ANCORA VIA GRADOLI
E VIA DUE PONTI
UNA STORIA NON MOLTO
LINEARE: QUELLA DI WALTER DIGGENS E VERONIKA KOROSEC
(a cura di: Andrea Guidi)
Tempo fa abbiamo pubblicato un
articolo che intendeva proporre la ricorrenza, che avevamo notato negli atti
disponibili, di alcune coincidenti presenze di persone sia in Via Gradoli che
nella zona della "Inviolatella", segnatamente in Via Due Ponti. A
questo link è disponibile l'articolo di cui stiamo parlando:
In quel contesto, ci era sembrato
opportuno dare una particolare rilevanza alla vicenda della perquisizione
effettuata dalla Digos in Via Due Ponti 146 il 19 aprile 1978 (il giorno dopo
la scoperta del covo delle BR di Via Gradoli abitato, tra gli altri, dal
sedicente "Borghi", individuato in seguito ufficialmente con il capo
delle BR, Mario Moretti).
Rinviando a quel nostro articolo
per l'esposizione più dettagliata dei fatti e per i puntuali riferimenti
testuali, in questa sede intendiamo
integrare, per quanto possibile, la ricostruzione della vicenda scaturita dal
resoconto della specifica perquisizione dell'alloggio interno 5 di Via Due
Ponti 146, che risultò abitato da
Walter Diggens e dalla sua convivente, Veronika Korosec ("vuolsi attrice
cinematografica"), la quale tuttavia risultava essersi trasferita "da alcuni mesi" – come lei
stessa aveva dichiarato, a quanto pare, in occasione di una di poco precedente
denuncia per maltrattamenti in danni del suddetto convivente - proprio in uno
degli appartamentini di Via Gradoli 96.Walter Diggens e dalla sua convivente, Veronika Korosec ("vuolsi attrice
Questo approfondimento ci è parso
opportuno a seguito del rinvenimento, tra i documenti pubblicati più di recente
dall'On. Gero Grassi sul proprio sito www.gerograssi.it,
e precisamente nell'ambito della copiosa documentazione afferente le inchieste
sull'omicidio di Carmine "Mino" Pecorelli, all'interno del faldone
557_019, del verbale di una deposizione di Walter Diggens resa dal predetto
innanzi i sostituti Procuratori di Roma, Ionta e Salvi, il giorno 11 ottobre 1993
(faldone citato, pag. 799), che qui riproduciamo integralmente nell'immagine
che segue, documento che non conoscevamo ma di cui peraltro non ci consta
alcuna menzione neppure nella pubblicistica:
Ripercorriamo, per riprendere il
filo, quanto avevamo esposto a suo tempo nel nostro articolo ricordato
all'inizio su quella vicenda; come poc'anzi detto, per maggiore scorrevolezza
eviteremo di ripetere i riferimenti testuali dei documenti che citeremo, tutti
già presenti nell'articolo stesso.
Stando al rapporto datato 20
aprile 1978, al Sostituto Procuratore Infelisi, del dott. Costa, dirigente del
Commissariato "Flaminio Nuovo" (i cui agenti erano intervenuti nella
mattinata del 18 in seguito alla scoperta del covo delle BR in Via Gradoli 96)
, nel corso delle operazioni del giorno prima, 19 aprile, di perquisizione
dello stabile dove era stato scoperto il covo, personale del commissariato
veniva avvicinato dal vigilante Amedeo Romano (dipendente dell'istituto di
vigilanza privata "Città di Roma") , il quale, interrogato alle 11.45
di quello stesso 19 aprile negli uffici del Commissariato stesso, riferiva che
nell'agosto 1976, trovandosi in Via Gradoli 96, aveva incontrato l'inquilino
dell'interno 11 (peraltro, come già notammo, senza alcuna specificazione della
palazzina né della scala di quel complesso edilizio) , facendogli
sottoscrivere, nell'occasione, l'adesione al contratto di vigilanza.
Il vigilante Romano, nel corso
dell'interrogatorio testimoniale, aveva riferito alcune caratteristiche di
quell'uomo (robusto, sui 40 anni, capelli scuri e con baffi) , aggiungendo di
ritenere di avere nuovamente incontrato quell'uomo, circa sei mesi dopo, in un
appartamento al primo piano in Via Due Ponti 146, trovandolo, in questa seconda
occasione, in compagnia di un uomo alto circa 1,80 m., di circa 30 anni,
biondo, e di una donna mora, alta circa 1,80 m. che indossava stivali con
tacchi alti (tralasciamo qui, avendone già trattato nell'articolo su ricordato,
la parte della testimonianza del vigilante concernente i riferimenti dati
dall'uomo occupante l'imprecisato interno 11 di Via Gradoli a Sara Iannone per
il pagamento delle bollette). Questo è il verbale della deposizione del
vigilante:
Il dott. Costa trasmise
immediatamente alla Digos, quello stesso 19 aprile, il verbale della
testimonianza appena resa dal vigilante Romano. Quello stesso pomeriggio, tra
le 15.30 e le 17.30, agenti di polizia del commissariato Flaminio Nuovo
effettuarono le operazioni di perquisizione in Via Due Ponti 146:
Di tutte queste perquisizioni in
Via Due Ponti 146 non ci consta agli atti- come già rilevammo- alcuno specifico
verbale, tranne, per l'appunto, quello della perquisizione dell'appartamento
che risultò abitato da Walter Diggens e da Veronika Korosec, perquisizione alla
quale si dedicò personalmente il Commissario Capo della Digos, dott. Mario
Fabbri, che, dieci giorni dopo (29 aprile), trasmetteva al Sostituto
Procuratore di Roma, dott. Infelisi, titolare delle indagini, il seguente
rapporto sull'operazione compiuta:
Nel corso della perquisizione,
alla presenza della portinaia dello stabile, era appunto emerso che
l'appartamento era stato abitato fino almeno al momento dell'arresto del
Diggens, da costui e dalla sua convivente Veronica Korosec, la quale tuttavia,
a quanto pare risultare dalla denuncia promossa dalla donna – evidentemente in
concomitanza al fermo del Diggens, quindi non oltre il 10 marzo- già da “alcuni mesi” non conviveva più con il
Diggens, ed aveva dichiarato quale suo nuovo domicilio Via Gradoli 96, int. 3;
la circostanza si evince chiaramente da questo passaggio del citato rapporto
del 20 aprile del Dott. Costa al Sostituto Procuratore dott. Infelisi:
L'esame congiunto di questi due
rapporti dei funzionari di Polizia, dott. Costa (20 aprile) e dott. Fabbri (29
aprile), restituisce la sensazione che alcuni punti avrebbero meritato
sicuramente un diverso approfondimento. In sostanza:
1) perché il rapporto di Fabbri, benché
successivo alla testimonianza del vigilante Romano e al rapporto del funzionario
di polizia dott. Costa, parla di "fonte
confidenziale"? Si trattava di una persona diversa dal vigilante
Romano? Oppure quella definizione fu un espediente per tutelare un testimone,
cosa peraltro poco verosimile visto che già nel rapporto antecedente, quello di
Costa, il nome di Romano era già emerso? O, ancora, il vigilante non fu un
semplice testimone quasi casualmente reperito il 19 aprile in Via Gradoli,
dovendosi piuttosto ipotizzare che egli rivestiva effettivamente il ruolo di
vera e propria "fonte
confidenziale", anche se, in tale evenienza, appare per converso poco
comprensibile la necessità di avergli fatto
assumere formalmente- e simulatamente- la veste del testimone
occasionale?
2) in ogni caso, al netto di
eventuali affermazioni del vigilante Romano non verbalizzate, costui non
affermò in alcun modo che il sedicente "Borghi" potesse essere in
collegamento con Via Due Ponti, bensì soltanto che riteneva di avere visto di
nuovo l'uomo incontrato nell'appartamento interno 11 di Via Gradoli 96 (senza peraltro
alcuna indicazione di palazzina e scala) anche in un appartamento al primo
piano di Via Due Ponti 146. In base a quali elementi, allora, la "fonte confidenziale" – che
parrebbe dunque essere stata proprio una persona diversa dal vigilante- stando
al rapporto di Fabbri del 29 aprile avrebbe affermato che proprio il sedicente
"Borghi" sarebbe stato in rapporti con Via Due Ponti?
3) Soprattutto, in base a quali
elementi, che evidentemente dovettero essere ben precisi, da un lato il dott.
Fabbri in persona si assunse l'onere di perquisire proprio l'appartamento
interno 5 di Via Due Ponti 146, che risultò in quel frangente essere quello
della coppia Diggens-Korosec, e, per altro verso, il dott. Costa già il 20
aprile potette affermare di ritenere – come si può leggere dallo stralcio sopra
riprodotto del suo rapporto- che il vigilante Romano, in Via Due Ponti 146, si
era a suo tempo recato proprio nell'appartamento del Diggens?
Se ci si attiene strettamente a
quanto verbalizzato della testimonianza del vigilante, infatti, costui disse
tra l'altro di non ricordare proprio il nome di colui al quale fece
sottoscrivere il contratto in Via Due Ponti 146 (si torni al verbale della sua
deposizione sopra riprodotto).
Cosa spinse allora i due
funzionari di Polizia a sostenere praticamente con certezza, nei rispettivi
rapporti alla Procura di Roma, che l'appartamento visitato dal vigilante in
quella via fosse proprio quello che nel corso della perquisizione di Fabbri del
19 aprile risultò essere stato abitato da Diggens e Korosec?
4) In base a quali elementi, non
meglio precisati, il dott. Fabbri potette affermare incidentalmente, in
chiusura del proprio rapporto, che l'appartamento int. 3 di via Gradoli 96, ove
a quanto pare si era trasferita da qualche tempo la Korosec, sarebbe stato
frequentato anche dal Diggens?
5) Per quale motivo, tenuto anche
conto del fatto che, quanto a Via Gradoli, si trattava con tutta evidenza di
due appartamenti ben distinti (rispettivamente interno 3 e interno 11), il
dottor Fabbri concluse il proprio rapporto liquidando di fatto la vicenda con
l'affermazione che in sostanza la "fonte
confidenziale" si sarebbe
confusa tra il Diggens e il sedicente "Borghi" occupante il covo
BR, quando la "fonte", stando
all'incipit di quel suo stesso rapporto
alla Procura, avrebbe invece chiaramente ben distinto tra sedicente
"Borghi" e una diversa persona
abitante in Via Due Ponti? Come già rilevammo nel nostro precedente articolo, quella
appena riferita appare una conclusione assai sommaria e ben poco comprensibile,
visto che la "fonte" sembrerebbe
infatti avere parlato in modo specifico di un "collegamento" proprio tra due diverse persone.
E d'altra parte, anche a voler prescindere
dal dato evidente che, come poc'anzi ricordato, gli appartamenti venuti in
rilievo per quella indagine erano due e ben distinti, anche sul piano logico è
ben difficile ammettere la possibilità di una confusione di persona, quale
quella sostenuta dal rapporto di Fabbri, per il semplice motivo che - a rigore
– nel caso di specie uno dei termini di paragone – identità e fisionomia stessa
del sedicente "Borghi" – erano ancora (almeno, per quanto noto
ufficialmente) del tutto ignoti al 19 aprile, ragione per cui portando alle
estreme conseguenze il filo logico sotteso alla conclusione espressa del dott.
Fabbri nell'unico modo munito di senso compiuto, si finirebbe con il dovere
affermare che la conclusione del dott. Fabbri non potesse significare altro
che, paradossalmente, il sedicente "Borghi" fosse proprio…. Walter
Diggens.
Ebbene, la deposizione di Diggens
del 1993 con la quale abbiamo aperto questa disamina, non aiuta di certo a
chiarire le questioni che abbiamo appena posto, anzi possibilmente ne pone
delle altre.
Va detto che probabilmente il
mancato approfondimento a monte delle discrepanze sopra rilevate nei rapporti e
documenti prodotti nell'immediatezza della vicenda, potrebbe essere stato
quanto meno una concausa di un interrogatorio del Diggens - quello in esame del
1993 , che abbiamo riprodotto all'inizio- obiettivamente inidoneo a suscitare
entusiasmi quanto a ritmo e contenuto di merito.
Non possiamo inoltre non rilevare
che, almeno a quanto fin qui abbiamo rinvenuto nella mole ormai enorme di
documenti disponibili, salvi sempre nostri possibili errori, non ci risulta che
la signora Veronika Korosec sia mai stata rintracciata ed ascoltata in merito.
Lasciamo tuttavia in sospeso questa circostanza, nell'auspicio che qualcuno ci
smentisca fornendoci copia o i riferimenti dell'eventuale deposizione resa da
costei innanzi a una qualche Autorità, circostanza che - è fin troppo superfluo
sottolinearlo - accoglieremmo ovviamente di buon grado.
Walter Diggens sostiene di essere
stato fidanzato con la Korosec dal 1976, aggiungendo di avere
"abitato" con costei in Via Due Ponti 146, al piano rialzato ,
"forse l'int. 7" (ricordiamo, solo per precisione, che l'appartamento perquisito dal dott.
Fabbri venne indicato come interno 5, ferma l'ovvia possibilità di un
comprensibile difetto di memoria, a distanza di 15 anni, del Diggens, sulla
specifica circostanza del numero di interno che contraddistingueva l'alloggio).
Aggiunge, come si può leggere nel
verbale in questione, di non avere mai avuto un appartamentino in Via Gradoli
96 e che fu anzi la sua convivente a trasferirsi nell'appartamentino in quella Via, pochi mesi
dopo la nascita della loro figlia (nata in quello stesso anno, 1976, come si
evince chiaramente dalle in equivoche parole del Diggens).
Non solo: Diggens dice anche
incidentalmente- dopo avere affermato di non avere mai avuto un appartamentino
in Via Gradoli- di ricordare che l'appartamentino di Via Gradoli era in
sostanza di composizione e dimensioni simili a quello di Via Due Ponti.
Evidentemente, in mancanza, a quanto pare, di altre domande sul punto, pare
doversi arguire che i magistrati interroganti abbiano dato per scontato che
Diggens conoscesse l'appartamento di Via Gradoli in virtù del fatto che vi si recasse
per vedere sua figlia, nonostante la cessata convivenza con la Korosec.
Eppure quest'ultima circostanza,
come rilevammo nel più volte richiamato nostro precedente articolo, è
tutt'altro che chiara. Scrivevamo infatti, tra l'altro, esaminando il rapporto
del dott. Costa sopra riportato:
" Costei (la Korosec: ndr) aveva
denunciato appunto Diggens per maltrattamenti.
Il dato interessante, però, è che a quanto pare risultava dalla denuncia
promossa dalla donna – evidentemente in concomitanza al fermo del Diggens,
quindi non oltre il 10 marzo (1978: ndr) - che ella già da “alcuni mesi”
non conviveva più con il Diggens, e che
aveva dichiarato quale suo nuovo domicilio Via Gradoli 96, int. 3.
Alla luce dell'affermazione
incidentale sopra già analizzata del rapporto del dott. Fabbri, secondo il
quale l'appartamento della Korosec in Via Gradoli 96 risultava frequentato
anche dal Diggens, ci siamo quindi interrogati già in quel primo articolo se la
Korosec in realtà fosse andata via dal Diggens,
o se fosse andata via insieme a lui.
E, alla luce della deposizione di Diggens in esame, non si comprende più in
alcun modo se la Korosec si fosse trasferita in Via Gradoli dal 1976 (come afferma Diggens) o invece
solo alcuni mesi prima l'arresto del convivente (marzo 1978) come risulta dal
rapporto del dott. Costa.
Questo aspetto è destinato a
diventare persino più ambiguo se si tiene presente la scansione dei fatti e i
concetti usati dal Diggens nella propria deposizione del 1993: viene infatti
spontaneo chiedersi, una volta appreso che i due erano fidanzati dal 1976, e
che "abitavano" (predicato che lascia chiaramente intendere quanto
meno una certa stabilità della frequentazione di quell'alloggio) in Via Due
Ponti 146, in che cosa sia consistita questa "abitazione" condivisa,
visto che la Korosec avrebbe abbandonato quell'appartamento per recarsi in Via
Gradoli praticamente subito, alla nascita della figlia avvenuta in quegli
stessi mesi.
Non conosciamo purtroppo, come
abbiamo detto, l'eventuale versione della signora su quei fatti.
Pur dando per scontata
l'estraneità dei due alla vicenda che ci occupa, rimane dunque il fatto che in
definitiva ancora oggi non è ben chiaro come
e perché quello stesso 19 aprile 1978 la polizia arrivò ad individuare
nel Diggens e nella sua convivente gli abitanti dell'alloggio di Via Due Ponti
146 cui si riferì del tutto genericamente il vigilante Amedeo Romano, e il
perché la presenza dei due sia in Via Gradoli che in Via Due Ponti venne
abbastanza sommariamente liquidata come frutto di un'improbabile "confusione" della "fonte confidenziale" con "l'occupante
del covo". Né l'esame testimoniale di Walter Diggens del 1993 è stato
di una qualche utilità a fugare i dubbi che come abbiamo esposto era ben
possibile rilevare già dai documenti del 1978.
Che nesso c'era, allora, se
c'era, tra Via Gradoli e Via Due Ponti?
Un insospettabile cittadino inglese che abita in zona Piazza Bologna
RispondiEliminahttps://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/11/05/eroina-della-morte.html
In questi anni successivi alla pubblicazione di questo articolo abbiamo reperito sia le deposizioni della signora Korosec del 1993, che il suo libro autobiografico, che se possibile ingarbugliano ancora di più la vicenda. Ci torneremo, ma l'impressione che ne abbiamo ricavato-lo anticipiamo- è che Veronica Korosec fosse una fonte informativa della Polizia in analogia con Lucia Mokbel, e che il verbale di Costa che la dava per scomparsa improvvisamente il 31 marzo abbia unicamente voluto tutelare quella fonte senza farla esporre.
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