venerdì 5 dicembre 2025

LE “MULTIFORMI” VERSIONI SULL’ARRIVO A VIA MONTALCINI

 

16 MARZO 1978 - LE “MULTIFORMI” VERSIONI SULL’ARRIVO A VIA MONTALCINI

                (A cura di: Andrea Guidi )

INTRODUZIONE

Questo documento era nato, in origine, come un
grezzo brogliaccio preparatorio di un progettato testo critico sulla ricostruzione complessiva delle vicende che ancora si agitano attorno alla base brigatista di Via Montalcini 8, a partire dalla predisposizione della presunta unica prigione di Aldo Moro nei mesi antecedenti il sequestro, passando per la giornata del 16 marzo 1978 (giorno della strage di Via Fani) , percorrendo i 54 giorni del sequestro, per terminare infine con la fatidica giornata dell’omicidio dell’uomo politico (9 maggio 1978).

Avevo strutturato la raccolta documentale che reputavo idonea, al tempo – alcuni anni fa- dell’ideazione di questo progetto, concentrandomi su una metodica acquisizione delle dichiarazioni degli ex brigatisti protagonisti, segnatamente Germano Maccari ed Anna Laura Braghetti, ma anche Mario Moretti, Prospero Gallinari e Valerio Morucci, rese

da costoro nelle varie sedi, specialmente processuali, nelle quali era possibile rinvenire le loro testimonianze (in senso storico).

C’è da dire che, ovviamente, dato il loro personale percorso di sostanziale chiusura nelle sedi giurisdizionali, per quanto riguarda Moretti e Gallinari le scarne informazioni da essi rese derivano in modo pressoché esclusivo dai due rispettivi, noti, testi memorialistici editi in sede pubblicistica: il libro intervista di Moretti confezionato con l’ausilio delle giornaliste Carla Mosca e Rossana Rossanda, “BR- Una storia italiana”, edito in prima edizione nel 1993, ed il testo memorialistico di Gallinari “Un contadino nella metropoli”, pubblicato nel 2006.

Per quanto concerne Valerio Morucci, sono invece ampi e notori i testi prodotti, sia in sede giudiziaria che nella pubblicistica, susseguiti alle sue dichiarazioni e in special modo rinvenientisi in quello che è ormai acquisito anche  alla storiografia come “Memoriale Morucci-Faranda”: un discusso testo alla cui formazione non sarebbero stati estranei alcuni settori della D.C (in particolare, l’allora vice direttore de “Il Popolo” -  quotidiano del partito dello stesso Aldo Moro - Remigio Cavedon) , la cui genesi si colloca nell’estate 1984 allorchè il duo di ex compagni di militanza e di vita, Morucci e Faranda, chiesero al Giudice Istruttore Imposimato di iniziare il loro percorso di dissociazione dalla lotta armata.

Per ragioni di sintesi nella ricerca delle fonti disponibili, quanto al “Memoriale Morucci”, ho fatto rinvio al testo di Sergio Flamigni “Patto di omertà”, ed. Kaos, 2015.

Il ruolo autoattribuitosi da Morucci in merito al sequestro, prescindendo in questa sede- dato che non viene qui in rilievo- dalla sua apparente centralità nella sparatoria di Via Fani, è tuttavia alquanto ridotto in ordine al passaggio fondamentale che ho inteso affrontare in questa sede, cioè il passaggio decisivo dell’ultimo trasbordo dell’ostaggio dal parcheggio della Standa di Viale Newton al covo-prigione: passaggio al quale, come affermato dallo stesso Morucci, egli ed il suo compagno Bruno Seghetti, reduci dalla sparatoria di Via Fani, non avrebbero poi assistito, essendosi limitati ad accompagnare, a bordo di una Dyane, il furgone che recava la cassa nella quale sarebbe stato rinchiuso in un primo momento Aldo Moro, guidato da Moretti, fino, appunto, al parcheggio della Standa; tuttavia senza poi assistere al definitivo trasbordo di quella cassa dal furgone alla Citroen AMI 8 di Anna Laura Braghetti,  a bordo della quale Moro sarebbe stato infine condotto dalla Standa alla “prigione” di Via Montalcini.

Non è tuttora chiaro, sia detto subito anche se per ora solo incidentalmente, se a bordo di quel furgone che sarebbe partito da Via Madonna del Cenacolo verso la Standa, insieme a Moretti vi fosse oppure no anche Prospero Gallinari.

Sono invece copiose le dichiarazioni rese in sede processuale dal duo Braghetti e Maccari, i due “sposini” di Via Montalcini, emersi in via definitiva in sede giudiziaria quali detentori-occupanti della base brigatista di Via Montalcini ed assurti al ruolo di “carcerieri-vivandieri” di Aldo Moro durante tutti i 55 giorni del sequestro.

Pertanto questa asimmetria dei rispettivi ruoli, delle precedenti reticenze, e delle fonti, giustifica la preponderanza delle affermazioni di Braghetti e Maccari riscontrabili in questo documento, non solo e non tanto quali presunti detentori ufficiali dell’appartamento di Via Montalcini, bensì proprio in virtù di una vera e propria predominanza delle loro dichiarazioni in sede processuale a seguito dell’individuazione e dell’arresto di Germano Maccari nel 1993 quale, fino ad allora ignoto, “quarto uomo” del covo-prigione.

 Il “rozzo brogliaccio” originario che avevo costruito, e da cui prende le mosse questo testo, viene qui esaminato, e dunque ridotto, rispetto all’estensione temporale cui poc’anzi ho fatto cenno, limitatamente alla giornata del 16 marzo 1978, e cioè dire limitatamente alla narrazione dei minuti del presunto arrivo dei sequestratori, con l’ostaggio, in quell’appartamento.

Questa delimitazione nasce da una duplice esigenza.

Da un lato, ho avvertito la necessità, che reputo realmente primaria, di tentare di realizzare un metaforico “screen shot”, un fotogramma, di ciò che effettivamente può dedursi dalle varie dichiarazioni degli ex protagonisti in ordine alla questione se effettivamente Aldo Moro fu condotto in Via Montalcini immediatamente, nella prima ora dopo il sequestro, il 16 marzo 1978. E dunque di tentare di determinare, quanto meno per esclusione, la verosimiglianza della versione ufficiale che vuole Aldo Moro ristretto in quell’alloggio per tutti i 55 giorni del sequestro quale sua unica prigione.

Secondo poi, per fare ciò, rileggendo a distanza di tempo e col necessario distacco il complessivo “rozzo brogliaccio” che avevo collazionato, mi è sembrato evidente che derivasse, da quell’esigenza primaria cui ho appena accennato, la scelta obbligata di depurare il complesso del materiale originariamente raccolto da tutto quanto esorbitava dalla giornata del 16 marzo (e cioè il periodo dei 54 giorni di durata del sequestro e la giornata del 9 maggio), con l’intuibile finalità di rendere massimamente percepibile esclusivamente il dipanarsi degli eventi narrati, e per come narrati dai protagonisti, sulla mattinata del 16 marzo.

Contrariamente ad una metodologia che definirei “classica” – nella pubblicistica, su questo blog e nei mie stessi scritti precedenti – rileggendo quel “rozzo brogliaccio” originario che avevo costruito sono quindi giunto alla conclusione che, almeno nella fattispecie, un vero e proprio saggio coordinato di analisi dettagliata delle fonti primarie riportate  - cioè le stesse parole degli ex BR – avrebbe rischiato di finire, con ogni probabilità, con l’annacquare le potenzialità che invece si ricavano con semplicità e direttamente dalle parole testuali dei protagonisti menzionati.

Ho pertanto deciso di lasciare esattamente immutato l’impianto originario del brogliaccio che ero andato costruendo, limitando le mie considerazioni alle brevi note di commento esplicativo e di coordinamento tra i vari passaggi delle dichiarazioni riportate, ove opportune o necessarie, tra le parentesi e con la formula “NDR” (ovvero sia, nota del sottoscritto), a mala pena riformulate, in questa sede, per esclusive e, spero comprensibili, esigenze di revisione di forma e sintassi.

Già all’epoca della predisposizione del brogliaccio, inserii solo alcune considerazioni conclusive: le ho mantenute (rivedendole e sintetizzandole), e ritengo – come ritenni ab origine -  che costituiscano l’unico intervento esterno e coordinato del sottoscritto utile ad essere inserito, e quindi mantenuto in questa occasione.

Ma la sostanza è che su questo specifico aspetto della vicenda (peraltro senza con ciò minimamente voler escludere che la medesima considerazione valga per altri aspetti, tutt’altro)  penso alla fin fine, recuperato il tutto a distanza di alcuni anni e, per così dire, a mente fredda, che nulla, ma proprio nulla, parli a tutti noi – studiosi, inquirenti, magistrati, pubblicisti, appassionati, semplici lettori – a voler leggere bene, meglio delle stesse parole di Braghetti, Maccari, Moretti, Morucci, Gallinari: sottinteso che se la locuzione “parole” può ritenersi dialetticamente equivalente all’insieme definibile come “linguaggio”, in questo insieme debbano intendersi ricompresi i sottoinsiemi tanto dei “detti”, che dei “non detti”, che, infine, quello delle insanabili contraddizioni.

Tentare di ricostruire, dalle rispettive dichiarazioni dei protagonisti, un verosimile quadro di assieme coerente, è il compito cui qualunque lettore di buona volontà è chiamato oggi, così come si sarebbe dovuto sentire chiamato nel corso di quasi cinquanta anni trascorsi da quel drammatico 16 marzo 1978 e lungo un percorso di distillati di presunte verità sviluppatosi nelle sedi più varie nei decenni trascorsi; come questo scritto, tra l’altro, implicitamente acclara.

Al termine, dopo le brevi righe conclusive, ho unito una tabella riassuntiva, redatta con l’ideazione e la concreta elaborazione degli amici (in ordine alfabetico) Alberto Gentilini e Franco Martines del nostro blog “sedicidimarzo.org”, con la speranza che questa tabella restituisca a colpo d’occhio quello che viene raccontato e descritto nel testo.

Mi riservo di riorganizzare comunque il mio originario brogliaccio anche con riferimento alle versioni esistenti in ordine al momento topico dell’omicidio di Moro e dei fatti del 9 maggio.

Un’avvertenza: il lettore tenga conto della scansione cronologica delle dichiarazioni rese, anche se qui non riportate nell’ordine esatto, e tenga in particolare conto del fatto che il così detto “memoriale Morucci” è la prima versione – assai scarna, sul punto – ad apparire agli atti, seguita dal libro intervista di Moretti, cui quasi contestualmente si adegua una rinnovata loquacità di Anna Laura Braghetti (1993-1994), in qualche modo amplificata a seguito dell’arresto e dell’inchiesta a carico di Germano Maccari; eventi dopo i quali  seguirono l’ulteriore versione della Braghetti nel libro con la giornalista Tavella de “Il Manifesto” (“Il prigioniero”, che ispirò il noto film di Marco Bellocchio “Buongiorno, notte”) e, buon ultima, la versione autobiografica di Gallinari resa nel libro “Un contadino nella metropoli”  del 2006.

Buona lettura, e proficue interpretazioni.

Sottolineature e “grassetti”, se non diversamente indicato, sono miei.

LE VERSIONI SULL’ARRIVO A VIA MONTALCINI E LE PRESENZE DEI VARI PROTAGONISTI

I) Memoriale Morucci, fonte Sergio Flamigni, “Patto di omertà” cit. pag. 126:

mentre in un bar di Piazza delle Medagli D’Oro – discesi da Via Calvo – “i bierre provenienti da altre colonne (cioè Fiore e Bonisoli) si sono liberati in una toilette…..dei giubbetti antiproiettile, degli impermeabili….e delle borse con i mitra (consegnando il tutto agli altri della colonna romana lì ripiegati (cioè Balzerani, Casimirri e Loioacono. Mentre Gallinari si era subito allontanato per raggiungere via Montalcini)….”

(ndr: Non è chiaro come Gallinari si sarebbe recato direttamente a Via Montalcini da Via Calvo. Inoltre, si deduce chiaramente che sarebbe a diretta conoscenza di Morucci, essendosi egli recato con la Dyane di scorta al furgone fino alla Standa, che Gallinari non sarebbe mai giunto alla Standa.

Come si vedrà in seguito leggendo le parole di Moretti nel libro intervista citato, l’ex capo BR confermerà assai sommariamente la versione di Morucci, dichiarando di avere guidato da solo il furgone, ma senza spiegare come Gallinari sarebbe arrivato a Via Montalcini).

“Il bierre n. 1 (Moretti: ndr), dopo il trasbordo di Moro in piazza madonna del Cenacolo, si è posto alla guida del furgone, sul quale non c’era altri che Moro chiuso nella cassa. Io e il numero 5 (Seghetti: ndr) ci siamo posti sul Dyane. I due veicoli hanno compiuto un lungo e tortuoso percorso fino a giungere alla Standa…impiegando oltre 20 minuti da piazza madonna del Cenacolo.

Nel parcheggio della Standa, l’autofurgone 850 Fiat …con a bordo Moro è rimasto fermo fino a quando, verosimilmente (sic!), non è avvenuto l'ultimo trasbordo di Moro ... Io e l’altro occupante del Dyane ci siamo allontanati prima dell’ultimo trasbordo, una volta verificato che---era tutto tranquillo, e non abbiamo visto su quale auto è stato caricato Moro, per motivi di compartimentazione. ” 

(ndr: secondo Morucci, dunque, il tragitto lungo e tortuoso da piazza Madonna del Cenacolo alla Standa sarebbe avvenuto con solo tre- 3-  persone delle BR, e per di più Moretti avrebbe atteso da solo altri complici, con Moro nel furgone, per effettuare l'ultimo trasbordo, in quanto Morucci afferma chiaramente che lui e Seghetti non vi assistettero.

In merito all’aspetto di chi salì sul furgone 850 con Moretti, i saggisti paolo Persichetti, Marco Clementi e Elisa Santalena nel libro “Brigate Rosse. Dalle fabbriche alla campagna di primavera”, ed. Derive Approdi 2017, pag. 180, testo e nota n. 26, sostengono che Gallinari sarebbe in realtà stato sul furgone insieme a Moretti. Nella nota n. 26 in calce, gli autori sostengono, per giustificare la clamorosa divergenza con la versione data nel 1993-1994 da Mario Moretti nel libro intervista di cui infra, che “Moretti evita di fare il nome di Gallinari…per proteggerlo”. La giustificazione è priva di alcun fondamento, perché non si capisce da cosa avrebbe dovuto essere protetto Gallinari, partecipe non smentito dall’omicidio plurimo di Via Fani e dunque solo per questo passibile di ergastolo, rispetto alla circostanza di avere fatto parte o meno dell’equipaggio del furgone che avrebbe trasportato Moro al parcheggio della Standa. Gli autori citano come fonte Raffaele Fiore. Paolo Persichetti ha ribadito incidentalmente questa versione- Gallinari sul furgone- nel suo libro “La Polizia della storia- La fabbrica delle fake news nell’affaire Moro”, ed. Derive Approdi, 2022, pag. 75-76, pagine nelle quali Gallinari viene individuato con il nome di clandestinità “Giuseppe”. Resta il fatto che, con buona pace della compartimentazione, Morucci fu partecipe del percorso da Piazza Madonna del Cenacolo alla Standa, e se Gallinari salì su quel furgone, Morucci lo avrà pur ben visto. Stabilire chi mente e chi afferma il vero, è quindi questione non risolvibile, visto che ben due partecipanti del percorso, Morucci e Moretti, affermano che Gallinari NON ERA SU QUEL FURGONE, E NON SI CAPISCE QUALE VALORE ABBIA LA TESTIMONIANZA DI FIORE, CHE SI SAREBBE INVECE RECATO DIRETTAMENTE A VIA CALVO.) .

II) DICHIARAZIONI DI GERMANO MACCARI

II-A) udienza del 19 giugno 1996- Moro quinquies; cfr. Sergio Flamigni, “Il quarto uomo del delitto Moro- L’enigma del brigatista Germano Maccari”, ed. Kaos, 2018, pagg. 147 e segg. (l’ordine delle domande-risposte che ho riportato non è necessariamente rispondente alla scansione completa, in quanto di volta in volta posso avere estratto le parti rilevanti per argomento, eliminando interlocuzioni o salti argomentativi transitori che potrebbero far perdere il filo delle specifiche questioni trattate. Ciò vale per tutti i testi riprodotti in questo documento, d’ora in avanti).

(ndr: si noti bene tutto il passaggio seguente; si tratta di un punto in realtà cruciale, perché si innesta con alcune ulteriori affermazioni di Morucci sul 16 marzo e il trasbordo di Moro, anche se non affrontate in questa sede. Il PM intuisce il buco narrativo e ipotizza chiaramente la presenza di un'altra persona- una quinta persona- per raccogliere la cassa sulla Ami; Maccari tenta di sviare l'attenzione sulla cassa, ma il problema, come si vedrà con Morucci, è proprio la questione dell'AMI 8 e di chi la porta alla Standa. La conclusione del PM Marini è tuttavia discutibile, e forse condizionata dal fatto che in questo processo l'imputato era Maccari e dunque si doveva addossargli, per concorso, tutta la massima responsabilità. Il Pm sembra infatti concludere non, come invece appare logico, che non si capisce perché dovesse avere ragione la Braghetti- a sua volta smentita con ben due versioni diverse sia da Moretti che da Gallinari- bensì, rovesciando il ragionamento con una vera e propria petizione di principio,  lasciando intendere che avendo ragione la Braghetti- cosa invece  tutt'altro che fondata- Maccari fosse in realtà anche a conoscenza esatta del programma del 16 marzo. Ma Maccari fornisce anche l'unica spiegazione logica del perché non potessero essere in tre a bordo della AMI 8, come invece sostenuto dalla Braghetti, con la cassa: ovvero, perché semplicemente non ci sarebbe stato spazio se non mettendo le tre- 3-  persone tutte davanti):

"P.M. MARINI: ma lei, la mattina del 16, non è uscito per andare a prendere Moro?

IMP. MACCARI: no!"…

…P.M. MARINI: la Braghetti ha detto qui che lei era l'unica che era rimasta in Via Montalcini, stava sulla strada aspettava ansiosa che voi arrivaste e si era resa conto che l'operazione ormai era stata fatta, soltanto quando cominciò a sentire il rumore di un elicottero e vide l'elicottero sulla strada.

IMP . MACCARI: si.

P.M. MARINI : e ha detto che lei è andato a prendere Moro in…. con la cassa, è vero questo o non è vero?

MACCARI: no, io penso che la Braghetti si confonda o ricorda ... o ricordi ... o ricordi male eh ... io ho letto questo fatto ...

…P.M. MARINI: in Via Montalcini. Quando, allora, arrivò il giorno dell'operazione il 16, secondo sempre prima che sentissimo lei, la versione della Braghetti, lei invece era uscito per andare a prendere Moro.

MACCARI: questo dice la Braghetti?

P.M. MARINI: questo dice la Braghetti.

MACCARI: e io ho detto che pe ... penso che la Braghetti confonda, perché io ho detto che siamo rimasti tutti e due dentro casa e ho detto ... la versione l'ho spiegata poc'anzi. Eh ... cioè, non ... non so perché la Braghetti abbia detto quella cosa, presumo che ... che confonda ...

P.M. MARINI: lei non è andato con l'Ami della Braghetti a prendere Moro, la cassa di Moro?

 MACCARI: no.

MARINI: nell'ultimo trasloco che è stato fatto dal furgone a quella sull'Ami perché Moro è arrivato a bordo dell'Ami, lei lo sa che Moro è arrivato a bordo dell'Ami, cioè la macchina della Braghetti?

 MACCARI:  si, si, certo che lo so ...

P.M. MARINI: certo e chi la guidava questa Ami?

 MACCARI: non. . . non l'ho. . .

P .M. MARINI: ... Gallinari stava in Via Fani, Moretti stava in Via Fani, lei ha indicato quattro persone presenti in Via Montalcini.

 MACCARI: si.

MARINI: esatto? Siccome noi abbiamo appreso dai tanti processi, lo ha ricordato anche la difesa, che Gallinari e Moretti sono in Via Fani, partecipano all'eccidio di Via Fani, alla sparatoria di Via Fani. Abbiamo appreso poi dalla ... dalla Braghetti che la Braghetti è l'unica che è rimasta in casa e stava in quella posizione che le ho poco fa, insomma riferito, quindi l'unico del quarto uomo, di Via Montalcini oppure l'un ... la quarta persona che stava in Via Montalcini, è quella che si recò con l'Ami della Braghetti a prendere Moro all'appuntamento nel famoso ... nel punto di incontro da dove Moro doveva essere poi, dal furgone, sul quale era stata depositata la cassa, portar lo con un'altra ... con l'Ami in Via Montalcini. Quindi ...

 MACCARI: non è avve ...

P.M. MARINI: ... c'è un'altra persona che ha fatto questo ...

MACCARI: no, non ...

P.M. MARINI: ... che ha svolto questo incarico, se non lei?

 MACCARI: no,no. Eravamo quattro persone e soltanto quattro persone, ripeto, la cassa di legno che stava nel box, credo già da una settimana, da più di una settimana, fu portata via la sera del 15 marzo dalla Braghetti con la sua Ami/8.

P.M. MRINII. bene.

 MACCARI: io stavo in casa eh ... rimasi con il ... con il Gallinari. E non ho visto la ... insomma, voglio dire, ad un certo punto la Braghetti ritorna, però non mi ricordo se è ritornata con la macchina, (ndr: è ovviamente inverosimile che l'auto prescelta per il trasbordo finale fosse stata lasciata incustodita tutta la notte alla Standa con tanto di cassa dentro, tanto più  data la relativa vicinanza dichiarata dai BR tra il covo e la Standa, che avrebbe consentito agevolmente di muoversi per arrivare all'appuntamento  la mattina stessa del 16 marzo. In realtà la Braghetti- vedi appresso- confermerà la circostanza, e dirà di avere lasciato la cassa ad altri due militanti, che avrebbero partecipato all'azione, la sera del 15; è intuitivo infatti che la cassa dovesse essere bella e pronta nei pressi di via Fani la mattina dopo. Dunque il problema non è la cassa, ma chi arriva con la Ami 8 alla Standa!)) .. insomma, sta di fatto che eh ... la cassa viene portata via dalla Braghetti la sera prima, il giorno dopo il Gallinari, quando ci dice "non vi muovete assolutamente eh ... di casa, per nessun motivo" esce la mattina presto e quando rientra in Via Montalcini, il sequestro è già avvenuto e lui e Moretti, secondo me, hanno trasportato l'On.le Moro dentro la cassa, con l'Ami/8, perché io poi scendo con la Braghetti nel box e vedo l'Ami/8 con la cassa dentro, contenente l'On.le Moro. Ora, io ho letto quel verbale, cioè e la Braghetti dice pure eh ... che lei appunto, scende in strada e vede tornare i tre compagni dentro l'Ami/8, con la cassa, ora ...

(ndr: Germano Maccari, presunto quarto uomo di Via Montalcini, e in linea teorica attesa a casa dell’arrivo dei suoi “capi”, non sa fare altro che esprimere un “parere” – “secondo me”-  su chi avrebbe trasportato la cassa con Moro nella Ami 8.  Acquisiamo inoltre come elemento centrale della ricostruzione il fatto che, a detta di Maccari, la AMI 8 era stata parcheggiata dentro il box).

 P.M. MARINI: esattamente…

MACCARI: … i  tre compagni dentro l'Ami/8... tre persone dentro l'Ami/8, non ... non c'entrano con la cassa, (ndr: come accennato, sul punto Maccari ha ragione da vendere).

perché questo ...

…P.M. MARIMI: ... doveva contenere una cassa più...

IMP. MACCARI:... la cassa entrava dentro l'Ami/8 e bisognava ribaltare i sedili posteriori. Per cui, con i sedili posteriori e il bagagliaio si creava una va ... un ampio vano per tenere questa ... questa cassa. E per contenere a ma ... a malapena di ... di stretta misura, insomma, questa cassa, dopo di che, le tre persone, sarebbero dovute stare tutte e tre sul vano guida e questo penso che ... voglio dire, io personalmente ritengo che non ... per questo dico, cioè che la Braghetti si è confusa, cioè, perché io ho quest'altro ricordo e chiaro eh ... e cioè che noi non ci siamo mossi e abbiamo aspettato come ci aveva detto il Gallinari.

(ndr: quindi per Maccari la situazione è chiara: lui e la Braghetti- a differenza di quanto sostenuto della Braghetti stessa-  in attesa a Via Montalcini, e non in tre sulla AMI 8).

P.M. MARINI: quindi il suo ricordo non combacia con quello della Braghetti che invece dice che doveva essere scesa per strada ...

 MACCARI:  si.

P.M. MARINI: ... perché era ansiosa.

 MACCARI: si.

 MARINI: non è scesa per strada?

MACCARI: no.

(ndr: Maccari smentisce a sua volta la Braghetti sul fatto che, a detta di costei, lei attese invece l’arrivo dei suoi compagni sulla strada);

…… P.M. MARINI: quindi lei, sul piano di ... come poi doveva essere il piano di sganciamento, non sa niente, quindi?

MACCARI GIRMANO: no.

P.M. MARINI: non sa che ...

MACCARI: ... non so ...

 P.M. MARIKI: ... bisognava andare a recuperare Moro a bordo di quel furgone, in quel ...

MACCARI: no, no, non lo sapevo. Io devo dire che ...

P.M. MARINI: però la Braghetti è stata sentita attentamente su questa ... su queste cose, lei stesso avrà letto i verbali che sono stati ...

 MACCARI:  si, ho letto quel verbale.

P.M. MARINI: ... e quindi è una verità che non corrisponde alla sua, lei ha detto "io naturalmente dico la mia verità, voglio dire tutta la verità, ovviamente la mia verità", noi ne prendiamo atto, però noi ci sentiamo anche in obbligo di contestare quelle che sono le diverse verità che risultano dagli atti processuali ...

MACCARI: certo.

P.M. MARINI : e una di queste è appunto, è questa ... contrasto con la versione fornita dalla Braghetti, secondo cui lei invece è andato a prelevare Moro e quindi questo significa che lei conosceva bene il piano che era stato organ ... prestabilito, quanto meno il piano di sganciamento, dopo la sparatoria di Via Fani.

II-b) Maccari, stessa udienza, rispondendo alle domande dell’Avv. Mancini; cfr. Flamigni, op. cit. “Il quarto uomo…”, pag. 120 e segg.:

Avv. Mancini: …ci vuole descrivere … come avvenne questo arrivo della cassa contenente l’On. Moro?

MACCARI: ….la mattina del 16 marzo ci accorgemmo (ndr: parla di sé stesso e della Braghetti) , cioè…noi aspettavamo il ritorno di Gallinari, cosa che avvenne, avvenne poco dopo le 9 della mattina del 16 marzo, cioè Gallinari entrò dentro l’appartamento e ci disse, pregò a me e alla Braghetti di….di scendere nel box per aiutare Moretti a trasportare la cassa …io e la Braghetti scendemmo e Gallinari rimase dentro l’appartamento, scendemmo, arrivammo nel box, c’era la…c’era la macchina con questa cassa, io e Moretti l’abbiamo sollevata, tirata fuori dall’auto e l’abbiamo trasportata fin dentro l’appartamento con la Braghetti, che camminava davanti a noi e ci apriva, insomma la porta e…perché dunque c’era e …c’era la porta basculante del box, poi c’era il garage (NDR: qui Maccari intende il complessivo vano interrato condominiale che conteneva i garage e fungeva da area di accesso e manovra per i singoli boxes privati) , cioè i vari box dei vari condomini, stavano dentro questo garage. Da questo garage c’era una porta e… che dava in un androne, in un piccolo corridoio, dove c’era sia l’ascensore per salire ai piani che le scale, la Braghetti appunto e… richiusa la porta basculante del…del box, io e il Moretti portavamo la cassa.. ehm…la Braghetti ci apre la porta della …questa porta appunto del…del garage, e noi facciamo queste rampe di scale e giungiamo all’appartamento, entriamo dentro e portiamo la cassa, non incontriamo nessuno e portiamo la cassa fin dentro lo studio…”.

(ndr: le affermazioni di Maccari vanno pazientemente metabolizzate. Prima di tutto, egli attesta il rientro di Gallinari – e Moretti-  poco dopo le 9: cosa palesemente inverosimile. Secondo poi, conferma la sua smentita della versione della Braghetti: entrambi erano in attesa in casa. Terzo punto: l’auto era nel box, già -mentre scrivo-  risultato angusto per i “movimenti” con la Renault 4 il successivo 9 maggio, figurarsi con la AMI 8 che era più lunga di circa 35 cm della Renault 4; non è dato capire cosa significhi avere “sollevato la cassa” nel box! Quarto aspetto: il box della Braghetti era in diagonale esattamente opposto all’ingresso sotterraneo interno- di cui si parla – verso i piani superiori: i BR avrebbero dunque dovuto confidare con buona propensione all’azzardo, che nessuno, nell’ora di punta di un giovedì lavorativo, li avesse incrociati nello spostamento narrato; quinto punto, derivante dal quarto: Maccari si avvede evidentemente della problematicità della narrazione complessiva, specificando, senza alcuna richiesta né dell’avvocato né della Corte, di “non avere incontrato nessuno”).

II-C) Commissione Stragi, audizione 21 gennaio 2000; Senato della Repubblica, XIII Legislatura, 60° resoconto stenografico, pagg. 8 e segg.:

PRESIDENTE. Prima di arrivare al 9 maggio, vorrei chiederle se lei continua a negare di aver partecipato al trasporto dalla Standa a via Montalcini. Lei era a via Montalcini?

MACCARI. Io ero a via Montalcini. Non capisco in che punto ci sia contraddizione, forse nella dichiarazione della Braghetti….

PRESIDENTE. Mi faccia capire bene. Secondo la sua versione chi arriva con la macchina della Braghetti, con dentro la cassa, in via Montalcini?

MACCARI. Arrivano Moretti e Gallinari. La macchina con sopra la cassa era una Ami 8; erano stati ribaltati i sedili e la cassa di legno, che era abbastanza grande e pesante (tanto è vero che in seguito, nel percorso inverso, (ndr: fa il paio con “come al solito” detto in udienza nel 1996: in seguito, quando?) fu sostituita con una cesta di vimini ugualmente robusta, perchè si capì che la cassa di legno era obsoleta e non adatta), occupava l'intero spazio della macchina, lasciando liberi solamente il posto del guidatore e quello accanto. E' abbastanza logico che non si poteva stare in tre seduti davanti, correndo il rischio di essere fermati da un vigile o da un poliziotto stradale.(ndr: Maccari smentisce nuovamente la prima delle due versioni della Braghetti, la quale nella seconda versione, resa nel libro della Tavella nel 1998, dirà infatti che Gallinari seguiva l'auto a piedi).

……..

PRESIDENTE. Che fosse Moro glielo dissero nel box o quando apriste la cassa nell'appartamento?

MACCARI. Quando fu aperta la cassa nell'appartamento lo vidi. Io non sapevo che si sarebbe trattato del presidente Moro; ….

………

PRESIDENTE. No, Maccari nega questo e afferma di aver saputo del rapimento di Moro solo quando arrivo in via Montalcini. Dall'appartamento non avevate sentito la notizia alla radio? Quando arrivo Moro la notizia era gia stata diffusa dalla radio.

MACCARI. Io stavo in strada, nella via perche non sapevo a che ora sarebbero tornati per cui non ho sentito la radio. Forse la Braghetti che era rimasta su e si affacciava ogni tanto aveva ascoltato la notizia. Io camminavo lungo via Montalcini.

(ndr: Maccari contraddice palesemente quanto da lui stesso dichiarato nel processo, vedi sopra, allorchè aveva dichiarato che sia lui che la Braghetti erano in casa all’arrivo di Gallinari nell’appartamento! E’ inoltre FONDAMENTALE coordinare questa parte specifica con le versioni della Braghetti sul trasbordo alla Standa, sull'attesa dell'arrivo e sull'arrivo stesso)

III)             DICHIARAZIONI DI ANNA LAURA BRAGHETTI

N.B Nel dibattimento del Moro-5, p.p. contro Maccari (e Etro), la Braghetti, contrariamente a quanto fatto in precedenza, si avvaleva della facoltà di non sottoporsi a esame (verrà esaminata solo innanzi il Pm in sede istruttoria, di cui agli stralci appresso riportati).

 

III-A) esame di imputata di reato connesso reso alla Procura della Repubblica di Roma il 10.11.1993 (procedimento penale n. 15621/93 – Moro quinquies); Faldone CM-2  numero 1068_001, pagg. 118 e segg.:

So per certo che la casa di via Montalcini è stata l'unica prigione in cui è stato tenuto sequestrato durante i cinquantacinque giorni l'on. Aldo Moro. Ciò posso dire perché io ho visto arrivare a via Montalcini la mia vettura personale (Ami 8) con a bordo l'on.Moro (tenuto in una cassa di legno) e accompagnato dai tre militanti delle Br che insieme a me hanno abitato la casa….

(ndr: le affermazioni sono suscettibili di più di una considerazione: a) prima di tutto, in ordine al grado di "consapevolezza" maturato dalla Braghetti circa quanto afferma ("..so per certo": che vuol dire?);b) secondo poi, in ordine al nesso causale ("perché") stabilito tra l'affermazione dell'unicità della prigione di Moro e l'individuazione della causa di questa presunta certezza in un elemento del tutto labile e insignificante come il mero arrivo dell'ostaggio in un singolo giorno specifico; c) infine, in ordine alla sua prima versione dell'arrivo dell'ostaggio: per riassumere, e tenere presente, lei sarebbe stata a casa e gli altri arrivano in tre con l'auto, e la cassa con l'ostaggio).

(Si prosegue con altra parte dello stesso verbale di cui sopra):

…….Per quanto riguarda la Stando di via dei Colli Portuensi (grande magazzino a circa un chilometro dalla casa di via Montalcini) fui io nei giorni immediatamente precedenti al sequestro a indicarla come luogo più opportuno per farvi avvenire il trasbordo della cassa contenente l'on. Moro dal furgone proveniente da via Fani alla vettura Ami 8 con cui fu poi condotto in via Montalcini. Il trasbordo venne effettuato all'interno di un garage della Standa che all'epoca io riscontrai essere poco frequentato (ndr: è veramente arduo accettare un sufficiente grado di verosimiglianza di questa affermazione) . La Ami 8 partì da via Montalcini con a bordo il solo Altobelli (ndr: Maccari, di cui a quella data non era ancora emersa l’identità) ; vi fece ritorno con la cassa e i tre militanti di cui due avevano materialmente partecipato alla strage di via Fani perché quella mattina egli era con me nell'abitazione di via Montalcini. Devo precisare che la notte tra il 15 e il 16 marzo 1978 in via Montalcini dormimmo in tre e cioè io, un militante regolare e Altobelli. Il militante regolare uscì di casa il 16 marzo presto e comunque in orario utile affinché potesse raggiungere via Fani, non so con quale mezzo.

 (ndr: il “memoriale Morucci” sul punto dello spostamento di Gallinari verso via Fani – con una buona dose di “accortezza”, verrebbe da dire – tace del tutto. Non è ovviamente verosimile che la Braghetti, se realmente Gallinari si mosse da Via Montalcini, non abbia mai saputo con quale mezzo si mosse. I saggisti Marco Clementi, Paolo Persichetti e Elisa Santalena si sono spinti ad integrare questa vistosa- ma non vista-  carenza del “memoriale” del dissociato affermando, per quanto non indichino la fonte, che Gallinari- così come, stando a quanto i tre pubblicisti sostengono, dal canto loro anche Loiacono e Casimirri – si sarebbe mosso verso via Fani da Via Montalcini con i mezzi pubblici: cfr. “Brigate Rosse. Dalle fabbriche alla campagna di primavera”, ed. DeriveApprodi, 2017, pag. 177. E’ lecito presumere che Gallinari abbia raggiunto via Fani  - nelle condizioni “ambientali” facilmente intuibili sui mezzi pubblici romani nell’ora di punta, e peraltro senza uno straccio di testimonianza- se vera la circostanza e dati i tempi stretti, già vestito di tutto punto con la falsa divisa da aviere).

(continuiamo con la Braghetti): L'Altobelli invece rimase a casa per un certo periodo e se ben ricordo intorno alle 9 uscì con la Ami 8 per recarsi alla Standa

(ndr: a parte l'ennesima "instabilità" dei ricordi della Braghetti, la circostanza appare del tutto inverosimile: è impensabile che non si fosse calcolato un tempo di anticipo congruo; se Altobelli fosse incappato in un incidente con blocco del traffico, cosa avrebbero fatto, i BR? Inoltre la tempistica descritta è in pieno contrasto con la versione di Maccari/Altobelli rese in sede processuale, secondo il quale, come si è visto, non solo anch’egli sarebbe rimasto in Via Montalcini, ma soprattutto secondo il quale Gallinari sarebbe arrivato al covo “poco dopo le 9”).

Se i miei ricordi sono precisi la Ami 8 rientrò a via Montalcini dopo circa un'ora; ricordo bene però che la macchina rientrò a via Montalcini quando io ho iniziato a sentire il rumore di elicotteri. Ricordo molto bene che io a un certo punto scesi in strada poiché non resistevo nell'attesa all'interno dell'abitazione………… La mia attesa fuori di casa durò circa venti minuti. Fu allora che vidi arrivare la Ami 8 condotta dall'Altobelli.

(ndr: in sintesi, la Braghetti, nel voler confermare il ruolo e le responsabilità di “Altobelli”, si spinge al punto di affermare l’inverosimile versione, poi sconfessata, logica alla mano, dallo stesso Maccari,  che la AMI 8 giunse a Via Montalcini con i tre militanti BR a bordo più la cassa. La versione, come si vedrà, è stata smentita, almeno di fatto, in sede memorialistica, dagli stessi Moretti e Gallinari, secondo i quali, sia pure senza alcun dettaglio, come si vedrà, sia l’uno che l’altro andarono in Via Montalcini dopo il trasbordo dalla Standa ma non nella Ami 8. Rinvio comunque ampiamente sul punto alle dichiarazioni di Maccari.

Vale tuttavia la pena rilevare subito che le versioni di Moretti e Gallinari aprono un “buco” difficilmente colmabile: se i due leader dell’operazione non tornarono all'unisono con Maccari, e comunque non con la AMI, come riuscirono a raggiungere Via Montalcini prima o al massimo assieme la Ami 8 per portare su la cassa? Questo credo che sia uno dei buchi narrativi più grossi della versione BR).

(si prosegue con lo stesso verbale del 10.11.1993 davanti a Marini e Ionta, Moro quinquies:)

….Lasciai aperta la porta dell'appartamento e poco dopo (ndr: quando? Rispetto a quale momento?)  ho visto i tre militanti fare ingresso nella casa portando la cassa. La cassa fu fatta fare dall'Altobelli su misura, affinché potesse contenere una persona adulta, da un falegname reperito sulle Pagine Gialle. Questa cassa rimase per alcuni giorni nel box di via Montalcini e la sera del 15 marzo fu portata da me a bordo della Ami 8 in una piazza della zona di Monteverde ove fu ritirata da due militanti Br che avrebbero partecipato a via Fani. Qualche giorno dopo l'arrivo in via Montalcini dell'on. Moro ricordo che la cassa fu portata via dall'appartamento.

 (ndr: queste ultime affermazioni della Braghetti lasciano sconcertati, non secondariamente per la mancanza di qualsiasi censura da parte dei magistrati interroganti. Infatti, in quella stessa sessione di interrogatorio, la Braghetti, come si è visto, aveva candidamente dichiarato di avere atteso in strada l’arrivo dei suoi compagni per la tensione che la consumava. Non si comprende infatti perché, improvvisamente, essa si collochi all’interno dell’appartamento-covo – tanto più che stando alla sua versione il covo sarebbe rimasto comunque sguarnito nell’attesa -  e non abbia piuttosto fatto la cosa a quel punto più intuitiva, che è sicuramente quella narrata da Maccari, e cioè di avere aiutato i compagni ad aprire e soprattutto chiudere il box e far loro da battistrada nell’androne condominiale.

Un andirivieni, il suo, non solo immotivato, ma anche assolutamente azzardato per i potenziali rischi di essere notato dagli altri condomini.).

III-B) - Anna Laura Braghetti, unitamente a Paola Tavella, coautrice del testo "Il Prigioniero", Mondadori, Milano 1998 (trascrivo da Sergio Flamigni, “Il covo di Stato e la prigione fantasma”, Ed. Kaos, 2016, pag. 350):

“A un tratto scorsi la mia automobile (Ami-8) che risaliva con calma via Montalcini….Quando l’auto si avvicinò vidi Mario alla guida, Germano seduto accanto a lui. Prospero li seguiva a piedi”.

(ndr: come è evidente, la Braghetti fornisce qui una seconda versione, forse avvedutasi col passare degli anni e le deposizioni nonché la memorialistica apparsa nel frattempo, dell’inconsistenza della sua precedente; ora, nel 1998, in auto sono in due, e Gallinari segue a piedi. Non è chiaro peraltro se Gallinari corresse atleticamente dietro l’auto, o se l’auto andasse a passo d’uomo per non perdersi Gallinari…

Questa seconda versione della Braghetti, per riepilogare, riesce nell’impresa di smentire – in attesa di Gallinari, le cui memorie sarebbero apparse poi solo nel 2006- sia sè stessa, non solo riducendo a due i membri dell’equipaggio, ma anche ponendo stavolta Moretti alla guida invece di Maccari; sia Moretti, che nel libro del 1994 aveva sostenuto che fosse stata la Braghetti a guidare – a quanto pare da sola?- la AMI 8 dalla Standa).

IV) DICHIARAZIONI DI MARIO MORETTI

Mario Moretti, nel testo "Brigate Rosse. Una storia italiana", ed. Anabasi, Milano 1994, intervista a cura di Carla Mosca e Rossana Rossanda.  

DOMANDA: Chi guida il furgone con la cassa ?”

Moretti: “Lo guido io. Nel furgone non c'è nessun altro, sarebbe inutile, se veniamo intercettati non c'è rimedio, l'azione in un modo o nell'altro si conclude. Ma contiamo di avvicinarci alla base senza incontrare blocchi stradali, è troppo presto. In più, è una buona regola non portare alla base compagni non strettamente indispensabili. C'è solo una macchina con due compagni che mi fa da battistrada, una vecchia Dyane che va pianissimo….”

(ndr: questa affermazione di Moretti mi era sempre sfuggita, e credo non solo a me, e le implicazioni sono potenzialmente rilevantissime: cosa significa “non portare alla base compagni non indispensabili”, visto che la versione ufficiale, nota ed accettata, individua in Gallinari, cioè l’altro leader dell’operazione, nientemeno che il  “custode carcerario” di Moro? Enucleando cioè un sillogismo dalle parole di Moretti, si dovrebbe forse ipotizzare che Gallinari “non era un compagno indispensabile” per la gestione della base? Secondo poi, la cosa mal si lega con le parole di Moretti che vedremo tra poco, secondo le quali lui stesso e Gallinari, par di capire proprio dalla Standa, si sarebbero recati, indipendentemente dalla partenza e dal percorso della AMI 8, a Via Montalcini: dunque, cosa sta dicendo Moretti, Gallinari alla Standa ci arriva oppure no? E se ci arriva, come ci arriva, se non era sul furgone? ).

Moretti: “…l'ultimo trasbordo nella macchina che "ufficialmente" frequenta la base predisposta per la prigione di Moro. Il trasbordo avviene nel parcheggio sotterraneo della Standa dei Colli Portuensi: là sotto la gente carica ogni genere di sacchetti, scatoloni, cassette. Nessuno fa attenzione a una cassa appena più grossa del normale (ndr: cosa significa “normale”? Qual è lo standard di normalità valutabile come parametro?)  che passa da un furgone al baule di un'auto familiare. Che è la macchina di Lauretta.

Domanda: È Laura Braghetti che la guida fino alla casa ?

Moretti: Si. I compagni che ci avevano fatto da staffetta nella Dyane si defilano, Gallinari e io andiamo alla base.

Domanda: L'appartamento di via Montalcini 8?

Moretti: “Si, te l'ho detto: Moro rimarrà sempre lì. L'avevamo comprato e adattato proprio per questo.

Domanda: Con modifiche all'interno ?

Moretti: “Si. Avevamo cercato un appartamento con alcune caratteristiche, poche, ma tassative. Primo, doveva avere un garage interno, sotterraneo, dove ogni inquilino avesse un suo box con tanto di saracinesca (ndr: perché, non bastava che il box esclusivo e con caratteristiche idonee lo avessero loro? Potremmo dire, chiedo, che anzi un immobile adeguatamente isolato sarebbe stato assai più idoneo?), e dal quale si potesse salire con poche scale. Non potevamo essere certi che quando saremmo arrivati con Moro, nel garage non ci fosse nessuno; poteva darsi che fosse impossibile trasportare immediatamente la cassa dalla macchina all'appartamento, e lo stesso per il tragitto inverso, a operazione conclusa. Occorreva che nel garage si potesse sostare qualche ora, se necessario.

(ndr: la versione di Moretti delinea alcune problematiche. La prima, è il fatto evidente che egli lascia la Braghetti da sola alla guida della AMI 8 alla Standa, contraddicendo la versione processuale che negli stessi giorni della sua intervista la sua ex compagna stava rendendo in sede inquirente -vedi sopra – nell’ambito dell’inchiesta che avrebbe poi condotto all’incriminazione e condanna di Maccari identificato quale l’Altobelli di via Montalcini. Tuttavia Moretti, sebbene in quello stesso libro abbia di fatto confermato espressamente l’esistenza di un “quarto uomo”,  non afferma esplicitamente, come pure avrebbe potuto fare, che la Braghetti fu aiutata proprio da costui. Ed è difficile pensare che la Braghetti sarebbe stata lasciata da sola con un carico del genere, sia pure per pochi chilometri. Infatti, l’altra evidente problematica strettamente connessa alla precedente è costituita dall’asserito allontanamento di Gallinari e Moretti stesso verso il covo con modalità, con ogni evidenza, del tutto autonome e diverse rispetto all’utilizzo della AMI 8. Ho già evidenziato sopra la domanda, vale la pena ripeterla qui, nella sua sede propria: come arrivano, allora, Gallinari e Moretti, a Via Montalcini? La domanda ad oggi è ancora priva di una risposta convincente, ed anche a voler credere all’inverosimile tesi secondo la quale Gallinari si sarebbe mosso a piedi, rimarrebbe irrisolto il tragitto di Moretti. La terza problematica è complessa ed è originata dalla stessa giustificazione che Moretti vorrebbe porre a fondamento della scelta del luogo: in sostanza, il leader BR ammette l’accettazione del rischio di dover sostare con l’ostaggio perfino per diverse ore in quel box (lo avrebbero lasciato nella cassa? Senz’aria? Lo avrebbero fatto uscire col rischio che urlasse?) proprio per la possibilità tutt’altro che secondaria che i condomini transitassero dagli alloggi verso l’androne dei box e viceversa.

La versione di Moretti, inoltre, se da un lato lascia almeno dedurre che la AMI 8 fu introdotta subito nel box – come in sostanza avrebbe detto poi Maccari in dibattimento  - per altro verso non dice alcunchè sulle modalità e sugli autori del trasbordo della cassa nell’appartamento. Si deve rilevare che purtroppo le due - non precisamente solerti - giornaliste non gli fecero alcuna domanda.).

V)               DICHIARAZIONI (AUTOBIOGRAFICHE) DI PROSPERO GALLINARI

Dal suo libro “Un contadino nella metropoli. Ricordi di un militante delle Brigate Rosse”, ed. Bompiani, 2006:

Il tragitto di ritorno verso casa si svolge nel modo in cui lo avevamo programmato. Cambi di macchina, spostamenti del prigioniero da una all'altra. Vie tranquille, a volte anche private e chiuse. Provvediamo ad aprire i cancelli usando le tronchesi per tagliare le catene che li chiudono. Lo studio attento e meticoloso delle vie di fuga attraverso le quali staccarsi dalla zona dell'azione è sempre stato un aspetto primario dell'impostazione del nostro lavoro. Pianificare bene il disimpegno militare dà più certezze di riuscita a un nucleo operativo, che non la potenza di fuoco eventualmente dispiegabile nella ritirata.

(ndr: non c’è molto da dire: un verboso giro di parole che non dice nulla su come Gallinari arrivò alla Standa; se egli fu o non fu a bordo del furgone- si veda Moretti, sopra – o in quale altro modo. Ammesso che ci sia mai arrivato. A suo dire, come vedremo tra poco, pare di capire di si, ma non si sa come né con chi).

“..Al parcheggio sotto il supermercato c'è l'ultimo passaggio. Un luogo dove è normale vedere persone alle prese con buste e pacchi anche di grandi dimensioni. Nessuno si meraviglia di una macchina nel cui baule alcuni giovani stanno caricando una cassa. Il mio tragitto è concluso, l'ultimo tratto spetta ai padroni di casa (ndr: Braghetti e Maccari; Moretti, secondo l'implicita definizione di Morucci in un'udienza , è tecnicamente un ospite, in quanto transitava, ma ufficialmente non aveva nulla a che fare col covo).

Mi avvio da solo a piedi per rientrare a casa (Via Montalcini, ndr)....Dura pochissimo quel tragitto, e so anche che sarà l'ultima passeggiata che farò per parecchio tempo”.

(ndr: Gallinari era ultra ricercato in quanto evaso, come noto, nel 1977; la specificazione della presunta breve durata del tragitto non mi sembra casuale, specie in quanto fatta ormai nel 2006, e pare voler sorreggere a posteriori la giustificazione data dai suoi ex compagni circa dieci anni prima in udienza in merito al suo mancato impiego il 9 maggio nell’omicidio di Moro. Infatti stando alla versione narrata, proprio per quel medesimo motivo (e cioè perchè  era ricercato), secondo la narrazione brigatista Gallinari non sarebbe stato idoneo, perché “a rischio”, neppure a scendere in quell'occasione un solo piano di scale all'interno di un condominio per portare la cesta con Moro. A quanto pare, invece, non fu ritenuto rischioso farlo passeggiare sulla pubblica via verso le 10 di mattina del 16 marzo con le pattuglie delle forze dell’ordine ormai attive….). Inoltre, stando al memoriale Morucci- vedi sopra al punto I) - Gallinari non sarebbe neppure giunto alla Standa, bensì si sarebbe dileguato a piedi con gli altri del commando appena abbandonate simultaneamente -sempre stando a Morucci- le auto in Via Calvo: quindi, a seconda dei casi, come arriva Gallinari a Via Montalcini? E in ogni caso, come sarebbe arrivato egli alla Standa da Via Calvo, se invece c'era?

Infine, la versione di Gallinari – cioè dire che entrambi “i padroni di casa”, Maccari e Braghetti – fossero con la AMI 8 alla Standa, comporta l’assurda conclusione che in quei frangenti il covo di Via Montalcini, destinato, secondo la vulgata brigatista,  ad essere la prigione di Moro, fosse totalmente sguarnito! A meno che…?).

CONCLUSIONI

E’ sostanzialmente impossibile ricondurre ad una versione unitaria e sufficientemente accettabile la congerie di versioni che mi sono limitato a riportare (i commenti inseriti, come ho spiegato nell’introduzione, costituivano in origine, e tanto più mi piacerebbe che costituissero d’ora in poi, solo degli spunti per un’analisi vera e propria ed approfondita dei fatti narrati).

Cinque brigatisti (Morucci, Maccari, Braghetti, Moretti e Gallinari) sono riusciti nell’impresa di fornire sei (6) versioni diverse: due delle quali- onore al merito – ad opera di Anna Laura Braghetti. A queste sei versioni, va perfino aggiunta la variante apportata da Maccari alla propria versione originaria in Commissione Stragi, allorchè in quella sede collocò se stesso in strada (e non nel covo, come aveva dichiarato nel dibattimento del proprio processo): se questa seconda ricostruzione non muta i termini sostanziali della ricostruzione di Maccari – che colloca comunque sé stesso e la Braghetti in attesa in Via Montalcini – è comunque evidente che si tratta di una variante di peso, posto che è assai difficile immaginare che proprio un protagonista di quei fatti non ricordi cosa stesse facendo e dove fosse in quei momenti, visto che molto probabilmente qualsiasi cittadino che all’epoca fosse almeno adolescente ricorda perfettamente dove fosse quando fu diffusa la notizia della strage di Via Fani.

Eppure questa “versione impossibile” sul tragitto e l’arrivo a Via Montalcini, la composizione dell’equipaggio del furgone, di quello della AMI 8, delle presenze in casa o in strada, del trasbordo della cassa dal box all’alloggio, è divenuta e rimane a tutt’oggi la versione ufficiale accettata (forse più che accertata) in sede giudiziaria.

Personalmente, ritengo sia del tutto legittimo ipotizzare con fondatezza che il 16 marzo 1978 Aldo Moro non giunse in Via Montalcini, e che solo alcuni di coloro che lo sequestrarono fossero o siano – se ancora vivi – al corrente di dove egli fu condotto, con quali reali modalità, da quali persone e per quanto tempo.

Unisco infine a beneficio del lettore, come anticipato nell’introduzione di questo testo, una tabella riassuntiva, redatta su mia richiesta dagli amici Alberto Gentilini e Franco Martines, che schematizza, direi efficacemente, i punti salienti della storia affrontata in questo documento e delle varie versioni sui punti specifici narrate dai cinque ex BR menzionati.




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