lunedì 7 maggio 2018

BREVE CRITICA ALLA POSIZIONE DELL'ON. LAVAGNO, IN ORDINE ALLA RELAZIONE DELLA "SCIENTIFICA" DEL 2015, APPARSA NEL LIBRO "MORO-L'INCHIESTA SENZA FINALE" (coautore: Vladimiro Satta)

(A cura di : Andrea Guidi )

Come anticipato sul gruppo faceboook del "sedicidimarzo", ecco alcune note in merito alla parte redatta dall'On. Fabio Lavagno - membro della seconda Commissione Moro che ha appena terminato i propri lavori- del libro appena edito "Moro- L'inchiesta senza finale", "Edup" dizioni, collana " Studi e Saggi", scritto congiuntamente- ma appunto in due parti distinte- con Vladimiro Satta (che credo non abbia bisogno di presentazioni).
Premetto subito che le note che seguono non vogliono in alcun modo rappresentare una nota polemica nei confronti dell'Autore, ma semmai auspicabilmente sollecitare un dialogo, con replica da parte sua che sarebbe ben gradita, Autore al quale spero pertanto sin d'ora che in qualche modo esse possano giungere.
Mi riservo, tempo ed energie permettendo, di dedicare analogo commento alla parte scritta da Vladimiro Satta (vertente su una interpretazione riduttivistica dell'importanza del "memoriale Morucci" nell'ambito della consacrazione della verità ufficiale sulla vicenda, importanza fatta invece propria dalla Commissione parlamentare).
In sintesi, l'On. Lavagno critica le conclusioni raggiunte nelle tre relazioni prodotte dal 2015 in poi dalla Commissione di cui egli stesso è stato membro, assumendo che in realtà non sussista in pratica alcun elemento nuovo per discostarsi dalla versione ufficiale dei fatti fino ad oggi nota, e in particolare sull'agguato di via Fani. Devo dire subito, ciò in coerenza con il voto contrario (l'unico voto contrario) da egli espresso in sede di approvazione della relazione conclusiva a fine 2017.
Tra i veri elementi da lui considerati, quello che - al netto di possibili erronee interpretazioni del sottoscritto: ma in tutta onestà, non mi pare- assume un ruolo centrale è la completa sottovalutazione, a suo dire, da parte della Commissione, della relazione tecnica eseguita dalla Polizia di Scientifica di Roma ed illustrata nella famosa audizione del 10 giugno 2015 (nel volume in commento, ritengo per banale errore materiale, indicato come 19 giugno). Audizione che, a detta dell'On. Lavagno rivestirebbe
particolare rigore e rilievo "scientifico", anche- par di capire- in ragione dell'ausilio della sua rappresentazione grafica "computerizzata". Ometto, per sintesi, note e riferimenti vari, che chiunque potrà ritrovare direttamente nel volume, che comunque consiglio di leggere.
Scrive testualmente l'Autore, tra le altre cose, esplicitando senza lasciare spazio ad equivoci il proprio pensiero sul punto (pagg. 44-45):
dall'On. Fabio Lavagno - membro della seconda Commissione Moro che ha appena terminato i propri lavori- del libro appena edito "Moro- L'inchiesta senza finale", "Edup" dizioni, collana " Studi e Saggi", scritto congiuntamente- ma appunto in due parti distinte- con Vladimiro Satta (che credo non abbia bisogno di presentazioni).
"...Poichè le risultanze (nda: della ricostruzione operata dalla Polizia Scientifica di Roma nel 2015), però, sono risultate troppo attinenti alla ricostruzione brigatista o aderenti a scritti recenti, lo stesso organismo parlamentare ha faticato a valorizzarne i risultati.
La ricostruzione dell'azione avvenuta analizzando i bossoli, le loro traiettorie (sic; nda), e le precedenti perizie balistiche e con un'accurata ricostruzione tridimensionale della scena di via Fani, avvenuta dopo rilievi fatti sul posto, ci dice cose molto semplici e forse scontate".
Una chiara affermazione, dunque, di una vera e propria intenzionalità da parte della Commissione nell'omettere il "giusto" riferimento al lavoro della Polizia scientifica in esame.
Segue quindi, nel testo in commento, l'elencazione dei principali punti "scontati" (per dirla con l'On. Lavagno) evidenziati dall'Autore come risultanti dal lavoro della Polizia scientifica , tra i quali, ai limitati fini di questo commento, possiamo così sintetizzare i seguenti: a) spari iniziali da sinistra verso destra, a colpo singolo, con la Fiat 130 di Moro ancora in movimento; 2) spari contro l'Alfetta di scorta, sempre da sinistra verso destra, solo successive ai primi spari di cui sub 1); 3) ulteriori colpi con la pistola Beretta 7,65 e con la pistola Smith& Wesson calibro 9 solo in (presunta) "seconda fase", cioè in sostanza conclusivi dell'azione, stavolta da destra verso sinistra.
Al netto di una suggestione poco o nulla consistente quale quella che – almeno, cio' mi sembra quanto si evinca - pare che debba derivare da una presunta significativita' della ricostruzione "computerizzata" della scena (cosa ovviamente invece di per se' per nulla significativa, ben potendosi ricostruire al computer tutto e il contrario di tutto, senza alcuna intrinseca meritevolezza del mezzo utilizzato), e al netto di un errore tecnico dell'On. Lavagno che parrebbe poter costituire un chiaro primo indizio di una errato o mancato corretto inquadramento degli aspetti balistici (le "traiettorie dei bossoli": e' ovvio che piuttosto l'autore si sarebbe dovuto riferire alle traiettorie dei proiettili) , la tesi dell'On. Lavagno - almeno sul punto oggetto di questa disamina - proprio in quanto palesa una mancata disamina di merito e di dettaglio della relazione della polizia scientifica in questione (minata in realtà da notevoli carenze, come vedremo) resta a sua volta, di riflesso, minata nella fondamenta. L'autore sussume cioè pedissequamente a fondamento della propria opinione le mere risultanze di quel "lavoro "scientifico" , senza alcun previo esame critico obiettivo di merito e di dettaglio sugli elementi sui quali a sua volta esso si è fondato.
Rinviando per brevità ai lavori prodotti dal collettivo "sedicidimarzo"- di cui mi onoro di fare parte- rispettivamente sui bossoli di via Fani, sui proiettili e i frammenti di Via Fani, sulle micro comparazioni eseguite dal perito Salza sui proiettili e frammenti di via Fani stessi, e sulla totale "erroneita'" della "figura 45" annessa nel corpo della relazione della polizia scientifica in oggetto, mi limito in questa sede ad evidenziare quanto segue.
1) Le reali ragioni per le quali- e non c'e' dubbio che cio' sia avvenuto - la Commissione abbia di fatto e tacitamente seguito la via di far cadere quasi nel "dimenticatoio" quel lavoro della polizia scientifica, non mi sono ovviamente note; ma e' chiaro che a fronte di prefigurati supplementi di indagine balistica, poi a quanto pare rimasti senza esito, "qualcosa" deve pur avere convinto la Commissione che quel lavoro della Scientifica del 2015 era poco o nulla sussumibile a base di sue eventuali conclusioni sulla dinamica dell'agguato; e cio' non di certo per le ragioni- queste si', in un certo senso e paradossalmente "dietrologiche" - sopra trascritte, indicate dall'On. Lavagno ma - come che sia avvenuta la cosa- per ancora ignote ma pur ipotizzabili ragioni oggettive.
2) Infatti, limitandomi - mi scuso per l'auto citazione, d'altronde inevitabile visti gli sforzi profusi sulla materia con ottica e risultati come che sia "nuovi" - all'esito dei nostri lavori collettivi (per quanto eventualmente opinabili, e saremmo ben lieti di un contraddittorio sul punto, ad oggi non manifestatoci da alcuno), si deve rilevare quanto segue:
a) la relazione della Polizia Scientifica, su cui l'On. Lavagno fonda le proprie tesi, conferendole qualifica e patente di "scientificità", almeno quanto ai bossoli e ai proiettili di via Fani NON è affatto una nuova perizia, ma nella prima parte si limita a riprendere pedissequamente, ERRORI MATERIALI INCLUSI (ad esempio, duplicazione di codice identificativo di alcuni gruppi di bossoli . si veda ad esempio il gruppo "CO"- rispetto alla classificazione originaria fatta dal dott. Pandiscia sui luoghi la mattina del 16 marzo) le parti descrittive delle vecchie perizie a cominciare dalla prima in assoluto del 1978-79 di Ugolini (con Jadevito e Lopez);
b) la relazione della Polizia scientifica NON ha risolto il problema - essenziale per l'identificazione ESATTA sui luoghi ( e dunque sulle sue ERRONEE planimetrie, vedasi "figura 45") dei bossoli - dell'individuazione puntuale di ben 10 bossoli che non si sapeva quali fossero, essendo indicati solo con riferimento generico a "figura n...." o a "busta cad. " (cioè zona cadavere Iozzino); rinviamo nuovamente sul punto al nostro specifico lavoro sul blog;
c) in mancanza di quanto sopra, risulta arbitraria la collocazione sui luoghi, nelle planimetrie inserite nella relazione della polizia scientifica nel 2015, di quei 10 bossoli di reperto dell'agguato, con conseguente arbitrarieta' della ricostruzione della sua dinamica;
d) in particolare, due dei predetti dieci bossoli sono a noi risultati coincidenti con i due bossoli detti "MAR" nella classificazione del 16 marzo 1978 del dott. Pandiscia: cioè- SI NOTI BENE- sono risultati coincidenti con due BOSSOLI ATTRIBUITI NELLE PERIZIE ALLA PISTOLA SMITH&WESSON. Ora, questi due bossoli sono i due localizzati sopra il marciapiede sinistro, antistante il bar Olivetti all'altezza della parte posteriore dell'agguato: dunque in una posizione in buona sostanza INCOMPATIBILE CON IL PRESUNTO UTILIZZO DA DESTRA, E SOLO NELLA SUPPOSTA "SECONDA FASE", DI QUESTA ARMA. La polizia scientifica avrebbe dovuto in altre parole, se si fosse fatta un'analoga analisi di dettaglio della classificazione dei bossoli, NECESSARIAMENTE PRENDERE IN CONSIDERAZIONE L'IPOTESI ALTERNATIVA che quella pistola sparo'- contrariamente a quanto asserito dai brigatisti a cominciare dal "memoriale Morucci" - sin da subito, in prima fase, e di riflesso , in tal caso, in mano ad un quinto, ignoto killer. Ma la polizia scientifica non ha invece formulato alcuna ipotesi alternativa del genere; e l'On. Lavagno, data per assolutamente scontata la sua buona fede, di cio' pare proprio di riflesso non essersi minimamente avveduto (tralascio per brevita' altre considerazioni sulla pistola Beretta 7,65).
e) La relazione della polizia scientifica, al netto di suggestive ricostruzioni "computerizzate", non si e' avveduta che dalle "normalissime", vecchie foto del 1978 appaiono evidenti i vetri del finestrino posteriore destro dell'Alfetta (cioè dal lato del povero Iozzino) oltre i piedi del cadavere dell'agente e ben dietro l'Alfetta di scorta: segno evidente, a conferma di quanto sopra, che a dire poco doveva, come deve, essere quanto meno formulata l'ulteriore ipotesi alternativa che gli spari contro l'alfetta ancora in movimento possano essere stati i primi, ancor prima di quelli contro la fiat 130 di moro. Cosa, anche questa, di cui nella relazione molto semplicemente non c'è traccia;
f) la relazione della polizia scientifica, a causa della mancanza della su menzionata analisi di dettaglio della posizione esatta dei bossoli sui luoghi, omette di rilevare che NESSUN BOSSOLO DI SMITH&WESSON SI TROVA SUL LATO DESTRO DELLA STRADA NEI PRESSI DELLA FIAT 130 DI MORO, contro la quale, in virtu' di una mera petizione di principio, sarebbero stati esplosi in presunta "seconda fase" alcuni colpi;
g) la "figura 45" inclusa nel corpo della relazione della "Scientifica" del 2015, oggetto di apposito studio critico sul nostro blog cui nuovamente rinviamo, finisce inspiegabilmente per rappresentare sommate, come si suol dire in casi del genere, 91 pere con 2 mele: viene raffigurato un apparente totale esatto di 93 bossoli, mentre invece due dei reperti raffigurati IN PIU' vicino all'alfetta sono due proiettili (non bossoli) e risultano invece, sempre inspiegabilmente, tagliati fuori dalla figura PROPRIO i suddetti due bossoli "MAR di pistola Smith&Wesson sul marciapiede sinistro. Il totale di 93 "elementi" torna, ma si compone di reperti misti, non di 93 "bossoli" come invece viene affermato. Come è stato possibile un errore del genere e potenzialmente di tale gravita'?
f) L'ipotesi suddetta di spari da destra solo in seconda fase, si fonda inoltre anche su una acritica e pedissequa acquisizione delle conclusioni della perizia Salza del 1994 in ordine all'attribuzione a quella pistola di due reperti (un proiettile un frammento) rinvenuti (senza che peraltro consti nè come nè quando) nella seduta del sedile del maresciallo Leonardi (foro "F" delle foto della relazione della polizia scientifica del 2015). Chiarito che, come appena esposto, in quell'area non vi sono affatto bossoli dell'arma in oggetto, l'analisi delle micro comparazioni effettuate dal perito citato apre il campo a profondi margini di dubbio ANCHE sulla corretta attribuzione di quei reperti alla pistola Smith&Wesson cal. 9 (si rinvia di nuovo al lavoro del collettivo sul blog www.sedicidimarzo.org). In sintesi, un'analisi di dettaglio, non effettuata invece nel 2015, mostra che il perito (Salza) nel 1994 pare avere attribuito a quest'arma il proiettile nel sedile di Leonardi in spregio e in contraddizione al criterio guida da egli stesso assunto a base delle proprie valutazioni, cioè l'ampiezza di riga sui proiettili in reperto, finendo col comparare con esito positivo questo reperto, in modo del tutto incomprensibile, con altro reperto da egli stesso attribuito ad un'altra, diversa, arma (insomma, due distinti reperti con caratteristiche identiche attribuiti, non si sa perchè, non già ad un'unica arma, ma a due armi diverse, di cui una sarebbe appunto la pistola Smith&Wesson).
Perchè, chiedo, la polizia scientifica pare proprio essersi limitata a riprendere i dati e le conclusioni di quelle perizie (errori inclusi) senza riesaminarle nei dettagli, nel metodo, nei procedimenti, nelle fotografie in esse allegate e nelle argomentazioni fatti propri dai periti dell'epoca?
E' evidente che l'On. Lavagno, in perfetta buona fede, di cio' non si sia avveduto; e cio' semplicemente perche' a fronte – probabilmente- della mancanza di peraltro non richieste competenze tecniche specifiche, di tali carenze non avrebbe proprio potuto acquisire contezza, lui come del resto gli altri membri della Commissione.
Resta per converso il fatto che pero' allora si sarebbe dovuto - rifuggendo da suggestioni suscitate forse dall'uso scenografico del mezzo tecnologico - forse coltivare più a lungo il beneficio del dubbio, anche a fronte di fondate segnalazioni critiche prodotte da così dette “fonti aperte” (verificabili in particolare sul sito dell'On. Gero Grassi, www.gerograssi.it nella sezione “documentazione”) e sollecitare ed acquisire altre e diverse perizie o consulenze peritali balistiche, evitando il rischio di finire con il proporre, come e' avvenuto da parte dell'On. Lavagno, una tesi a dir poco fragile.
Quindi, in mancanza di detti supplementi peritali, posso solo supporre che forse per la Commissione sia stato alla fin fine un atto “necessitato” quello di limitarsi in sostanza a “glissare” sugli aspetti balistici connessi alla dinamica dell'agguato (per inciso, se fosse vera quest'ultima mia supposizione, di certo questa conclusione mi lascerebbe parimenti insoddisfatto).
Tralascio infine i dubbi che la "nota 14" in calce al supplemento di relazione della stessa Polizia scientifica del dicembre 2015 apriva, e lascia ad oggi ancora aperti, sulla esatta attribuzione di 10 bossoli, dei 22 attribuiti all'epoca all'arma asseritamente impugnata da Morucci (c.d. "FNA-1"), ad un'unica arma, ovvero a più armi diverse, con ciò che ne conseguirebbe sul numero degli assalitori. Registro solo che del supplemento di esame su questi bossoli (come su altri reperti) che le relazioni della Scientifica (e la “nota 14” ) sembravano prefigurare, a me personalmente non è giunta alcuna notizia.
In conclusione, se la conferma della versione brigatista dovesse veramente poggiare, come fatto proprio dall'On. Lavagno, sul lavoro "scientifico" e "computerizzato" della Polizia nel 2015, breve sarebbe, in vero, il passo per affermare piuttosto il contrario, e cioe', senza alcuna deprecata dietrologia, che le cose in via Fani andarono in modo comunque diverso da come sin qui acquisito in sede giudiziaria e in parte della pubblicistica.
Sono ovviamente a disposizione dell'On. Lavagno per ogni ulteriore dialogo sulla questione, che auspico oggettivo e costruttivo. Sottolineo, dialogo, e non polemica.

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