mercoledì 26 aprile 2017

Il Caso Mattei - di Calia e Pisu (Edizione Chiarelettere)

La vita e la morte - viene da riassumere - di Enrico Mattei, sono nuovamente affrontate ma, finalmente, con un taglio originale e particolarmente attento ai dati documentali,  dal libro inchiesta "Il caso Mattei", di Vincenzo Calia e Sabrina Pisu, pubblicato di recente per le edizioni "Chiarelettere. Prezzo 18 euro.

Il titolo del libro ricalca volutamente, come il lettore potrà verificare, il titolo del noto film realizzato dal regista Francesco Rosi all'inizio degli anni '70.

Il volume è strutturato in due parti.

Nella prima, il dott. Vincenzo Calia, magistrato titolare dell'inchiesta avviata dalla Procura di Pavia nel 1994, ripercorre ed illustra, con dovizia di particolari e considerazioni, l'indagine riaperta appunto a metà degli anni '90 sull'attentato che, sulla scorta dei risultati del processo, pur nell'impossibilità di individuarne con prove penalmente rilevanti e sufficienti le persone responsabili, cioè mandanti ed esecutori, nessuno può più pensare seriamente ormai di derubricare a "incidente". L’attentato, dunque, ordito il 27 ottobre 1962 ai danni del potentissimo Presidente dell'ENI Enrico Mattei, fu realizzato sabotando l'aereo che lo riportava a casa dopo un viaggio lampo di un paio di giorni in Sicilia; viaggio di cui sono anche tratteggiati i non chiari contorni cui Enrico Mattei fu indotto. Il sabotaggio fu realizzato,  con ogni probabilità, mediante la collocazione di una piccola ma sufficiente carica di esplosivo collegata al congegno di apertura del carrello in fase di atterraggio.  


La seconda parte, opera della giornalista Sabrina Pisu, costituisce il logico corollario della prima, ed affronta con il metodo ed i mezzi propri del giornalismo d'inchiesta i risvolti ed il contesto sia storico che personale nel quale ebbe a muoversi ed operare Enrico Mattei: non solo quelli nel quale maturò l'attentato, ma anche gli evidenti collegamenti del fatto con la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, cronista de "L'Ora" di Palermo, sparito improvvisamente, senza mai più fare ritorno, la sera del 16 settembre 1970 mentre, su incarico del regista Fancesco Rosi - che stava appunto preparando il film su Mattei con protagonista Gian Maria Volontè -  stava svolgendo un'indagine sugli ultimi giorni di vita trascorsi da Mattei in Sicilia. Indagine che, con ogni verosimiglianza, lo aveva condotto a realizzare scoperte clamorose ed evidentemente sgraditissime agli avversari di Mattei, tanto in seno all'ENI che in seno a quel potere politico di cui egli, perfino senza farne mistero, si limitava  a servirsi esclusivamente in funzione della maggior gloria dell'ente energetico di Stato e del progresso stesso della Nazione.


Per ragioni di sintesi, ci si limita in questa sede solo ad indicare gli aspetti rilevanti del libro:


  • la sommarietà delle conclusioni della commissione governativa di inchiesta istituita la sera stessa dell'attentato dal Ministro della Difesa dell'epoca, Giulio Andreotti, che omisero perfino di tenere nel dovuto conto le prime perizie degli organismi tecnici, anche militari, incaricati, che già si espressero quanto meno in termini assai dubbiosi sulle cause del fatto;


  • l'uso "selettivo" quasi scientifico delle testimonianze raccolte in una direzione che potesse avallare la tesi dell'incidente e in particolare la "rimozione" di alcune testimonianze pur emerse a caldo sui principali organi di informazione, anche radiotelevisiva, che riferirono chiaramente di esplosione e fiamme in cielo;


  • le palesi ritrattazioni di alcuni dei testimoni;


  • le minacce, ammesse perfino dal regista Rosi;


  • l'atteggiamento costante, nel corso dei decenni, di notissimi giornalisti e pubblicisti  - e delle loro principali testate di riferimento -  quasi insomma come se si dovesse riscontrare una vera e propria "scelta editoriale" sulla questione;


  • l'atteggiamento perdurante della "informazione" che ancora oggi, pur dopo la conclusione del processo istruito dal Dott. Calia e conclusosi nel 2003 con l'affermazione della natura dolosa del fatto, ha continuato a  parlarne, in ogni occasione o ricorrenza, in termini di "incidente", o, nella migliore delle ipotesi, di "oscuro" incidente.


E' inoltre, come accennato, assai ben riprodotto il contesto storico e personale in cui Enrico Mattei dovette muoversi.
A parte i dovuti riferimenti all'opera postuma di Pier Paolo Pasolini ("Petrolio"), nella quale il personaggio di "Troya" è stato, come noto, comunemente identificato, dai suoi interpreti, con Eugenio Cefis, sono fondamentali, come il lettore constaterà, i tratteggi delle figure dello stesso Eugenio Cefis e Amintore Fanfani.


Di Eugenio Cefis (che succedette - anche se come incarico formale non in modo immediato - a Enrico Mattei alla guida dell'Eni) ricordiamo che fu personaggio immanente in tutta la vicenda, così come in diverse altre della storia politica e finanziaria d'Italia negli anni successivi.


E al pari riordiamo Amintore Fanfani, potente "cavallo di razza" della DC, che Mattei, in funzione della sua idea di sviluppo e di indirizzo dei rapporti internazionali per il potentissimo ente di Stato da lui presieduto, decisamente inclini ad una politica di "attenzione" verso i paesi arabi appena usciti dalla sfera del dominio coloniale, e della stessa Unione Sovietica, aveva ormai deciso di abbandonare, optando per l'appoggio ad un altro grande esponente di quel partito: Aldo Moro.


Non pare un caso, se, per l'appunto nel concludere la "prima parte" del libro, da lui curata, il Dott. Calia, abbia scelto di terminare riportando testualmente il passaggio che segue del libro "Mattei obiettivo Egitto", di Marco Valerio Solia, che espone il cambio di scelta di campo di cui sopra:


"Nella storia repubblicana il presidente dell'Eni non fu l'unico ad aver pagato con la vita la difesa dell'indipendenza nazionale: in quel fatidico 1962 Enrico Mattei (abbandonato il sodalizio con Amintore Fanfani: nda) aveva scelto di appoggiare un altro esponente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro".


Per inciso, in pieno svolgimento del sequestro del politico democristiano, subito dopo la scoperta del covo brigatista di Via Gradoli 96 a Roma, avvenuta il 18 aprile 1978, giunse allo stesso indirizzo una cartolina indirizzata a tale "Vincenzo Borghi" , raffigurante una cartina geografica dell'area lombardo-emiliana sulla quale era stato evidenziato (con una crocetta) il paese di Cortemaggiore: uno dei luoghi simbolo della nascita e della storia dell'Eni.


Quella cartolina appare a posteriori, a maggior ragione una volta letto tutto d'un fiato, come merita, il libro su "Il caso Mattei", un  misterioso messaggio, un richiamo, forse, a un possibile filo conduttore, alle ragioni profonde, che hanno caratterizzato almeno alcuni tra  i gravissimi fatti a sfondo politico accaduti nel secondo dopoguerra nel nostro Paese, e per i quali ancora si va ricercando quanto meno una verità "storica" che conduca a risultati più coerenti e verosimili, a fronte della incompletezza e incongruità lasciate dalle verità "ufficiali" conseguite in sede giudiziaria o di commissioni parlamentari di inchiesta, e del conseguente senso di insoddisfazione, se non di frustrazione, diffuso in larga parte dell'opinione pubblica.


Le vicende della vita e della morte di Enrico Mattei e, non ultime, quelle della vita e della morte di Aldo Moro, e delle inchieste succedutesi per l'accertamento dei fatti delittuosi che li coinvolsero, ne costituiscono probabilmente i due casi più paradigmatici.


Andrea - SEDICidiMARZO









  

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