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giovedì 3 marzo 2022

LA BIONDA DI FREGENE - UN CURIOSO CASO DI INSABBIAMENTO (PARTE PRIMA)

   A cura di: Gion Mamon


   LA BIONDA DI FREGENE (Parte Prima)

UN CURIOSO CASO DI INSABBIAMENTO


Sfogliando le decine di migliaia di pagine che 
riportano segnalazioni e controlli all’indomani del sequestro Moro, non si può evitare la sensazione che le forze dell’ordine brancolassero nel buio e andassero a caso su e giù per Roma e per il Lazio, cercando un ago in un pagliaio o un granello di sabbia su una spiaggia.

E pur tuttavia, guardandole nel loro complesso, tutte queste traiettorie casuali mostrano a volte delle figure che si ripetono, quelle cose che nella fisica del caos e della complessità vengono chiamati attrattori strani, ovverosia dei luoghi a cui i
 cammini pur casuali si avvicinano periodicamente per poi allontanarsi
e infine per finirci dentro.
Nel caso Moro, a mio avviso, se ne osservano diversi. Uno è ad esempio via Gradoli, con tutte le segnalazioni comparse e ricomparse dal 18 marzo al 18 aprile. Un altro di questi luoghi è via Caetani e un altro ancora Fregene.
Le indagini si focalizzano su Fregene negli ultimi giorni di marzo, per poi tornarvi il 9 maggio con le segnalazioni di R4 rosse e brigatisti noti e ritornarvi in seguito alle analisi sulla sabbia sui vestiti di Moro e sui pneumatici.
Qui, però, vorrei riportare l’attenzione sulla prima segnalazione: un piccolo caso considerato di poca importanza e che tuttavia mi disturba, come un sassolino in una scarpa o un granello di sabbia nell’occhio.
Prima un breve riassunto dei fatti, rimandando per i dettagli all’ottima ricostruzione fatta da Andrea Guidi sul sito sedicidimarzo [1], poi il documento che vorrei discutere [2].
È il 25 marzo 1978 e un elicottero della Guardia di Finanza perlustra il litorale laziale quando viene notato un gruppo di giovani che sotterra qualcosa sotto la sabbia all’altezza del canale di Focene. Sarebbero volantini delle brigate rosse. Un’auto di finanzieri giunge sul posto e trova due spalatori di argini che descrivono il gruppo: due uomini e due donne. Da foto mostrate loro viene indicato in Mario Moretti uno dei giovani. Una delle due donne viene anche riconosciuta in una bionda tedesca che vive a Fregene, apparentemente oggetto di indagini “riservate” da parte dei Carabinieri che stendono un identikit della donna e di un suo amico tedesco. Si risale presto al nome, indirizzo, auto e proprietario dell’appartamento.
Tutte cose che, ahimè, non conosciamo essendo annerite nella copia dei rapporti disponibili.
Anche la polizia (l’Ucigos) si interessa al caso e nel giro di pochi giorni arrivano a Fregene i commissari Belisario e Antonio Esposito. Quest’ultimo, però, curiosamente cerca di convincere l’ufficiale incaricato della Guardia di Finanza dell’innocenza della bionda: apparterebbe ad un gruppo di persone al di sopra di ogni sospetto, quando la vedranno i testimoni di persona si chiarirà la sua estraneità ai fatti e anche se dovessero riconoscerla non vorrebbe dir nulla. Si arriva persino alla richiesta di far togliere le auto civetta perché tanto la polizia saprebbe dove e come trovarla in ogni momento. Il confronto con gli “spalatori”-testimoni (Sergio Cardinaletti e Remo Colajanni) viene organizzato per lunedì 3 aprile ma non ha luogo perché la donna sarebbe ripartita per la Germania. Questo almeno è quanto viene riportato nello scarno resoconto della seduta del 3 aprile al Viminale.
Ora arriva il documento oggi proposto che forse aggiunge un tassello ma rende il tutto ancor più surreale e (apparentemente) inesplicabile. Si tratta di uno stralcio di deposizione del questore Fariello davanti alla commissione Moro, 7 novembre 1980 [2].
Il presidente chiede come sia possibile che la donna che doveva essere riconosciuta sia potuta partire indisturbata per la Germania.
Dopo un rocambolesco giro di parole Fariello risponde che
“Effettivamente la donna si allontanò (ne aveva avvertito la portiera e altri) perché aveva dimenticato in Germania documenti necessari per l’istruzione del figlio. Partì la domenica e tornò il lunedì [3 aprile] o martedì [4 aprile]. Il martedì facemmo anche l’altro adempimento che risultò negativo. La donna non partì, ma andò a prendere dei documenti e tornò subito.”
I membri della commissione, rassicurati dal fatto che i testimoni non avessero poi riconosciuto la donna, non fecero altre domande in merito. Non notarono, probabilmente, che alla domanda sul come la donna fosse riuscita ad espatriare senza problemi, pur essendo indagata e sotto sorveglianza, Fariello in effetti non avesse risposto.
Il problema vero, però, è che ci sono buone ragioni per dubitare che tale riconoscimento abbia davvero avuto luogo. Vediamo perché.
I due spalatori testimoni vengono esaminati ulteriormente il 2 settembre 1978 e poi il 31 ottobre 1979. [3]
Dichiarano di aver rivisto la bionda una settimana dopo i fatti (dunque a inizio aprile) ma in auto insieme ad un uomo e non parlano assolutamente di un confronto avvenuto in questura.
Da notare ci sarebbe anche il fatto che uno dei due spalatori, Cardinaletti, dichiara di aver visto una R4 rossa parcheggiata sul litorale un giorno in cui era andato a pescare. Curiosamente non viene più di tanto approfondito il riconoscimento di Mario Moretti in uno dei giovani della spiaggia.
Ma torniamo alle dichiarazioni di Fariello davanti alla commissione, alcune delle quali a dir poco discutibili.
La bionda tedesca non sarebbe sospettabile a causa dell’enorme discrepanza tra la descrizione di una sedicenne-diciottenne in abbigliamento moderno e “una donna di 35 anni, molto elegante e distinta, che aveva un figlio e abitava laggiù”.
Tuttavia, il rapporto della Guardia di Finanza agli atti della commissione (vedi riferimenti in [1]) non indica un’ età precisa per le donne avvistate (e tra l’altro parla di due donne e due uomini), men che meno cita il loro abbigliamento. Anche riguardo alla donna tedesca sussistono delle incongruenze con il rapporto della Finanza e le parole di Fariello: non viene detto che abbia un figlio ma che fosse già oggetto di indagine “riservata” da parte dei carabinieri di Fregene. E in base all’identikit steso da questi ultimi la tedesca avrebbe approssimativamente 21-23 anni.
Problematiche sono anche tre osservazioni fugaci che Fariello si lascia sfuggire.
1) La polizia avrebbe detto alla Guardia di Finanza che in base alle informazioni di cui era in possesso (nell’immediatezza dei fatti) la donna sarebbe stata del tutto estranea alla faccenda.
E questo perché la donna nel giorno del seppellimento dei volantini si sarebbe trovata a Roma e avrebbe (persino) denunciato il furto di un qualche documento. Si noti la presunta impossibilità di trovarsi lo stesso giorno a Roma e a Fregene e vieppiù il riferimento ad uno oscuro documento rubato e ad una denuncia, il tutto accompagnato dalla mancanza di nomi e rapporti. Si noti anche, che dal rapporto della Guardia di Finanza, il Commissario Esposito affermava di conoscere sia la donna che gli ambienti da lei frequentata e di garantire per lei.
2) Il generale Raffaele Giudice della Guardia di Finanza avrebbe insistito per fare il confronto con i due spalatori (da Fariello definiti “pescatori”) e quindi la polizia “per accontentare la fonte autorevole da cui veniva la segnalazione” avrebbe fatto venire la tedesca in questura.
3) La tedesca sarebbe partita, presumibilmente in aereo, per la Germania la domenica e tornata lunedì o martedì a Roma. Fariello dichiara che la donna “aveva avvertito la portiera e altri” senza specificare chi fossero questi altri, se membri delle forze dell’ordine o chi, di fatto eludendo l’unica domanda fattagli dalla commissione a riguardo.
I verbali delle riunioni al Viminale dal 4 aprile 1978 in poi non sono disponibili e le ultime annotazioni della riunione del 3 aprile, ore 19:30, riportano le parole del generale Giudice, secondo il quale il confronto coi testimoni non era venuto per l’avvenuta partenza della tedesca. Ci dovremmo chiedere come sia possibile che a tale riunione il questore Fariello, presente, non intervenisse per spiegare che la donna sarebbe tornata l’indomani. Ovviamente si può obiettare che forse la cosa venne organizzata da un suo sottoposto, forse il commissario Antonio Esposito.
Non si può affermare con certezza che Fariello riferisca notizie appurate in prima persona, perché dietro il suo racconto potrebbero esserci resoconti fattigli da altri funzionari.
4) “La polizia tedesca la controllò” chiosa Fariello, eppure tra i molti telex da e per la Germania, di questa cosa non ho trovato traccia. Mentre invece si possono reperire dettagliatamente tutti i rapporti su villeggianti di Fregene, documenti di tedeschi trovati sulla spiaggia a Ostia, proprietari di furgoni con targhe straniere e via dicendo.
I punti su cui vorrei attirare la vostra attenzione sono i seguenti:
P1: È innegabile una sorta di competizione tra Guardia di Finanza e Polizia, con la chiara poca disponibilità a mettere in comune tutte le informazioni. Fin qui nulla di nuovo, ma dobbiamo tenere a mente due cose. Primo, che la guardia di finanza mostrava in quei giorni di avere fonti riservate che li informavano prima di chiunque altro. Secondo, che la polizia non intervenne tempestivamente sempre e in particolare Fariello fu molto criticato per i mancati accertamenti (e mancati pedinamenti) che avrebbero potuto portare alla tipografia di via Foà durante i 55 giorni. Esisteva una inefficiente strategia “a guinzaglio lungo” per seguire i sospettati? Può essere quello della tedesca uno di questi casi?
P2: Non so quanti commissari di Polizia in prima linea durante in sequestro Moro fossero attivi a Roma e si chiamassero Antonio Esposito, ma lui o un suo omonimo era iscritto alla P2 e sarebbe stato nella centrale radio il mattino del 16 marzo. Il nome di quest’ultimo Antonio Esposito e numero di telefono vengono ritrovati in un agenda di Morucci quando venne arrestato. Anche il nome del generale Giudice compare negli elenchi della P2, come molti altri del comitato di crisi. Il commissario Belisario, invece, è quello che andrà dal veggente olandese Croiset a chiedere dove fosse la prigione di Moro.
P3: Nessuno sembra interessarsi all’amico tedesco della bionda, di cui abbiamo anche l’identikit ne’ agli altri due [1]. Mario Moretti non viene più associato a questo fatto. Nonostante esista una ampia collezione di volantini ritrovati a Roma in quei giorni e ben catalogati, non abbiamo traccia dei molti fogli seppelliti tra la sabbia di Focene (definiti da Fariello “opuscoletti delle Brigate Rosse”), a parte alcuni brandelli ritrovati molti giorni dopo [3].
P4: A partire dal 9 maggio Fregene viene setacciata. Vengono sentiti tabaccai, benzinai e portalettere: si arriva a segnalare la presenza di una R4 targata MC vista da più persone e sarebbe stata identificata una brigatista. Viene riportato il passaggio notturno verso Roma di una tale auto con a bordo una bionda ventenne e un uomo nella notte tra l’8 e il 9 maggio. Altri avvistamenti noti parlano degli stabilimenti balneari dei finanzieri la mattina del 9. Esistono due rapporti della squadra mobile del giugno e luglio 1978 [5] delle indagini a tappeto svolte nei dintorni: vennero perquisite e censite decine di villette e persino identificati alcuni ospiti nella villa di una nota regista italiana. Eppure, della nota bionda tedesca, non si trova traccia. Come una scritta sulla sabbia cancellata dalla marea.
P5: Sarebbe riduttivo, secondo me, derubricare la vicenda a semplice favore personale nei confronti di una giovane di buona famiglia o a personaggi famosi con cattive amicizie.
[2] CM 1 Volume 6, pag. 93
[3] CM 1, Volume 41, pag. 943 e seguenti.
[4] CM 1, Volume 27, pag. 334
Nessuna descrizione della foto disponibile.



2 commenti:

  1. Ma… stiamo parlando di questo Antonio Esposito? Perché sarebbe una coincidenza interessante. https://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Antonio_Esposito?wprov=sfti1

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    1. No, l’Esposito qui citato divenne nel 1998 funzionario a Reggio Calabria, come risulta da questa interrogazione parlamentare. http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_18823_13

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