
18 Aprile, a seguito della scoperta del cosiddetto covo in via
Gradoli venne sequestarata una scatola contenente 129 (o 128, il
verbale riporta due numeri differenti) cartucce di calibro 9 mm Parabellum che recavano sul fondello la scritta "G.F.L. 9M38"
prive di anno di fabbricazione.
Il
reperto viene così descritto:
CM 1 vol. 45 pagg. 571 e 572 |
Fondelli cartucce sequestrate in via Gradoli - CM 1 vol. 45 pag. 614 |
Va
rilevato che queste cartucce - stando al verbale - fossero le uniche
cartucce di calibro 9 mm Parabellum presenti nell'appartamento.
In particolare non ve ne erano di prodotte nel 1973 (recanti quindi la scritta "G.F.L. 9M38 73"), eppure, in via Fani il munizionamento maggiormente utilizzato fu proprio quello datato 1973.
In via Fani, infatti, furono rinvenuti n. 49 bossoli e n. 14 cartucce prodotti nel 1973, a fronte di n. 30 bossoli e n. 3 cartucce privi di anno di fabbricazione.
In particolare non ve ne erano di prodotte nel 1973 (recanti quindi la scritta "G.F.L. 9M38 73"), eppure, in via Fani il munizionamento maggiormente utilizzato fu proprio quello datato 1973.
In via Fani, infatti, furono rinvenuti n. 49 bossoli e n. 14 cartucce prodotti nel 1973, a fronte di n. 30 bossoli e n. 3 cartucce privi di anno di fabbricazione.
Il
giorno dopo la scoperta del cosiddetto covo di via Gradoli, vi fu l'assalto alla Caserma dei Carabinieri Talamo, in Roma. Anche in questo
caso fu rinvenuto n. 1 bossolo che riportava la sola scritta "G.F.L.
9M38" privo, quindi, di anno di fabbricazione. L'immagine del bossolo in questione è all'inizio del presente articolo: è una delle rare immagini a colori dei reperti balisitici di cui abbiamo la disponibilità. E`interessante notare come su questo bossolo non vi siano tracce, almeno visibili ad occhio nudo, di laccatura sigillante intorno all'innesco.
CM1 vol. 47 pagg. 73 e 74 |
Infine, di reperti balistici privi di anno, ne furono rinvenuti n. 2 anche a seguito dell'attentato a Piazza Nicosia, del 3
maggio 1979.
CM 1 vol 47 pag. 611 |
L'attule Commissione di Inchiesta parlamentare presieduta dall'on. Fioroni ha preso in esame il tema delle munizioni di cui stiamo trattando. Le indagini affidate alla Polizia di
Stato hanno ottenuto i risultati contenuti nella audizione del 10 giugno 2015. Ne riportiamo alcuni estratti:
"[..]
è stato escusso il perito BENEDETTI che ha riferito:
-
secondo la sua esperienza le cartucce calibro 9 mm parabellum recanti
sul fondello "G.F.L. 9M38" (come quelle reperiate in via
Mario Fani) e, talvolta, anche l'anno di fabbricazione, erano
allestite
specificamente per l'impiego nei moschetti automatici Beretta modello
38 ed armi derivate,
-
aggiungendo che l'uso di lacca isolante sulle cartucce è finalizzato
esclusivamente alla protezione
dall'eventuale
penetrazione dell'umidità, e la colorazione della citata lacca non
denoterebbe una particolare destinazione del munizionamento.
[...]
La
FIOCCHI Munizioni SpA, con nota scritta, ha precisato che,
testualmente: "...L'assenza della data sulle cartucce Fiocchi,
il tipo di colorazione della vernice apposta sul fondello delle
cartucce nonché la nichelatura o meno della capsula di innesco non
possono costituire elementi di identificazione dell'ente assegnatario
della relativa fornitura.. " ed ha escluso che siano state
"...prodotte munizioni 9x19 con speciali verniciature
impermeabilizzanti e tipizzanti finalizzate a garantire una maggiore
protezione negli ambienti umidi destinate a Corpi Speciali o a
particolari Reparti di Forze Armate "."
Nella
stessa audizione leggiamo la nota 28:
"Così
spiega BENEDETTI " ... Nel corso delle attività mi è capitato
più volte di effettuare accertamenti utilizzando anche cartucce
Fiocchi 9 M 38, prive dell 'anno di fabbricazione reperiate presso
covi di terroristi. [...] ha consegnato: " .... 8 bossoli
sparati con altrettante armi cal. 9 mm. Parabellum con capsula
nichelata, vernice verde ed impressa la dicitura G.F.L. 9 M 38 privi
dell'anno di fabbricazione. Questi bossoli sperimentali sono stati
ricavati da cartucce sequestrate alle Brigate Rosse nei covi di Roma
o Napoli. Non posso specificare da quali covi provenissero ma posso
dire con certezza che si trattava di bossoli ricavati dalle cartucce
sequestrate presso i citati covi, "(verbale acquisizione del 25
maggio 2015)."
E
poi c'è la relazione sulla attività svolta dalla Commissione al 20 Dicembre 2016, nella quale si legge:
"Infatti,
a seguito di un intervento parlamentare dell'onorevole Luigi
Cipriani, che aveva sollevato l'attenzione sul fatto che 39 bossoli
reperiti a via Fani erano riconducibili a munizionamento normalmente
fornito «a forze statali militari non convenzionali», furono svolte
specifiche ricerche ed accertamenti.
Il
18 gennaio 1991, il CESIS riferì al Presidente del Consiglio:
«Quest'Ufficio ha interpellato in via informale il rappresentante a
Roma della ditta “Giulio Fiocchi di Lecco” (Ing. Chirieleison)
[...] il quale ha chiarito che [...] il cartucciame non datato è
destinato al normale commercio; per quello in esame – calibro 9 mm
“parabellum” – si può con certezza affermare che era destinato
all'estero perché la sua vendita in Italia è vietata, trattandosi
di munizionamento per arma da guerra».
Il
5 febbraio 1991 il CESIS segnalava inoltre che proiettili con le
medesime caratteristiche di quelli repertati in via Fani erano stati
utilizzati anche negli attentati alla caserma Talamo a Roma del 19
aprile 1978 e nell'attentato di piazza Nicosia del 3 maggio1979.
Della
vicenda fu interessata anche la Legione Carabinieri di Milano. I
Carabinieri, con due note, rispettivamente, del 15 e del 21 marzo
1991
esclusero
che le munizioni fossero destinate a Forze armate o di polizia e
comunicarono che l'ingegner Giovanni Stabilini della Fiocchi aveva
precisato che il munizionamento era stato prodotto prima del 1973 e
«soggiunto che, pur non avendone cognizione diretta, né riscontro
documentale, non sarebbe da escludere che le cartucce del lotto
innanzi indicato siano state prodotte in minima quantità e destinate
all'estero fuori mercato comune o nell'ambito di produttori italiani
di armi, nonché al banco di prova di Gardone Val Trompia».
In
conclusione, il CESIS, con un Appunto
per il Segretario Generale,
bollava come «una palese forzatura» l'accostamento adombrato
dall'onorevole Cipriani, tra le munizioni utilizzate in via Fani e
quelle dei NASCO, che pure viene ancora spesso evocato."
Sembrerebbe, quindi, che le cartucce siano state
prodotte o per il mercato civile estero o per i
produttori di armi e che l'anno di produzione sia il 1973.
Ci sono elementi che possano confermare questa versione?
Un fatto incontrovertibile, che viene sempre trascurato quando ci si
approccia a questa vicenda, è che nel 1975 il tipo di cartuccia 9M38 venne sostituito con lo standard NATO e, così, la stampigliatura "9M38"
venne sostituita da una croce greca circoscritta in un cerchio.
Dal
sito munizioni.eu abbiamo tratto alcune immagini di fondelli di Calibro 9 Parabellum prodotti dalla Fiocchi negli anni compresi tra il 1961 e il 1980.
Come si può vedere dal 1975 la dicitura "9M38" viene
sostituita dal simbolo NATO.
Fondelli di cartucce calibro 9 Parabellum prodotte dalla Giulio Fiocchi di Lecco per anno di fabbricazione |
Tutto ciò ci fa ipotizzare che il passaggio dal "9M38" allo
standard NATO possa essere alla origine della produzione delle
cartucce prive di anno di fabbricazione, per il semplice fatto che
dopo il 1975 le cartucce "9M38" sarebbero state fuori dal mercato.
Torniamo ora, per un momento, nel covo di via Gradoli. Nelle note preliminari alla perizia belistica il
perito Ugolini riporta una sua considerazione semplice quanto
inascoltata:
Ugolini scrive nel 1978 - e lo fa a ragion veduta - che le cartucce prive di anno di fabbricazione "sono un indizio molto
compromettente", e che è "possibile risalire a chi furono
date".
A chi furono vendute, quindi, queste cartucce così singolari e così tracciabili? Ci furuno indagini in tal senso?
Le indagini furono eseguite dopo il ritrovamento di cartucce di questo tipo nel covo di via Gradoli. Tra i documenti della Prima Commissione Moro, abbiamo trovato le risultanze raccolte in un appunto del Ministero dell'Interno datato 24 Aprile 1978 (Leggi).
Ne
riportiamo uno stralcio:
In
questo appunto viengono elencati gli acquirenti delle cartucce
prodotte dalla Fiocchi nell'anno 1975 e vendute negli anni 1976 e
1977. Li abbiamo riassunti nella tabella che segue:
Su
poco meno di n. 3 milioni di cartucce, 1/3 fu venduto nel 1976 e 2/3 nel
1977. Solo il 2% fu venduto all'estero (di cui 1/3 al Mozambico). La
Guardia di Finanza comprò circa i 2/3 dell'intero lotto (n. 2 milioni
di pezzi), di cui circa n. 800 mila nel '76 e circa n. 1,2 milioni nel '77.
La Beretta acquistò un po' più di 1/4 del lotto (circa n. 800 mila
pezzi) di cui solo n. 100 mila nel '76 e ben n. 700 mila nel '77. La
restante parte del lotto (circa n. 75 mila pezzi) fu acquistato dalla
Benelli, dalla Dogana di Lecco e dal Pirotecnico dell'Esercito.
Il perito Ugolini scrisse che sarebbe stato possibile determinare "a chi furono date le
cartucce dalla fabbrica"? Molto probabilmente aveva ragione: i nomi sono quelli in tabella, ce ne è qualcuno che ne ha comperate
più degli altri.
Chiudiamo con una doverosa precisazione: con questo articolo non si è voluto dimostrare che le cartucce
usate in via Fani provenissero dalla Guardia di Finanza, in fondo chi le
utilizzò avrebbe potuto trafugarle o ottenerle per altre vie illecite.
Ciò che si vuole mostrare è che questa, come molte altre ipotesi investigative, per qualche misterioso motivo, siano
rimaste inesplorate. Ad esempio le n. 25 mila cartucce che vanno a
finire nel travagliato Mozambico del 1977, o quelle misere forniture di n. 1.000 o di n. 2.000 pezzi
che volano verso il Regno Unito, Israele e la Svezia. Si tenga in conto che il costo al dettaglio corrente di una cartuccia di questo tipo si aggira intorno a 25 centesimi di Euro: una fornitura di n. 1.000 pezzi verrebbe quindi venduta ad un cliente finale a soli 250 euro. Avrebbe avuto senso da un punto di vista commerciale esportare quantità così ridotte?
Ciò nonostante nei documenti ufficiali si è continuato a ripetere che queste munizioni fossero state prodotte per l'esportazione. Lo ripetiamo: ne furono esportate solo il 2% e nei termini appena descritti.
Ciò nonostante nei documenti ufficiali si è continuato a ripetere che queste munizioni fossero state prodotte per l'esportazione. Lo ripetiamo: ne furono esportate solo il 2% e nei termini appena descritti.
E di dubbi ne rimangono di altri.
Ad esempio, ci chiediamo come mai la Guardia di Finanza acquistò una fornitura di n. 2 milioni di cartucce che, non riportando l'anno di fabbricazione, molto probabilmente erano al di fuori dei regolari capitolati di appalto?
Infine, è doveroso ricordare che, in data 27 Ottobre 1978, il dirigente della Digos di Roma, Domenico Spinella, in un appunto "segretissimo" scriveva che alcuni bossoli rinvenuti in via Fani (riferendosi a quelli privi di data) provenissero "da un deposito dell'Italia settentrionale le cui chiavi sono in possesso di solo sei persone". Eppure nel documento che abbiamo pubblicato oggi proveniente dal Ministero degli Interni, datato 24 Aprile 1978 (quindi precedente alla nota di Spinella), venivano - apparentemente - elencati tutti gli acquirenti.
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