(a cura di: Franco Martines)
Lo scorso week-end abbiamo incontrato un testimone di via
Fani,il dottor Carmelo Destito.
Egli, dirigendosi al lavoro al Gemelli in macchina, quella
mattina del 16 marzo, notò alcuni uomini
in divisa (i famosi avieri ) nella
parte alta di via Stresa; come poi descrisse nella deposizione la notte stessa e poi ancora mesi dopo
davanti al, recentemente scomparso, giudice Imposimato.
(Vedi
qui, in un precedente articolo, il nostro quadro sinottico dei 34 testimoni e i
relativi riferimenti ai volumi della CM1
http://www.sedicidimarzo.org/2017/10/una-tabella-riordinabile-piacere-su.html )
Il dottor Destito lavorava al Gemelli e abitava in via Stresa. Lui, oggi a riposo, era allora un giovane chirurgo e, elemento inedito emerso
nella conversazione, fu anche chiamato ad intervenire su Zizzi nella fase
finale.
L’intervento era stato eseguito dal prof. Castiglioni (la cui equipe poi opererà anche Giovanni Paolo II dopo l’attentato di Agcà) e Destito fu
chiamato alla fine per suturare i tagli chirurgici ( in realtà un unico grande
taglio che interessò la parte anteriore e posteriore del torace del povero
agente).
Svariati i ricordi di quella giornata. In particolare colpisce
l’amarezza espressa, pur a distanza di tanto tempo, per il trattamento sgarbato
cui fu sottoposto durante la deposizione – “sembrava quasi che il criminale fossi io “–
ci dice. Fu, tra l’altro, prelevato nottetempo da casa per andare a
deporre davanti a Spinella. A scusante dell’allora vice-questore si può invocare il fatto che fosse sulla breccia (e che breccia!) fin dal mattino,
essendo stato praticamente il primo a giungere in via Fani.
Il dottor Destito ci faceva capire che l’intervento su Zizzi
fu un tentativo disperato nella consapevolezza che non aveva praticamente
possibilità di sopravvivenza per via dei danni prodotti dalle tre pallottole, sia direttamente che indirettamente a causa delle onde pressorie provocate dalla
penetrazione dei proiettili che produssero danni ulteriori agli organi, anche
solo sfiorati.
Parlando d’altro ci confermava poi le difficoltà – anzi l’impossibilità
– per ore ad effettuare comunicazioni telefoniche quel giorno, quasi fino a sera.
Nel corso della conversazione sono emersi due altri particolari, uno dei quali a conferma di quanto già
risaputo.
Il primo: che via Fani, come anche altri abitanti della zona
hanno sempre sostenuto, era usualmente occupata sui due lati da macchine in
sosta, quasi senza soluzione di continuità. Colpisce sempre, di fronte a queste
testimonianze, l’immagine di vuoto che abbiamo dalle foto in cui si vedono
invece gli ultimi 40-50 metri fino all’incrocio
fatale liberi da auto in sosta su ambo i lati, eccezion fatta per le famose Mini Minor verde sul lato del Bar
Olivetti e l’Austin Morris sul lato
opposto.
Il secondo: che il tempo di percorrenza in auto per
raggiungere il Gemelli oscillava tra i 30 e i 40 minuti (all’epoca non c’era
ancora il bypass della galleria Giovanni XXIII)
e pertanto nessuno stupore da parte sua sulla tempistica dell’ambulanza che, come
risulta dagli atti , impiegò 38 minuti per raggiungere via Fani, caricare il
ferito e ritornare con Zizzi al Gemelli (La richiesta, come da brogliaccio
della Sala Operativa, fu effettuata alle 9:05, il foglio di ricovero riporta l’orario di
arrivo delle 9:43).
Concludiamo, in attesa di pubblicare prossimamente un più ampio articolo
su alcuni elementi che pure destano perplessità in relazione alla dinamica
del ferimento mortale dell’agente Zizzi, mostrandovi una
foto da noi elaborata in cui abbiamo
evidenziato i punti di entrata e di uscita dei proiettili ed un’altra in cui ,
ipotizzando un angolo di tiro moderatamente inclinato, abbiamo evidenziato
quale potesse essere la posizione del busto nel momento in cui fu attinto. Tale
foto è ricavata dal manichino realizzato dalla Polizia Scientifica nel 2015 che
pure vi mostriamo.
Vogliamo prima ricordare però che Zizzi rappresenta , fra i
cinque uomini della scorta, un po’ un’anomalia.
·
E’ l’unico che non aveva mai fatto parte della
scorta di Moro (era il suo primo giorno !)
· E’ l’unico che non presenta alcun colpo al capo
· E’ quello attinto dal minor numero di colpi ,
tre colpi. Gli altri , a parte Iozzino su cui ci fu un particolare accanimento
per via probabilmente della sua reazione,
ebbero tutti dai 7 ai 9 colpi.
· E’ l’unico attinto da una sola direzione
·
E’ l’unico, anche in conseguenza di quanto
sopra, a non morire sul colpo.
Sembrerebbe quasi che gli assalitori nei suoi confronti avessero il solo interesse
di neutralizzarlo ma non necessariamente
di eliminarlo, come fu per gli
altri. E’ forse da mettere in relazione questo
diverso trattamento col fatto che essendo nuovo della scorta non
avrebbe potuto riconoscere fra gli assalitori qualcuno invece “familiare” agli altri consueti
componenti?
E’ un’ipotesi non nuova che, pur nelle difficoltà che pone per poterla accettare , spiegherebbe
la minore attenzione destinata dagli assalitori all’agente Zizzi.
Comunque, in attesa - come detto - di sviluppare e presentare maggiori
approfondimenti, ecco di seguito le foto cui sopra si è accennato.
In questa prima foto (rielaborazione della foto in CM1 vol.
44 pag. 892) abbiamo evidenziato con cerchietti i fori di entrata e con
quadratini le zone di fuoriuscita dei proiettili nella parte anteriore del torace.
Come detto l’agente fu attinto alle spalle e da soli tre
colpi.
Quello distinto dal n. 1 penetrò sotto la scapola destra e fuoriuscì all’altezza della clavicola.
Quelli distinti con i nn. 2 e 3 sono due ulteriori colpi, distanziati fra loro
di solo 4 millimetri, che penetrano, rispetto al primo, più in basso (all’altezza della 12.ma vertebra dorsale) e
fuoriescono sul davanti nella regione
mammaria , mantenendo inalterata la distanza reciproca di 4 millimetri.
Questo invece il
manichino ricostruito dalla Polizia Scientifica recentemente, con le tre
traiettorie viste da differenti angoli visuali. ( http://www.gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD20/0197_003.pdf pag.36
)
E questa infine una presumibile posizione del busto dell’agente
al momento in cui fu attinto ,ipotizzando una traiettoria di tiro alto-basso con inclinazione moderata.
Per quanto riguarda la auto parcheggiate, basta osservare le macchie di olio e carburante per terra che indicano l'uso abituale della strada come parcheggio; Inoltre Spiriticchio quando non trovava parcheggio, parcheggiava il furgone Transit oltre l'incrocio, e questo evento si ripeteva spesso.
RispondiEliminaTanto è vero che, nella seconda puntata di un originale televisivo della Rai, andato in onda nel settembre del 1977 e girato, presumibilmente, nel 1976, si notano il Ford Transit di Spiriticchio parcheggiato sotto il civico 109 (il fabbricato di Gherardo Nucci) e il fioraio all'incrocio.
EliminaCerto, tuttavia si poteva anche ipotizzare che una volta chiuso il bar Olivetti potesse essere diminuita la densità di auto parcheggiate.
RispondiEliminaL'ipotesi di minor accanimento nei confronti di Zizzi presuppone la conoscenza da parte dei brigatisti della composizione del gruppo di scorta. Detta conoscenza avrebbe dovuto essere molto precisa ed effettuata in tempo utile per poter organizzare una contro-mossa
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaNon trovo nulla di strano riguardo ai parcheggi vuoti in ambo i lati di Via Fani alle 9. Infatti, contrariamente al resto della giornata, come in tutte le zone residenziali ogni mattina gli abitanti portano sia figli a scuola e si recano al lavoro liberando posti che per un certo lasso di tempo non vengono occupati, non essendoci uffici o esercizi commerciali nelle immediate vicinanze.
RispondiEliminaQuesto varrebbe solo, se i vuoti comparissero anche nel resto della via. Invece ad esempio qui :
Eliminahttps://www.panorama.it/news/rapimento-moro-40-anni-fa-la-strage-di-via-fani-cronaca-e-foto
vediamo il lato sinistro per chi guarda la foto, oltre la striscia dell´ agguato interamente occupato da macchine posteggiate.
I vuoti della striscia dell´agguato sono dunque effettivamente anomali e deliberati.